Dicembre 5th, 2017 Riccardo Fucile
MA COME SI FA A NOMINARE ASSESSORE UN SOGGETTO DEL GENERE? … MUSUMECI AVEVA ESPRESSO PIU’ VOLTE STIMA A DI MATTEO… IL MAGISTRATO: “HO GIA’ DENUNCIATO SGARBI PER DIFFAMAZIONE, PROCESSO A GENNAIO”
Il pm Antonino Di Matteo? “Ha tratto beneficio delle minacce di morte ricevute dal
carcere da Totò Riina. Ha cavalcato l’onda per fare il martire”.
Sono le pesantissime accuse lanciate da Vittorio Sgarbi, appena nominato assessore ai Beni Culturali in Sicilia dal neogovernatore Nello Musumeci.
Il critico d’arte, intervenendo ad Agorà su Rai3, ha messo nel mirino il magistrato palermitano, condannato a morte da Totò Riina, intercettato in carcere mentre auspicava un attentato nei confronti del pm, e oggetto di un piano omicida ordinato da Matteo Messina Denaro e svelato dal pentito Vito Galatolo.
“Di Matteo non è un martire, tanto è vero che Riina è morto e lui è stravivo. Quante cittadinanze onorarie ha avuto dopo le minacce? Ne hanno fatto un martire. Che bisogno c’è di raccontare al mondo quelle intercettazioni?”, ha detto Sgarbi, riferendosi alle registrazioni nel carcere di Opera in cui il capo dei capi di Cosa nostra augurava a Di Matteo di fare “la fine del tonno” come “il giudice Falcone”. “Le hanno diffuse ovunque, perchè non le tengono nascoste? Non dico che le minacce le ha volute lui ma ne ha tratto beneficio”.
Sgarbi non è nuovo a questi attacchi nei confronti di magistrati antimafia: già in passato è stato condannato per aver diffamato l’ex procuratore capo di Palermo, Gian Carlo Caselli, e i giudici del pool di Milano che indagavano su Tangentopoli.
Lo stesso Di Matteo lo ha già denunciato per diffamazione. “Non intendo replicare a questo signore che, per affermazioni dal contenuto molto simile, è già stato rinviato a giudizio per diffamazione aggravata mei miei confronti. Il processo inizierà a gennaio davanti al tribunale di Monza”, ha infatti commentato il magistrato siciliano, da alcuni mesi sostituto procurare alla Direzione nazionale Antimafia.
In passato, quando Musumeci era presidente della Commissione Antimafia all’Assemblea regionale siciliana, aveva più volte espresso la sua solidarietà al pm per le minacce ricevute e lo aveva invitato personalmente a una seduta della commissione dedicata solo al magistrato.
Alla fine della seduta, nel gennaio 2105, dedicata a Di Matteo, il neogovernatore aveva detto: “Dobbiamo neutralizzare ogni tentativo di isolamento nei confronti del magistrato più scortato d’Italia.
E oggi che l’attacco al pm che arriva proprio da un assessore nominato da Musumeci, al neogovernatore arrivano dunque richieste da più fronti per allontanare Sgarbi dalla giunta. “Già è stato un grave errore nominare un ex sindaco di un comune sciolto per infiltrazioni mafiose a capo di un assessorato regionale, per la prima volta nella storia della Sicilia. Oggi non metterlo fuori dalla giunta dopo le dichiarazioni contro il magistrato Di Matteo sarebbe un segnale devastante per una terra dove Cosa Nostra non è certo sconfitta, come dimostra anche l’operazione di oggi. Credo che il presidente Musumeci sappia bene che screditare ed isolare i magistrati che hanno investigato e colpito le mafie non possa essere tollerato, soprattutto se l’opera di delegittimazione arriva dai vertici della Regione, e ne trarrà le conseguenze”, dice Laura Garavini, parlamentare del Pd e componente della commissione Antimafia.
“Le parole di Sgarbi sono inaccettabili, spero che Musumeci abbia il coraggio di prendere le distanze da questa vergogna, gli ritiri le deleghe e lo mandi via, a questo punto è inaccettabile anche la sua presenza come assessore di questa Regione”, dice Giancarlo Cancelleri, già candidato governatore della Sicilia del Movimento 5 Stelle.
“Musumeci — aggiunge il pentastellato — deve scegliere con chi stare, con Nino Di Matteo e la lotta alla mafia o con Sgarbi e chi infanga e offende la storia degli eroi antimafia di questa terra e chi oggi rappresenta la migliore presenza dello Stato. A Nino Di Matteo la mia solidarietà e quella di tutto il gruppo parlamentare del M5s all’Ars”.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Dicembre 5th, 2017 Riccardo Fucile
“QUEL GIOVANE ESEMPIO DA SEGUIRE, E’ UNO STUDIOSO”… FORSE FAREBBE BENE A RILEGGERSI IL REGOLAMENTO DELL’ARMA
Arriva la reazione di un autorevole rappresentante dei lavoratori dell’Arma sulla vicenda della bandiera utilizzata dai gruppi neonazisti fotografata nella caserma Baldissera di Firenze.
“Si sta crocifiggendo un ragazzetto di vent’anni per niente”, tuona il rappresentante della linea mobile del Co.Ce.R., il brigadiere Antonio Serpi, ascoltato dall’HuffPost.
Per Serpi si è trattato di un “accanimento mediatico alimentato da una politica più vicina ai voti che alle esigenze reali”. Inoltre: “Il diritto può sanzionare condotte non intenzioni, per quelle ci sono i salotti. Questo è quanto accaduto al giovane carabiniere condannato nei salotti cosiddetti intellettuali”.
*Al collega “è stato detto di tutto: nazista, ignorante, xenofobo… solo in virtù di una mera opinione individuale che in poco tempo è diventata collettiva, senza approfondimento alcuno”. In questo senso, continua il delegato del Cocer, “sarà fatta chiarezza sulla vicenda che ha coinvolto il giovane, studioso e amante della storia, esempio che dovrebbero seguire in tanti”.
Serpi ricorda che “è espressamente vietato fotografato obiettivi sensibili, col rischio di esporre anche lo stabile e il collega a eventuali ritorsioni”.
“Abbiamo forse dimenticato, presi dalla caccia al “giovane scoop”, che esiste l’articolo 260 del Codice Penale che vieta l’acquisizione di informazioni all’interno delle installazioni militari?
Per il delegato del Cocer “è ora di rivendicare la tutela della nostra immagine impugnando i riferimenti normativi con i quali ogni giorno siamo abituati ad operare per la tutela dei cittadini”.
“Da troppo tempo l’Arma e i suoi rappresentanti vivono le barbarie mediatiche promosse da personaggi privi di onestà intellettuale. Non possiamo più accettarlo”
Sarebbe opportuno rammentare al difensore d’ufficio del giovane carabiniere:
1) si sanzionano condotte non intenzioni, infatti si parla di una bandiera affissa e di un poster appeso in camerata, non di intenzioni od opinioni personali che come tali sono legittime per chiunque nel privato.
2) Il giovane carabiniere proprio perche’ “studioso” e appassionato di storia non aveva appeso una collezione di bandiere, magari italiane, ma una sola, il che può far pensare: i suoi studi evidentemente non sono collegati all’attualità e quindi non era a conoscenza che quella bandiera, vietata in Germania, è utilizzata da gruppi neonazisti. Basta accertarsene, senza condannare o assolvere a priori
3) L’allarme sul fatto che qualcuno abbia commesso un reato fotografando una struttura militare dovrebbe semmai indurre il delegato del Cocer a preoccuparsi della scarsa sorveglianza della caserma stessa. Se invece di un giornalista si fosse avvicinato un terrorista, quali sarebbero state le conseguenze? Come è stato possibile?
Questo dovrebbe chiedersi un sindacalista e pretendere provvedimenti a tutela dell’arma.
4) Ci stupisce la “dimenticanza” del delegato del Cocer nel commentare la presenza del manifesto di “Salvini con il mitra” nella camerata, poster che viola il Codice dell’Ordinamento militare. Possibile che non l’avesse visto nessuno e nessuno sia intervenuto a tempo debito?
L’articolo 1483 vieta ai militari non soltanto di “partecipare a manifestazioni politiche” ma anche “di svolgere propaganda politica quando si trovino nelle condizioni previste dall’art. 1350, cioè quando sono alternativamente o contemporaneamente in servizio, in luoghi militari, in uniforme, oppure quando si qualifichino come militari”.
Che il carabiniere di Firenze intendesse celebrare o viceversa sfottere Salvini è irrilevante: quel Salvini, lì in caserma, non poteva essere appeso, come quello di qualsiasi altro esponente politico.
E si può profilare anche l’infrazione dell’art. 423 del Regolamento dell’Arma per “comportamento lesivo del prestigio personale e dell’Istituzione” per l’immagine dell’arma che è passata sui media.
5) Proprio per la stima che abbiamo per l’istituzione dell’Arma riteniamo che sia meglio prevenire che reprimere, invece che difendere a priori chiunque. Se poi accadono fatti come quelli della caserma della Lunigiana non è certo colpa dei media. I problemi non si risolvono mettendo la testa sotto la sabbia, ma spolverando energicamente i tappeti.
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Dicembre 5th, 2017 Riccardo Fucile
CON IL RITORNO AL PRESENZIALISMO MEDIATICO DEL CAVALIERE, A SALVINI NON RESTA CHE IL TEMA ORMAI BOLSO DEI MIGRANTI… SILVIO IMPAZZA SU NO TAX, PENSIONI, EUROPA, FISCO, ECONOMIA, POLITICA ESTERA
Qualche settimana fa, Giorgia Meloni e Matteo Salvini hanno utilizzato la sconfitta
della nazionale di calcio contro la Svezia, che ci impedirà di andare ai Mondiali, per rilanciare il tema principale della loro propaganda politica: l’invasione degli stranieri come elemento di minaccia al benessere degli italiani.
Se la leader di Fratelli d’Italia si era limitata a declinare in modalità tifosa il classico “prima gli italiani”, quello della Lega era andato leggermente oltre, aggiungendo il suo cavallo di battaglia, l’hashtag #StopInvasione, e suggerendo implicitamente ai suoi l’esistenza di un legame fra la sconfitta della squadra di Ventura e gli sbarchi sulle nostre coste.
Quella volta, come emerso da commenti e reazioni, era andata male a entrambi, per manifesta insussistenza di senso.
Ma l’episodio rende l’idea di cosa ci aspetta nei prossimi mesi di campagna elettorale e di come sia saltato ogni schema, crollato ogni argine, eliminato ogni scrupolo. Sulla questione migranti vale tutto, insomma.
È sempre stato così, potrebbe obiettare qualcuno. Forse, ma di certo la prossima campagna elettorale si annuncia piuttosto complicata, con peculiarità e singolarità che forse meritano qualche considerazione ulteriore.
E non c’entra solo la nuova legge elettorale, ma anche il clima che si respira nel paese a tutti i livelli.
Cominciamo proprio da Salvini e Meloni, che, a dispetto di quanto si potrebbe pensare, rischiano di non arrivare all’appuntamento elettorale nel miglior modo possibile. Entrambi hanno un problema che si chiama Silvio Berlusconi, o meglio, hanno un problema con chi sta creando, cavalcando e sostenendo la ri-berlusconizzazione della scena politica italiana.
Qual è la prospettiva a breve — medio termine di Matteo Salvini e Giorgia Meloni, infatti? Se è già difficile immaginare a una maggioranza chiara e netta nel post elezioni, è assai arduo pensare a clamorosi spostamenti a destra dell’intera coalizione Salvini — Berlusconi — Meloni.
E allora l’obiettivo realistico non può che essere il completo svuotamento dell’elettorato di destra e la cristalizzazione di un’area che vale in partenza circa il 20% dei consensi, ma che potrebbe espandersi ulteriormente se la nebulosa grillina collassasse. Evenienza, quest’ultima, piuttosto improbabile, almeno in tempi rapidi.
Lo scenario più probabile resta quello di un’altra stagione di subalternità , addolcita da una folta rappresentanza parlamentare, garantita dal paracadute proporzionale, ma soprattutto dai prevedibili successi nei collegi uninominali al Nord.
Fondamentale, in tal senso sarà capire come evolverà il braccio di ferro con Berlusconi, forte, lo ripetiamo, più che di un reale ritorno in termini di consenso, di una incredibile campagna mediatica di riabilitazione personale, e sempre capace di sfruttare le debolezze strategiche di alleati e avversari.
Cosa si può mettere sul piatto della bilancia per convincere Berlusconi a cedere posti in Parlamento, da tradurre poi in soldatini sullo scacchiere parlamentare?
C’è una cosa che il Cavaliere vuole, più di altre: il riconoscimento della propria influenza e la legittimazione del suo progetto di costruire la nuova casa dei moderati.
E c’è un campo privilegiato su cui può avvenire questo passaggio: la politica economica e fiscale.
Non è un caso che dalla propaganda leghista stiano sparendo progressivamente la polemica anti — euro, quella contro la Bolkenstein e in generale le spinte sovraniste, mentre si stia lavorando per trovare una quadra sulla flat tax e sulle misure di sostegno ai pensionati e a ciò che resta del ceto medio.
La questione della flat tax resta un caso esemplare, perchè si tratta di uno dei punti programmatici su cui Salvini ha lavorato con più determinazione (con una proposta di tassa unica al 15%), anche per caratterizzare a destra la Lega in campo economico. Berlusconi ha però sfruttato in questi mesi tutta la sua potenza di fuoco mediatica, oltre che il suo passato da “crociato anti — tasse”, per scippare il vessillo della flat tax dalle mani del leader leghista, facendolo contemporaneamente sembrare come un “punto in comune” su cui basare l’alleanza programmatica.
Resta sul tavolo la spinosissima questione della legge Fornero, su cui Salvini è stato sempre durissimo. Berlusconi l’ha votata (Meloni pure) e non sembra poterla ripudiare così facilmente, considerando la volontà di presentarsi come statista responsabile e affidabile.
Per quanto riguarda il contesto europeo, lasciare che sia il Cavaliere a occuparsi di tutto (e si noti il continuo richiamo al PPE, fatto nelle interviste di questo periodo), rifugiandosi magari in tecnicismi e risposte arzigogolate quando qualcuno chiederà se la Lega intende ancora uscire dall’euro, appare invece un sacrificio accettabile.
Così come appare tutto sommato indolore lasciare che Berlusconi metta la faccia sui temi della politica estera (che poi, in fondo, parliamo sempre di un amico personale di Putin…).
Certo che da qualche parte bisognerà andare a parare, considerando che il bacino elettorale della destra populista e sovranista ha un formidabile concorrente nel MoVimento 5 Stelle.
E c’è un grande argomento che mette tutti d’accordo, che ha generato una vera e propria isteria collettiva, sul quale Berlusconi non può esporsi più di tanto, su cui il PD balbetta (divisa tra Minniti e Bonino) e il M5s deve andare coi piedi di piombo, nonostante Di Maio. Sì, esatto: la questione immigrazione.
Fino a qualche tempo fa, la polemica anti — immigrati era uno dei tanti grimaldelli utilizzati da Salvini per penetrare in quello spazio politico in cui trovano posto insofferenza, frustrazione, ma anche confuse istanze escatologiche, rivendicazioni anticasta, polemiche antistatali e, ovviamente, rabbia e insofferenza.
La novità , come detto, è l’affollamento del campo, che lascia la questione migranti come sola caratterizzazione possibile. L’avvicinarsi dell’appuntamento elettorale, dunque, ha ristretto il progetto di Salvini di ricomporre la galassia populista in un unico soggetto.
Qualche tempo fa parlavamo del processo di lepenizzazione della Lega, ovvero della definizione di una piattaforma interclassista, che puntava a far presa indifferentemente sul proletariato urbano, su ciò che resta del “ceto medio” (sempre ammesso che esista ancora, eh), tra i piccoli e medi imprenditori provati dalla crisi, tra le vittime della fine dello statalismo e tra vecchi e nuovi nostalgici della soluzione pragmatico — autoritaria.
Il depotenziamento del ruolo del leader (complice anche la nuova legge elettorale), la necessità di tornare a negoziare con B e gli intoppi del “blocco sovranista europeo” (le scelte di Marine Le Pen, il riposizionamento oltranzista dell’Afd e dei polacchi) hanno frenato questo progetto, restringendo gli orizzonti del leader leghista, lasciandogli pochi margini.
(da “FanPage”)
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Dicembre 5th, 2017 Riccardo Fucile
GRAZIE ALL’EMENDAMENTO DEL SENATORE MARCUCCI CHE FINANZIA LA SORELLA, PRESIDENTE DELLA FONDAZIONE DEL CARNEVALE DI VIAREGGIO
In casa Pd è sempre Carnevale. Anche quando al martedì grasso mancano due mesi e mezzo. Il motivo per festeggiare, a Viareggio è dintorni, è arrivato nei giorni scorsi grazie a un emendamento presentato — e già approvato — dal senatore Andrea Marcucci: nella legge di Bilancio sono stati stanziati sei milioni di euro in tre anni per i Carnevali d’Italia.
“I carnevali — rivendica Marcucci — sono patrimonio culturale del Paese. E’ un riconoscimento importante per manifestazioni che contribuiscono in modo rilevante al boom turistico dell’Italia. L’anno scorso con un fondo di 1 milione di euro si sono sostenute le esigenze di ben 71 manifestazioni in Italia. Il raddoppio dei fondi ed il riconoscimento dei Carnevali fatto dalla legge sullo spettacolo dal vivo, sono il coronamento di un traguardo ambizioso“.
Il senatore, però, omette che alla guida del Carnevale di Viareggio ci sia la sorella.
“Mia sorella Marialina è presidente della Fondazione del Carnevale di Viareggio, in virtù delle sue competenze e passioni, peraltro a titolo gratuito”.
Di certo balza all’occhio che, fino al 2015, delle celebrazioni carnevalesche Marcucci si era occupato poco o nulla.
Come nota lui stesso, il suo primo intervento risale alla fine del 2016. Pochi mesi dopo che la nomina della sorella al vertice della fondazione viareggina, avvenuta nel maggio del 2016.
Insomma, grazie anche all’interessamento del fratello della presidente, la manifestazione viareggina riesce a recuperare fondi statali.
L’operazione di Marcucci, però, non si ferma qui: nella veste di presidente della commissione Istruzione pubblica e beni culturali del Senato, si adopera perchè la nuova legge dello Spettacolo definisca le manifestazioni di Carnevale patrimonio culturale del Paese.
Un riconoscimento che permette agli organizzatori di accedere al Fus, il fondo unico per lo spettacolo, del ministero dei Beni culturali. Certo, può servire a sviluppare il turismo, ma sottrarre fondi ad altri settori in un momento in cui la ripresa economica resta fragile è pericolos
La famiglia Marcucci, però, non è nuova a interventi del genere.
Come ha ricostruito il Fatto, alle fine del 2012 un emendamento inserito in extremis nella legge di stabilità liberò dai controlli gli emoderivati provenienti da Stati Uniti e Canada, Paesi nei quali il sangue si può vendere.
Un provvedimento che favoriva la Kedrion, società della famiglia Marcucci, e di fatto monopolista in Italia nel settore.
Solo l’ex sindaco di Roma, Ignazio Marino, provò invano a scardinare questa posizione: in compenso proprio nel luglio 2012 la Cassa depositi e prestiti investì — attraverso il Fondo Strategico Italiano — 100 milioni di euro in Kedrion in cambio del 25% del capitale.
(da “Business Insider“)
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Dicembre 5th, 2017 Riccardo Fucile
IL PRESIDENTE DELL’UNIONE DELLE COMUNITA’ ISLAMICHE ITALIANE APRE ALLA POSSIBILITA’ DELLE DONNE IMAN NELLE MOSCHEE
Le donne musulmane possono guidare la preghiera? Certamente, risponde il
presidente dell’Ucoii Izzedine Elzir, durante la trasmissione del Tg2 “Lavori in corso”, a ridosso di un servizio che raccontava delle inedite moschee guidate da donne Imam in Occidente con interviste ad alcune di loro, come Ani Zonneveld, fondatrice e presidente di Muslims for Progressive Values, un’associazione di musulmani progressisti.
La risposta del Presidente dell’Ucoii è molto significativa, dato che il servizio riprendeva la storia di Zannoveld che vive a Los Angeles, imam a tutti gli effetti, che guida la preghiera del venerdì per uomini e donne, celebra matrimoni interreligiosi, eterosessuali, omosessuali e persino tra transessuali.
Insomma un islam sottotraccia, quello liberale, femminista e progressista, ostacolato dalle istituzioni islamiche classiche, che fatica a prendere spazio ma che esiste, e scende sempre più in campo proprio grazie alle donne, non più disposte a stare ai margini.
Sentire Izzedine Elzir, il presidente dell’Ucoii, una delle più importanti organizzazioni islamiche in Italia – rispondere positivamente alla possibilità di donne imam alla guida della preghiera è importante per almeno due motivi.
Se infatti le moschee miste guidate da donne, rimangono iniziativa di un islam occidentale (tanto che sono già bollate negativamente con tanto di Fatwa dalle istituzioni religiose classiche come “Dar al-Iftah al Masriyya, oltre all’Università di Al Azhar), il presidente dell’Ucoii va contro-corrente, sposando il messaggio progressista e liberale delle donne imam,
Ma il Presidente dell’Ucoii denuncia anche le interpretazioni patriarcali del Corano, che tengono ai margini le donne musulmane, e porta ad esempio l’ultima iniziativa Ucoii, che vede per la prima volta quattro donne imam varcare le nostre carceri per seguire i detenuti di fede musulmana in un programma di de-radicalizzazione.
Tradotto, c’è un messaggio nuovo che l’Ucoii vuole trasmettere, non solo ai fedeli, e che ha finalmente al centro la tanto discussa questione delle donne.
Complice, forse, di questo cambiamento e riposizionamento più critico e aperto, è la minaccia del radicalismo sanguinario, sfociato più violentemente nell’ideologia dell’Is, che ha fatto dichiarare allo stesso Elzir come il terrorismo jihadista sia qualcosa di interno dell’islam da combattere e denunciare.
Ora, le parole sono certamente importanti, e l’Imam di Firenze, Elzir, nonchè presidente dell’Ucoii sembra voler aprire il più possibile a un islam più in sintonia con i cambiamenti, e pronto a un’autocritica interna. Bisogna però vedere se i musulmani del nostro paese sono pronti ad intraprendere il percorso.
E bisognerà poi vedere se ci sono donne pronte a guidare una preghiera di uomini e donne come a Berlino. Se sono disposte a farlo contro le fatwe, e se insieme a loro ci saranno altri uomini pronti a difendere il loro diritto.
(da “La Stampa”)
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Dicembre 5th, 2017 Riccardo Fucile
I PUNTI CARDINE DEL NUOVO PROVVEDIMENTO, IL CONFRONTO CON IL RESTO D’EUROPA
La legge sul biotestamento arriva in Aula al Senato per la discussione generale dopo l’approvazione dello scorso aprile alla Camera. Oltre al Partito Democratico anche il MoVimento 5 Stelle ha annunciato un voto positivo. Contrari AP e Lega, mentre Forza Italia ha annunciato libertà di coscienza. .
Il provvedimento mira ad introdurre la possibilità di sottoscrivere le Dat, ovvero le Disposizioni anticipate di trattamento, con la previsione di poter rinunciare anche all’idratazione e alla nutrizione artificiale.
Una scheda dell’AGI riepiloga il funzionamento della legge.
Con la premessa che la legge tutela il diritto alla vita, alla salute, ma anche il diritto alla dignita’ e all’autodeterminazione, il testo dispone che nessun trattamento sanitario può essere iniziato o proseguito se privo del consenso libero e informato della persona interessata. E’ promossa e valorizzata la relazione di cura e di fiducia tra paziente e medico il cui atto fondante e’ il consenso informato.
Nella relazione di cura sono coinvolti, se il paziente lo desidera, anche i suoi familiari e conviventi o compagni. Il consenso informato e’ documentato in forma scritta.
Nel caso in cui le condizioni fisiche del paziente non lo consentano, viene espresso mediante videoregistrazione o dispositivi che la consentano. La volontà espressa dal paziente può essere sempre modificata.
Ogni persona maggiorenne e capace di agire ha il diritto di accettare o rifiutare qualsiasi accertamento diagnostico o trattamento sanitario indicato dal medico per la sua patologia o singoli atti del trattamento stesso.
Ha, inoltre, il diritto di revocare in qualsiasi momento il consenso prestato, anche quando la revoca comporti l’interruzione del trattamento, comprese la nutrizione e idratazione artificiali.
Nutrizione e idratazione artificiali sono trattamenti sanitari in quanto consistono nella somministrazione su prescrizione medica di nutrienti mediante dispositivi sanitari e, di conseguenza, possono essere rifiutati o sospesi.
Il testo della legge, così modificato durante l’esame in Aula, recita sull’accanimento terapeutico: “Il medico deve adoperarsi per alleviare le sofferenze del paziente, anche in caso di rifiuto o di revoca del consenso al trattamento sanitario. E’ sempre garantita un’appropriata terapia del dolore e l’erogazione delle cure palliative. Nel caso di paziente con prognosi infausta a breve termine o di imminenza di morte, il medico deve astenersi da ogni ostinazione irragionevole nella somministrazione delle cure e dal ricorso a trattamenti inutili e sproporzionati. In presenza di sofferenze refrattarie ai trattamenti sanitari, il medico può ricorrere alla sedazione palliativa profonda continua in associazione con la terapia del dolore, con il consenso del paziente”.
La legge introducendo la possibilità (e non l’obbligo) per il paziente di chiedere l’abbandono terapeutico.
Chi non vorrà presentare le DAT o non vorrà opporsi ad eventuali trattamenti medici potrà ovviamente continuare a farlo e i suoi diritti di malato verranno garantiti così come lo è stato fino ad oggi.
Inoltre le DAT, che devono essere presentate in forma scritta, sono rinnovabili, modificabili e revocabili in qualsiasi momento; questo serve ovviamente per salvaguardare ulteriormente il paziente perchè è chiaro a tutti che nessuno può sapere se manterrà sempre la stessa opinione riguardo ad uno specifico trattamento terapeutico durante il corso della sua vita. Il significato che diamo alla vita durante il corso della nostra esistenza cambia costantemente e quello che oggi mi può apparire inaccettabile un domani potrebbe presentarsi come tollerabile (o viceversa) in virtù degli eventi e delle riflessioni che ho fatto o della situazione in cui andrò a trovarmi.
Inoltre, in base ad un emendamento approvato oggi alla Camera, il medico può non tener conto delle volontà anticipatamente espresse da un paziente qualora “le Dat appaiano manifestamente inappropriate o non corrispondenti alla condizione clinica attuale del paziente ovvero qualora sussistano terapie non prevedibili o non conosciute dal disponente all’atto della sottoscrizione, capaci di assicurare possibilità di miglioramento delle condizioni di vita”.
Questo emendamento è stato criticato dai deputati M5S in commissione Affari Sociali che hanno parlato di un emendamento che rende “più difficilmente esigibile” la volontà del malato rendendo le Dat “suscettibili di interpretazioni”:
Un emendamento riformulato all’ultimo momento, che dà la possibilità di disattendere le Dat: così si rischia di rendere più difficilmente esigibile il rispetto delle volontà del malato e dunque non potevamo che esprimere parere contrario. La proposta di legge non può essere ulteriormente minata, ne va della tenuta dell’intero impianto. Quanto avvenuto non ci è piaciuto affatto, sia nella forma, sia nella sostanza. Sul biotestamento ci siamo confrontati per un anno e mezzo in commissione e quindi l’emendamento Marazziti avrebbe dovuto essere oggetto di discussione in quella sede.
Sempre a proposito della DAT c’è da notare che non esiste ancora il registro nazionale delle dichiarazioni anticipate di trattamento e che quindi tutto il lavoro fatto per giungere all’approvazione della legge sul testamento biologico potrebbe essere vanificato, o quantomeno fortemente limitato, dalla mancanza di un registro che sia operativo 24 ore su 24 e che possa essere accessibile dal personale sanitario. La questione principale è quella dei costi: una struttura del genere va finanziata e al momento i fondi non sono stati stanziati
Come cambia il rapporto medico-paziente alla luce del Ddl sul biotestamento
Fino ad ora abbiamo parlato del paziente, ma il paziente non affronta la malattia da solo. Al suo fianco c’è l’equipe medica ed è nel rapporto tra medico e paziente (quella che un tempo si chiamava alleanza terapeutica) che si fonda la relazione di cura.
La legge sul biotestamento prevede che il medico (ma forse sarebbe opportuno iniziare a parlare di equipe) sia tenuto “a rispettare la volontà espressa dal paziente” mentre d’altra parte il paziente “non può esigere dal medico trattamenti sanitari contrari a norme di legge, alla deontologia professionale e alla buone pratiche clinico-assistenziali“; una frase che dovrebbe far capire che quella dell’eutanasia mascherata è solo un’argomentazione pretestuosa.
Il medico in ogni caso potrà rifiutarsi di ottemperare alle decisioni esplicitamente dichiarate nelle Dat e invocare l’obiezione di coscienza onde evitare che però accada come per la legge 194 il Ddl sul testamento biologico prevede che un altro medico della stessa struttura debba intervenire e prendere il posto del medico curante per dare corso alle disposizioni del paziente. Questa regola vale anche per le cliniche private e gli istituti di cura religiosi che non potranno chiedere di essere “esentati”.
Quello tra medico curante e malato è un rapporto complesso che non può essere normato con cinque articoli di una legge che probabilmente finirà per indicare più la direzione del percorso da intraprendere che a condizionare pesantemente l’attività clinica.
Certo, ci saranno sempre medici totalmente indisponibili a considerare anche il benchè minimo sussulto dell’individualità del paziente come ad esempio Paolo Maria Rossini (ordinario di Neurologia all’Università Cattolica e direttore dell’Area Neuroscienze della Fondazione Policlinico Gemelli) che al Corriere della Sera ha dichiarato senza mezzi termini che «Il corpo umano non è proprietà del singolo, che ne può quindi disporre a piacer suo. Il corpo umano appartiene a Dio e io per questo motivo cercherò sempre di salvarlo, finchè è possibile».
Altri medici parlano della “fine del rapporto medico paziente” e di una legge che scardina secoli di storia della Medicina riducendo il medico ad un mero esecutore delle volontà del paziente.
Una visione apocalittica del futuro della medicina che prevede anche che i medici saranno costretti a dotarsi di avvocati per difendersi dalle pretese di pazienti e familiari e dalle cause.
Peccato però che la medicina difensiva — ovvero quell’insieme di pratiche con il quale il medico si difende da eventuali azioni legali — sia già una realtà anche senza bisogno di tirare in ballo il biotestamento. Inoltre il paziente già ora può scegliere quali cure sono più appropriate secondo le proprie convinzioni e già ora il medico è tenuto a curare il paziente secondo le buone pratiche cliniche.
Nei casi più delicati inoltre il medico non prende da solo le decisioni, non è abbandonato a sè stesso: in parte perchè lavora con un equipe dove ogni professionista ha la sua sensibilità in parte perchè può appoggiarsi al parere del Comitato di biotetica della struttura sanitaria. Il biotestamento introduce semplicemente la possibilità per un malato di far sentire la propria voce nel momento in cui a causa della malattia (o di un incidente) non avrà più la possibilità di farla sentire.
Perchè deve essere un giudice, Dio (una pretesa ridicola in una società multiculturale dove non c’è un solo dio) o un medico a decidere che la mia vita deve continuare ad essere vissuta in una maniera che considero inaccettabile soprattutto quando non ho speranze di guarigione?
Questa è la domanda alla base della richiesta di poter sospendere il trattamento terapeutico e non mette in nessun modo in discussione la possibilità del medico di “fare il medico” ma tiene conto della possibilità del paziente di dare una definizione di senso del suo corpo, della sua malattia e della sua vita che va oltre l’immagine che viene restituita al medico dai test, dalle diagnosi e dalla cartella clinica.
(da “NextQuotidiano”)
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Dicembre 5th, 2017 Riccardo Fucile
SI TRATTA DI SOMME MATURATE PRIMA DELLA SCISSIONE COME DA IMPEGNO ASSUNTO AL MOMENTO DELL’ACCETTAZIONE DELLA CANDIDATURA
Francesco Bonifazi, il tesoriere del Partito Democratico, su Facebook è tornato a
ricordare ai colleghi parlamentari i versamenti dovuti al partito, ovvero la somma che per obbligo ogni eletto è tenuto a versare dopo la sottoscrizione dell’impegno all’atto dell’accettazione della candidatura.
La somma è stata destinata a un fondo per gli ex dipendenti del partito che sono stati licenziati in questi anni di dimagrimento generale del finanziamento pubblico per i partiti. Qualche giorno fa Bonifazi ha cominciato a inviare lettere ai parlamenti per ricordare l’impegno: tra questi c’è anche Pietro Grasso, che deve ancora versare 83mila euro come si è saputo qualche giorno fa.
Bonifazi ha però approfittato dell’occasione per fa sapere che tra gli eletti in MDP ci sono ancora debiti nei confronti del Partito Democratico per un totale di 500mila euro:
La richiesta vale anche per coloro che sono stati eletti nel PD e sono poi transitati in MDP e che devono ai lavoratori oltre 500.000€. Sia chiaro che la mia richiesta si riferisce alle somme dovute fino a quando i colleghi hanno mantenuto la loro adesione al PD, non oltre.Insisto con un accorato appello: questi sono soldi per i lavoratori. Sono certo che compagni come i nostri colleghi, che sono adesso con il partito di Grasso e D’Alema, non mancheranno di rispettare i loro impegni come ha fatto ad esempio — e non ne dubitavo — Pierluigi Bersani. Perchè anche i lavoratori sono liberi e uguali.
Di qui lo status di Bonifazi, che chiede agli onorevoli e ai senatori di rispettare gli impegni.
Stavolta senza fare nomi, ma segnalando che Bersani ha pagato tutto.
(da agenzie)
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Dicembre 5th, 2017 Riccardo Fucile
FACEVA LO SPUNTINO IN SERVIZIO E NON SI ERA ACCORTO DELLA PASSEGGERA
Sarà revocato il provvedimento di sospensione del macchinista che a bordo della metro B, nel mese di luglio, aveva chiuso le porte e trascinato una 43enne bielorussa per diversi metri.
La donna stava tentando di salire all’ultimo momento sull’ultimo vagone della metro ma le porte si erano chiuse trattenendo all’interno le buste della spesa che la passeggera aveva infilate sul braccio.
Rimasta bloccata è poi stata trascinata dal treno e ha subito diverse fratture.
Atac fa sapere oggi che “il dipendente non sarà impiegato nel servizio passeggeri, ma nella manovra dei treni in deposito. A seguito dell’incidente, infatti, al macchinista è stato sospeso il certificato di abilitazione alla condotta e non può quindi condurre treni nel servizio di linea fino ad eventuale nuovo accertamento d’idoneità ”, si spiega.
“La decisione del reintegro è stata adottata da ATAC a valle degli esiti dell’indagine interna. Gli accertamenti hanno evidenziato alcune responsabilità a carico del dipendente, senza però far emergere elementi soggettivi di responsabilità tali da prefigurare l’interruzione del rapporto di lavoro. ATAC valuterà eventuali ulteriori provvedimenti in funzione delle conclusioni dell’inchiesta aperta dalla magistratura”, conclude la nota. L’azienda aveva fatto trapelare nei giorni scorsi che l’uomo aveva anche un altro lavoro, anche se il macchinista era stato poi difeso dai colleghi.
(da agenzie)
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Dicembre 5th, 2017 Riccardo Fucile
I TRE RE MAGICI, ALEMANNO, STORACE E MENIA (CON SCOPELLITI DI RISERVA) GUIDANO LE TRUPPE CAMMELLATE PADAGNE… “LA MELONI E’ ESCLUSIVA”
Se Barbara Saltamartini è stata la prima a sposare il Carroccio aderendo al gruppo
parlamentare già nel marzo del 2015, oggi è il turno di Gianni Alemanno, ex sindaco di Roma, tra i fondatori di An e con un passato da militante storico del Movimento sociale italiano.
Da mesi Alemanno, scomparso dai radar dopo l’esperienza capitolina e le vicende di Mafia Capitale, guida il Movimento nazionale per la sovranità e osserva a distanza, e con interesse, le mosse del leader del Carroccio.
Al punto da affermare oggi parole di questo tenore: «Salvini? Ha dimostrato coraggio e visione politica».
Correva il 20 giugno del 2011 quando l’ex sindaco di Roma e Salvini duellavano sul trasferimento dei ministeri al Nord e si scambiavano accuse verbali al vetriolo. Un’eternità .
Oggi Alemanno dissimula così i diverbi del passato: «Quella era una Lega secessionista. Oggi è sovranista».
Ma non ci sarebbe solo Alemanno. Ad essere sedotto dal verbo salviniano si vede anche la sagoma di Francesco Storace, ex ministro della Salute con il governo Berlusconi.
Anche quest’ultimo guarda con crescente interesse alle politiche leghiste. Storace non parla, ma non smentisce l’avvicinamento che sta scuotendo la galassia degli ex aennini. Tutti sanno infatti che una parte degli ex An, dopo la fine di alleanza nazionale, è confluita in Fratelli d’Italia, il partito di Giorgia Meloni. Tuttavia i «nuovi» leghisti accusano la Meloni di non essere «inclusiva» ma «esclusiva». Alemanno infatti lo dice senza mezze misure: «Fratelli d’Italia è un partito personalistico». Ma si fanno altri nomi.
Un simbolo degli ex An è certamente Roberto Menia, triestino, promotore della legge che il 10 febbraio celebra l’eccidio delle foibe. Anche Menia è sulla stessa lunghezza d’onda di Alemanno: «Nel derby che ci sarà nel centrodestra tra i due pretendenti, ovvero Salvini e Berlusconi, non ho dubbi a scegliere quello che rappresenta il fronte sovranista che è innovativo, non è un dejavù, e dice parole chiare contro l’immigrazione selvaggia e la sostituzione etnica».
Ma c’è anche il sud in questa migrazione degli ex An.
Domenico Nania, messinese e vice presidente del Senato nella passata legislatura, si definisce il «garante» della conversione al verbo salviniano. Salvo poi metterla così: «Non so se è la Lega di Salvini che si è convertita alle nostre tematiche o siamo noi ad avvicinarci alla Lega».
Fuori corsa è rimasto invece un altro fondatore “sovranista”, l’ex governatore della Calabria Giuseppe Scopelliti, ma in questo caso ci ha pensato la magistratura dopo la condanna confermata anche in appello a 5 anni di carcere per abuso d’ufficio.
(da “il Corriere della Sera”)
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