Febbraio 6th, 2018 Riccardo Fucile
OFFESE A SFONDO SESSUALE PURE ALLA BOLDRINI… CHE BEI CANDIDATI MODERATI HA INSERITO IL CAVALIERE: PRONTI PER SAN VITTORE
Il candidato di Forza Italia in Australia, Ernesto Marcianò, pubblicava nel 2015 su Facebook insulti a
sfondo sessuale contro Laura Boldrini.
Quindi, invitava i suoi amici “camerati” a “sparare” a quelle “merdacce” di immigrati colpevoli di “violentare le nostre donne” e “uccidere i nostri anziani”.
“Fossi rimasto in Italia – chiosava – una banda armata l’avrei organizzata”.
Quei post di due anni fa sono riemersi oggi dopo che Marcianò – che abita da 14 anni a Perth dove ha lavorato per un patronato – è diventato ufficialmente il candidato alla Camera per il partito di Silvio Berlusconi.
Scovato da Radio Capital, Ernesto Marcianò non ha negato di aver insultato la presidente di Montecitorio, offrendo scuse grottesche.
“Faceva la ragazza coccodè”, si giustifica Marcianò. “Cantava alla Camera ‘o bella ciao’ e si sa che i partigiani sono stati anche criminali che hanno ucciso vittime innocenti”.
Ma che c’entra tutto questo con gli insulti a sfondo sessuale contro Laura Boldrini?
Marcianò prosegue nella sua assurda giustificazione: “Era una nota allegorica, ognuno di noi ha scheletri nell’armadio. Non mi sento di essere giustificato perchè ho usato quei toni su Facebook. Non c’è una giustificazione, è stata una cosa folcloristica, non ho commesso nessun reato contro la Boldrini”.
“Ha commesso il reato di diffamazione” gli fa notare chi lo intervista.
Ma Marcianò fa finta di nulla e non ritiene, per quei suoi post politicamente imbarazzanti contro la Boldrini e contro gli immigrati, di dover ritirare la propria candidatura. “Il mio nome è stato scelto dal partito”, taglia corto.
“Non penso di ritirare la candidatura – si difende il candidato di Fi – sono una persona molto tranquilla. Sono un moderato Prendo le distanze anche da me stesso. Ma si deve capire che può succedere che il linguaggio talvolta scada. Può pure succedere che non li abbia scritti io quei post, ma li abbia scritti qualcuno per me. Sa com’è, ogni tanto tra amici si fanno degli scherzi”.
(da “La Repubblica”)
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Febbraio 6th, 2018 Riccardo Fucile
ERA A DISPOSIZIONE DEL PARTITO, COINVOLTO NELLA SECURITY DEI COMIZI E RITENUTO AFFIDABILE DAL PARTITO
Repubblica, dopo aver svelato la presenza a una cena di pochi giorni fa proprio a Corridonia, insieme a tutto lo stato maggiore della Lega marchigiana, torna oggi sul punto raccontando come l’uomo avesse partecipato al servizio di sicurezza in occasione di un comizio dello stesso Salvini.
Anche se oggi da quell’ambiente arrivano smentite o ammissioni a mezza bocca, silenzi e tentativi di minimizzare,
Traini era uno ben introdotto nella Lega locale. E questa è una responsabilità politica assoluta.
“Luca si fa chiamare ‘Lupo’, quindi abbiamo pensato che fosse solo un’altra delle sue stravaganze” ha spiegato un anonimo esponente della Lega di Corridonia presente alla cena riferendosi al tatuaggio sulla tempia destra, la runa Wolfsangel pescata dalla simbologia nazista usato da diverse unità militari della Germania nazista.
Ma tutto costruisce l’immagine di un uomo della Lega in quel territorio. Di nullo o scarso peso politico, certo, ma uno del giro.
Noto, conosciuto, a disposizione.
Nessuno si rende disponibile a effettuare un servizio di sicurezza volontario per qualsivoglia comizio elettorale se non si sente legato a una certa forza politica e se non è conosciuto dagli organizzatori.
La qualità di una forza politica, e perfino la bontà delle proprie promesse (“più sicurezza!”) può trovare uno specchio anche nel modo in cui organizza il proprio funzionamento interno.
Perfino ai livelli più periferici della sua articolazione.
Dunque non solo l’uomo che ha ferito quasi una dozzina di persone di colore, alcune in modo grave, sparando da un’auto in corsa, era attivamente coinvolto nella vita politica della Lega a Macerata e dintorni ma fu considerato affidabile per un ruolo di sicurezza non più di qualche mese fa.
Salvini quando straparla di necessità di sicurezza forse intende affidarla a personaggi del genere?
Intanto fanno pratica nella security interna, una garanzia.
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Febbraio 6th, 2018 Riccardo Fucile
A SECONDA DI COME GIRA IL VENTO, LI’ TROVI IL M5S… HAMAS E’ TERRORISTA, SOSTEGNO ALL’ENI CHE NON E’ PIU’ “CRIMINALE”, SILENZIO SU PUTIN, LECCATE AD ISRAELE: LA SUMMA TEOLOGICA DEL FUORICORSO DEMOCRISTIANO
Quando Luigi Di Maio prende l’ultimo lustro di politica estera del Movimento 5 stelle, lo rivolta come un
calzino, e ne dà una versione aggiornata in vista delle elezioni del prossimo 4 marzo, ad ascoltarlo la platea è di quelle importanti.
In prima fila Elisabetta Belloni, il potentissimo Segretario generale della Farnesina. A pochi metri da lei, Michele Valensise, tra i suoi più influenti predecessori, un rapporto privilegiato con la Germania, per anni portavoce della politica estera dei governi di Silvio Berlusconi.
Quella al Link Campus, università internazionale nella periferia ovest di Roma, in un palazzo dove fino al 1655, quando intorno c’era solo campagna, il Papa veniva a trascorrere le vacanze estive, non è una mattinata come tutte le altre.
Perchè il candidato premier a 5 stelle è chiamato dal padrone di casa, il professor Piero Schiavazzi, a fornire per la prima volta un quadro organico di quella che sarà la politica estera del Movimento una volta al governo.
Di Maio prende la parola. Ha un testo su cui appoggiarsi, ma parla a braccio.
Venti minuti in cui stravolge l’agenda-meetup.
I punti cardine: l’Unione europea come casa del M5s, la permanenza nella Nato, la condanna di Hamas quale movimento terroristico, la tutela degli interessi geostrategici dell’Eni nell’ambito di una conferenza di pace sulla Libia da organizzare a Roma. Non c’è nulla in contrasto con il programma — nel suo volare alto volutamente vago — votato sulla piattaforma Rousseau. E quel che dice il leader stellato si colloca alla fine di una lunga strada di riposizionamento su questi temi. Ma la sistematizzazione degli elementi e la platea scelta per comunicarla sono significativi.
Seduti nella sala circondata dal verde del campus romano ci sono esponenti della ambasciate di Stati Uniti, Francia, Germania, Turchia, Giappone, Polonia, Brasile, Sudafrica, Australia, Emirati Arabi, Austria, Finlandia, Indonesia, Venezuela, Bulgaria e Thailandia. E corrispondenti di tutte le principali testate internazionali, dalla Cnn al Financial Times, dalla Zdf al New York Times, dalla Reuters a Le Figaro, fino alla televisione giapponese.
L’esordio sancisce la rottamazione definitiva di qualsivoglia referendum che metta in discussione l’Unione europea: “L’Ue non è un tema di politica estera, ma la casa naturale del nostro paese. E anche del Movimento 5 stelle”.
Certo, ci sono i caveat di una governance da riformare, di una maggiore solidarietà necessaria dai paesi fondatori, e di una più stretta collaborazione con quelli dell’Est del continente.
Ma un ancoraggio così solido alle istituzioni comunitarie non si era mai visto prima. Con tanto di Brexit citata come esempio negativo, proprio l’impresa alla quale hanno legato gloria e sfortune gli alleati europei dell’Ukip. Parole che spazzano via una volta per tutte l’euroscetticismo a 5 stelle, e ridefiniscono le fondamenta di un’eventuale futura politica estera
Non c’è spazio per il “mito” Chavez — a Pescara, qualche settimana fa, a rovinare per qualche minuto l’idillio della scuola di formazione politica dei candidati ci si era messo proprio un gruppetto di attivisti venezuelani — non ci sono elogi per la Russia e Vladimir Putin, con la quale Di Maio rivendica “meno rapporti rispetto a tutte le altre forze politiche”.
Messe in un cassetto le missioni in sudamerica, strappati i selfie festanti alla Duma.
Quasi per la legge del contrappasso, è a Israele che viene lanciato il secondo messaggio forte.
Prudenza sulla soluzione politica (“Occorrono due popoli e due stati”), l’acceleratore spinge sugli interlocutori del processo di pace. E così, seccamente, Hamas viene definita “una seria minaccia terroristica”.
Proprio quell’organizzazione che era stata al centro delle polemiche per una missione dei deputati stellati guidata proprio da Di Maio, che accusarono Tel Aviv di averne bloccato l’ingresso alla striscia di Gaza e sostenevano Hamas quale “Vincitrice di libere elezioni”. Era, nel caso specifico, Manlio Di Stefano, grande amico di Alessandro Di Battista, lo stesso che accusò, mai smentito, Israele di “genocidio”, e bollò il sionismo come “discriminatorio”.
Tutto rottamato, in una traiettoria di alcuni mesi che ha squadernato le posizioni con cui M5s è arrivato in Parlamento e che ha trovato oggi la propria summa organizzata.
Via le perplessità sulla Nato e le proposte di referendum sulla permanenza italiana nell’Alleanza atlantico. Ci sono i se e i però su come vada riformata, e i dubbi sul contributo chiesto all’Italia, ma anche in questo caso la bussola è chiara: “Sono fermamente convinto della presenza in Italia nella Nato”. Fine dei giochi.
Rimane ferma la contrarietà della missione in Niger (“Sembra più un soccorso alla Francia che al problema immigrazione”), e la volontà di ritirare il contingente italiano dall’Afghanistan.
Ma è nei dettagli che si nasconde la svolta. Perchè affrontato il tema Siria (“Serve una conferenza internazionale di cui l’Italia si faccia promotrice tramite l’Onu”), è quando il candidato premier arriva in Libia (“Subito a Roma una conferenza di pace fra tutte le parti”) che si vede il segno del tempo che passa.
Sentite qui: “L’Italia sia protagonista, tenendo presente che l’Eni è lì dal 1959 e la Libia ha un interesse geostrategico per noi rilevante”.
L’Eni, l’interesse geostrategico. L’Eni spauracchio da sempre della galassia stellata. L’Eni considerata da Beppe Grillo latrice di “un sistema corruttivo internazionale”.
L’Eni a cui il blog delle stelle dedicava articoli nella quale la accostava al “fondamentalismo danaroso” e al “vero razzismo”.
L’Eni di fronte ai cui azionisti l’ex comico denunciava i “meccanismi criminosi”. Tutto sparito, tutto mutato in “interesse geostrategico” da salvaguardare.
A presiedere la giornata c’è l’ex ministro Dc Enzo Scotti. Quasi conterraneo di Di Maio con il quale ha un buon feeling, se avesse fatto lui lo stesso discorso non ci sarebbe stato nulla da eccepire.
Rottamazione completata.
(da “Huffingtonpost”)
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Febbraio 6th, 2018 Riccardo Fucile
IL LEGHISTA CANDIANI ATTACCA PARAGONE MA FA UN AUTOGOL: AMMETTE CHE LA LEGA PIAZZA RACCOMANDATI IN RAI COME TUTTI GLI ALTRI
Lo scontro all’arma bianca padagna questa volta arriva da Varese dove il leghista Stefano Candiani affonda su Gianluigi Paragone, candidato nello stesso collegio per il Movimento 5 Stelle che nei giorni scorsi lo aveva attaccato sotto la sede del municipio di Tradate.
La stoccata di Candiani arriva con una diretta facebook all’esterno degli studi Rai di Saxa Rubra: “Mi viene da domandare come mai Paragone oggi faccia il puro, dimenticandosi che nella sua storia ci sono state la Rai, Libero, La Padania e tante altre cose… mi chiedo: qui dentro entrano tutti solo per meriti? Se ti fai candidare all’uninominale e nelle liste proporzionali per essere sicuro di essere eletto, mi viene da dire che l’opportunismo è galoppante. Qui ci sei arrivato per merito o ci sei arrivato per Politica? La tua incoerenza è tipica del M5S, al mattino dite una cosa e alla sera un’altra”.
Ma Candiani, che non è propriamente un genio della politica, con questa intemerata non si accorge di fare la figura del bue che dice cornuto all’asino.
Perchè se Paragone, come molti altri giornalisti, è entrato in Rai in quota Lega vuol dire ammettere che la Lega non ha mai operato in modo diverso dagli altri partiti, pensando quindi non alla qualità ma alla appartenenza.
Quindi l’unica differenza è che Paragone ora è sponsorizzato dai Cinquestelle e ha preferito uno stipendio sicuro da parlamentare per cinque anni rispetto alle comparsate in Tv.
Capisco che alla Lega dia fastidio che Paragone sputi sul piatto in cui ha mangiato, ma è un prodotto di allevamento della fattoria padagna, dove asini e buoi sono di casa.
Chi è causa del suo mal pianga se stesso.
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Febbraio 6th, 2018 Riccardo Fucile
“CORRELAZIONE TRA GLI ATTEGGIAMENTI XENOFOBI E IL NUMERO DI ORE PASSATE DAVANTI ALLA TV E AL TIPO DI PROGRAMMA SCELTO”… “RAZZISMO FACILMENTE ATTIVABILE CON CAMPAGNE DI COMUNICAZIONE”
Uno studio realizzato da Ixè spiega molto bene perchè Silvio Berlusconi, dopo i tragici fatti di Macerata,
abbia deciso di mettersi a traino di Matteo Salvini nel fronte anti-immigrazione.
Si tratta di una ricerca che non sonda le intenzioni di voto, ma solo gli atteggiamenti verso l’immigrazione.
Da questo studio emerge come tra i giovani italiani 18 e 34 anni solo il 35% sia favorevole ad una piena integrazione, mentre il 40% chiede limiti severi ai flussi migratori e il 25% dice un secco «basta».
In totale, oltre il 60% degli under 35 esprime un sentimento poco o per nulla favorevole verso i nuovi arrivi.
«Tra le fasce di età più anziane questi numeri aumentano, le persone tendono ad avere ancora più diffidenza verso gli stranieri», spiega il presidente di Ixè Roberto Weber. «Fino a qualche anno fa gli elettori di centrosinistra erano piuttosto estranei a questo sentimento di paura. Ora è tutto cambiato: la paura dell’immigrato è entrata nella carne viva anche dell’elettorato del Pd», dice il sondaggista.
«I numeri attuali della Lega di Salvini si spiegano in larga parte con la lunga campagna che è stata condotta sul tema dell’immigrazione. E l’inseguimento di Berlusconi non è casuale, ma si basa su numeri certi».
Weber ricorda come questo sentimento di paura mista a ostilità non sia collegato alla realtà che le persone vivono nella vita quotidiana, ma alla fruizione dei media, in particolare della tv: «Un nostro studio di alcuni anni fa mostrava già una forte correlazione tra gli atteggiamenti, il numero di ore passate davanti alla tv e il tipo di programmi scelti».
Insomma, «l’ostilità verso lo straniero è un sentimento facilmente “attivabile”, condizionabile dalle campagne di comunicazione».
Antonio Noto, della società di sondaggi Ipr, non crede che i fatti di Macerata possano incidere in modo sensibile sulla campagna elettorale: «dai sondaggi si capisce che l’equazione tra immigrazione e insicurezza è passata nell’opinione pubblica».
Ad Arcore nelle ultime 48 ore Berlusconi ha letto e riletto i dati forniti con grande rapidità dopo gli eventi di Macerata dalla sondaggista di fiducia Alessandra Ghisleri.
Da cui emerge come il tema della sicurezza sia ormai al primo posto tra le preoccupazioni degli italiani, superando anche le tasse e il lavoro.
L’ex Cavaliere è rimasto colpito dal numero di persone che hanno dato ragione a Salvini, ma anche da un altro dato: solo una piccola parte di chi si dice d’accordo con il segretario leghista lo giudica credibile come leader.
Di qui la svolta, la decisione di porsi come paladino della sicurezza, utilizzando toni duri che Berlusconi dal 1994 non aveva mai usato contro gli immigrati.
(da “La Stampa”)
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Febbraio 6th, 2018 Riccardo Fucile
SENZA FARE NOMI, MARONI ATTACCA SALVINI: “NO AL MANGANELLO MEDIATICO O AI GIUSTIZIERI NAZISKIN”
“La gerarchia delle schifezze mi obbliga ad anteporre al vuoto spompato dei grillini l’orrore del criminale fascistoide di Macerata, che spara agli immigrati per risolvere il problema dei clandestini. Un pistolero che milita nella destra nostalgica e che lo scorso anno era stato candidato alle elezioni Amministrative. Questa è la gente che si propone di guidare le istituzioni del nostro Paese? Ma vaffa”.
Così Roberto Maroni parla di Luca Traini, l’ex candidato consigliere comunale della Lega Nord, che ha sparato sugli immigrati a Macerata, nella sua rubrica settimanale sul ‘Foglio’.
Secondo Maroni, che non cita mai il suo partito, c’è un “dovere morale; mettersi al lavoro per (ri)creare una classe politica che non ci faccia rimpiangere Andreotti”.
“Conosco bene il mondo della politica – prosegue l’ex leader della Lega -. Vi ho incontrato tante persone capaci, uomini e donne che nella vita hanno lavorato, animate dalla passione e non dall’odio. Avversari fra loro, certo, ma con quel rispetto reciproco che fa la differenza. Sono le persone che servono oggi, più di ieri. Le nuove camicie nero-grilline del manganello mediatico o i giustizieri naziskin no, grazie”.
Dunque, conclude Maroni, c’è un “dovere morale: mettersi al lavoro per (ri)creare una classe politica che non ci faccia rimpiangere Andreotti. Aristotele diceva che l’uomo è per natura un animale politico. Bene, purchè prevalga l’uomo e non l’animale”.
(da “Huffingtonpost”)
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Febbraio 6th, 2018 Riccardo Fucile
IN COMUNE HANNO IL SEQUESTRO DI BENI ALLE MOGLI CHE “HANNO AMPLIFICATO LA NATURA ILLECITA DELLE FONTI”
Candidati cognati in Calabria. Uno, Domenico Furgiuele, con la Lega e l’altro, Massimo Cristiano, con
Casapound.
Hanno sposato le due sorelle Stefania e Maria Concetta Mazzei, a cui stamattina i carabinieri del Noe hanno confiscato i beni di famiglia.
Due società e un immobile alla moglie di Domenico Furgiuele, coordinatore calabrese di Noi con Salvini e capolista nei due listini proporzionali alla Camera.
Due società , invece, alla moglie di Massimo Cristiano, candidato di Casapound nel collegio uninominale della Camera di Catanzaro.
Ex consigliere comunale di Lamezia Terme, Cristiano compare anche relazione prefettizia che ha portato allo scioglimento per mafia del Comune: “Da una consultazione in banca dati — scrive la commissione di accesso — risulta denunciato nel 1997 dal Commissariato di Lamezia Terme per reati contro la persona e porto abusivo di armi. Risulta essere stato riabilitato dal Tribunale dei minori di Catanzaro”.
Il provvedimento eseguito stamattina rientra nella più ampia confisca di beni per oltre 200 milioni di euro che, su richiesta della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, il Tribunale ha emesso nei confronti dell’imprenditore Salvatore Mazzei, suocero dei due candidati alle politiche.
Sia l’esponente di Casapound che quello di Matteo Salvini non sono destinatari del provvedimento che gli uomini del maggiore Gerardo Lardieri hanno però notificato alle rispettive mogli.
A Stefania Mazzei, infatti, è stato confiscato un’immobile a Lamezia Terme che, nel 2006, era stato acquistato dalla società Fidia Srl al prezzo di 234mila euro. Ma anche le sue quote della “Biorima srl” e la società “Fornace Maricello” (che si occupa della produzione di laterizi) di cui Stefania Mazzei è interamente proprietaria e amministratrice.
Oltre alle sue quote della società “Biorima srl”, invece, Maria Concetta Mazzei ha subito la confisca della “Lamezia società a responsabilità limitata” di cui è proprietaria assieme al fratello Armando.
Il padre, Salvatore Mazzei, nei mesi scorsi finito in carcere per un cumulo di pene di 2 anni e 11 mesi di detenzione, viene descritto nel provvedimento di confisca come un “imprenditore di riferimento delle cosche mafiose dominanti nei territori calabresi interessati dall’esecuzione di costose opere pubbliche”.
“Risulta in maniera evidente — riporta la sentenza del Tribunale che ha accolto la richiesta del procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri — come il Mazzei abbia rappresentato uno strumento sicuro di sviluppo di traffici illeciti non solo nel territorio lametino o nei confronti della cosca Mancuso. Un vero e proprio sistema criminale del quale appare aver fatto parte integrante il Mazzei Salvatore”. L’imprenditore avrebbe “introitato negli anni flussi di denaro enormemente superiori ai redditi dichiarati dal proprio intero nucleo familiare (moglie e figli) e ad oggi ingiustificati”.
Parte di quei soldi, secondo gli inquirenti, sarebbero andati a rimpinguare anche le casse delle società di Stefania e Maria Concetta Mazzei.
Per la Dda, il padre non ha “fatto altro, nel corso degli anni, che veicolare tali somme ‘inquinate’ nelle società di famiglia in tal guisa finanziandole e, di fatto, tenendole in vita. D’altro canto, praticando a loro volta l’evasione fiscale (omessi versamenti di Irap e Iva per quasi due milioni di euro) hanno, per così dire, amplificato la natura illecita delle proprie fonti”.
Per quanto riguarda, invece, Stefania e Maria Concetta Mazzei, le mogli dei due candidati, “unitamente al proprio nucleo familiare (la famiglia Mazzei, ndr), — scrivono i carabinieri — hanno contribuito ad occultare, al fine di evitare sequestro e confisca, i beni del proprio genitore”.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Febbraio 6th, 2018 Riccardo Fucile
STORACE INDIGNATO RESTA CON PIROZZI, IL PD IRONIZZA: “E’ IL NUOVO PATTO DELLA PAJATA DI ALEMANNO”
E fu così che Sergio Pirozzi, sindaco di Amatrice e candidato alla presidenza della Regione Lazio, rimase con il cerino in mano. Per usare il linguaggio caro al gergo calcistico e che piace molto allo “Scarpone“: il Movimento Nazionale per la Sovranità si smarca dal primo cittadino del reatino.
Il segretario del MNS, Gianni Alemanno, già sindaco di Roma e già ministro dell’Agricoltura, ha convocato gli organi del Partito. Che, alla fine, hanno scelto di appoggiare alle elezioni politiche la Lega. Ottenendo tra l’altro l’inserimento di alcuni propri candidati nelle liste di Matteo Salvini.
Cosa c’entrano le elezioni Politiche nazionali con quelle del Lazio? In questo caso c’entrano perchè la merce di scambio per quesi posti in lista concessi una decina di giorni fa ai Sovranisti di Alemanno è l’appoggio a Stefano Parisi alle Regionali.
Scattato immediatamente dopo che sono fallite le trattative per l’unificazione del centrodestra in Regione e Pirozzi ha scelto di non convergere su Parisi ma proseguire la sua corsa in solitaria.
La decisione è maturata su un piano strettamente politico, fa sapere l’ex ministro. «Oggi, dopo la presentazione delle liste — aggiunge — vediamo che tutti i partiti del centrodestra, e in particolare la Lega, hanno scelto di convergere su Stefano Parisi per le sue indubbie qualità di manager nel settore pubblico e privato. E quindi anche il Movimento Nazionale non può non schierarsi su questa candidatura”
LA REAZIONE DI SERGIO
Al veleno il commento del sindaco di Amatrice. Appena è stata ufficiale la manovra di sganciamento di Alemanno, Sergio Pirozzi ha domandato «Ma il Gianni Alemanno che sostiene ufficialmente la candidatura di Stefano Parisi e che ha avuto dal fu centrodestra alcuni posti in lista alle politiche per suoi uomini è lo stesso Gianni Alemanno che veniva definito impresentabile e usato come motivazione da chi si opponeva alla mia candidatura unitaria, attribuendogli un inesistente vicinanza con me o si tratta di un caso di omonimia?»
SI SPACCA IL MOVIMENTO
L’unico “Scarpone” che rimane saldo ai piedi di Sergio Pirozzi è il vice presidente del Consiglio Regionale del Lazio, Francesco Storace che oltre a definire schizofrenico il comportamento della classe dirigente del Movimento Nazionale per la Sovranità , imperterrito esclama: io non tradisco!
Nei fatti, la scelta di Gianni Alemanno spacca il Movimento dei Sovranisti. E porta alla clamorosa rottura con Francesco Storace. L’ex ministro della Salute e già governatore del Lazio ha deciso di rimanere al fianco dello Scarpone.
«Ho appreso che Gianni Alemanno ha convocato una riunione locale per decidere l’atteggiamento alle Regionali. Ma in rete ha già deciso da solo annunciando unilateralmente l’appoggio a Parisi senza alcun candidato nella lista di Roma. E’ una decisione grave e settaria, oltre che poco condivisa” ha detto Francesco Storace.
«Dopo le mie dimissioni dalla presidenza del Partito, avevo sperato in un atteggiamento meno schizofrenico da parte di chi aveva detto di sostenere Pirozzi — aggiunge Storace — Alemanno schiera se stesso con i partiti arrivati al settimo candidato, contro un uomo del popolo che giurava di voler sostenere. Per quel che mi riguarda è l’ultimo atto che segna la mia definitiva incompatibilità con Mns. Io non tradisco Sergio Pirozzi».
ALEMANNO PARISI E LA PAJATA
Il Centrosinistra si tuffa subito nella spaccatura. Lo fa il vicesegretario del Pd Lazio, Enzo Foschi. Dicendo: «Nessuna sorpresa, visto che proprio Alemanno nel 2010 firmò il Patto della Pajata con la Lega di Bossi, quella di Roma Ladrona. Insomma, l’ex sindaco di Roma deve avere una vera e propria passione per tutto quello che arriva dalla Lombardia. E probabilmente ora è uno dei pochissimi che crede alle balle che spara ogni giorno Parisi. Alemanno è un cultore del ‘Ghe pensi mi’».
(da agenzie)
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Febbraio 6th, 2018 Riccardo Fucile
ERA GIA’ FINITO NELLA BUFERA PER LE MAIL INVIATE AGLI ASSOCIATI, ORA L’AVV. VAGLIO , IN NOME DELLA TRASPARENZA ALLA GRILLINA, FA SAPERE CHE NON MOLLA LA POLTRONA
«Non mi dimetto da presidente nemmeno se vengo eletto senatore»: l’avvocato Mauro Vaglio, candidato
M5S a Roma che è finito nella bufera per le mail inviate agli avvocati in cui informava della sua candidatura, e oggetto di una campagna social con richiesta di dimissioni, non ha alcuna intenzione di mollare.
Racconta oggi Giovanna Vitale su Repubblica:
Dopo la prima mail inviata nel giorno dell’investitura a tutti i 25mila iscritti nell’albo cittadino – utilizzando l’indirizzo di posta elettronica che ciascun legale deve indicare al momento della sottoscrizione – ieri ne ha spedito un’altra, molto più lunga e dettagliata: per spiegare i motivi della sua scelta, esaltare le qualità dei grillini (“Non appartengono alla politica clientelare che ci ha sempre danneggiati; sono persone per bene e intellettualmente oneste; chi si schiera con loro viene messo da parte e perseguitato mediaticamente; hanno dimostrato le loro sincere intenzioni di giovare al Paese”) soprattutto denunciare “la campagna denigratoria in atto nei miei confronti” da parte dei suoi avversari interni all’avvocatura.
Da una parte c’è il candidato 5S che difende il suo diritto a schierarsi con chi gli pare, sostenendo che quella «mailing list è del tutto personale e costruita negli anni fin dal 2005».
Dall’altra i suoi detrattori – tra cui gli avvocati Nicodemo, Conte, Rossi e Casali – a denunciare il rischio che la discesa in campo da presidente dell’ordine possa «connotare politicamente l’intera categoria degli iscritti» e «ingenerare il sospetto che la carica venga strumentalmente utilizzata per fini autoreferenziali».
Resta il fatto che in casi analoghi, il presidente di un ordine professionale rassegna le dimissione per una questione di stile, nel momento in cui accetta una candidatura politica di parte.
(da “NextQuotidiano”)
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