Gennaio 15th, 2018 Riccardo Fucile
LA DESTRA DELLA PAURA E DELLA BAVA ALLA BOCCA, DAI MIGRANTI “DELINQUENTI” DI BERLUSCONI ALLA DIFESA DELLA RAZZA DEL TIPICO FUSTO ARIANO… TRA IMBARAZZI E SILENZI, NESSUNA VERA PRESA DI DISTANZA
Eccolo il volto duro della destra, in un gioco al rialzo che culmina in una sorta di manifesto
in difesa della razza, proclamato da Attilio Fontana, il candidato leghista con il curriculum di moderato: “Dobbiamo decidere se la nostra etnia, la nostra razza bianca, la nostra società devono continuare a esistere o devono essere cancellate”.
Un linguaggio da anni Trenta affidato a un ragionamento, dai microfoni di Radio Padana, non breve, segno di una profonda convinzione, non voce dal sen fuggita: “Se la maggioranza degli italiani dovesse dire noi vogliamo autoeliminarci vorrà dire che noi che non vogliamo autoeliminarci ce ne andiamo da un’altra parte”.
Proprio così: difesa della razza bianca, etnia a rischio eliminazione.
Il tema immigrazione piomba sulla campagna elettorale, dopo giorni di trovate fantasiose (e senza coperture) sull’economia — Fornero, flat tax, pensioni per tutti – nel modo più inquietante (e senza limiti).
In una sorta di competizione, a destra, tra imprenditori politici della paura.
Paura, da coltivare e alimentare fino al parossismo, perchè frutta in termini di consenso. Silvio Berlusconi, ospite dalla D’Urso aveva parlato di “mezzo milione di migranti che vengono in Italia solo per delinquere”.
Oggi il salto di qualità , dalla minaccia in termini di sicurezza alla difesa della purezza etnica che sposta odio e paura su terreno antropologico.
Parole che ad Arcore suonano come una conferma dei limiti del candidato, ma non producono un sincero moto di indignazione pubblica e neanche un distinguo tangibile, in un partito che si definisce moderato e “baluardo della democrazia e dalla libertà “.
Anzi, il tentativo è quello di minimizzare, derubricare a “gaffe” l’uscita di Fontana, e chiudere al più presto un caso che rischia di diventare tatticamente imbarazzante.
La Gelmini, più per dovere che per convinzione, dice sbrigativamente: “La frase è infelice, ma Fontana si è scusato”.
Imbarazzo, neanche eccessivo. Non presa di distanza valoriale, politica, di fronte a una frase che avrebbe portato al ritiro del candidato nei partiti moderati e antirazzisti davvero, come la Cdu di Angela Merkel, invocata come modello quando c’è da parlare di grande coalizione, ma dimenticata, come la lezione della storia che in Germania è ben presente, quando non conviene perchè la Lombardia val bene qualche delirio razzista.
La natura dell’allarme, scattato ad Arcore, è tutta elettorale più che sulla “presentabilità ” del candidato: “Presidente — suggerisce un fedelissimo – deve mettere il bavaglio a questo improvvisato, ci fa perdere voti”. Risposta: “Come darti torto”.
Perchè Attilio Fontana, candidato con un deficit di “notorietà “, si è fatto conoscere nel peggiore dei modi.
Con una di quelle frasi che ti marchia a vita. Parole che, d’un tratto, fanno sprofondare l’immagine di un candidato moderato, con cultura istituzionale ed esperienza di governo nella civile e cattolica Lombardia.
Il risultato elettorale non è in discussione, perchè il vantaggio della coalizione è ampio e la sinistra è divisa, e poi c’è il traino del voto politico nazionale, però è anche vero che di enormità in enormità , si presenta poi sempre una soglia di rischio.
Anche in termini di immagine complessiva, perchè è evidente che è già caduto l’appello del capo dello Stato a una campagna elettorale civile, su contenuti e proposte serie e credibili.
A cinquanta giorni dal voto, dopo la fase delle promesse da Bengodi, il candidato a governare la regione più europea parla come neanche Casapound.
Avanti così prima o poi una bacchettata quirinalizia può arrivare.
E in molti si stupiscono che non sia ancora arrivata.
(da “Huffingtonpost”)
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Gennaio 15th, 2018 Riccardo Fucile
M5S 26,8%, PD 23,8%, FORZA ITALIA 15,7%, LEGA 13,8%, LIBERI E UGUALI 6%, FDI 5.5%, QUARTO POLO 2,6%… CRESCONO GLI ASTENUTI
Il centrodestra avanza ancora e amplia il divario con M5S e Pd, che registrano flessioni.
È quanto emerge dall’ultima rilevazione condotta da Emg per il TgLa7, secondo cui la coalizione formata da Forza Italia, Lega, Fratelli d’Italia e Quarto Polo si avvicina ulteriormente a quella soglia del 40% che potrebbe consentire la governabilità .
La coalizione si attesta infatti al 37,6%, in progresso di 1,5 punti percentuali, con Forza Italia al 15,7% e la Lega al 13,8%.
Forza Italia cresce dello 0,9% e traina la coalizione.
Pesante arretramento in una settimana per i 5 Stelle, che vedono il loro consenso al 26,8%, ben 1,4 punti sotto la precedente rilevazione.
Il Pd si attesta al 23,8%, lasciando sul terreno lo 0,3% in una settimana: la coalizione di centrosinistra arriva al 28,2%, con una flessione di 0,2 punti percentuali, ma sorpassa il M5S .
Per Liberi e Uguali il dato è di crescita (dello 0,4%) al 6%.
Con gli indecisi al 15%, si ingrossa ulteriormente la pattuglia degli astenuti, al 33,9%.
(da agenzie)
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Gennaio 15th, 2018 Riccardo Fucile
NEI VIDEOMESSAGGI TUTTI ONESTI E INCENSURATI, DESIDEROSI DI ANDARE IN PARLAMENTO: FIN CHE LA BARCA VA, FALLI IMBARCARE… I CASI CURIOSI
Da domani mattina fino alle 21 del 17 gennaio si terranno le consultazioni online su
Rousseau per le parlamentarie del MoVimento 5 Stelle.
La grande lotteria dei click a 5 Stelle, alla quale parteciperanno tra i 15mila e i 17mila candidabili può finalmente avere inizio. In palio un posto in lista e la certezza per molti, allo stato attuale dei sondaggi, di varcare le porte del Parlamento (o di Regione e Comuni dove si andrà al voto il 4 marzo).
Non tutti potranno essere candidati, solo i migliori ce la faranno. Tutti gli altri, quelli che non si sono candidati dovranno guardarsi centinaia di video per scegliere finalmente a caso il proprio candidato.
Finchè la barca va, falli imbarcare
La scelta, come sempre in caso di decisioni di nessuna rilevanza per il M5S è delegata agli iscritti. Tanto nella nuova struttura che è stata data al partito di Grillo e Casaleggio gli unici che possono decidere davvero qualcosa sono i vertici.
Come è giusto che sia all’interno di un’associazione dove vigono il principio dell’uguaglianza, della trasparenza e dell’onestà . Come già accaduto in passato i candidati alle Parlamentarie saranno votati da amici e altri attivisti.
E se nel 2013 Luigi Di Maio è riuscito a farsi candidare con meno di 200 voti c’è molta attesa di sapere quale sarà la soglia minima di click per farsi mettere in lista nel 2018.
Visto il rapporto tra numero di iscritti che partecipano attivamente alle votazioni online (meno di 40mila per l’elezione di Di Maio a candidato Premier) e di candidati difficilmente tra i vari Carneade ci sarà chi farà il pieno di voti.
Ogni iscritto potrà esprimere tre preferenze per i candidati nel proprio collegio plurinominale alla Camera e tre preferenze per quelli nel proprio collegio plurinominale al Senato.
Almeno così ogni candidato riuscirà a prendere più di un voto. Ad esempio l’europarlamentare Paola Ferrara fa sapere che sono circa 400 i candidati calabresi alle Parlamentarie del Movimento 5 Stelle in Calabria.
Il fatto che una buona parte dei candidabili abbia avanzato un’autocandidatura ha fatto storcere il naso all’europarlamentare Ignazio Corrao.
Su Facebook Corrao ha pubblicato un vademecum per le Primarie dove racconta di «essere ancora legato a quella vecchia regola morale che ti dovrebbe portare a concorrere alle primarie soltanto se ti candidano veramente gli altri, se sei concreta espressione di un ampio gruppo di persone, di un percorso e di una volontà collettiva».
Poi uno magari per curiosità legge il curriculum di Corrao e scopre che prima di essere eletto all’europarlamento ha lavorato per un anno nell’ufficio legale del M5S all’Assemblea Regionale Siciliana (e sui collaboratori di Corrao finiti in qualche lista a 5 Stelle si potrebbe aprire un altro capitolo).
I profili per cui Corrao consiglia di non votare riflettono la maggior parte dei partecipanti, la cui candidatura viene dal basso nel senso che nessuno gliel’ha chiesto. Si intuisce poi un certo fastidio per il fatto che nella barca del M5S siano saliti — con la benedizione di Di Maio — personaggi che fino a poco fa con il partito di Grillo non c’entravano nulla
La sfilata dei candidadabili più divertenti del Web
La stragrande maggioranza dei candidabili ed aspiranti candidati è composta da emeriti sconosciuti. Persone che raccontano in video confessione, un po’ stile Grande Fratello, quando e dove hanno sentito la chiamata per la politica.
Generalmente è avvenuto nei pressi di uno spettacolo/comizio di Grillo. Ce n’è per tutti i gusti ed il principale è l’onestà (come attestato dalle numerose foto di certificati penali immacolati).
Di molti non sono note le competenze ma tutti hanno un’idea precisa su una particolare questione d’interesse.
Ad esempio c’è lo spettacolare Giovanni Di Caro che con un entusiasmo e una vitalità incredibili ribadisce il suo impegno nel settore del ueifare (o welfare come dicono i piddini) e al tempo stesso l’indendo a sostenere — ovviamente — il settore del turismo in virtù della qualifica di Operatore di spettacoli ed eventi culturali ottenuta grazie al corso del Fondo Sociale Europeo svolto ad Agrigento nel 2000.
L’avvocato Chiara Tringali le cui proposte stanno spopolando su Facebook. La Tringali propone infatti “la sospensione del termine di prescrizione nei procedimenti penali con l’inizio del processo di primo grado” e di abolire “il divieto di reformatio in peius” ovvero “il principio in virtù del quale il condannato in primo grado non rischia nulla a impugnare la sentenza, nella assoluta certezza che la sentenza di secondo grado non potrà comminargli una pena peggiorativa di quella che ha già subito”.
Ma le competenze e le capacità professionali sono solo un dettaglio. Come ci spiega il candidabile Fabrizio Todaro che alla competenza di molti attuali portavoce preferisce il sacro fuoco di coloro che vanno col cuore oltre l’ostacolo e non guardano all’interesse singolo. Forza, coraggio e determinazione (e un uso spregiudicato del montaggio video) queste le caratteristiche salienti di un vero cinquestelle.
Ci sono poi i candidati che provengono da anni di militanza nei meetup descrivendo nel dettaglio la propria intensa attività ai banchetti per le numerose raccolte firme ed evidenziato di aver agito sempre secondo i principi fondanti della democrazia partecipata. Che in realtà nel nuovo M5S contano ben poco.
C’è poi lo psicoloco Cristian Romaniello che — come tutti i candidati — si mette a disposizione per il bene del Paese e invece che spiegarci perchè lui è meglio di altri (non ha senso, un vale uno) ci racconta delle sue interessanti ricerche sulla corteccia prefrontale e l’umorismo.
§Se non altro qui si rischia di imparare qualcosa e non ci sono promesse inutili. Sergio Scudery, dall’Australia, si vanta sornione di avere un curriculum più lungo della media.
Ghandy Angelo LLapapasca Yepez da Lima (Perù) non ha ancora finito l’università (gli mancano due esami) ma è già pronto per cambiare questo paese. Studia Scienze della Comunicazione e in bella vista sul comodino ha l’ultima fatica letteraria di Alessandro Di Battista, un uomo che ha dato tanto alla Patria.
Tra i migliori c’è senza dubbio Fabrizio Dresda, che conquista il pubblico con Smells like teen spirit dei Nirvana e davanti alla libreria d’ordinanza ci spiega di essere pronto “per LA BATTAGLIA MADRE di tutte le battaglie, ovvero quella a favore della DEMOCRAZIA REALE contro I SIGNORI DEL DENARO”.
Apprendiamo così che Dresda si farà portatore dell’istanza fondamentale e decisiva della Sovranità Monetaria e della creazione del denaro dal nulla.
Dresda ricorda l’insegnamento del padre di tutti i signoraggisiti: Giacinto Auriti, insegnamenti ripresi dal suo allievo Beppe Grillo che in Apocalisse Morbida denunciò la truffa del signoraggio bancario.
Poteva mancare un richiamo ai problemi della foresta Amazzonica? No. Perchè Dresda, attivista tarantino e ricercatore indipendente, divulgatore e scrittore sull’alimentazione naturale. Dresda è infatti fruttariano e la sua candidatura alla Camera ha suscitato l’entusiasmo di fruttariani e signoraggisiti tutti.
(da “NextQuotidiano”)
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Gennaio 15th, 2018 Riccardo Fucile
“LA REALTA’ E’ DIVERSA DAI SOGNI ED E’ PER QUESTO CHE ME NE DEVO ANDARE, QUELLO IN CUI CI SIAMO TRASFORMATI NON MI APPARTIENE”
Mentre il MoVimento 5 Stelle festeggia l’apertura delle Parlamentarie una senatrice, Loredana Lupo, annuncia su Facebook che ritira la sua candidatura.
La Lupo è una delle parlamentari a 5 Stelle siciliane sfiorate dalla storia delle firme false — il marito, Riccardo Riccardi, è stato rinviato a giudizio — ma il motivo del suo ripensamento è un altro: “Sono una persona di cuore, che ha svolto il suo mandato senza tradirlo, nell’unico modo in cui avrei saputo farlo, con compostezza, anche quando avrei voluto dire più di quello che si poteva dire. Ho bisogno di tornare alla mia semplicità , al mio lavoro, alla mia famiglia”, scrive su Facebook per spiegare.
E aggiunge: “Comprendo che la realtà è diversa dai sogni ed è per questo che devo andare. Quello in cui ci siamo trasformati è probabilmente la cosa giusta da fare, ma non mi appartiene più”.
Poi aggiunge frasi molto interessanti: “Voglio spiegare alle innumerevoli persone che si stanno candidando, che se credessero veramente alla causa avrebbero dovuto chiedere a gran voce di riavere i loro portavoce, il movimento non è un centro di collocamento, è sacrificio, è dedizione alla causa”, sostiene, evidentemente in polemica con l’”ufficio di collocamento” che per molti portavoce ed ex portavoce è diventato il M5S.
E aggiunge: “Non saremo stati sui territori, come avremmo dovuto, ma abbiamo viaggiato ad una velocità che nessuno comprenderà mai”.
Per poi chiudere con il vero affondo:
In queste settimane, da quando ho dato la mia disponibilità alla candidatura, ho assistito ad ogni tipo di bassezza; vorrei rassicurare chi ha pensato di farmi la guerra: avete perso il vostro tempo e dimostrato ancora una volta la vostra inconsistenza. Non meritate il mio disprezzo, perchè dovrei avervi attribuito un qualche valore. Vi auguro un cambiamento profondo, che si discosti dalla materialità che sembra essere l’unico vostro reale interesse“.
Insomma, la Lupo ritiene che il cambiamento di statuto e ragione sociale fa del 5 Stelle una cosa che non le appartiene più, poi nota la tendenza presenzialista degli attuali attivisti e infine lancia una stoccata al buio, ma della quale non è difficile riconoscere l’indirizzo, visto che il suo nome e quello di altri ricandidati erano stati aspramente criticati proprio per la vicenda delle firme false.
(da “NextQuotidiano”)
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Gennaio 15th, 2018 Riccardo Fucile
“AUTONOMI E IMPRESE: TASSO DI EVASIONE IRPEF DOPPIO RISPETTO ALLE STIME DI ENTRATE, ABITUATI A MENTIRE SUI REDDITI”… E L’ALIQUOTA SCENDE DI FATTO AL 16%
Un tasso complessivo di evasione Irpef quasi doppio rispetto alle precedenti stime: 14,4%. 
Con il risultato che il valore dei redditi imponibili sottratti al fisco sale fino a 38,5 miliardi.
Quasi 21 dei quali dipendono dall’evasione di introiti da lavoro autonomo e di impresa.
A ricalcolare il gettito perso dallo Stato è uno studio dell’Ufficio valutazione impatto del Senato con il dipartimento di Economia dell’Università Cà Foscari di Venezia.
Il dossier, di cui dà conto Repubblica, parte dal concetto di under reporting.
Cioè la tendenza dei soggetti intervistati a mentire sui propri redditi nelle rilevazioni, sottostimandoli “nel timore che si possano stabilire collegamenti con quanto hanno dichiarato al fisco”.
La ricerca non sposta la valutazione complessiva sulla cifra totale che l’evasione sottrae alle casse pubbliche ogni anno — oltre 110 miliardi — ma arriva alla conclusione che dire il falso nelle indagini campionarie è quasi un’abitudine.
“Sui redditi da lavoro autonomo e impresa, un intervistato su 4 non dice la verità , e addirittura il 44% mente sugli affitti“.
Per imprenditori e lavoratori autonomi, l’under reporting è del 23%.
Questi dati fanno salire la stima del tasso di evasione totale, si legge nel documento, a circa “il 37% per i redditi da lavoro autonomo e impresa”.
Mentre “l’evasione sulle rendite è intorno al 65%”. Al contrario, i lavoratori dipendenti — per oggettiva impossibilità , visto che il datore di lavoro fa da sostituto di imposta — hanno un tasso di evasione molto più basso, pari al 3,5%.
Con queste correzioni, il totale dei redditi non dichiarati al fisco sale, a seconda delle ipotesi utilizzate per la simulazione, a 124,5 o 132,1 miliardi.
La maggior parte del tax gap (distanza tra tasse dovute e cifre effettivamente pagate) in entrambi gli scenari è causata dal lavoro autonomo e da impresa e vicina ai 21 miliardi.
Una stima simile a quella del rapporto ufficiale del Tesoro, che calcola in 20,1 miliardi la perdita di gettito per il lavoro autonomo.
Quello sugli affitti è invece tra i 12,6 e i 14,7 miliardi.
Il totale evaso su tutte le tipologie di redditi da lavoro e da affitto varia dunque tra i 37,4 e i 38,5 miliardi.
L’evasione, notano gli autori, modifica l’impatto redistributivo dell’Irpef, riducendone la progressività . Infatti l’aliquota media effettiva Irpef risulta ridotta di circa 4 punti percentuali, “passando da circa 20% (nel caso teorico senza evasione) a 16% (nel caso dell’imposta con evasione)”.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Gennaio 15th, 2018 Riccardo Fucile
COME FUNZIONA E COSA NON TORNA… TUTTO SI BASA SULLA PIA ILLUSIONE CHE TUTTI PAGHERANNO LE TASSE… PERSINO BUSH LA ACCANTONO’
Aliquota unica o tassa unica, come la chiama Matteo Salvini: la flat tax è il nuovo-vecchio sogno elettorale che il centrodestra regala agli italiani nelle elezioni politiche 2018, dopo averlo promesso in altre occasioni senza averlo mai realizzato. Ma questa è la volta buona, dicono (come dicevano le altre volte).
E allora ecco Forza Italia che promette un’aliquota unica al 23%, Matteo Salvini che la promette al 15% forte dei conti di Armando Siri e del sito tassaunica.it.
Il centrodestra dovrebbe approvare in un vertice quale sarà l’aliquota finale da promettere agli elettori, ma nel frattempo vi basti sapere che l’aliquota al 23% comporta un minor gettito per le casse dello Stato di circa 40 miliardi.
Da questa cifra andrebbero però sottratti i maggiori incassi Iva per il fisco che arriverebbero dall’aumento dei consumi grazie alla maggiore disponibilità economica dei 42 milioni di contribuenti italiani.
Entrate, però, difficilmente calcolabili.
Oggi Roberto Petrini su Repubblica delinea la strategia elettorale di Berlusconi e Salvini sulla flat tax ma fa anche un po’ di storia della proposta, della sua popolarità e del suo accantonamento:
Costa troppo, gli dicono tutti; anche i presidenti americani come George W.Bush che pure l’avevano promessa, alla fine hanno dovuto rinunciare. Che non sia progressiva, che costringa ricchi e poveri a pagare la stessa aliquota, non sembra preoccupare il leader di Forza Italia che è convinto che vada bene così.
L’altro problema, quello delle coperture, prodotto dalla riduzione delle aliquote da cinque (la più alta attualmente è del 43 percento) ad una sola, invece merita una risposta.
E ieri Berlusconi l’ha data: «Il primo anno ci saranno entrate minori per circa 30 miliardi ,ma andremo a prendere questi soldi, almeno 40 miliardi, dalla non elusione e dalla mancata evasione. Sarà un toccasana per l’erario, le imprese, l’economia».
Come farà ? Controlli a tappeto, tracciabilità e banche dati? Non fanno parte dell’armamentario del centrodestra.
La chiave di lettura è sempre la stessa, da quell’11 novembre del 2004 quando alla festa della Guardia di Finanza Berlusconi enunciò il suo teorema: «Se lo Stato ti chiede più di un terzo di quanto guadagni, c’è una sopraffazione nei tuoi confronti e allora ti ingegni a trovare sistemi elusivi o addirittura evasivi».
Insomma la colpa dell’evasione sono le tasse troppo alte, se le riduci l’evasione scompare. Quasi un miracolo che pure fu teorizzato dal celebre consigliere di Ronald Reagan, Arthur Laffer.
Un ragionamento che è stato per anni contestato a Berlusconi perchè affida a ipotetici meccanismi automatici il recupero delle tasse non pagate.
Paradossalmente si potrebbe chiudere l’Agenzia delle entrate e mandare a casa la Finanza. Una messaggio che potrebbe catturare l’attenzione di una decina di milioni di elettori.
Il dato di fatto, ricorda oggi il Messaggero in un articolo di Michele Di Branco, è che attualmente i 41 milioni di contribuenti Irpef dichiarano 833 miliardi di reddito lordo, una cifra che scende a quota 155 miliardi di gettito Irpef al netto di detrazioni e deduzioni. Con l’aliquota unica posizionata a quota 23% l’incasso annuale dell’Agenzia delle Entrate si ridurrebbe a 115 miliardi di euro.
La proposta di Salvini avrebbe invece costi ancora maggiori
Si parla poi di un aumento dei consumi e quindi di maggiori incassi per l’IVA (ma non si considera che per il sistema produttivo poco cambierà se la maggiore spesa dei consumatori, come è normale che sia, si orienterà verso prodotti di importazione).
Oggi i paesi europei che usano la flat tax sono undici.
Ma le sue declinazioni, ricorda ancora il Messaggero, sono molto diversificate così come i suoi effetti: l’unico Stato che ha in vigore un’aliquota del 23% è la Repubblica Ceca. Albania e Bulgaria, con un livello fissato al 10%, sono i Paesi con la versione più marcata dell’aliquota unica, mentre la Lituania ha una flat tax al 33%.
La Russia impone un’aliquota unica per tutti del 13%.
In questi Paesi, la riduzione delle tasse ha impresso un forte impulso alla crescita e all’economia in generale anche se nella fase iniziale di applicazione, la flessione del gettito fiscale ha costretto alcuni governi ad un taglio della spesa pubblica, come le sovvenzioni e gli aiuti alle famiglie
Chi ci guadagna e chi ci perde con la flat tax
La flat tax, spiega ancora il quotidiano romano, costituisce un beneficio per la generalità dei contribuenti italiani.
In termini relativi, però, appaiono avvantaggiati i cittadini con redditi superiori ai 35mila euro lordi all’anno (che sono il 12% del totale) e che versano il 52% dei 155 miliardi di Irpef complessiva.
Resta tutto invariato peri redditi fino a 8.174 euro (12 milioni di contribuenti), esclusi dal prelievo del fisco in quanto rientranti nella “no tax area”.
Padoan intanto ieri ha avvertito: la flat tax proposta dal centrodestra “è il tipico prodotto ‘bacchetta magica’, sembrerebbe che la sua introduzione, indipendentemente dall’aliquota, produca semplificazione e l’abbattimento delle tasse” ma “non è sostenibile. Capisco che dire che si farà la flat tax susciti entusiasmo. Ma ci sono due aspetti da considerare: primo, diteci dove trovate le decine e decine di miliardi che servono a coprire la flat tax. Secondo, diteci come si evita che la flat tax produca un risultato ben noto, cioè quella di essere regressiva, ovvero di avvantaggiare i più ricchi”.
(da “NextQuotidiano”)
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Gennaio 15th, 2018 Riccardo Fucile
A LAURENZANA (POTENZA) VA IN SCENA IL TEATRO DELL’ASSURDO
“Volete voi che arrivino migranti nel territorio di Laurenzana?”. Hanno vinto i No al
referendum sull’accoglienza in provincia di Potenza.
Peccato che non ci siano stranieri accolti nel paese di 1800 abitanti e che non ne sia previsto l’arrivo.
Il risultato finale è stato di 341 “no” e 59 “sì”, con un’affluenza del 25 per cento.
A dare il via libera alla consultazione è stato il sindaco Michele Ungaro, eletto con una lista civica ma iscritto al Partito democratico, sulla base di una delibera del consiglio comunale del 27 settembre 2017.
A tale decisione l’assise è arrivata in base alla sollecitazione preventiva di alcuni cittadini che hanno richiesto che fossero gli abitanti ad esprimersi. Non c’è stata una campagna vera e propria, soltanto “Lega Noi con Salvini Basilicata” ha dato la propria indicazione per il No.
Il referendum non ha alcun valore, se non quello puramente indicativo: nelle due sezioni elettorali allestite in paese sono andati a votare solo 413 aventi diritto su 1.763.
Oltre alle schede votate con un no o un sì, gli scrutatori hanno trovato nelle urne anche sette schede bianche e sei nulle. Il numero dei votanti è stato basso fin dalle prime ore di domenica ed ha sfiorato le 300 unità soltanto nella rilevazione delle ore 19.
In Basilicata sono oltre 70 i Comuni che hanno aderito al programma di accoglienza diffusa della Regione, in modo da evitare le grandi concentrazioni.
In Regione ad oggi sono ospitati circa 2900 richiedenti asilo, pari allo 0,60 per cento della popolazione residente e sono così suddivisi: 1990 in Cas di prima accoglienza, 550 in seconda accoglienza Sprar e 350 minori non accompagnati.
Sono 23.000, invece, gli stranieri regolarmente residenti in tutta la regione pari allo 0,42 per cento degli iscritti nell’anagrafe dei Comuni.
Come sprecare tempo per non decidere su un problema che non esiste.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Gennaio 15th, 2018 Riccardo Fucile
COSA AVVIENE ALL’ESTERO DOVE CONTANO ANCHE ESENZIONI E AGEVOLAZIONI
In Italia non solo le tasse universitarie sono tra le più alte d’Europa, ma il nostro Paese non è neppure fra quelli che sostengono maggiormente l’istruzione dei giovani.
Tra gli Stati dove l’università è economicamente più accessibile ci sono sicuramente Germania, Danimarca, Finlandia, Svezia, Scozia e Norvegia.
Le rette più alte sono quelle della Gran Bretagna, anche se nel Regno Unito gli studenti possono iniziare a pagare dopo la laurea.
La recente proposta del presidente del Senato e leader di Liberi e Uguali Pietro Grasso di abolire le tasse è stata criticata in primis dal Pd, ma anche dall’ex ministro Vincenzo Visco, secondo il quale in Italia “sono così basse che non è che abolendole succeda molto” e dal ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda che l’ha definita una misura “trumpiana” che sarebbe un “supporto fondamentale alla parte più ricca del Paese”, perchè “oggi sono già esentati gli studenti con reddito basso”.
Ma è davvero così?
“La misura — ha spiegato intanto Grasso — costa 1,6 miliardi: avere un’università gratuita, come avviene già in Germania e tanti altri Paesi europei significa credere davvero sui giovani, non a parole ma con fatti concreti”.
Da LeU, a difendere la proposta di Grasso, sono stati Nicola Fratoianni e Roberto Speranza.
Ma rispetto agli altri Paesi europei, in Italia si paga davvero di più per frequentare l’università ?
Cosa succede altrove? Per avere un’idea del sostegno che si dà (o non si dà ) agli studenti italiani e ai loro genitori, anche in confronto ad altre realtà , bisogna tenere presenti diversi fattori. Non solo i costi di iscrizione all’Università , ma anche il sistema di esenzioni e le borse di studio.
Le tasse universitarie in Italia
Secondo l’Ocse negli ultimi dieci anni le tasse universitarie sono aumentate in Italia del 60%, facendo piazzare il Paese al terzo posto della classifica dei più cari d’Europa, dopo Olanda e Regno Unito.
D’altro canto, a fine anno, l’Unione degli Universitari ha denunciato nel dossier Dieci anni sulle nostre spalle che mentre in Italia le borse di studio sono poche e insufficienti a sostenere i costi da affrontare, la tassazione media che pesa sugli studenti universitari è aumentata di 473,58 euro negli ultimi due lustri.
Una prima grande differenza con diversi Paesi è che in Italia le rette le pagano sia gli studenti europei sia quelli extracomunitari. Nell’università pubblica le rette partono dai circa 500 euro per arrivare a superare i duemila euro, a seconda del reddito Isee della famiglia e dell’ateneo. Si segue quindi un sistema progressivo con il quale, già oggi, chi ha un reddito basso non paga, mentre la retta aumenta in modo proporzionale al reddito
La tassazione media che pesa sugli studenti universitari in Italia è aumentata di 473,58 euro negli ultimi due lustri
Chi ha pagato, chi pagherà
Nel 2016 sono stati quasi un milione e 700mila gli studenti che si sono iscritti a corsi di laurea, dottorati, master e specializzazioni, oltre un milione e mezzo solo ai corsi di laurea.
§E di questo milione e mezzo quelli esonerati totalmente dal pagamento delle tasse sono stati 176mila, mentre in 134mila hanno ottenuto uno ‘sconto’.
Nell’ultima legge di Stabilità , però, il governo Gentiloni ha inserito il cosiddetto Student Act che esonera dal pagamento delle tasse tutti gli studenti le cui famiglie hanno un Isee inferiore a 13mila euro.
Diverse università hanno aumentato il limite stabilito dal governo, non facendo pagare le tasse agli studenti con Isee inferiore a 15mila euro.
L’Istat stima che questa novità ridurrà il costo delle tasse del 39,3%. Secondo un’analisi del Sole 24 Ore la decontribuzione per il 2017/2018 porterà a quasi 600mila gli studenti che non pagheranno tasse e a 500mila quelli che beneficiano dell’esenzione parziale. Questo significa che oggi un terzo degli studenti non paga le tasse universitarie e un terzo paga importi agevolati. A chi gioverebbe quindi l’abolizione? In Italia sborsano la retta intera gli studenti con alle spalle famiglie che presentano un reddito Isee superiore a 30mila euro.
Quindi se è vero che quelle meno abbienti sono già esonerate, è anche vero che quelli che pagano non sono necessariamente ‘figli dei ricchi’ che, tra l’altro, frequentano sempre più spesso università private, anche straniere. La differenza potrebbero invece sentirla le famiglie che hanno un reddito medio e sul cui budget le rette universitarie influiscono eccome.
Il confronto con i Paesi europei
Ma per fare un confronto con gli altri Paesi è necessario considerare tutta una serie di agevolazioni che fanno sistema altrove e che da noi sono ancora una chimera. Si parte sì dalle tasse, per arrivare a borse di studio, sostegno per gli studenti che vivono da soli e ad altri tipi di agevolazione.
§Basti pensare che in Italia solo il 9-10% degli universitari percepisce una borsa di studio a fronte del 25% in Germania, 30% in Spagna e del 40% in Francia.
Secondo un rapporto Eurydice per la Commissione europea i Paesi europei dove non esistono, o quasi, tasse universitarie sono Danimarca, Finlandia, Svezia, Norvegia, Scozia, Grecia, Malta e Cipro. In Germania e Austria sono state prima introdotte e poi abolite.
In Austria, Danimarca, Finlandia e Svezia gli studi sono gratuiti solo per gli europei: in Austria la tassa annuale per gli studenti che non provengono da un Paese dell’Ue va dai 600 ai 1.500 euro, in Danimarca dai 6mila a 16mila euro, mentre in Finlandia è stata di recente introdotta una tassa di 1.500 euro, ma solo per i corsi di laurea in inglese. Decisamente più alte, invece, le tasse in Italia e in Paesi come Spagna, Irlanda, Olanda, Portogallo e Svizzera. In diverse realtà , poi, c’è un legame tra le tasse universitarie e il merito: accade, ad esempio, in Spagna come in Austria, in Polonia come in Slovacchia
In Danimarca gli studenti che vivono da soli, invece, possono ricevere fino a 804 euro al mese
Danimarca, Finlandia, Scozia e Germania tra i più virtuosi
Come ricordato da FQ Millennium Danimarca, Germania, Finlandia e Norvegia sono quattro Paesi accomunati da due fattori: non ci sono tasse universitarie ed esiste un ottimo sistema di erogazione delle borse di studio.
Gli studenti a tempo pieno residenti in Danimarca ricevono un aiuto economico a cadenza settimanale o mensile per l’intera durata della loro carriera accademica.
Per gli universitari che vivono a casa dei genitori il valore delle borse di studio va dai 124 euro (se il reddito familiare supera i 76.900 euro) ai 346 euro (se il reddito è pari o inferiore ai 45mila euro).
Gli studenti che vivono da soli, invece, possono ricevere fino a 804 euro al mese. Il 38% degli studenti danesi utilizza poi i prestiti al 4% d’interesse: possono arrivare a 411 euro al mese e può beneficiarne anche chi già ha ottenuto una borsa di studio. In Finlandia, invece, tra prestito statale (3.600 euro) e borsa di studio ogni studente ha a disposizione ogni anno la somma massima di 11.260 euro.
Nel caso in cui abbia un reddito inferiore agli 11.850 euro, lo Stato garantisce allo studente un aiuto per la copertura di parte delle spese di affitto: 201 euro al mese per 9 mesi.
E anche in Finlandia funziona molto bene il sistema dei prestiti da parte del governo: 400 euro al mese, che si iniziano a restituire generalmente entro due anni dalla laurea. In Scozia, l’agenzia governativa Student Awards Agency for Scotland paga agli studenti europei l’intera retta universitaria a patto che gli esami vengano superati nei tempi previsti.
In Germania e Norvegia si pagano (scontati) solo i servizi
In Germania il sistema non è neppure paragonabile al nostro. Non esiste alcuna tassa, nè per gli studenti europei, nè per quelli che arrivano da altri Paesi extra Ue. L’iscrizione all’università è legata solo al pagamento di un abbonamento ai mezzi pubblici: si tratta di una somma tra i 100 e i 200 euro a semestre che copre i costi di trasporto.
Ma c’è di più. Il programma di sostegno BAfà¶G garantisce agli universitari under 30 un sussidio individuale che può arrivare fino a 735 euro al mese per un anno composto per il 50% di una borsa di studio erogata in base al merito (la cui entità va dai 300 ai 1.035 euro, dipende dal reddito e dalla situazione familiare) e per l’altra metà di un prestito garantito dallo Stato, che riguarda i costi non coperti dal BAfà¶G.
Si tratta di 300 euro mensili per un massimo di 7.200 euro in 2 anni, che vanno restituiti a partire dal 4° anno dopo la concessione in rate da 120 euro. A questo c’è da aggiungere che lo Stato interviene per assicurare l’alloggio a tutti i cittadini europei residenti in Germania sotto una certa soglia di reddito, che siano studenti o no.
Anche in Norvegia gli studenti sono tenuti a pagare solo una somma modesta (fra i 30 e i 60 euro a semestre) che copre i costi di carta, assistenza sanitaria, trasporti gratuiti e garantisce diversi sconti per attività ed eventi culturali.
In Germania il programma di sostegno BAfà¶G garantisce agli universitari under 30 un sussidio individuale che può arrivare fino a 735 euro al mese per un anno
Gran Bretagna: tasse alte, ma si paga dopo la laurea
In Scozia la triennale è gratuita e per la magistrale si arriva a 5mila euro l’anno. Nel resto del Regno Unito, invece, gli studenti devono sborsare fino agli 11mila euro l’anno per il conseguimento della triennale, ancora di più se si tratta di cittadini non europei. Le tasse sono state aumentate nel 2012, con la revisione del sistema di istruzione.
Le tasse, però, possono essere pagate dopo la laurea, a patto che si rispettino i tempi previsti.
C’è da dire che già nel 2016 l’organizzazione no profit Sutton Trust aveva segnalato un debito medio record di 44.500 sterline per i laureati inglesi del 2015. Non è un caso se di recente Jo Johnson, ministro dell’Università e della ricerca, ha annunciato che agli studenti saranno offerti corsi universitari di due anni, ad un costo ridotto rispetto a quello triennale.
Molto alte le tasse anche in Olanda: gli studenti europei arrivano a pagare anche più di 2mila euro, mentre i non europei sborsano fino a 12mila euro. Relativamente alte anche le tasse spagnole: le triennali costano dai 700 ai 2mila euro all’anno, mentre per la magistrale si può arrivare fino a 4mila euro l’anno.
Francia, tasse basse pagate da tutti
In Francia le tasse le pagano tutti, ma rispetto ad altri Paesi dell’Ue sono piuttosto basse. La laurea magistrale costa 181 euro all’anno, un master 250 euro e un dottorato 380 euro. Fanno eccezione le università di medicina e i politecnici.
Nelle prime si può arrivare a pagare 450 euro all’anno, nei prestigiosi politecnici 596 euro. Per i redditi più bassi le tasse di abbassano di circa 30 euro. Anche in Francia, però, lo Stato aiuta gli studenti studente con l’alloggio: si possono ricevere dai 115 ai 200 euro al mese.
Negli Stati Uniti milioni di famiglie indebitate
Dando uno sguardo al di fuori dei confini europei, è significativo quanto accade negli Stati Uniti.
Come in Gran Bretagna, anche negli Usa iscriversi all’università rischia sempre più di essere un lusso. Sono 44 milioni gli americani titolari di prestiti contratti proprio per accedere agli atenei. Si tratta del 13% della popolazione. Le rette delle università pubbliche per l’anno accademico 2016-2017 ammontavano in media a circa 20mila dollari, il 2,6% in più rispetto all’anno precedente.
Nuova Zelanda, il paradiso
In Nuova Zelanda non solo lo Stato paga le tasse universitarie, ma non chiede neppure il rimborso. A garantire questo tipo di sostegno è lo Student Allowance, il programma del ministero dello Sviluppo sociale che prevede un finanziamento statale di 380 dollari a settimana a fondo perduto.
Può farne domanda chi studia full time dai 18 ai 65 anni, ma anche chi ha tra i 16 e i 17 anni con un figlio a carico e un partner. Ma il governo della Nuova Zelanda mette a disposizione fondi anche per i giovani con figli a carico che vivono con i genitori o che non abitano con loro e non ricevono nessun aiuto economico. E per affitto e bollette c’è lo Youth Service: 50 dollari a settimana.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Gennaio 15th, 2018 Riccardo Fucile
“PRIMA GLI ULTIMI” LO SLOGAN… MA NON SARA’ CHE I PRIMI CHE VOGLIONO RESTARE TALI HANNO TROVATO IL MODO DI CIURLARE GLI ULTIMI ANCHE QUESTA VOLTA?
Non ha il comportamento di chi sta riflettendo su un passo indietro. 
Gigantografie elettorali a sostegno della candidatura a presidente del Lazio di Sergio Pirozzi stanno comparendo in tutta Roma.
Con buona pace dei partiti di centrodestra che, da settimane, si arrovellano sull’idea di una trattativa che dovrebbe spingere il sindaco di Amatrice a desistere, grazie alla seduzione di un posto sicuro in Parlamento.
E così, mentre i giornali raccontano tutte queste storie, Pirozzi va nei mercati rionali, nelle case della gente. Si fa vedere tra i cittadini con la sua espressione sofferente.
Sembra lontano il tempo in cui giurava che si sarebbe interessato solo dei suoi concittadini terremotati e della ricostruzione.
“Prima gli ultimi” si legge nei megacartelloni elettorali che costano migliaia di euro ognuno, abbinamento inquietante con le premesse, frutto non certo di una raccolta fondi tra le vittime del terremoto o tra i clochard che dormono nelle stazioni.
Il timore è che gli ultimi in questo caso non saranno i primi, ma che siano i primi a restare tali, sfruttando la dabbenaggine degli ultimi.
E mentre nelle segrete stanze il centrodestra litiga tra chi vuole Gasparri, chi Rampelli e chi spera con Pirozzi di fregare sia il cavaliere che la dama di compagnia, il sindaco di Amatrice issa le sue gigantografie in tutta Roma.
Da allenatore di calcio sa che l’importante non è vincere e neanche partecipare.
Certe volte basta non far vincere qualcun altro per ottenere riconoscenza in cambiali politiche da riscuotere a tempo debito.
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