Destra di Popolo.net

SILVIO, L’UNTO DAL SISTEMA

Novembre 23rd, 2017 Riccardo Fucile

IL PARADOSSO DEL CAV: DA REPROBO AD ARGINE AL M5S…ORA L’ESTABLISHMENT LO GUARDA CON INDULGENZA

È accaduto: cinque lustri dopo la discesa in campo del ’94, Silvio Berlusconi è diventato, in questo finale di legislatura vissuto come un viaggio verso l’ignoto, un “populista buono”, incarnatore di una stabilità  presunta, l’argine affidabile.
Dice Paolo Mieli: “Il clima è cambiato. L’ultima volta che si eleggeva il capo dello Stato, Berlusconi stava andando ai servizi sociali senza manette e ora che i nuovi barbari sono i Cinque Stelle torna come salvatore della patria. Da qualunque parte lo guardi è un alleato di un possibile governo. Così viene vissuto”.
C’entrano certo il carattere e i vizi degli italiani, avvezzi alla comodità  di un oblio repentino più che alla fatica della memoria, grande costante della storia d’Italia: “È un classico — prosegue Mieli — di questo paese. La demonizzazione successiva comporta sempre la riabilitazione parziale o totale del demonizzato dell’ora precedente. Ricorda Cossiga? Il partito che ne chiese l’impeachment per gladio e i i servizi deviati alla fine degli anni Novanta lo portò in trionfo alla festa dell’Unità  neanche fosse un Lenin redivivo”
C’entra però molto, forse soprattutto, la politica di oggi: “Il suo ritorno — sostiene lo storico Giovanni Orsina — è il sintomo di un cambio d’epoca, ovvero della crisi di un sistema politico che non riesce a produrre nulla di nuovo e a stabilizzarsi, e che consuma soluzioni, come il renzismo disintegrato in tre anni”.
Si spiega così perchè un pezzo dell’establishment racconta un Berlusconi “potabile”, “moderato”, con i giornali del mondo dell’impresa che rimuovono il ricordo del default economico del 2011 (ricordate il “fate presto” del Sole) e gli oppositori politici che rimuovono la gigantesca anomalia democratica che ha rappresentato (e rappresenta) con un mai irrisolto conflitto di interessi, e un imbarazzante bagaglio di scandali etici e processuali.
Fabrizio Cicchitto, capogruppo del Pdl ai tempi del famoso assedio “politico-mediatico-giudiziario” non riesce a capacitarsi di cotanta benevolenza: “Parliamoci chiaro. Siamo in una situazione ultra-paradossale. Che cosa significa la frase di Scalfari “tra Berlusconi e Di Maio voterei Berlusconi”? Significa che essendo tutti terrorizzati sia dal Movimento a Cinque stelle sia da Salvini, oggi si perdona a Berlusconi anche quello che costituì la ragione della demonizzazione più totale, come il suo rapporto spregiudicato con le donne, peraltro in un momento in cui si discute solo di scandali sessuali, da Weinstein a Brizzi”.
È cambiato il clima, oltre ai rapporti di forza per cui l’ex premier non è più il dominus assoluto del paese, ma solo un attore rilevante del gioco politico.
Paradigmatica, di questo nuovo clima, anche la vicenda dell’assegno di Veronica, la grande accusatrice “politica” del “ciarpame senza pudore” e del “mio marito è un uomo malato”, revocato dalla corte d’appello di Milano.
Impensabile, solo qualche anno fa, quando la “malattia” dell’ex premier, cioè l’ossessiva dipendenza dal sesso faceva chiedere a mezza Italia se avesse la lucidità  di governare il paese e spingeva il Palazzo a costruire soluzioni di emergenza.
O anche l’udienza della Grande Chambre di Strasburgo, con i giudici che hanno preso molto sul serio il ricorso presentato dal Cavaliere sull’applicabilità  della Severino, e con le fanfare berlusconiane che si sono spente in un clima di rigore, sobrietà  e, perchè no, di moderazione per nulla evocativo delle scomposte intemerate dei questi vent’anni.
Prosegue Mieli: “È evidente che, in questo nuovo clima, lui asseconda, gioca, non è mica stupido. I suoi voti serviranno se si dovrà  fare un governo di unità  nazionale. Oggi il più grande ammiratore di Berlusconi, senza che lo dica, è Mario Draghi”.
E chissà  se è un caso che che proprio del presidente della Bce l’ex premier è assurto al ruolo di grande difensore, prima quando in Parlamento arrivò la famosa mozione del Pd per impedire il rinnovo di Visco poi in commissione banche, di fronte alla volontà  del Pd di coinvolgerlo: “Sarebbe da irresponsabili” disse.
Senza più la forza di un tempo, azzoppato dall’incandidabilità , comunque Berlusconi gode, di un vantaggio posizionale: principale azionista di un governo di destra, possibile partner di un governo di larghe intese, interlocutore “affidabile” di un certo establishment europeo: “Col senno di oggi — spiega Orsina — Berlusconi in realtà  è più establishment di altri. Così ti spieghi Scalfari e chi lo vede partner di un governo di larghe intese, perchè comunque ha un rapporto col sistema prolungato, con la politica sin dai tempi di Craxi, partecipa di una certa cultura dell’Italia repubblicana, ha un programma, la rivoluzione liberale, che sono gli anni ottanta, non il vaffa”.
Il Sistema, insomma, riconosce Berlusconi, Cavaliere non più nero, nè più Sua Emittenza o Papi, che in tv appare come un simpatico vecchietto finchè non parla di Dell’Utri o dei giudici, parole che, come una amara madeleine, fanno riemergere il tempo perduto.
E il Sistema con Berlusconi crea, già  ora, le condizioni per tutelarsi e autoriprodursi, come accaduto con la forzatura sulla legge elettorale, perfetta per escludere dalla prospettiva del governo le “turbolenze”, per la stabilità  immaginata, come i Cinque Stelle.
In questa dinamica (e in questo clima), di larghe intese già  in atto, l’attuale governo, a ben vedere, non è affatto ostile sui dossier che contano davvero per Berlusconi, anzi.
Di rottura del duopolio, per dirne una, non se ne è neanche parlato a proposito di interessi televisivi, nè di una riforma che costringesse una azienda cotta come Mediaset a investire per essere più competitiva.
Su sulla difesa di Mediaset da Vivendi il governo poi si è mobilitato più che per l’agenzia del farmaco, in nome dell’interesse nazionale. E soprattutto, con la mossa della golden power su Telecom, si è posto in una posizione terza e di garanzia, ponendo le basi per sminare dal tema del conflitto di interessi del Cavaliere il prossimo governo.
Sempre che questo schema e questo clima sopravviva a un ostacolo chiamato voto.

(da “Huffingtonpost”)

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LA NUOVA FRONTIERA DELLE LOBBY: I BIG DELLA TECNOLOGIA FLIRTANO CON CASALEGGIO

Novembre 23rd, 2017 Riccardo Fucile

L’AZIENDA E’ UNA REALTA’ DI PICCOLE DIMENSIONI, MA TROVA PARTNERSHIP DI PESO

L’azienda è in perdita , ma (per fortuna sua) ha sponsor di peso gigantesco.
L’altro giorno a Milano la Casaleggio Associati – mente informatica su cui
si poggia il Movimento 5 stelle – ha celebrato un convegno sull’impatto dell’intelligenza artificiale nel business tra aziende: un’innovazione che a detta del suo presidente, Davide Casaleggio, ha un «impatto dirompente» e sta portando «a una nuova rivoluzione industriale che sarà  molto più veloce e pervasiva».
Bene. Main sponsor dell’iniziativa: la Microsoft.
Un gigante, al confronto della piccola società  milanese. E non l’unico a danzarle nei pressi.
In aprile, alla kermesse di Ivrea in onore di Casaleggio senior aveva parlato l’amministratore delegato di Google Italia Fabio Vaccarono.
In maggio, Davide Casaleggio s’era seduto accanto ai grandi (Microsoft, Ibm, Airbnb) per l’Internet day organizzato dall’agenzia Agi, proprietà  di Eni.
In giugno, al convegno dei giovani industriali a Rapallo, da ospite d’onore il giovane Davide aveva avuto il privilegio di parlare prima dei colossi là  presenti (Facebook, Huawei, Microsoft, Ibm), dovendosi poi assentare.
Nel complesso un pulviscolare trattamento di grande attenzione e guanti bianchi che, almeno all’apparenza, suona curioso viste le dispari dimensioni dei Golia e del David. Ancor più se si pensa che parliamo di un’impresa che da tre anni presenta bilanci in rosso (l’ultimo, di 48 mila euro) e in tre anni ha subito una brusca riduzione dei ricavi: dai 2 milioni di euro nel 2013, ai 974 mila nel 2016.
I nuovi orizzonti di lobby e politica passano di qui?

(da “L’Espresso”)

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EMMA BONINO VARA +EUROPA E LASCIA LA PORTA APERTA AL PD

Novembre 23rd, 2017 Riccardo Fucile

MA SULLE FIRME E’ MISSIONE IMPOSSIBILE

Le alleanze ancora in alto mare, una raccolta firme per la presentazione della lista lungi dall’essere avviata, una linea politica tutta incentrata sulla fiducia nelle istituzioni europee in un momento di generale diffidenza.
Stando così le cose, l’obiettivo è arduo se non – per usare le parole di Emma Bonino – “impossibile” da raggiungere.
All’Hotel della Minerva, nel centro di Roma, si riuniscono insieme a Bonino Riccardo Magi, segretario dei Radicali italiani, e Benedetto Della Vedova di Forza Europa per presentare la lista +Europa, una “proposta elettorale autonoma” per rilanciare il progetto degli Stati Uniti d’Europa e dell’integrazione europea
La linea politica è tanto innovativa, per certi versi, quanto azzardata.
E in soldoni è questa: basta parlar male dell’Europa perchè le istituzioni Ue rappresentano il futuro, e “più Europa vuol dire più pace, più sicurezza, più diritti, più crescita, più efficienza, più cultura, più libertà “, ha detto Bonino.
Di qui il motto, coniato da Della Vedova per prendere le distanze dall’atteggiamento critico del Pd renziano verso Bruxelles, “Europa sì anche così”.
Un azzardo, appunto: in un clima di sfiducia generale nei confronti delle istituzioni europee la scommessa è attrarre o convincere una parte degli elettori italiani sulla necessità  di mettere l’Ue al primo posto dell’agenda politica.
Anche cavalcando temi ostici come il rigore sulla finanza pubblica.
Per Magi “sui conti ha evidentemente ragione l’Unione Europea” nel richiamare l’Italia al rispetto dei parametri in vigore. Così come per Della Vedova “il rispetto delle regole finanziarie Ue è un’esigenza etica e pratica per l’Italia, perchè altrimenti a farne le spese saranno le generazioni future”.
Ci sono altri due punti che rendono più complicata la missione di +Europa.
La raccolta delle firme è il problema a monte: come tutte le liste che non sono presenti nell’attuale Parlamento, +Europa è tenuta a raccogliere 45mila firme per presentarsi alle elezioni.
Problema: la legge elettorale, il Rosatellum, prevede circa 70 collegi plurinominali (nati dall’accorpamento dei collegi uninominali del maggioritario) ma non sono stati ancora disegnati.
In queste ore il Cdm è al lavoro sul decreto che dovrà  poi passare per le Camere e infine varato. Solo dopo la definizione dei collegi potrà  iniziare la raccolta delle firme.
E, se come vuole la vulgata, si andrà  a votare a marzo, si capisce che al nuovo soggetto liberal-radicale resta ben poco tempo, forse un mese, a ridosso delle feste natalizie. “In un mese è impossibile”, è l’allarme di Bonino, per la quale – se la legge non verrà  cambiata – il sistema si traduce in un “chi c’è c’è, chi non c’è non c’è. Il sistema è altamente preclusivo”.
Infine c’è il capitolo alleanze. E su questo Bonino fa una precisazione che, in sostanza, lascia mano libera ai capofila della lista e apre praterie verso il Pd: “La legge elettorale non prevede coalizioni ma apparentamenti”.
Vuol dire che il piano di discussione con gli altri partiti, in primis con il Partito Democratico, non dovrà  ad ogni costo essere l’unità  programmatica dei soggetti alleati visto che il Rosatellum “non prevede nè un programma comune nè un premier comune”. Anche perchè al momento è sui programmi che si misurano le maggiori differenze e Bonino non ne fa mistero: i temi economici, il Jobs Act, il tema dei diritti e dell’immigrazione, gli accordi con la Libia.
Certo, l’approvazione di Ius soli e biotestamento all’ultima curva di questa legislatura faciliterebbe un apparentamento immediato con il Pd. Ma sulle due leggi a bagnomaria in Parlamento i dem prendono tempo.
“Tutto è in fieri, e non si conoscono nemmeno le regole del gioco. Tutti sono in movimento e solo a noi si chiedono certezze granitiche”, ironizza Bonino che esclude alleanze, almeno per ora, per ‘aggirare’ il problema firme: o appoggiandosi a Scelta Civica, esentata in quanto già  in Parlamento, o unendo gli sforzi con Campo Progressista, alle prese con lo stesso problema: non c’è “nessun ragionamento” con Pisapia, taglia corto Bonino.
Mentre Della Vedova spiega: “Non siamo alla ricerca di un’esenzione, ma di una agibilità  democratica”. Riassumendo: nulla è precluso ma nulla è automatico, conclude Bonino.

(da “Huffingtonpost”)

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PEONES CENTRISTI ED ETERNI DC

Novembre 23rd, 2017 Riccardo Fucile

DA ROTONDI A GIOVANARDI, ECCO CHI VA A CACCIA DELL’ENNESIMA POLTRONA IN PARLAMENTO

Peones centristi, democristiani fuori stagione, verdiniani, alfaniani, orfani montiani. Con la legislatura ormai quasi terminata, nel secondo Parlamento figlio del Porcellum e con il record dei voltagabbana (533 tra Camera e Senato), tra i parlamentari della diaspora centrista è già  partita la caccia per un nuovo posto in lista alle prossime politiche.
L’unica ossessione? La riconferma in Parlamento, anche per chi ha già  non poche legislature alle spalle.
“Nella Dc ci sono sempre stati gli esterni, gli interni e gli eterni. Io spero di essere uno di quest’ultimi”, rivendica un profetico Gianfranco Rotondi, deputato azzurro e leader di Rivoluzione Cristiana.
Che non nasconde l’obiettivo di “rifare la Dc con chi ci sta”. Con lo sguardo, però, sempre rivolto verso Arcore e Silvio Berlusconi.
Una direzione verso cui tende anche “Risorgimento italiano”, il “progetto” di Naccarato, Tremonti e Sgarbi: “Dove troverò i voti? Noi prenderemo il 3%, oltre un milione di consensi. Mi venga a cercare dopo le urne”, azzarda lo stesso Naccarato, neo coordinatore “nazionale” della lista, prossima civetta berlusconiana.
Verso il leader forzista vorrebbe guardare anche Maurizio Lupi, costretto però a rivendicare la corsa solitaria di Alternativa popolare, per evitare la faida interna con chi è ancora filorenziano, come Alfano e Lorenzin: “Saranno gli elettori a decidere se tornerò in Parlamento, io ci metterò la faccia”, rivendica il coordinatore di Ap.
Altri si sono già  riciclati, come Aldo Di Biagio, un passato tra le fila del Pdl: “Sono pronto a correre per i Centristi per l’Europa. Mi faccia l’in bocca al lupo”.
Alla ricerca di una collocazione — e di una nuova poltrona in Parlamento — ci sono pure i verdiniani: dal capogruppo Lucio Barani a Pietro Langella, fino a Ignazio Abrigani.
“La politica? Difficile lasciarla”, ammette quest’ultimo. Barani, invece, rivendica convinto, dopo quattro mandati alle spalle: “Questa legislatura? La potete chiamare con il mio nome. Sono pronto alla sfida in un collegio”.
In coalizione con Renzi? “No, in nome di Barani”, prova a nascondere le carte. Ma la strada è già  segnata. “Se Barani può aspirare al quinto mandato, io posso tranquillamente correre per il secondo”, spiega invece Langella, collega di partito.
Un capitolo a parte, lo meritano invece Carlo Giovanardi e l’alfaniano Guido Viceconte.
Il primo spiazza tutti, con tanto di annuncio: “Non mi ricandido, ho già  dato”. Prima di lasciare spazio a un possibile ripensamento, con citazione hollywoodiana: “Domani è un altro giorno…”.
Il senatore Viceconte, invece, di lasciare lo scranno non ne ha alcuna voglia, nonostante quasi 20 anni di carriera parlamentare alle spalle: “Certo che mi ricandido. Ho ancora molto da dire, molto”.
Infine, spazio agli indecisi: “Non so se sono ancora utile al Paese, ho una certa età ”, ammette il socialista Buemi. Mentre Pino Pisicchio, presidente del gruppo Misto alla Camera al sesto mandato, questa volta si rivolge al fato: “Mi ricandido? Ai posteri l’ardua sentenza”.

(da “Huffingtonpost”)

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“MEGLIO LIBERI”, MA ANCHE MEGLIO LA CASA EDITRICE DEL “NEMICO” BERLUSCONI

Novembre 23rd, 2017 Riccardo Fucile

LA NUOVA FATICA LETTERARIA DI DI BATTISTA SUSCITA CRITICHE NEL M5S

Oggi è il grande giorno: è in uscita «Meglio liberi», il nuovo libro di Alessandro Di Battista che sarà  pubblicato da Rizzoli, casa editrice appartenente a Mondadori, di proprietà  della famiglia Berlusconi.
Di Battista, che aveva pubblicato il suo primo libro con la Adagio della Casaleggio, ha scelto di fare il bis dopo il primo lavoro — A testa in su — e la presentazione di “Lettera a mio figlio sul coraggio di cambiare” è tutto un programma:
“Dicono che un figlio ti cambi la vita, Alessandro Di Battista preferisce credere che la rivoluzione vera parta anche da un modo diverso di vivere la paternità , mettendosi in gioco fino in fondo per costruire una felicità  a portata di tutti. In questo saggio racconta l’Italia che vede dalle piazze, quel Paese che si capisce solo uscendo dal Palazzo, una folla sempre più numerosa di persone che chiedono di poter partecipare attivamente alla politica per difendere la propria libertà .”
Quanto alla curiosa circostanza di vedere pubblicato il proprio libro dalla casa editrice di Berlusconi, il Corriere della Sera racconta oggi che tra i parlamentari,dopo l’annuncio dell’esponente del Movimento di non ricandidarsi alle prossime elezioni politiche, già  si rumoreggia e più di uno stigmatizza la scelta.
«Ci rendiamo conto?», sussurra un pentastellato.
Il motivo? A non essere digerita sarebbe proprio la casa editrice del grande nemico, ovvero Berlusconi, con cui Dibba avrebbe scelto di pubblicare il volume (il secondo, dopo A testa in su, sempre con Rizzoli).
Lo stesso nemico che il «pasionario» 5 Stelle ha più volte accusato e criticato.

(da “NextQuotidiano”)

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IL PRESIDE CHE VIETA GIUSTAMENTE LE PREGHIERE A SCUOLA

Novembre 23rd, 2017 Riccardo Fucile

POLEMICHE SURREALI IN UNA SCUOLA DI RAGUSA

Il dirigente scolastico della Ragusa Moleti di Palermo, Nicolò La Rocca, ha diramato stamani una circolare in cui vieta agli insegnanti di fare recitare le preghiere ai bambini e ha rimosso tutte le immagini sacre che si trovavano nella scuola.
Le spiegazioni date da La Rocca all’agenzia ANSA sono cristalline: “Ci sono state delle segnalazioni da parte di alcuni genitori in merito alla presenza di alcune statue particolarmente ingombranti che rappresentavamo simboli religiosi e quindi è stata chiesta la rimozione di queste statue molto grandi che si trovavano negli spazi comuni. Poi è stata segnalata l’usanza, non so se vero o no, di recitare le preghiere prima della merenda o comunque nell’orario curriculare. Io nella circolare ho evidenziato un parere dell’Avvocatura dello Stato che esclude che si possano fare celebrazioni religiose durante l’orario curriculare“.
La scuola è frequentata da bimbi che vanno dai 3 ai 6 anni. I plessi della Ragusa Moleti sono tre, la centrale e due sedi succursali: Sunseri ed ex Pestalozzi.
“Non ho mai parlato di usanza assurda, ma ho sempre detto usanza diffusa — aggiunge La Rocca — Alle mie spalle ho il crocifisso la sua presenza è normata dalla legge come vede e non ci sono problemi”.
E conclude: “La segnalazione non è stata fatta a me ma a un giornale. Qui nessuno è venuto a lamentarsi”. Nell’intervista che ha rilasciato a Repubblica, Nicolò La Rocca ha spiegato che la lettera era stata inviata al Fatto Quotidiano.
L’iniziativa del preside ha scatenato una polemica politica anche perchè oltre alle immagini dei papi che erano appese alle pareti della sede centrale della scuola Ragusa Moleti, il dirigente ha tolto anche quella di Giovanni Paolo II che si trovava nell’ufficio che gli è stato assegnato quando lo scorso settembre ha assunto il ruolo. .
“Quella di Bergoglio era nel mio ufficio…” spiega. Una decisione che ha lasciato di stucco genitori e insegnanti, anche se assicura il dirigente “nessuno è venuto a lamentarsi. Qualche docente mi ha riferito di un po’ di nervosismo tra gli insegnanti, ma nel mio ufficio non è arrivato nessuno a protestare per la circolare”.
A Radio Vaticana Italia il sottosegretario all’Istruzione Gabriele Toccafondi ha protestato con argomenti surreali, sostenendo che “Nel 2011 la Corte europea dei diritti dell’uomo ha stabilito che il crocifisso a scuola non lede la libertà  dei singoli e la libertà  religiosa” (e infatti nessuno lo ha tolto).
E ancora: ” Non fa male a nessuno avere un’immagine sacra. Mi sembra che c’entri poco la libertà  e c’entri molto l’ideologia in questo atto di questo preside”, ha detto Toccafondi accusando quindi il preside di essere ideologizzato quando questi ha fatto rispettare una legge dello Stato.
Il migliore di tutti però è il deputato PD Edoardo Patriarca: “Il preside della scuola Ragusa Moleti sicuramente non avrà  chiesto il parere di nessuno, soprattutto dei genitori, prima di vietare ai piccoli di recitare le preghiere. Un afflato di laicismo e autoritarismo che nei fatti nega le nostre radici”, ha detto, come se i presidi dovessero chiedere i pareri ai genitori prima di far rispettare le leggi.

(da “NextQuotidiano”)

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LA PROTESTA DEI MOVIMENTI PER LA CASA CONTRO RAGGI E GRILLO

Novembre 23rd, 2017 Riccardo Fucile

“NESSUNA SOLUZIONE DEL COMUNE DOPO GLI SGOMBERI”: ASSEDIO AL TEATRO FLAIANO

I movimenti per la casa protestano contro Virginia Raggi e Beppe Grillo a via del Gesù, a pochi passi dal teatro Flaiano dove oggi il comico è atteso al debutto del suo show “Insomnia”.
Uno schieramento di forze di polizia blocca l’accesso alla piazza.
Duecento persone dei movimenti per la casa sono radunati in via San Nicola de’ Cesarini (largo di Torre Argentina) e hanno annunciato una protesta contro la sindaca di Roma Virginia Raggi in occasione dello spettacolo teatrale di Grillo.
“L’insonnia è quella nostra, di chi non ha un tetto e non sa come arrivare a fine mese”, hanno scandito i manifestanti alle 16.00 di pomeriggio.
“L’unica soluzione proposta dall’amministrazione Raggi dopo gli sgomberi di via Quintavalle e di via Curtatone? Spendere un milione per dei container di plastica Ikea: baracche. Soluzione per un anno, poi chissà ?”, dicono i manifestanti.

(da “NextQuotidiano”)

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IL COMMERCIANTE CON LA PISTOLA: IL 7% DEI NEGOZIANTI POSSIEDE UN’ARMA DA FUOCO, QUALCUNO LO AVVISI CHE FURTI E RAPINE SONO IN CALO

Novembre 23rd, 2017 Riccardo Fucile

L’11% DI QUELLI ANCORA DISARMATI VUOLE DOTARSI DI UN’ARMA…SAREBBE INTERESSANTE SAPERE QUANTI HANNO L’ATTITUDINE PSICO-FISICA A USARLA CON DISCERNIMENTO

Il 16% dei tabaccai, il 15% degli ambulanti e il 13% dei gestori di pubblici esercizi ha una pistola o ha intenzione di acquistarla per la propria difesa personale.
In totale, l’11% pensa di dotarsene in futuro.
Sono i risultati di un’indagine Confcommercio-GFK di cui parla oggi Libero: un terzo dei commercianti, avverte l’indagine, ha percepito nel 2017 un peggioramento nel livello di sicurezza rispetto all’anno scorso.
Tra i tanti reati ritenuti in crescita ci sarebbero i furti (in aumento per il 47% degli interpellati) e le rapine (per il 33%).
PECCATO CHE NON SIA VERO
La percezione, grazie ai media e ai fomentatori di paura, gioca brutti scherzi.
I dati reali dicono ben altro.
Nei primi sette mesi del 2017, i reati sono calati del 12 per cento.
Gli omicidi sono calati del 15 per cento, passando da 245 a 208 e segnando un nuovo record storico: non c’erano mai stati così pochi omicidi dall’unità  d’Italia, cioè da quando abbiamo statistiche valide per tutto il paese.
È sceso, ma non in maniera sensibile, anche il numero degli omicidi di donne, che si svolgono in gran parte all’interno delle famiglie (quella familiare, secondo i criminologi, è un tipo di violenza le cui dinamiche si muovono molto più lentamente rispetto a quelle del resto della criminalità ).
Sono calate anche rapine e furti, due reati che — in controtendenza rispetto agli omicidi — aumentano spesso negli anni di crisi economica.
Le rapine sono passate da 19 mila a poco meno di 17 mila. I furti sono passati da 783 mila a 702 mila
QUINDI DI CHE PARLIAMO?
Ci sarebbero così altri 81.500 italiani armati, che magari si uniranno al numero, sempre maggiore, di coloro che ogni anno chiedono la licenza per uso sportivo o per la caccia, anzichè quella per tutela personale, più difficile da avere.
L’altro lato dell’emergenza sicurezza, inventata o esagerata dai politici, è questo: il rischio che aumenti il numero di possessori di armi pronti ad usarle senza avere la capacità  psico-fisica a usarla con un minimo di cervello.

(da agenzie)

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I NONNI, IL PIANOFORTE, L’AMICIZIA CON EZRA POUND: PATTY PRAVO RIPERCORRE I DETTAGLI DELLA SUA VITA

Novembre 23rd, 2017 Riccardo Fucile

IL LIBRO “LA CAMBIO IO LA VITA CHE…”…. “DA EZRA POUND HO IMPARATO IL SILENZIO”

Anche Patty Pravo, la cantante più anticonformista d’Italia, ha avuto, come tutti i suoi connazionali, una nonna che si chiamava Maria. E che è stata decisiva per il suo destino musicale (fu lei a spingerla verso lo studio del pianoforte).
Ha contato molto anche il nonno che era direttore alla Manifattura Tabacchi «e fumava quelle sigarette che ricordavano i Baci Perugina, con il pacchetto azzurro e sopra le stelle».
Il nonno era un uomo molto bello nella teoria e nella pratica: aveva tre amanti e le manteneva, un appartamento per ognuna. Alla nonna la cosa non importava.
Nicoletta Strambelli è nata e cresciuta a Venezia. Infatti, la si capisce meglio se si pensa che è degli stessi posti in cui è stato creato Corto Maltese. C’è in lei qualcosa della gentildonna di ventura.
La casa dei nonni, che l’hanno cresciuta perchè i genitori erano troppo giovani, era frequentata da personaggi come il patriarca Roncalli o l’attore Cesco Baseggio.
Come sia passata da questo mondo a quello del Piper di Roma dove esplose la sua vocazione beat è un mistero o forse, a pensarci bene, non lo è per niente.
Ripercorrendo la sua vita, Patty Pravo riscopre dettagli che l’hanno fatta diventare quello che è diventata.
Un esempio: a tre anni fu affascinata dai tasti neri del pianoforte. Le piaceva suonare solo quelli. Ora lo addebita alla sua componente dark.
Un altro episodio che ha lasciato il segno: il primo giorno di scuola la maestra delle elementari fece cantare a Nicoletta e agli altri bambini La Marsigliese. In un certo senso quell’inno della libertà  lei ha continuato a cantarlo tutta la vita.
Ma la cosa più bella che dice è questa frase: «Io da Ezra Pound ho imparato il silenzio». Del grande poeta americano Patty fu, in un modo molto speciale, amica.
Lo incontrò per caso e lo accompagnò in lunghe e mute passeggiate assieme alla moglie Olga. I Pound offrivano il gelato a quella bambina bionda.

(da “il Corriere della Sera”)

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