Ottobre 26th, 2017 Riccardo Fucile
GAETANO CANI RINVIATO A GIUDIZIO PER ESTORSIONE AI DOCENTI NELL’INCHIESTA SU FALSI DIPLOMI, AVEVA TIMBRI FALSI IN CASA
Ancora un candidato dalla vita giudiziaria problematica, ancora una volta nella coalizione che sostiene la presidenza di Nello Musumeci.
Dopo il catanese Ernesto Calogero, candidato nella lista di Diventerà Bellissima e condannato in primo primo grado per compravendita di diplomi, e Carmelo Pino, condannato per concorso in abuso d’ufficio, è il turno di Gaetano Cani, deputato regionale Udc e indagato a maggio per estorsione dal Gup del Tribunale di Sciacca (Ag).
Le accuse di estorsione ai docenti
57 anni, insegnante di educazione fisica e deputato all’Ars nel gruppo “Centristi per la Sicilia” è accusato di aver costretto alcuni docenti di un istituto paritario di Menfi (Ag) a firmare le “dimissioni in bianco” e ad accettare compensi inferiori o inesistenti rispetto a quelli indicati in busta paga pur di ottenere il relativo punteggio valido per le graduatorie.
Tutto ruoterebbe intorno ad una srl la “Athena” che gestiva alcuni istituti scolastici in provincia.
Assieme a Cani ma con rito abbreviato nella stessa inchiesta sono a giudizio Antonino Nugara, 54 anni di San Biagio Platani; Antonino Cosentino, 54 anni di Menfi; e Giuseppa Barrile, 60 anni di Montevago.
La nuova candidatura
Cani ha aperto ufficialmente la sua campagna elettorale, presentando la sua seconda candidatura, il 17 ottobre scorso. La manifestazione si è svolta al Dioscuri By Palace di Agrigento alla presenza, tra gli altri, del candidato alla Presidenza del centrodestra, Nello Musumeci, dell’assessore designato Gaetano Armao e del senatore Giuseppe Ruvolo.
Cani, durante il suo intervento ha parlato di agricoltura, turismo e sanità , soffermandosi su giovani, disoccupazione e lavoro. Argomenti poi ripresi da Musumeci e dall’assessore designato Gaetano Armao.
(da agenzie)
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Ottobre 26th, 2017 Riccardo Fucile
E QUESTA SAREBBE LA LEGA NAZIONALE DI SALVINI PER CUI SBRODOLANO I CAZZARI SOVRANISTI… NEL CENTRODESTRA SOLO FDI PRESENTE, ANCHE FORZA ITALIA AVEVA ALTRO DA FARE
La Commissione Affari Costituzionali della Camera ha approvato, in sede legislativa, la
proposta di legge intitolata “Riconoscimento dell’inno di Mameli ‘Fratelli d’Italia quale inno ufficiale della Repubblica” (relatrice Gasparini, Pd).
L’ok è stato unanime da parte di Pd, M5s e FdI.
Assenti i deputati di Forza Italia (che però avevano espresso il loro parere favorevole), della Lega Nord (che invece avevano precisato di non essere interessati al tema). E il centrista Gian Luigi Gigli. Il testo passa ora all’esame del Senato.
La proposta di legge era stata presentata, in perfetta coerenza tra inno e nome del gruppo politico, dal deputato di Fratelli d’Italia Gaetano Nastri. E da uno del Pd, Umberto D’Ottavio.
Solo tre emendamenti erano stati presentati in una prima fase.
Uno, dal forzista Francesco Paolo Sisto, che proponeva di chiamare l’inno di Mameli “nazionale” e non ufficiale.
E due, decisamente contrari, del centrista Gian Luigi Gigli che intendeva con il primo abolire “Fratelli d’Italia”, con il secondo promuovere un concorso nazionale per scegliere un nuovo inno. Una posizione già espressa negli anni da alcuni partiti d’ispirazione cattolica.
ll provvedimento passa ora al vaglio del Senato e il deputato dem torinese Umberto D’Ottavio rivendica che il Pd “presente con tutti i deputati componenti la prima commissione, ha sostenuto questa proposta di legge fin dall’inizio”.
“Sono convinto – ha aggiunto – che dopo tanti tentativi questa legislatura possa dare all’Italia l’ufficialità dell’inno nazionale, come avviene in tutti i Paesi del mondo”.
Soddisfatto Nino Mameli – discendente del poeta risorgimentale – che ha dedicato la vita a studi e ricerche sul suo antenato. “Un applauso alla Camera, finalmente – commenta – è da vent’anni che sollecito i presidenti della Repubblica, della Camera e del Senato chiedendo l’approvazione della legge. Ora tocca al Senato, io credo che senz’altro dovrebbe farcela”.
L’inno con il quale Carlo Alberto aprì la prima guerra d’Indipendenza, e che voleva simboleggiare la rinata fraternità nazionale italiana, fu scritto dal giovanissimo poeta soldato Mameli il 10 settembre del 1847, e musicato il 10 novembre, a Torino, dal maestro genovese Michele Novaro nella casa di Lorenzo Valerio, uno dei capi più autorevoli del partito liberale piemontese.
Giorgia Meloni rileva che FdI è tra i promotori della misura per riconoscere al ‘Canto degli Italiani’ il rango di inno ufficiale della Repubblica Italiana. “Neanche a dirlo noi oggi c’eravamo per sostenere questa importante e simbolica iniziativa. Mai come oggi hanno senso le parole scritte dal giovane eroe risorgimentale”, scrive su Facebook la presidente di Fratelli d’Italia, che, oltre a condividere il link dell’inno di Mameli, riporta nel suo post la strofa ‘noi fummo da secoli calpesti, derisi perche’ non siam popolo perchè siam divisi”.
Da 71 anni, incredibilmente, ‘Fratelli d’Italia’ è provvisorio: da quando, il 12 ottobre ’46, il Consiglio dei ministri – allora guidato da Alcide De Gasperi – “su proposta del ministro della Guerra”, stabilì che fosse adottato come inno nazionale per la cerimonia del giuramento delle Forze Armate del 4 novembre successivo: ma, appunto, “provvisoriamente”. Da allora, il provvisorio s’è trasformato in definitivo.
Ben tre legislature in questi 71 anni (la 14esima, la 15esima e la 16esima) hanno provato a dare all’inno dignità di legge, ma tutti i progetti presentati hanno iniziato l’esame parlamentare, senza tuttavia essere mai approvati.
Un implicito, ma non formale, riconoscimento è giunto con l’approvazione della legge 222 del 2012, che ne prevedeva l’insegnamento nelle scuole. L’attuale legislatura, la 17esima, è dunque la quarta a provarci.
(da agenzie)
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Ottobre 26th, 2017 Riccardo Fucile
IL GESTO CHE DOVREBBE FAR RIFLETTERE CERTA FOGNA RAZZISTA E’ AVVENUTO ALL’IPER DI MAGENTA… I DUE BENEFATTORI FORSE ALBANESI O ROMENI
Un’anziana cliente si avvicina alla cassa del supermercato e comincia a caricare la spesa. Il pane, un paio di buste di affettato, la frutta, del formaggio.
Poi, esita, sembra in imbarazzo, all’improvviso dice alla commessa di fermarsi. «A quanto siamo?», le chiede.
«A 42 euro signora», le risponde la dipendente dietro la cassa. «No, non ce la faccio – esclama allora l’anziana, a disagio –. Ho solo 50 euro e manca una settimana per prendere la pensione. Passi solo il cibo del mio gatto, il resto lo lascio». La donna, quindi, sarebbe tornata a casa a piedi, con la borsa della spesa mezza vuota e le scatolette per il micio.
E invece la storia ha avuto un finale diverso, grazie al gesto generoso di una coppia straniera, un uomo e una donna sulla quarantina, che erano in coda in cassa dietro alla pensionata.
I due hanno assistito alla conversazione e hanno visto la commessa prendere la mano all’anziana cliente e confortarla, dicendole che non era un problema rimettere a posto la spese.
La donna in coda si è avvicinata alla commessa e con discrezione le ha mormorato: «Passi pure tutta la spesa, la differenza la mette mio marito».
E poi ha aggiunto: «Ci siamo passati prima noi, so cosa vuole dire».
L’episodio è avvenuto mercoledì, nel supermercato Iper di Magenta e a raccontarlo in un gruppo Facebook locale con quasi 4 mila iscritti, è stata proprio la commessa. «Sono scoppiata a piangere per la commozione».
Nè la signora nè la coppia erano clienti abituali. Questi ultimi «parlavano con accento slavo, erano albanesi o forse rumeni».
Hanno saldato il conto di poche decine di euro in più e poi sono andati via, tra i ringraziamenti dell’anziana e quelli della commessa. La storia sui social è diventata virale, con tante condivisioni e anche molti commenti, tra lodi e insulti, come sempre accade nella piazza virtuale.
«Volevo condividere la grande emozione che ho provato per un gesto bellissimo, nobile, altruista. Tutto ciò che sta succedendo in questi giorni però mi fa un pochino riflettere. Non dico che dovremmo assistere a gesti del genere quotidianamente, mi piacerebbe però che capitassero così tanto spesso da non fare notizia», spiega la commessa.
(da “Il Corriere della Sera”)
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Ottobre 26th, 2017 Riccardo Fucile
1400 EURO AL MESE PER OTTO ORE, CONTRATTO A TEMPO INDETERMINATO E IN REGOLA, MA GLI ITALIANI PREFERISCONO L’INDENNITA’ DI DISOCCUPAZIONE, POI SI LAMENTANO
“Ho messo i cartelli subito dopo Ferragosto, sono riuscito a prendere solo quattro
persone, due delle quali sono andate via”.
Angelo Pattini, titolare delle omonime panetterie a Milano, parla con il realismo di chi è abituato a lavorare.
Da più di due mesi sulla porta dei suoi cinque negozi si legge: “Cercasi baristi, panettieri, pasticceri, commesse, cassiere e addetti alle pulizie”.
La ricerca, però, non è andata bene. “Ci serve personale da assumere a tempo pieno, con contratto regolare – spiega – ma spesso è proprio questo il problema”.
L’offerta è chiara: otto ore di lavoro al giorno e uno stipendio che, a seconda della mansione, oscilla tra 1.200 e 1.400 euro netti.
La disoccupazione italiana a livelli altissimi e le cinque persone in un’ora entrate in negozio per chiedere informazioni sul lavoro, lasciano supporre che non sia difficile trovare dipendenti. Ma non è così.
“Di curriculum ne sono arrivati tanti, – racconta Pattini scorrendo i fogli – abbiamo fatto colloqui e attivato diversi periodi di prova, ma non siamo riusciti a prendere quasi nessuno”.
Pattini sfoglia i curriculum ricevuti
Il 70 per cento dei candidati, spiega, è composto da stranieri e spesso dobbiamo scartarli. “Non si tratta di razzismo: la metà dei miei dipendenti è straniera, ma per questo lavoro servono esperienza e familiarità con la professione. Gli egiziani, ad esempio, sono maestri nella panificazione e anche i sudamericani lavorano bene, perchè hanno tradizioni alimentari simili alle nostre”.
Il problema, quindi, sembra essere nel 30 per cento di italiani.
“Un barista di 55 anni – racconta Pattini – dopo il mese di prova se n’è andato perchè preferisce continuare a prendere la disoccupazione e fare qualche lavoretto. Una candidata ci ha avvertito che sarebbe venuta da noi se non le avessero concesso gli ammortizzatori sociali: non si è presentata”.
Pattini aggiunge ancora: “I voucher per noi erano perfetti, il personale era in regola e lavorava per le ore necessarie e nei momenti di maggior bisogno. Varie casalinghe, per esempio, lavoravano tre ore al mattino, dopo aver lasciato i figli a scuola”.
L’altra questione riguarda i giovani. “I ragazzi – continua il titolare delle panetterie – stanno con noi qualche mese, poi chiedono lettere di referenze e vanno a lavorare all’estero. L’anno scorso è successo quattro volte”.
All’estero, infatti, l’arte della panificazione e della pasticceria italiana ha successo: “Lo vediamo dai turisti che vengono qui in negozio, apprezzano i prodotti tradizionali”. Da aprile, racconta, gli affari sono aumentati, “piace la nostra volontà di rimanere una bottega, producendo tutto quello che vendiamo e sfornando pane fresco ad ogni ora del giorno”.
Paradossalmente, però, nessuno vuole entrare a far parte di questa tradizione che piace a tutti.
(da “il Corriere della Sera”)
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Ottobre 26th, 2017 Riccardo Fucile
“INTERCETTATO” MENTRE PARLA CON TOTI, SI SFOGA: “E’ COLPA SUA” E SEGUONO PAROLACCE SULLA LEADER DI FRATELLI D’ITALIA… LA MELONI LO RITIENE TROPPO VICINO A SALVINI E STORACE
Giorgia Meloni non vuole (più) Sergio Pirozzi candidato governatore del Lazio.
A dirlo è lo stesso sindaco di Amatrice in un colloquio con Giovanni Toti “intercettato” dal Messaggero, che ne parla oggi in un articolo di Simone Canettieri:
«È lei, è colpa sua». Seguono parole non proprio gentili di Sergio Pirozzi nei confronti di «lei»: Giorgia Meloni. Il sindaco è arrabbiatissimo.
E si sta sfogando con Giovanni Toti — arrivato ad Amatrice per donargli 50mila euro in segno della vicinanza della regione Liguria — dentro al prefabbricato dove ha sede il Comune.
Non sono passate nemmeno 24 ore dalla presentazione del libro di Pirozzi all’Eur, evento politico più che letterario al cospetto di tutti i big del centrodestra sovranista, Matteo Salvini e Giorgia Meloni.
Il sindaco è una furia. Pensa di non essere ascoltato durante il colloquio con il governatore ligure. «E’ colpa della Meloni — urla-: non mi vuole, preferisce perdere. Ma deve dirlo». Seguono parolacce.
Toti, che prima di buttarsi in politica è stato un giornalista, mette in guardia Pirozzi: «Piano, qui fuori è pieno di telecamere».
Il colloquio suona strano perchè era stata proprio la Meloni una delle fautrici della candidatura di Pirozzi a via della Pisana.
Nell’articolo si spiega però che i motivi del curioso ostracismo postumo sarebbero fondamentalmente due: il fatto che Pirozzi sia troppo vicino a Salvini e Storace, considerati competitors dall’ex “Draghetta di Usenet” e una non meglio precisata somiglianza nei modi tra Pirozzi e la Polverini:
L’incontro tra i due è dettato dalla solidarietà della Liguria per il paese terremotato, ma ha una forte valenza politica. Toti è il grande fautore, dentro Forza Italia, del centrodestra a trazione sovranista per via — tra le altre cose — dell’ottimo rapporto con Salvini. Proprio «Matteo» l’altra sera all’Eur è stato “sparato” sull’ipotesi di Pirozzi candidato governatore nel Lazio: «Fosse per me anche domani. Ma forse Sergio dà fastidio perchè non lo controllano».
Chi? Gli indizi potrebbero portare anche a Giorgia Meloni, così tiepidissima da essere quasi fredda.
Nonostante tecnicamente il sindaco-mister sia iscritto a FdI. Dentro Fratelli d’Italia hanno annusato l’opa di Salvini (ma anche di Francesco Storace) su Pirozzi.
E forse, senza saperlo, certi colonnelli meloniani parlano proprio come gli azzurri che l’altra sera non si sono presentati: «Con Pirozzi rischiamo un’altra Polverini, poi avete visto chi si porta dietro?».
(da “NextQuotidiano”)
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Ottobre 26th, 2017 Riccardo Fucile
PER EVITARE INSULTI E PROTESTE A OGNI FERMATA , SI CANCELLANO PROGRAMMA E DATE
È partito da una stazione, è arrivato a nasconderle tutte. 
Fischi e insulti di cittadini arrabbiati a Polignano, striscioni a Porto San Elpidio, grida e dileggi a Reggio Calabria.
Ogni tappa, una croce per il tour in treno di Matteo Renzi, partito il 17 ottobre per toccare in otto settimane le 107 province italiane.
“Destinazione Italia” voleva essere un “percorso di ascolto e confronto” ma alle prime fermate Renzi e i suoi hanno dovuto rimettere i piedi per terra: “Buffone, buffone!”, urlano a Vasto, dopo un’accoglienza non meno calorosa ad Ascoli Piceno, mentre a Reggio Calabria hanno dovuto far rientro in stazione dall’ingresso secondario.
Così, per evitare che ogni fermata del convoglio si trasformi in uno spot anti-Renzi, hanno deciso di cancellare ogni indicazione sul programma di viaggio.
Neppure l’organizzazione del Partito, abbiamo fatto la prova, sa dove il convoglio fermerà .
Alla vigilia della partenza, sul sito del Partito Democratico erano invece indicate le tappe della prima settimana: martedì Farva, Civita Castellana, Narni, Spoleto, mercoledì Fano, Osimo e così via.
Ma quella pagina (sotto lo screenshot) è scomparsa dopo le prime avvisaglie di un viaggio più faticoso del previsto, con video che raccontano il vero spirito di accoglienza che viene riservato a Renzi in giro per l’Italia.
Così il sito su cui è transitata tutta l’operazione www.treno.partitodemocratico.it non indica più alcuna tappa, neppure per sbaglio fa riferimento alla “prossima fermata”, come recitava lo slogan della prima stazione (Leopolda) da cui Renzi era partito, nel lontano 2010.
Sembra impossibile. Sette anni dopo l’entourage renziano è costretto a cancellare le fermate del leader perchè gli insulti non ne sporchino il viaggio.
Basta chiamare in Via Sant’Andrea delle Fratte per avere conferma che non si tratti di un caso o di una svista, fingendoci simpatizzanti.
Ci passano l’organizzazione. “No mi spiace ma non so dirle dove farà tappa, sinceramente noi veniamo avvertiti solo il giorno precedente ogni tappa“.
Perfino per il partito quel treno naviga a vista per l’Italia. “Ora sappiamo che è in Calabria, oggi e domani in Campania poi in concomitanza della Conferenza programmatica a Napoli, ma poi da domenica non sappiamo nulla. Se c’è un calendario qui non ce lo danno, lo avranno le Ferrovie, perchè devono ovviamente smistare i treni”.
Inutile chiamare le Fs che rimandano all’ufficio stampa del Pd, anche se il treno corre ancora sui suoi binari. O forse no, perchè è anche successo che si sia fermato di fronte all’ineluttabile.
Il quinto giorno il tour fa tappa a Matera dove — una volta arrivato sul binario morto della Linea Ferroviaria Jonica — il pezzo più antico e martoriato della rete ferroviaria nazionale, Renzi è sceso per raggiungere Reggio Calabria in aereo.
Certificando così che quel tratto non fa parte dell’Italia ma di un Medioevo dei trasporti sul quale è meglio sorvolare.
“In treno ci si arriverà per bene tra qualche anno”, ha però assicurato Renzi incontrando i rappresentanti dell’associazione che chiede la linea ferroviaria statale. Ma chi può, nel frattempo, prenda l’aereo.
Che il luminoso viaggio di Renzi proceda oggi a tentoni nel buio pone un qualche problema al leader democratico, già poco premiato dai sondaggi.
Nasceva come un tour pre-elettorale grazie al quale le buone ragioni dell’ex premier venivano portate “sui territori”, come si dice.
Renzi dichiarava di voler intercettare non chi la pensa come lui ma gli altri.
Ma è costretto a ripiegare a suon di proteste e va da sè che le federazioni provinciali, avvisate sotto traccia della tappa, faranno radunare attorno al passaggio festosi simpatizzanti di Renzi.
Così la reazione tattica al fallo di potenziali contestatori rischia di vanificare tutta l’operazione che non è proprio indolore sotto il profilo dei costi: 400mila euro, secondo stime non smentite, mentre ci sono 184 dipendenti in cassa e il bilancio è in rosso di quasi 10 milioni.
Altro paradosso: non avendo le tappe successive, il viaggio che guardava al futuro del Paese si limita a raccontare il passato, in forma di diario della fermata del giorno prima. Un diario-melassa tra foto opportunity sorridenti, comitati sempre festosi, interlocutori attenti e compiti di fronte al leader e ben edulcorato da spiacevoli, per quanto sistematici, episodi di dissenso.
“Ogni sera, a fine giornata, quando è tardi e sei anche un po’ stanco, è la pienezza e l’intensità delle emozioni che il viaggio ti ha regalato a farti desiderare che venga presto il giorno dopo”.
Così scriveva Renzi alla fine del terzo giorno. Non un accenno alle proteste. Niente detrattori, critici e cittadini comuni arrabbiati. Disturbano il macchinista.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Ottobre 26th, 2017 Riccardo Fucile
NEL PROCESSO CHE LA VEDE IMPUTATA PER DIFFAMAZIONE INTENTATO DA ROMEO GESTIONI, LA SINDACA SI FA ASSISTERE DAL TITOLARE DEL SUO EX STUDIO, NOTO PER LA DIFESA DI PREVITI
Sarà l’avvocato Pieremilio Sammarco a difendere Virginia Raggi dall’accusa di diffamazione che le ha mosso la Romeo Gestioni nell’udienza preliminare che si svolgerà oggi per quanto detto dalla sindaca in commissione Antimafia il 19 ottobre del 2016.
In quella occasione la grillina disse: «Abbiamo trovato il patrimonio in una situazione disastrosa. Roma non sa quali immobili ha: Roma non conosce il proprio patrimonio. È una cosa completamente assurda».
E non lo conosce, proseguì Raggi, perchè per anni «ha affidato la gestione del proprio patrimonio immobiliare a società esterne».
Una delle principali, fu l’affondo della pentastellata, è «la Romeo Gestioni, che effettuava la gestione del patrimonio attraverso procedure informatiche».
Quando venne interrotto il contratto tra Roma Capitale e la Romeo Gestioni quest’ultima, secondo la ricostruzione della Raggi, «si è portata via tutti i dati e dopo una serie di contenziosi peraltro ancora in essere ha restituito 100 bancali di carta che dovrebbero essere aperti, visionati e inseriti all’interno di un sistema».
La Romeo ha querelato la sindaca che oggi, racconta Simone Canettieri sul Messaggero, sarà difesa da Sammarco:
L’avvocato difenderà la sindaca, come persona fisica, dalla citazione per diffamazione della Romeo Gestioni. La prima udienza di comparizione è fissata proprio per questa mattina davanti alla I sezione del tribunale di Roma.
La società è pronta a chiedere un risarcimento danni «milionario» a Raggi. Perchè? Durante un’audizione in commissione Antimafia la pentastellata accusò la società di essersi portata via, dopo la fine del contratto con il Campidoglio, tutto l’archivio digitale sugli immobili comunali lasciando solo bancali di carta.
La querela di Alfredo Romeo è andata avanti. Ed è entrata nel vivo. Al punto che Raggi, difesa come sindaco dall’Avvocatura, per tutelarsi in quanto persona fisica ha deciso di rivolgersi al suo ex studio e in particolare al titolare, l’avvocato Sammarco.
Maestro e allieva ancora insieme.
Sammarco nei giorni scorsi era tornato nelle cronache dei quotidiani perchè, in uno scambio di messaggi con Raffaele Marra, aveva definito “una minchiata” il contratto che la Raggi aveva firmato con il M5S all’epoca della candidatura.
Lo stesso contratto firmato nel frattempo dalla candidata alla Regione Lazio Roberta Lombardi.
(da “NextQuotidiano”)
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Ottobre 26th, 2017 Riccardo Fucile
LA VITTIMA DI 20 ANNI FU STUPRATA NEI BAGNI DI UNA DISCOTECA
Un carabiniere in servizio nella provincia di Modena, oggi 42enne, è stato condannato a
sei anni e mezzo di carcere per violenza sessuale dalla Corte d’assise.
I fatti risalgono alla primavera del 2012, vittima una ventenne (all’epoca dei fatti) che denunciò di essere stata stuprata dal militare, dopo una serata tra amici, nei bagni di un locale del Modenese.
La giovane, supportata dalle amiche, aveva successivamente deciso di sporgere denuncia agli agenti della Polizia, che hanno condotto le indagini, coordinate dal pm Marco Niccolini.
La pubblica accusa ha chiesto una condanna a sei anni per il carabiniere, difeso dagli avvocati Fabio Bazzani, di Modena, e Paolo Babboni di Bologna che hanno ribadito la tesi di un rapporto consenziente; la condanna nei confronti del carabiniere è giunta dopo che in aula sono stati analizzati sms e contatti via Facebook.
(da agenzie)
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Ottobre 26th, 2017 Riccardo Fucile
LA RISORSA ARIANA HA 49 ANNI, ACCUSATO ANCHE DI ATTI PERSECUTORI
Prima l’ha attirata in una trappola poi l’ha minacciata con due pugnali. In manette, con l’accusa di atti persecutori e violenza sessuale, è finito un professionista 49enne barese. L’uomo è stato arrestato in esecuzione di una ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip del tribunale di Bari, Francesco Pellecchia, su richiesta del sostituto, Marcello Quercia.
Le indagini sono iniziate il 13 ottobre scorso, quando i Carabinieri di Conversano sono intervenuti in soccorso ad una donna 39enne, di Cassano delle Murge (BA), la quale era stata attirata dal suo ex – con la scusa di un incontro pacificatore – in un uliveto tra Monopoli e Conversano, dove è stata picchiata e minacciata con due pugnali di notevoli dimensioni (15 cm).
L’intervento dei militari ha consentito di mettere in salvo la donna e di sequestrare i due coltelli abbandonati dall’uomo durante la fuga.
A quel punto la donna ha sporto denuncia ai Carabinieri, ai quali ha raccontato che da oltre 3 mesi era vittima di minacce, molestie e violenze ad opera dell’ex compagno, che non si rassegnava alla fine della loro relazione, tanto che, lo scorso mese, dopo averla invitata ad un incontro chiarificatore a Taranto, aveva anche abusato sessualmente di lei.
Le prime ricerche dell’uomo, svolte nell’immediatezza dai Carabinieri, davano esito negativo, atteso che lo stesso si era reso irreperibile, abbandonando sia il domicilio a Bari che una seconda abitazione a Taranto.
Tuttavia la donna ha continuato a notarlo più volte, mentre si aggirava sotto la sua abitazione
Grazie a queste segnalazioni, ed ai riscontri eseguiti dai Carabinieri sulla scorta della denuncia presentata dalla vittima, ieri mattina, i militari hanno hanno rintracciato e arrestato a Cassano lo stalker.
(da agenzie)
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