Destra di Popolo.net

L’IPOCRISIA DI CHIAMARSI COALIZIONE, LE SORELLE BANDIERA DEL CENTRODESTRA CHE NON SONO D’ACCORDO SU NULLA

Gennaio 10th, 2018 Riccardo Fucile

DAI VACCINI ALLA FORNERO OGNUNO PARLA DA SOLO, IL PROGRAMMA E’ UNA FINZIONE .. I RETROSCENA: LA GELMINI AVEVA PARECCHI PUNTI IN PIU’ DI FONTANA…   E NEL LAZIO PIROZZI PORTA VIA IL 20% AL CENTRODESTRA PERDENTE CON GASPARRI

In campagna (elettorale) veritas. La verità  di una coalizione “bugiarda”, favorita da una legge elettorale che, dietro l’apparenza di un finto maggioritario, consente di fare il pieno dei collegi senza nessun vincolo politico, per l’oggi e per il dopo, quando in Parlamento ognuno si sentirà  libero di muoversi in libertà  nella formazione di un governo.
Ecco che, alla prima riunione sul programma, l’unico accordo che si materializza, nel centrodestra, è sulla finzione: “Sarà  di poche pagine — dice uno dei partecipanti — e, di fatto, ci saranno solo slogan. I soliti: meno tasse, più sicurezza… Non un programma di governo”.
Il che consentirà  a ognuno di continuare a dire la sua, raccontandosi come “coalizione” pur non essendo tale e come “alleati”, pur essendo pronti a separarsi il minuto dopo il dopo.
Come sta già  sta accadendo pressochè su tutto: dalla Fornero, che Salvini vuole “abolire” e Berlusconi solo “rivedere” (forse), alla legge sui vaccini, attorno a cui monta la clamorosa polemica del giorno, altra legge da abolire per il leader leghista e da difendere per Forza Italia.
Parole, slogan, stile da separati in casa, nella sostanza politica. Senza neanche curare tanto le apparenze.
Bastava ascoltare Salvini martedì sera da Floris, quasi sprezzante col Cavaliere: “C’è un solo modo per evitare le larghe intese. Ovvero che vinca il centrodestra e la Lega che arriva prima. Costringendo in tal modo Berlusconi a governare col centrodestra”.
Il che significa ammettere candidamente — non male detto da un alleato – che in caso di non vittoria, e dunque senza costrizione, la best option del Cavaliere sono le larghe intese.
In questo crollo di dinamica unitaria anche l’accordo sul candidato in Lombardia Attilio Fontana acuisce gli elementi di separazione.
Perchè frutto della minaccia più dura da parte del leader leghista: “O così o saltano tutti i collegi uninominali”. Una minaccia più convincente del sondaggio della Ghisleri secondo cui Maria Stella Gelmini aveva un bel po’ di punti in più del poco conosciuto leghista in termini di notorietà  e di fiducia.
Ad ogni modo lo stesso report dice che i partiti del centrodestra sono comunque una decina di punti sopra il centrosinistra, e dunque la partita non dovrebbe essere a rischio.
Accordo costato caro al Carroccio che, raccontano fonti vicine alla trattativa, in cambio del governatore ha dovuto accettare un 50 a 50 nella spartizione dei collegi lombardi.
Perchè i numeri sono l’unica cosa che conta in questo schema da ladri di Pisa che litigano di giorno sui vaccini e sulla Fornero, per spartirsi il bottino elettorale la sera del 4 marzo.
Al tavolo sulle candidature c’era un clima rilassato. Riunione a pranzo al ristorante Rosetta, dove tra un crudo di pesce e l’altro, si è deciso di aspettare gli ultimi sondaggi per poi fare una media e procedere alla divisione delle quote.
L’ipotesi, al momento: è 45 per cento (dei collegi) a Forza Italia, 35 alla Lega, 15 alla Meloni, 5 al quarto polo. Ma è solo un’ipotesi. Conto pagato da Ghedini e arrivederci nei prossimi giorni.
E c’è poco da stupirsi se una politica senza prospettiva produca situazioni ingestibili, come quella del Lazio, totalmente sfuggita di mano: “Gasparri — dice Berlusconi – può essere un ottimo candidato. Ma prima bisogna essere sicuri che non ci siano altri candidati che ostacolino la vittoria”.
Ovvero Sergio Pirozzi, il sindaco di Amatrice determinato a non ritirarsi. E non è un dettaglio, con l’election day. Perchè è evidente che il voto sulla Regione ha un effetto sui collegi.
Secondo un sondaggio di Antonio Noto Pirozzi è un candidato rilevante: se il centrodestra unito lo sostenesse sarebbe competitivo con Zingaretti, perchè viaggia attorno al 40; nel caso si presentasse lo stesso anche con un candidato del centrodestra, Pirozzi raccoglierebbe comunque un 20 per cento.
E forse si spiega anche con questo potere contrattuale perchè abbia finora rifiutato l’offerta di seggi sicuri in Parlamento.
Difficile pensare, in una situazione del genere, che nello stesso giorno il centrodestra possa prendere attorno al 20 in regione e fare il pieno alle politiche.
Di qui la domanda maliziosa che gira nei Palazzi che contano, dove si conosce la differenza tra la propaganda delle chiacchiere elettorali e la politica intesa come trama di potere: perchè Forza Italia ha fatto passare tempo, consentendo che si affermasse la candidatura di Pirozzi e portandola, di fatto, a un punto di non ritorno?
È solo imperizia o c’è un calcolo come quello su Roma, quando si decise di appoggiare Marchini per impedire che potesse vincere la Meloni e, in un’ottica tutta da Nazareno, provare a dare una mano al Pd?
Stessa cosa che potrebbe accadere oggi in regione e sui collegi. Forse è dietrologico e complottardo immaginare che il Lazio possa essere l’Ohio del Nazareno che verrà , ma gli esperti di numeri sostengono, ed è difficile sostenere il contrario, che senza fare il pieno in questa regione è complicato pensare a una vittoria nazionale del centrodestra.
Certe volte, a pensar male ci si indovina, soprattutto quando si ragiona su coalizioni bugiarde.

(da “Huffingtonpost”)

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LE BALLE DI VIRGINIA RAGGI SUI RIFIUTI DELLA CAPITALE

Gennaio 10th, 2018 Riccardo Fucile

DOPO SETTIMANE DI SILENZIO LA SINDACA “FA CHIAREZZA” SULLA QUESTIONE RIFIUTI PER DIRE CHE E’ TUTTA COLPA DELLA REGIONE… MA SE STAVA ZITTA ERA MEGLIO

Il M5S va alla riscossa guidato da Virginia Raggi che ha finalmente trovato l’ispirazione e il tempo per parlare dei rifiuti della Capitale.
Come sappiamo, e come ci ha spiegato l’assessora Pinuccia Montanari a Roma non c’è alcuna emergenza rifiuti. Semmai c’è la “percezione” di un’emergenza che invece c’è solo — spiegano Giuliana Di Pillo e Paolo Ferrara — nel X Municipio e che ha comportato l’attivazione del TMB che il M5S aveva promesso di non portare a Ostia.
Da giorni il MoVimento 5 Stelle è sotto attacco per la questione della monnezza. Di quella che il Comune di Roma aveva chiesto alla Regione di poter mandare in Emilia Romagna, di quella che invece il Comune vorrebbe andasse in Abruzzo.
Fino ad oggi la Sindaca della Capitale (e della Città  Metropolitana) ha lasciato parlare i suoi. Ora da brava leader ha deciso di affrontare la questione di petto e spiegare a cosa è dovuta la “non emergenza” rifiuti della città .
La sindaca ha approfittato dell’occasione per rispondere alla lettera del Presidente della Regione Abruzzo sull’attivazione di protocollo d’intesa con Ama per “fare chiarezza sui rifiuti”.
Curiosamente la Raggi dà  tutta la colpa alla Regione che non ha ancora aggiornato il Piano dei rifiuti.
Dimentica però che se oggi quel piano non è stato aggiornato è anche per merito suo. La Città  Metropolitana di Roma (la ex Provincia per i più distratti) avrebbe dovuto infatti individuare “le zone idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento dei rifiuti, nonchè delle zone non idonee alla localizzazione di impianti di recupero e di smaltimento dei rifiuti”.
Cosa che però non è stata fatta, anche perchè alcune delle aree individuate dalla Città  Metropolitana (che è governata dalla Raggi) ricadono in zone “di elevatissimo pregio ambientale e agricolo”.
Come abbiamo spiegato il Consiglio metropolitano ha chiesto alla Raggi di riformulare l’individuazione delle aree. Ad oggi però la sindaca non ha ancora risposto e di conseguenza anche per questo motivo l’iter del Piano regionale è fermo.
La Raggi continua spiegando che Roma raccoglie i propri rifiuti e che “prova a conferirli nelle poche strutture della Regione che, pare, siano insufficienti”. Attualmente, fa sapere l’Agenzia per il controllo e la qualità  dei servizi pubblici locali di Roma Capitale, solo un terzo dell’indifferenziato romano viene trattato nei TMB Ama (una volta questo era “Il Problema” secondo il M5S)   mentre tutti i residui di trattamento destinati a discarica (230mila tonnellate annue) nell’ultimo anno sono stati spediti in Emilia Romagna, Marche, Abruzzo e Molise. Roma inoltra “esporta” in altre province laziali (Latina, Frosinone, Viterbo) circa 200.000 tonnellate l’anno di rifiuti indifferenziati. Non male per un sistema che la Raggi definisce “fragile”.
Secondo la Raggi il problema (che però secondo la narrazione pentastellata non esiste) è quindi ascrivibile completamente alle carenze della Regione e non, come invece scriveva nella sua relazione l’Agenzia per il controllo e la qualità  dei servizi pubblici locali del Campidoglio — con un responsabile attivista M5S nominato dall’Assemblea Capitolina — alla carenza di investimenti per impianti di trattamento e la manutenzione degli automezzi.
Gli impianti (pubblici e privati) di Provincia di Roma e Regione Lazio assorbano la quasi totalità  dell’indifferenziato prodotto a Roma.
L’Abruzzo tratta solo il 4% dell’indifferenziato romano. Come è possibile se — come dice la Raggi — il sistema regionale non è in grado di farlo?
La chiusura di Malagrotta ad esempio, che da qualche tempo la giunta a 5 Stelle indica come l’inizio di tutti i mali, non è direttamente responsabile della situazione.
Il problema principale — è stato detto da più parti — è che gli impianti di trattamento meccanico-biologico (TMB) della Capitale non sono in grado di smaltire l’indifferenziato. Di conseguenza i camion non possono raccoglierlo e rimane nelle strade.
La Raggi spiega poi che Roma sta “rendendo forte e stabile con la richiesta di autorizzazioni per costruire impianti di compostaggio e di riciclo”.
Peccato però che gli impianti di compostaggio servano per il trattamento della sola frazione organica e che — ha fatto sapere l’assessore regionale all’Ambiente Mauro Buschini “gli unici atti presenti in Regione, nel merito degli impianti, Roma li ha presentati per bloccare l’ecocentro a Rocca Cencia, progettato e presentato da Ama nell’aprile del 2015″.
Nonostante infatti oggi Luigi Di Maio abbia detto che la Capitale sta “costruendo tre impianti” le dichiarazioni dell’assessora Montanari parlano di due impianti per i quali però deve ancora iniziare l’iter progettuale e che se tutto andrà  bene (e non è detto viste le proteste) entreranno in servizio fra tre anni.
La sindaca continua a fare chiarezza dicendo che “l’estensione della raccolta differenziata spinta a oltre 1 milione di abitanti nel 2018” potrà  contribuire ad alleviare le sofferenze del sistema regionale.
A Roma però in questi ultimi 18 mesi la raccolta differenziata non è cresciuta.
Anche per quanto riguarda le frazioni organiche e la selezione multimateriale Ama tratta solo una piccola percentuale del “materiale post-consumo” prodotto (5,6% e 8%) il resto viene trasferito da Ama in Veneto e Friuli Venezia Giulia e in altri impianti della Regione Lazio
A dirlo, per inciso è un’agenzia comunale il cui direttore è un attivista M5S   nominato dalla maggioranza dell’attuale Assemblea Capitolina.
È chiaro quindi che il problema sono gli impianti di trattamento, ma non quelli della Regione o dei comuni della Provincia che assorbono la quasi totalità  dei rifiuti romani.
E fa sorridere l’uscita del deputato Stefano Vignaroli che ha diffuso una nota stampa dove fa sapere che ha paura che “queste società  che trattano il prelievo dei rifiuti di Roma facciano il doppio gioco”.
Secondo Vignaroli “magari queste società  offrono un prezzo più alto per mettere in difficoltà  Roma, oppure promettono di prendere una certa quantità  e invece ne prendono un po’ meno”, auspicando l’intervento della procura.
La situazione è disperata, ma non seria.

(da “NextQuotidiano”)

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DI MAIO, BASTA BALLE! OGGI AL TGCOM SI E’ INVENTATO CHE A ROMA STANNO COSTRUENDO TRE IMPIANTI PER LO SMALTIMENTO RIFIUTI

Gennaio 10th, 2018 Riccardo Fucile

E PROPRIO OGGI L’ASSESSORA MONTANARI LO SMENTISCE IN RADIO

Qualcuno che tiene a Luigi Di Maio lo prenda un attimo da parte e gli spieghi che deve smetterla di inventare balle su Roma.
Al TgCom24 oggi il candidato premier del MoVimento 5 Stelle ha sostenuto che “sui rifiuti a Roma stiamo costruendo tre impianti”, quando persino l’assessora Pinuccia Montanari oggi, su precisa domanda postale in radio, ha detto tutt’altro, ovvero che il Campidoglio,   dopo una lunga attesa e senza che questo intacchi l’emergenza attuale per ovvi motivi,   completerà  a fine gennaio «l’iter autorizzativo per i due impianti di compostaggio a Cesano e Casal Selce. Con una tempistica normale, per i lavori non dovrebbero volerci più di 36 mesi»
L’amministrazione e l’AMA quindi non stanno costruendo un bel niente: il Campidoglio fa sapere invece che, come sosteneva la Regione Lazio, non ha ancora completato (perchè dice che lo completerà  a fine gennaio, poi bisogna vedere se la scadenza sarà  rispettata) l’iter autorizzativo per due impianti di compostaggio, che verranno costruiti in più di tre anni e quindi non servono a risolvere alcuna emergenza a Roma.
In ballo c’è anche un impianto di riciclo, anche se l’assessora non l’ha nominato.
Tutto questo ovviamente a patto che si risolva il problemino della mancanza di TMB da utilizzare e a patto che la Regione dia l’ok per i due luoghi scelti dal Comune di Roma.
“Gli unici atti presenti in Regione, nel merito degli impianti, Roma li ha presentati per bloccare l’ecocentro a Rocca Cencia, progettato e presentato da Ama nell’aprile del 2015”, ha precisato infatti poco dopo l’assessore regionale Buschini.
Ma d’altro canto il candidato premier M5S non è nuovo a raccontare barzellette su Roma: era solo l’ottobre del 2015 quando Luigi Di Maio favoleggiava degli sprechi e dei privilegi che il presidente della Commissione sulla Revisione della Spesa (Daniele Frongia) aveva trovato e di un miliardo di euro di spese inutili “da investire in trasporti, scuole, strade, servizi sociali e tanto altro”. Frongia, poi, sosteneva addirittura che potessero essere reinvestiti “nel giro di un anno” dopo le elezioni.

(da “NextQuotidiano”)

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ATAC, RISCHIO TUTTI A PIEDI DAL 27 GENNAIO CAUSA BLOCCO BUS E METRO

Gennaio 10th, 2018 Riccardo Fucile

SE IL CONCORDATO NON VA A BUON FINE, SI VA AL FALLIMENTO O ALL’AMMINISTRAZIONE CONTROLLATA

“Se il concordato non dovesse andare a buon fine e tramutarsi in un fallimento aziendale o in una amministrazione straordinaria già  dal 27 gennaio ci sarebbe il rischio di blocco del servizio”.
Così l’assessore alla Mobilità  Linda Meleo nel corso di una commissione sulla proroga dell’affidamento in house ad ATAC.
Per Meleo “se non ci fosse la proroga che supporta il piano industriale, piano che e’ ancora work in progress, il pericolo di blocco del servizio sarebbe molto concreto”.
Il concordato è stato richiesto dall’azienda dopo una lunga polemica interna nella giunta che alla fine ha portato all’addio dell’amministratore designato dal M5S Bruno Rota e dell’assessore al Bilancio Andrea Mazzillo.
Oggi però in commissione si parlava di un problema diverso anche se collegato, ovvero della proroga dell’affidamento in house del servizio ad ATAC fino al 2021, che permetterebbe all’amministrazione di non mettere a gara il servizio, come previsto da norme europee, entro l’anno prossimo.
L’argomento è politicamente sensibile perchè nel frattempo i Radicali di Roma hanno raccolto e presentato le firme per un referendum consultivo sulla privatizzazione del servizio che avrebbe dovuto svolgersi quest’anno.
L’affidamento in house ad ATAC fino al 2021 renderebbe di fatto inutile la consultazione, anche se non osterebbe la sua celebrazione

(da agenzie)

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L’ANAC CHIEDE SPIEGAZIONI ALLA RAGGI SU SPELACCHIO: “PERCHE’ E’ STATO PRESO AL COSTO DI DUE ALBERI? PERCHE L’AFFIDAMENTO DIRETTO ALLA STESSA DITTA?”

Gennaio 10th, 2018 Riccardo Fucile

EMERSE DIVERSE CRITICITA’, GUAI IN VISTA PER LA RAGGI

Per Spelacchio, l’albero di Natale a Piazza Venezia, il Comune di Roma ha affidato il servizio grosso modo alla stessa cifra per la quale nel 2015 allestì due abeti.
Inoltre nel corso degli ultimi tre anni il servizio di trasporto, posizionamento e rimozione dell’abete è stato sempre affidato alla stessa ditta, senza rispettare il principio di rotazione. Queste le principali criticità  che, a quanto si apprende, ANAC ha rilevato al termine di una verifica condotta dopo un esposto presentato all’Autorità  dal Codacons.
Anac ha già  inviato nei giorni scorsi tutta la documentazione a Roma Capitale chiedendo di fornire chiarimenti entro 30 giorni sul contratto e sulle spese.
A presentare l’esposto, sempre a quanto si apprende, è stato il Codacons e da qui è scaturita l’attività  di vigilanza con cui sono state esaminate le procedure di affidamento degli ultimi tre anni.
Nel 2015, per due alberi da circa 22 metri da posizionare in due zone della città  tra cui piazza Venezia, l’affidamento del servizio di trasporto, posizionamento e successiva rimozione e smaltimento dei due alberi aveva un importo di partenza di 38 mila euro più oneri di sicurezza e Iva e se la aggiudicò la Ecofast Sistema con un ribasso intorno al 20%.
Nel 2016, invece, la procedura riguardò un solo albero della stessa altezza ma si partì come base di gara da un importo molto più basso, di poco superiore agli 11mila euro più oneri e Iva, al punto che nessuna ditta rispose e molti segnalarono che la cifra era troppo esigua per il servizio richiesto.
Siccome Natale però era ormai alle porte, si decise per una procedura d’urgenza in affidamento diretto sempre alla Ecofast per una cifra di poco superiore ai 12mila euro più oneri e Iva comprensiva però solo del trasporto dal comune di provenienza e posizionamento.
Anche nel 2017, per il Natale che si è appena concluso, il servizio è andato, in trattativa diretta, allo stesso operatore economico che lo aveva avuto nei due anni precedenti, e questo secondo Anac non è in linea con il principio di rotazione previsto dal codice degli appalti per le procedure sotto soglia.
La cifra a cui è stato affidato il servizio è stata di 37mila e 700 euro più oneri e Iva, la stessa posta a base di gara, senza ribasso.
L’Anac rileva quindi che l’importo è pressochè identico a quello del 2015, quando però gli abeti erano due.

(da “NextQuotidiano”)

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“MOSCA POTREBBE INTERFERIRE SUL VOTO IN ITALIA”: SE NE SONO ACCORTI GLI USA, MA IN ITALIA I SERVI FANNO FINTA DI NULLA

Gennaio 10th, 2018 Riccardo Fucile

UN MESE DOPO LE PRECISE ACCUSE DI BIDEN, UN RAPPORTO DEI DEMOCRATICI USA METTE IN GUARDIA SULLE ELEZIONI IN ITALIA… L’APPOGGIO DELL’IMPERIALISMO RUSSO A LEGA E M5S PER DESTABILIZZARE L’EUROPA

“Con le elezioni in arrivo nel 2018, l’Italia potrebbe essere un obiettivo per l’interferenza elettorale del Cremlino, che probabilmente cercherà  di promuovere i partiti che sono contro il rinnovo delle sanzioni europee alla Russia” per l’Ucraina: lo afferma il rapporto sulle ingerenze russe internazionali redatto dallo staff del senatore democratico Usa Ben Cardin, che nelle tre pagine dedicate all’Italia ‘punta il dito’ sui 5 Stelle e la Lega Nord.
Circa un mese fa era stato l’ex vicepresidente statunitense, Joe Biden, a mettere in guardia sui tentativi della Russia di influenzare e destabilizzare, in vari modi, i sistemi democratici degli altri Paesi, inclusa l’Italia. In particolare, secondo Biden, Mosca avrebbe interferito sul referendum costituzionale italiano.
Del rapporto, diffuso oggi dal senatore del Maryland, membro d’esperienza del Comitato democratico sulle relazioni estere, scrive la Cnn, spiegando come il documento descriva in quali modi Mosca abbia cercato di plasmare le elezioni in Europa.
Gli Stati Uniti – avverte il rapporto – non saranno pronti a difendersi contro l’eventuale ingerenza russa nelle elezioni di medio termine del 2018 o nella competizione presidenziale del 2020, a meno che non intervengano ora. Il rapporto descrive l’arsenale militare russo, le campagne di disinformazione e la corruzione e la sua strumentalizzazione delle risorse energetiche, tra gli altri strumenti, e mostra come gli attacchi di Mosca si siano intensificati in scala e complessità , colpendo Gran Bretagna, Germania e Francia, oltre all’Ucraina e Paesi più piccoli.
Il report è stato studiato e scritto dallo staff di Cardin che ha intervistato gli ambasciatori europei negli Stati Uniti e si è recato in Europa per parlare con funzionari governativi, ong e media sull’interferenza russa nei loro Paesi.
Il rapporto avverte che a meno che gli Stati Uniti non agiscano per contrastare presto la minaccia, Mosca diventerà  solo più aggressiva.

(da agenzie)

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WHIRLPOOL NE MANDA A CASA 500 IN PIEMONTE MENTRE I POLITICI ITALIANI PARLANO SOLO DI CAZZATE

Gennaio 10th, 2018 Riccardo Fucile

EMBRACO, AZIENDA DEL GRUPPO WHIRLPOOL LICENZIA 497 LAVORATORI SU 537

Embraco, azienda del gruppo Whirlpool, sta attivando il licenziamento collettivo di 497 lavoratori sui 537 occupati nello stabilimento di Riva di Chieri (Torino).
Lo annunciano in una nota i sindacati.
La notizia arriva a tre mesi dalla decisione dell’azienda di ridurre i volumi produttivi assegnati allo stabilimento torinese, che produce compressori per frigoriferi, delocalizzando la produzione in altri stabilimenti del gruppo.
Embraco conferma “l’intenzione di procedere alla cessazione della produzione nello stabilimento di Riva Presso Chieri (Torino), mantenendo comunque una presenza in Italia”.
Lo sottolinea, in una nota, la società  del gruppo Whirlpool che ammette come questo sviluppo coinvolgerà  circa 500 lavoratori ma spiega come “prima di giungere a questa decisione sono stati attentamente valutati diversi scenari alternativi ma nessuno di questi ha rappresentato una soluzione appropriata per continuare la produzione nello stabilimento”.
“L’Italia – continua la nota – rimane un Paese importante per Embraco che manterrà  qui una presenza con un ufficio commerciale al fine di continuare ad assistere la propria clientela”.
L’azienda conferma l’intenzione di avviare la procedura sindacale riguardante la cessazione della produzione nello stabilimento di Riva dicendosi “pienamente consapevole delle sue responsabilità  nei confronti dei propri dipendenti”.
Infine – si sottolinea – Embraco “lavorerà  in stretta collaborazione con i rappresentanti sindacali, le autorità  pubbliche e i funzionari locali per cercare soluzioni perseguibili e su misura per il personale coinvolto”.
“L’Embraco – commenta Dario Basso, segretario generale della Uilm di Torino – continua sulla linea intransigente mirata a dismettere l’attività  produttiva a Riva di Chieri e lo dimostra nei fatti con l’attivazione della procedura di licenziamento collettivo per tutti i lavoratori. Adesso ci sono i canonici 75 giorni di trattativa, in cui dovremo adoperarci per fare in modo che l’azienda cambi questa decisione. È urgente aprire un tavolo di trattativa e servirà  anche un passaggio al Mise per valutare strade alternative ai licenziamenti”.
“Lo scenario che ci viene presentato – afferma Federico Bellono, segretario generale della Fiom di Torino – è di gran lunga il peggiore tra quelli che si potevano prefigurare: dalla riduzione dei volumi annunciata nelle scorse settimane si passa al loro azzeramento, e quindi alla chiusura dell’attività  produttiva. La totale assenza di responsabilità  sociale da parte della Embraco è inaccettabile per le istituzioni, oltre che per i lavoratori”.

(da “Huffingtonpost”)

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IL RAGAZZINO PROFUGO CHE GUARDA LA PALESTRA ATTRAVERSO IL VETRO

Gennaio 10th, 2018 Riccardo Fucile

LA STORIA DEL LUSTRASCARPE SIRIANO KHALED E L’UMANITA’ DI CHI GLI REGALA UN ABBONAMENTO A VITA

Guardava la palestra da fuori, il poggiapiedi legato dietro le spalle. Qualcuno l’ha fotografato, e per Mohammed Khaled è arrivato il regalo più desiderato. Un abbonamento a vita proprio a quella palestra che aveva ammirato da fuori.
È la storia che arriva dalla Turchia, protagonista un rifugiato siriano di 12 anni, Mohammed Khaled, che lavora come lustrascarpe nel sud del Paese.
L’hanno fotografato mentre, da dietro il vetro, guarda chi si allena all’interno di una palestra. La foto è rimbalzata sui social, condivisa da migliaia di persone, il proprietario della palestra Engin Dogan ha deciso di regalare al ragazzo un abbonamento alla palestra per la vita.
«È uno dei membri del nostro club ora» ha raccontato ai media turchi. E poi è arrivata anche l’immagine di lui, davanti alla palestra, con gli altri che lì si allenano.
«Mi hanno aiutato – ha raccontato Khaled – ho sempre sognato di perdere peso e credo di poterlo fare ora allenandomi».
«La sua storia mi ha toccato tantissimo, perchè questo ragazzino non aveva niente» ha sottolineato un altro dei proprietari della palestra.

(da “il Corriere della Sera”)

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LEO, IL METICCIO CHE ASPETTA PER GIORNI IL PADRONE FUORI DALL’OSPEDALE DI TOLMEZZO

Gennaio 10th, 2018 Riccardo Fucile

OGNI TANTO UNA NOTIZIA “DIS-UMANA” CHE CI FA DIMENTICARE L’ODIO, IL RANCORE E L’EGOISMO DI TANTI BIPEDI PSICOPATICI

Un’amicizia che nemmeno un ricovero può separare. Un’altra testimonianza del forte legame che lega animali ed esseri umani.
Musino triste, accucciato davanti all’ingresso dell’ospedale. Sono bastate un paio di foto su Facebook per far si che Leo, un meticcio di 10 anni, conquistasse i cuori degli utenti del social, quello dei passanti e il titolo di “Hachiko di Tolmezzo”.
Per giorni, nonostante il freddo e la pioggia, questo cagnolino dal pelo fulvo ha atteso che il suo padrone fosse dimesso dall’ospedale in cui era ricoverato. Una dimostrazione d’affetto che ai cittadini ha ricordato subito la commovente storia del cane giapponese Hachiko, raccontata nell’omonimo film del 2009 con Richard Gere, ma che inizialmente ha destato anche molta preoccupazione.
Dopo aver visto le foto pubblicate sul social network, in molti si erano attivati per aiutarlo.
C’è chi gli aveva portato da mangiare e chi si era andato al canile per trovargli uno stallo.
Lo credevano tutti un randagio, fino a quando, commento dopo commento, una donna ha riconosciuto l’animale e ha spiegato il malinteso: “È il cane di Fifty (il soprannome del padrone del cane, ndr). State tranquilli, lo segue dappertutto, sono innamorati l’uno dell’altro. Amici inseparabili”.
Per Leo si era mobilitato anche l’ex datore di lavoro di Fifty: martedì 9 gennaio, era andato in ospedale a cercare l’uomo per trovare una sistemazione temporanea per il cane.
Leo però non c’era più. Fifty era stato dimesso il giorno prima e lui si era incamminato al suo seguito verso casa.

(da “La Repubblica”)

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