Febbraio 14th, 2018 Riccardo Fucile
OGNI ELETTORATO E’ UAN FAZIONE IN GUERRA, SI SMUOVE POCO… E POTREBBE DIVENTARE UN BOOMERANG PER GLI AVVERSARI
Affidiamoci agli esperti per capire. 
L’infallibile Alessandra Ghisleri tutto questo disastro per i grillini proprio non lo vede, anzi: “Questa vicenda dei rimborsi sposta poco. Innanzitutto perchè loro hanno un elettorato, diciamo così, di fan, di tifosi, che sotto attacco si rafforza. E poi, parliamoci chiaro, stiamo parlano non di uno scandalo col denaro pubblico, ma di una violazione di un codice interno, di soldi privati dati o meno a un fondo per la micro-impresa. Ti dico di più: grazie a questa storia più gente ha saputo che fanno le donazioni, hanno donato più di venti milioni e ne manca uno. Questo caso sta diventando una pubblicità incredibile ai loro versamenti”.
Ecco: paradossalmente l’attacco potrebbe diventare un boomerang. Proprio come ha detto Luigi Di Maio. Un capolavoro.
Andiamo a vedere qualche numero, dovendoci occupare di questo, in una campagna elettorale senza grandi temi sul futuro del paese e senza grandi idee. Il post di Luigi Di Maio sulla sua pagina facebook, inserito ieri alle 13,55 ha raggiunto più di 116mila condivisioni e di 138mila like.
Numeri inarrivabili, di questi tempi, per qualsiasi partito politico. Si dirà : è la loro curva sud, l’elettorato è altro. Non proprio.
Perchè viviamo un’epoca radicale, nell’approccio, nel linguaggio, nell’elettorato. Roberto Weber di Ixè, interpellato in materia, la dice così: “Ormai, e questo vale per i Cinque Stelle e per gli altri, c’è un processo di berlusconizzazione di ogni elettorato. Ogni elettorato è una fazione in guerra, una curva. È molto marginale la parte di votanti di opinione. La mia sensazione è su questa storia i cinque stelle possono perdere mezzo punto, un punto, ma è non il loro Watergate”.
E allora, facciamo un punto.
La politica, nelle campagne di oggi, è comunicazione. E la comunicazione ha una sua logica, delle sue regole: azione, reazione, capacità di dettare l’agenda e influenzare l’opinione pubblica.
L’accusa è quella di non aver rimborsato un milione di euro. E, dunque, la conseguenza è che finita la “diversità ” dei Cinque stelle.
Linea cavalcata dal Pd, senza valutare i possibili contraccolpi. Questo è l’errore.
Il nostro blogger Luigi Crespi, già sondaggista ed esperto di comunicazione, lo spiega così: “Se tu la metti in questo modo, li rafforzi, perchè rafforzi la loro linea del ‘chi sei tu per giudicare?’.
Azione sbagliata, reazione che li aiuta. Errore madornale, quello di Renzi che li ha paragonati a Craxi, evocando i ladri, perchè qui non c’è una tangentopoli e hai dietro un partito che certo ha più scandali.
Altro sarebbe un diverso punto di attacco, quello sì più intelligente. Ovvero dire: se non hai la capacità di scegliere i tuoi parlamentari, che col cavolo che si dimetteranno, come sei in grado di governare un paese? C’è un problema di capacità , competenza, affidabilità “.
E questo è un punto non irrilevante, che ha a che fare con la credibilità complessiva. E con ciò che accadrà dopo il 4 marzo, nel caso davvero Di Maio, così poco accorto conoscitore della gente candidata con lui, dovesse davvero cimentarsi con l’impresa di formare un governo.
Insomma, la linea della verginità etica persa non paga.
Perchè sceglie lo stesso terreno dell’avversario. Per la serie: “Tu hai perso la verginità ” (questa l’accusa), “tu l’hai persa già vent’anni fa con tuoi scandali” (la contro-accusa). Game over.
Andate a vedere i post che girano in rete, che inondano whatsapp comparendo sui telefonini di milioni di elettori, più veloci di ogni discorso e più efficaci, nelle campagne di oggi, di ogni comizio.
Tutti giocati sul “noi abbiamo restituito 23 milioni, voi zero” e dunque “da quale pulpito parlate”.
Ancora una volta Silvio Berlusconi, grande matador di campagne elettorali, l’ha azzeccata, dicono i nostri esperti, rimanendo sul suo terreno.
Sin dal primo giorno i Cinque stelle sono i nuovi comunisti, gente che non ha mai lavorato, pericolosi perchè impoverirebbero i paese, etc, etc, altro che rimborsi: in sostanza, ha delimitato un campo, ha individuato un avversario e gli argomenti per gasare la sua curva, a cui non importa un fico secco delle donazioni dei parlamentari di Di Maio.
Anzi da abile conoscitore di curve, il Cavaliere ha capito subito che l’argomento avrebbe potuto, paradossalmente, aiutare l’avversario.
Figuriamoci se avesse nominato la fine della diversità morale. Ha continuato, come sin dal primo giorno, a bollarli come “peggio dei comunisti”, senza avventurarsi su terreni pericolosi.
(da “Huffingtonpost”)
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Febbraio 14th, 2018 Riccardo Fucile
NELLA GIORNATA DEI VELENI M5S CIRCOLANO TRE IPOTESI… E SI SCOPRE CHE LA DELEGAZIONE A BRUXELLES NON VERSA CONTRIBUTI
È la giornata dei veleni, si rincorrono le ore dei sospetti.
Parallelamente al caso rimborsopoli da cui Luigi Di Maio sta faticosamente cercando di uscire, nel Movimento 5 stelle si aggira un’ombra: è quella di David Borrelli, potentissimo eurodeputato vicino alla leadership, liquidato ieri da un laconico comunicato della capo delegazione di turno Laura Agea: “Per motivi di salute lascia il gruppo. È fuori dal Movimento”.
Lungo tutto il corso della giornata si susseguono le voci, si sparano frecciate, si insufflano veleni. L’interessato tace. Fino a poco prima delle 20.00, quando si palesa su Facebook.
Un post che lascia intatti tutti i misteri, ma che fa luce su un punto importante: “Sto leggendo troppe fantasiose ricostruzioni. Non ho problemi di salute e non ne ho mai accennato”.
Sconfessata in pieno la nota ufficiale. Nelle ricostruzioni della giornata era balenato pure questo: Agea non ha concordato il comunicato con l’interessato.
A quel che si racconta nei corridoi di Bruxelles, neanche buona parte della comunicazione era a conoscenza di quel che stava succedendo. Compresa Cristina Belotti, il capo della comunicazione, che ha riannodato i fili solo più tardi.
Cosa affatto improbabile se anche Di Maio è costretto ad ammettere: “Non mi ha nemmeno risposto al telefono”.
E allora? “L’unica spiegazione possibile è che sia stato un ordine tassativo arrivato da Milano. Gestito non alla perfezione, visto che la spiegazione dei motivi di salute non stava in piedi”, spiega un influente parlamentare.
Già , perchè la tesi al momento più accreditata è quella di uno scontro totale con Davide Casaleggio.
Tracce se ne possono trovare anche nel post di Borrelli: “È arrivato per me il momento di cambiare percorso. Per questo ho deciso di aderire ad un nuovo progetto: un movimento, che nascerà a breve, e che si occuperà proprio di imprenditori e risparmiatori. Lo devo a loro, lo devo alla mia vita”.
Nessun malanno dunque, ma nemmeno nessuna intenzione di ritirarsi dalla vita politica. E quelle parole sibilline che fanno pensare a una costrizione subita: “Lo devo alla mia vita”.
Il rapporto tra Borrelli e Casaleggio nasce sotto la migliore stella. Il figlio di Gianroberto si fida quasi ciecamente di lui quando architetta il fallito passaggio ai liberali dell’Alde.
Lì, su quel patatrac, qualcosa si rompe, dicono a Bruxelles. E proprio un insanabile crepa apertasi fra i due sarebbe alla base della presunta defenestrazione. Per motivi circostanziali che rimangono impenetrabili. E, a catena, del silenzio cupo di Borrelli fino a un’esternazione che ha come intenzione diretta solamente quella di smentire quanto comunicato ufficialmente dal M5s e di far levare dalla testa ai nemici l’idea di un suo tranquillo ritiro a vita privata.
Borrelli ha — fino ad oggi almeno — le chiavi di Rousseau. “E sa molte cose”, spiega chi è vicino alla leadership. Nessuno dorme sonni tranquilli.
E la giornata dei veleni continua. Perchè da ambienti vicinissimi a Beppe Grillo si racconta un’altra versione. Diametralmente opposta.
“Se ci fosse stato uno scontro con Davide, Beppe lo avrebbe saputo. E invece anche lui è stato sorpreso. Non sapeva nulla e ancora non è riuscito a parlarci”.
Dettaglio importante, questo. Perchè nel suo percorso di progressivo allontanamento con Casaleggio, l’eurodeputato era considerato sempre più vicino all’ex comico.
“Non so nulla di Rousseau, ci sto dentro solo perchè me l’ha chiesto Beppe”, diceva al Foglio qualche settimana fa, quasi delineando un manuale Cencelli per il portale dei 5 stelle.
E sulle sue pagine social criticava un Movimento più interessato alle poltrone che alle battaglie delle origini, e condivideva solo post nel nuovo blog del fondatore, nessuno che riguardasse la campagna elettorale di Di Maio.
Dettaglio ambivalente. Perchè se da un lato avvalora la freddezza con Milano, unita in un sodalizio strettissimo con il candidato premier, dall’altro nega la pista puramente politica: “Da escludere”, risponde seccamente la stessa fonte.
C’è poi la questione soldi.
“Avrà degli affari in ballo”, è una delle versioni circolate. Un circolo vizioso tra il fondo per le piccole e medie imprese a cui i 5 stelle versano i soldi e le aziende nell’orbita di Confapri — network vicino a Gianroberto e a Grillo — era già stato raccontato da Panorama qualche anno fa.
I veleni si spingono fino a lì, fino a descrivere un gigantesco conflitto d’interessi che sta per venire alla luce. Huffpost ha preso visione dei documenti delle società di cui Borrelli fa parte.
Sono tre, con punti di tangenza l’una con l’altra. Possiede il 25% di Trevigroup s.r.l., di cui è vicepresidente. Il 100% di Cloud Tlc s.r.l., di cui è consigliere. E il 70% di Ubware s.r.l., nella quale pure ricopre un posto nel cda.
Su nessuna risultano movimenti sospetti o connessioni che possano far scattare campanelli d’allarme. Così come nessuna, dal 2014 ad oggi, ha attinto a fondo sopracitato.
Per scrupolo una verifica è stata fatta anche sui soci. E, a una prima occhiata, niente di anomalo è emerso su Domenico Baldasso, che in tutte e tre risulta presidente, nè sugli altri quattro soci (rispettivamente due in Trevigroup e due in Ubware).
Rimane un’ultima ipotesi. Quella più semplice, per modalità di uscita e tempistica. Che vuole le Iene anche sulle sue tracce.
Dopo aver sbattuto su una serie di dinieghi o di false piste, verso sera da una fonte qualificata rivela una fatto che ha del clamoroso.
A parte i primi mesi, sarebbe noto a tutti all’interno del Movimento che gli eurodeputati o non restituiscono affatto i mille euro al mese pattuiti a inizio legislatura, o comunque lo fanno con molta discontinuità .
È anche per questo che non sarebbe mai stata aperta un’apposita sezione per le autocertificazioni su tirendiconto.it.
Ed è anche per questo che al quartier generale della campagna elettorale il problema viene tenuto estremamente sottotraccia. Se così fosse, in effetti, a rischiare non sarebbe solo l’ex copresidente del gruppo europeo. Ma l’intera delegazione.
E le sue sole dimissioni non avrebbero molto senso. Ma questo, eventualmente, è un altro problema.
E la patata bollente rischia di tornare nelle mani di Di Maio.
(da “Huffingtonpost”)
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Febbraio 14th, 2018 Riccardo Fucile
ANCORA IERI SERA SALVINI HA SPARATO NUMERI SPACCIANDOLI PER QUELLI DEL MINISTERO DEGLI INTERNI… MA I DATI UFFICIALI SMASCHERANO IL SEMINATORE DI ODIO: ECCOLI
Sentiamo ripetere in maniera ossessiva che, nonostante i dati reali suggeriscano esattamente il
contrario, c’è un diffuso senso d’insicurezza nell’opinione pubblica e che bisogna farsene carico.
Per questo bisogna riportare nel dibattito pubblico elementi di realtà e chiedere che per lo meno questi abbiano uno spazio pari a quello che viene destinato ai predicatori d’odio, ai produttori di fake news, a coloro che costruiscono la loro fortuna elettorale contro i rifugiati e i migranti
Gli stranieri presenti in Italia, regolari e irregolari, secondo le stime dell’ultimo rapporto Ismu, sono circa 6 milioni (5.958.000 al 1 gennaio 2017), l’8,8% della popolazione totale.
L’8,2% di questi (circa 491mila persone), si tratta sempre di una stima, sono irregolari. Rispetto agli anni precedenti la crescita del numero di stranieri in Italia è stata pressochè stabile (intorno al 1,5%), salendo al 5% se includiamo nel calcolo anche coloro che hanno ottenuto da poco la cittadinanza italiana (il 40% dei quali sono minori diventati cittadini “per trasmissione dai genitori, oppure, se nati in Italia e residenti continuativamente, per opzione una volta divenuti maggiorenni” — XXIII Rapporto Ismu sulle migrazioni 2017).
Nessuna invasione quindi, ma lenta crescita favorita da processi di integrazione.
Per quanto riguarda la criminalità nel nostro paese, tutti i principali istituti statistici, in linea con i dati forniti dal Ministero dell’Interno, registrano una diminuzione di tutti gli indicatori dei reati commessi nel 2017: -9,2% dei delitti in generale, -11,8% degli omicidi, -11% delle rapine, -9,1% dei furti.
Eppure l’Italia resta una delle nazioni più militarizzate al mondo, con il più alto numero di forze dell’ordine pro capite dopo Russia e Turchia.
Ma che relazione esiste tra criminalità e stranieri dal punto di vista statistico?
In realtà quasi la stessa che esiste tra italiani e criminalità , anzi leggermente più positiva.
Come si legge nel Dossier Statistico Immigrazione 2017 “il tasso di criminalità per 100mila abitanti è più basso tra gli stranieri che tra gli italiani (500,26 per i primi e 1.076,50 per i secondi); inoltre, l’archivio interforze del Ministero dell’Interno attesta che, sia per gli uni che per gli altri, nel 2016, le denunce sono diminuite rispetto all’anno precedente, mentre nel periodo 2008-2015, secondo Eurostat, quelle contro italiani sono aumentate del 7,4% e quelle contro stranieri sono diminuite dell’1,7%”.
I dati cui si riferiscono i predicatori d’odio per alimentare il senso d’insicurezza verso gli stranieri sono quelli riferiti alla popolazione carceraria, assumendoli come rappresentativi della propensione al crimine degli stranieri.
In effetti le nostre galere ospitano 19818 detenuti di altra nazionalità su 58087 totali (circa il 34% del totale secondo i dati del Ministero della Giustizia): nel 2015, secondo gli ultimi dati disponibili del Consiglio D’Europa, i detenuti stranieri in Europa erano il 10,8% della popolazione carceraria totale. In Italia, quindi, siamo quasi 25 punti percentuali sopra la media.
Ma sono almeno due gli aspetti che vengono deliberatamente taciuti da chi fa dell’intolleranza una leva politica per i propri successi elettorali.
Il primo è l’impossibilità per gli stranieri irregolari, che diversi studi attestano essere tra il 70% e il 90% della popolazione straniera carceraria, di accedere a misure alternative al carcere, non potendo per esempio, indicare un domicilio: secondo i dati Istat, su 19795 detenuti stranieri nel 2017, 8082 erano “a disposizione delle autorità ” (in attesa di primo giudizio, appellanti, ricorrenti, etc.): il 40% del totale.
Il secondo è relativo alla condizione stessa di irregolarità , che di per sè diventa reato: uno status prodotto per legge (Bossi-Fini, reato di clandestinità ) che ha portato migliaia di stranieri in carcere negli ultimi anni e ha intasato i tribunali senza che alcun comportamento penale fosse stato messo in atto dalle persone.
Come si vede, quindi, non esiste alcuna propensione al crimine degli stranieri.
Al contrario, i dati dimostrano che l’integrazione sociale e l’inclusione sono l’unica strada per contrastare la discriminazione e l’illegalità .
L’irregolarità , le leggi e i provvedimenti discriminatori, per chiari fini elettorali, forniscono leve alla criminalità organizzata, alla delinquenza, al caporalato, ponendo le persone ai margini della società : ed è proprio questa marginalità che va contrastata, tanto per gli italiani che per gli stranieri.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Febbraio 14th, 2018 Riccardo Fucile
RESI NOTI I NOMI DEI (PRIMI) PARLAMENTARI GRILLINI CHE HANNO PRESENTATO BONIFICI FALSI, ALMENO SEI SARANNO SICURAMENTE ELETTI
Luigi Di Maio parte da -8. Nel senso che, non appena le Camere saranno elette, il capo politico avrà otto parlamentari in meno poichè, come ha detto lo stesso candidato premier, si sono “autoesclusi”.
Sei per aver falsificato la rendicontazione dei fondi destinati alle piccole e medie imprese (quattro dei quali saranno quasi certamente eletti) e due perchè impresentabili.
Quindi, non è ancora il 4 marzo, non si è andati alle urne ma in Parlamento è come se esistesse già il gruppo Misto, nato e alimentato dal Movimento 5 Stelle alle prese con lo scandalo bonifici fasulli e persone che sarebbe stato meglio non presentare.
Luigi Di Maio, in un video, dopo giorni di rabbia, delusione e controlli incrociati tra i dati del Ministero del Tesoro e quelli dichiarati dai deputati e dai senatori, ha annunciato gli “autoesclusi” dal Movimento, che poi sono gli stessi che una volta eletti in Parlamento andranno a ingrossare il gruppo Misto, la compagine parlamentare che non fa capo ad alcun partito.
La legge parla chiaro: se si viene eletti non basta aver firmato il foglio di cui tanto ha parlato Di Maio e dove si legge che il firmatario rinuncia all’elezione. Circostanza che appare molto improbabile, ma se così fosse fa scuola il caso del senatore grillino Giuseppe Vacciano al quale per cinque volte il Parlamento ha respinto le dimissioni.
Comunque sia l’ammanco è pari a 795mila euro.
M5s ha versato realmente 23,4 milioni di euro e non 24,2 milioni come si era detto prima che scoppiasse il caso rimborsopoli.
Andando ai nomi, a coloro che hanno fatto il bonifico, lo hanno pubblicato sul sito della rendicontazione ma poi lo hanno annullato, dunque non è mai arrivato nelle casse del Tesoro, i record man dei mancati rimborsi in realtà sono un deputato e un senatore che hanno terminato il secondo mandato e, secondo le regole M5s, non sono dunque ricandidati: Ivan Della Valle, che non ha dato l’autorizzazione per accedere agli atti e che avrebbe un ammanco di 270mila euro, e Girolamo Pisano, anche lui ha chiesto il rispetto della privacy, non avrebbe versato 200mila euro.
Passiamo poi ai candidati con relativo posto che occupano nel listino proporzionale, almeno quattro di loro saranno certamente eletti. Maurizio Buccarella per 137mila, secondo nel listino Puglia 2 Senato (la prima è Barbara Lezzi, anche lei finita nell’occhio del ciclone ma è stata assolta poichè non c’era dolo).
Carlo Martelli, non ha dato l’autorizzazione per l’accesso agli atti e non dovrebbe aver donato circa 81mila euro: è capolista al Senato per il Piemonte 2; Elisa Bulgarelli non ha donato per circa 43mila ed è terza nel listino proporzionale in Emilia Romagna; Andrea Cecconi ha un ammanco di 28mila ed è capolista alla Camera nel listino Marche 2; Silvia Benedetti ha un ammanco di 23mila ed è capolista alla Camera nel listino Veneto 2 e infine Emanuele Cozzolino non ha restituito 13 mila euro ed è terzo nel listino del Veneto 1.
A questi si aggiungono i due “impresentabili”, già esclusi dal Movimento.
Il primo è Emanuele Dessì, secondo nel listino Lazio 3 alla Camera, per un post in cui si leggeva “ho menato tre ragazzi rumeni” e un video che lo ritraeva mentre ballava con un componente del clan Spada. Il secondo è il candidato massone Catello Vietiello in corsa nel collegio uninominale di Castellamare di Stabia.
Forse chi è terzo nel listino non nutre molte speranze di essere eletto, ma tutti gli altri sì. E Di Maio, quando i numeri in Parlamento saranno determinanti per un’eventuale fiducia, partirà almeno da meno 6 e forse anche da meno otto.
(da “Huffingtonpost”)
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Febbraio 14th, 2018 Riccardo Fucile
E’ SOLO UNA TRANCHE DELL’INCHIESTA … C’E’ ANCHE UN CANDIDATO PD ALLA CAMERA E L’ATTUALE CAPOGRUPPO DI FRATELLI D’ITALIA IN REGIONE
La Guardia di finanza, su ordine della procura di Genova (pm Terrile) sta sequestrando i conti correnti
bancari di tutti i politici implicati nell’inchiesta per peculato che si riferisce agli anni tra il 2009 e il 2010.
Si tratta, come è noto, di una delle tranche di un’inchiesta più articolata, che ha già portato ad alcune condanne e che rischia, qualora venissero condannati, di far perdere il posto a esponenti politici di spicco, come il candidato della Lega Nord e assessore regionale Edoardo Rixi.
In questa tranche dell’inchiesta sull’uso difforme dalla legge dei fondi a disposizione dei gruppi consiliari, uno dei politici sotto indagine è Vito Vattuone, che a sua volta è candidato alle elezioni politiche di marzo nel Pd.
Ecco l’elenco dei politici a cui verranno sequestrati i conti correnti:
Michele Boffa – Partito Democratico
Ezio Chiesa — Partito Democratico poi Liguria Viva
Luigi Cola – Partito Democratico, ex sindaco Cogoleto
Giacomo Conti —Rifondazione Comunista
Gino Garibaldi – Popolo della Libertà
Antonio Miceli – Partito Democratico
Cristina Morelli — Verdi
Luigi Morgillo — Forza Italia e Popolo della Libertà
Minella Mosca – Partito Democratico
Vincenzo Nesci – Rifondazione Comunista
Pietro Oliva – Popolo della Libertà
Franco Orsi – Popolo della Libertà , attuale sindaco di Albisola
Matteo Rosso – Popolo della Libertà ora Fratelli d’Italia
Alessio Saso – Popolo della Libertà
Vito Vattuone Partito Democratico
Moreno Veschi – Partito Democratico
Non verranno invece sequestrati i conti agli indagati Gianni Plinio (Popolo della Libertà ora CasaPound) Gabriele Saldo (Popolo della Libertà ) e Carlo Vasconi (Verdi), che nel frattempo hanno restituito le somme contestate.
Le somme sequestrate vanno da un massimo di 55 mila euro per un esponente di Forza Italia-Pdl a un minimo di 950 euro per un esponente del Pd.
(da “il Secolo XIX”)
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Febbraio 14th, 2018 Riccardo Fucile
SI MOLTIPLICANO I CASI DI OMOLOGAZIONE AL MODUS OPERANDI DELLA ODIATA KASTA … TRA NOMINATI E CENTRALISMO AZIENDALISTA
Fenomenologia del candidato grillino. O, forse, con la separazione tra il blog di Beppe Grillo e quello “delle Stelle”, è arrivato davvero il momento di usare il termine “pentastellati”. Guardare le biografie di coloro che il Movimento 5 Stelle porterà in Parlamento dopo il 4 marzo dice molto delle tendenze che lo percorrono, e dei mutamenti che lo interessano.
A partire dalle avvisaglie, molto marcate, di un’istituzionalizzazione che lo renderà via via più simile agli altri partiti.
Un processo, certo non lineare e problematico, e che – va da sè – viene sdegnosamente negato da un gruppo dirigente le cui fortune elettorali sono riposte in un voto d’opinione fondato su una macro-issue, quella anticasta e anti-partiti (degli altri…).
Eppure l’istituzionalizzazione costituisce ormai un puro dato di fatto, e lo mostrano anche le modalità di selezione delle candidature per le elezioni politiche del 4 marzo – le celeberrime “parlamentarie” – già pilastro dell’ideologia grillina e casaleggiana delle origini e (supposta) applicazione del principio dell’«uno vale uno».
E per l’occasione, in maniera ancora più pronunciata – con tanto di ennesima valanga di ricorsi da parte degli attivisti esclusi – si conferma la veridicità di una celebre massima di George Orwell, contenuta nel romanzo-allegoria della rivoluzione bolscevica La fattoria degli animali, parafrasabile in questi termini: «Tutti i pentastellati sono uguali, ma alcuni sono più uguali degli altri».
Il «capo politico» Luigi Di Maio (che ha raccolto 490 preferenze) si è pienamente e ampiamente avvalso della facoltà , accordatagli dal regolamento interno, di risistemare le liste, e di includere o eliminare coloro che erano stati incoronati dal voto online simbolo della “democrazia diretta” made in 5 Stelle.
A cui, come è stato reso noto ben due settimane dopo lo svolgimento, ha partecipato soltanto un terzo degli iscritti.
E così fan tutti, giustappunto.
Un (significativo) segnale di istituzionalizzazione. O di omologazione, direbbero piuttosto i grillini duri e puri, al modus operandi delle detestate “macchine partitocratiche” nemiche, come pure un tentativo di levarsi di torno i candidati più imbarazzanti, estremisti o strampalati, in una stagione nella quale – di nuovo, l’istituzionalizzazione – la volontà esibita della presa del palazzo d’inverno (alias Chigi) non ammette più voci dal sen fuggite intorno a microchip sottocutanei impiantati negli inermi consumatori dalle cattive multinazionali o la fede nell’esistenza delle scie chimiche nè, tanto meno, delle sirene.
Sicuramente le fake news rimangono utilissimi strumenti propagandistici, e verranno fatte circolare come avvenuto finora, ma dai social dei candidati sono stati scientificamente “sbianchettati” numerosi post e tweet non confacenti al nuovo corso. Perchè l’ormai ex non-partito è alla frenetica ricerca di presentabilità e accreditamento, instancabilmente perseguiti dagli azionisti di (ultra)maggioranza del Movimento Davide Casaleggio e Di Maio con i loro tour tra capitali estere e incontri con le comunità degli affari.
Di qui, anche il mega-sistema di delazioni interne e dossieraggi autoprodotti – una sorta di hobbesiana “guerra civile” di tutti contro tutti – instaurato dai vertici per scoprire gli scheletri negli armadi dei candidabili, dando il via alle epurazioni degli impresentabili e garantendo, al tempo stesso, la promozione dei “veri credenti” (e fedelissimi) nella svolta post-Grillo.
Un vero e proprio clima da Grande fratello o “medio fratellino” (in tutti i sensi, visto che uno degli spin doctor più importanti è Rocco Casalino, ex concorrente del reality show), in linea con la propensione per il Panopticon virtuale e l’invocazione della trasparenza assoluta che stanno nel dna culturale (e sottoculturale) del Movimento.
E che, a dispetto dell’ampiezza – la calunnia, si sa, «è un venticello» che si tramuta facilmente in un tornado – non ha comunque evitato candidature come quelle di Emanuele Dessì (l’uomo “che ballava con gli Spada”, e se ne sta in una casa popolare a 7 euro di affitto al mese, risultando a reddito zero ma avendo contemporaneamente incarichi in due società ) e di Sara Cunial (secondo la quale la vaccinazione è un “genocidio”).
E, dunque, per usare una terminologia anche neotelevisiva (o transtelevisiva), nel M5S fioccano i “nominati”.
L’orizzontalizzata “democrazia telematica” cede il passo a logiche da partito (tendenzialmente) personale e da partito azienda, con una spruzzata di simil-leninismo.
Una formazione che, peraltro, aveva realizzato una porzione delle proprie fortune sull’ideologia grillina – e idea assai vincente – del rifiuto degli “specialisti snob” nel nome della disintermediazione (chiunque può acquisire tutte le nozioni che servono a colpi di clic, e navigando semplicemente su Internet), da cui anche l’ostentata narrazione dei “portavoce”, cittadini esattamente uguali agli altri e volutamente “qualunque”, fino all’ostentata esaltazione dell’incompetenza.
Una riedizione, in salsa postmodern e digitale, della mitologia della “cuoca di Lenin”.
E oggi, invece, il M5S che sente (indiscutibilmente) di avere la propria occasione, si accorge che le competenze servono.
Ed ecco che la “quota riservata” e imposta dal capo politico diventa il modo per attrarre l’ultimo oggetto del desiderio: giustappunto l’esperto o, se si preferisce, il famigerato tecnico.
Un controsenso rispetto agli anni del grillismo antisistema senza se e senza ma, ma il Movimento postideologico è intriso di paradossi postmoderni.
E, soprattutto, da autentica anguilla politica, sguscia e si riposiziona, e ha ora intrapreso la strada di una faticosa (ma inevitabile) istituzionalizzazione: i tempi sono cambiati, e quindi gli esperti urgono.
Di qui, la caccia grossa di questi mesi per arruolarne il più possibile, con risultati che sono arrivati, specialmente da certi ambienti accademici – da Paolo Pietro Biancone, esperto di finanza islamica, al cervello in fuga Lorenzo Fioramonti (ambedue economisti), sino al giurista “benicomunista” Giuseppe Mastruzzo.
E con diversi incidenti di percorso, poichè svariati dei candidati «supercompetenti» (così li ha definiti Di Maio) avevano, come facilmente prevedibile, qualche trascorso o precedente in altri partiti.
Naturalmente, i tecnici per eccellenza di quello che è un communication-oriented party sono coloro che della comunicazione e della visibilità fanno una professione: ed ecco, allora, che i giornalisti Gianluigi Paragone (con un passato lautamente leghista) ed Emilio Carelli (ex direttore di Sky Tg24) vanno ascritti a questa tipologia di candidatura. Al pari delle altre neostar pentastellate, il comandante Gregorio De Falco (quello della famosissima frase indirizzata al fuggitivo della tragedia della Costa Concordia Francesco Schettino) e il leader Adusbef (nonchè volto noto tv, e già senatore dell’Idv) Elio Lannutti – sin dagli esordi, infatti, i pentastellati hanno pescato consensi nell’ambito di certe associazioni consumeriste, puntando sulla formula di un nuovo-vecchio collateralismo.
La popolarità come sublimazione del consenso – altro elemento in comune con i competitor – nell’epoca della crisi della rappresentanza rimpiazzata dalla rappresentazione, spalanca le porte al modello della celebrity, come nel caso degli sportivi (l’olimpionico di nuoto Domenico Fioravanti o il velista Andrea Mura).
Fama o anche “famosità ”, poichè capita che i pentastellati, piuttosto sensibili al paradigma complottista, preferiscano figure non di primissimo piano, vittime – presunte o reali – di torti subiti ad opera degli esponenti dei “poteri forti” e del “pensiero unico” (etichette pressochè interscambiabili nel lessico grillino).
La nuova classe dirigente pronta per acciuffare un seggio di quel Parlamento che un tempo si sarebbe dovuto «aprire come una scatoletta di tonno» (Grillo dixit) vede così moltiplicarsi il numero dei “tecnici”.
Che si affiancano a quello che, a dispetto di ogni possibile smentita, si sta configurando come un ceto di disciplinatissimi neoprofessionisti della politica (a partire dallo stesso leader Di Maio, e dai numerosi assistenti parlamentari e “portaborse” promossi candidati), un altro inequivocabile indizio di istituzionalizzazione.
Tutti insieme appassionatamente sotto le insegne stellate del vero partito della nazione presente sul mercato politico, che è anche un po’ un partito aziendal-personale, e dove il centralismo democratico si rivela surrogato, appunto, da quello aziendalista della Casaleggio Associati.
(da “L’Espresso”)
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Febbraio 14th, 2018 Riccardo Fucile
TUTTA COLPA DI UN SUO COLLABORATORE CHE HA CANCELLATO I CRO DEGLI ULTIMI DUE BONIFICI… MA NON MOSTRA LE DATE DI QUANDO LI AVREBBE FATTI
Roberta Lombardi è “più forte delle fake news”. O almeno così racconta ai suoi elettori. Le “fake news”
sarebbero quelle pubblicate oggi da Repubblica (e ieri da Nextquotidiano) sulle rendicontazioni della deputata candidata alla Presidenza della Regione Lazio.
La Lombardi contesta la ricostruzione data dai giornali circa gli ultimi bonifici pubblicati su TiRendiconto.
Si tratta delle “restituzioni” dei mesi di ottobre e novembre 2017 che la Lombardi a rendicontato sul sito successivamente al 9 febbraio.
Il nervosismo è palpabile, ma non si può parlare di fake news. Perchè su TiRendiconto — ovvero il portale della trasparenza — pentastellata i bonifici di restituzione si presentano senza il codice di riferimento operazione (CRO) o il Transaction Reference Number (TRN).
Non è una bufala o una mistificazione giornalistica. Il bonifico di novembre 2017, come da file caricato dalla Lombardi su TiRendiconto, è effettivamente senza il CRO/TRN. Perchè il CRO sia stato cancellato non è dato di saperlo.
Ma dire che il CRO non c’è è la verità .
Questa mattina la Lombardi per dimostrare di essere più forte delle fake news ha caricato il “bonifico originale” spiegando di non aver nulla da nascondere e che “dietro lo sbianchettamento dei miei dati personali non c’è niente, solo l’eccesso di zelo di un mio assistente”.
E calcolando che a novembre la Lombardi ha “rendicontato” 7.295,36 euro di spese per i collaboratori lo zelo è più che giustificato.
Però l’unico dato personale della Lombardi è il numero di conto di addebito dell’ordinante (e non è certo l’unica ad oscurare il suo IBAN per motivi di privacy).
Il CRO/TRN invece non è certo un informazione personale ed infatti nelle precedenti rendicontazioni (ad esempio settembre 2017) è sempre in bella vista.
Oggi Lombardi ha deciso di “chiudere questa farsa” pubblicando appunto il “bonifico originale” dove si vede chiaramente che “il CRO c’è”.
Ma quello è un TNR (ma la Lombardi non è certo tenuta a conoscere la differenza) quello non è il “bonifico originale”. Perchè la Lombardi omette di inquadrare (sarà un eccesso di zelo anche questa volta) la data di esecuzione.
Nella foto (e nel documento caricato sul sito a 5 Stelle) mancano la data di esecuzione dei due bonifici, le date relative alla valuta, al giorno e l’ora in cui i versamenti sono stati fisicamente inseriti nel sistema.
Come ricorda Repubblica «siccome dal primo febbraio 2014, per accreditare una somma in euro, è necessario inserire nell’ordine la data di esecuzione, il fatto che sugli ultimi due non ci sia, fa dubitare che l’operazione sia andata a buon fine».
Il che non è una fake news è un dubbio legittimo alla luce degli elementi che la Lombardi stessa ha fornito in nome della trasparenza.
Ora sempre in nome di quella trasparenza la Lombardi ha sì fornito un TRN ma continua ad omettere le date.
Perchè lo fa? Se davvero vuole “chiudere la farsa” perchè lasciare fuori un elemento così importante per fare chiarezzza una volta per tutte?
Forse non vuole far sapere quando ha effettivamente pagato le “restituzioni” di ottobre e novembre?
Cosa succederebbe se si scoprisse che il bonifico è stato fatto dopo che i giornali hanno iniziato a interessarsi del caso come sembra di evincere dalla data 11/02/2018 impressa nella schermata?
Non è chiaro come mai la Lombardi non abbia risposto a queste obiezioni durante il video di ieri nel quale giustificava il ritardo con il fatto che è in campagna elettorale (ma non ha uno staff pagatissimo?).
Se davvero Roberta Lombardi non ha nulla da nascondere perchè non mostra le date? Ieri ha detto che «noi abbiamo sempre fatto le restituzioni dei tre mesi precedenti, quindi sono perfettamente in linea con i tempi».
Su rendiconto però ci sono solo ottobre e novembre e manca dicembre 2017.
Forse la pentastellata non si rende conto che sono le sue omissioni ad alimentare i dubbi (legittimi) e non sono i giornali a creare “fake news”.
(da “NextQuotidiano”)
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Febbraio 14th, 2018 Riccardo Fucile
APPELLO AL TAR PER FERMARE LE ELEZIONI
È giunta l’ora delle decisioni irrevocabili per il Movimento Liberazione Italia: ecco l’appello al TAR per fermare le elezioni e mandare il Rosatellum in Corte Costituzionale
Un’ora segnata dal destino batte nel cielo della nostra patria: l’ora delle decisioni irrevocabili.
Per questo il Movimento Liberazione Italia del generale Antonio Pappalardo ha presentato un ricorso al tribunale amministrativo regionale del Lazio per chiedere l’annullamento delle elezioni.
Pappalardo, in qualità di fondatore del MLI, e il signor Giuseppe Pino, ex commissario di polizia hanno deciso di proporre ricorso contro il consiglio dei ministri e la presidenza della Repubblica per “l’annullamento della convocazione dei comizi per l’elezione della Camera dei deputati e il Senato della Repubblica” e delle elezioni del 4 marzo.
Le ragioni, chiederebbe Mark Renton? I ricorrenti chiedono di mandare la legge elettorale Rosatellum alla Corte Costituzionale per un giudizio di legittimità .
Questo perchè, secondo l’interpretazione già data in altre occasione da quelli del MLI, il parlamento che ha legiferato sarebbe incostituzionale perchè eletto con legge dichiarata incostituzionale, e ciò nonostante la stessa Consulta abbia invece dichiarato il parlamento eletto pienamente legittimato a legiferare (il generale se ne intende: pranza al Senato).
Secondo i ricorrenti, quindi, i parlamentari “stanno commettendo un gravissimo delitto contro la personalità dello Stato consistente nell’usurpazione del potere politico”, e rischiano una pena dai 6 ai 15 anni.
E ovviamente il presidente della Repubblica, in quanto eletto da quei parlamentari, è illegittimo e sarebbe passibile di arresto secondo la nota interpretazione pappalardiana (che d’altro canto ha già portato all’arresto Mattarella qualche tempo fa).
Le trenta pagine del ricorso si concludono quindi con la richiesta di annullamento dei provvedimenti impugnati (cioè la proclamazione delle elezioni) e il rinvio alla Corte Costituzionale della legge elettorale, oltre alla richiesta di sospensiva per le elezioni proclamate il 4 marzo perchè il tutto sarebbe un danno al Popolo Sovrano.
L’iniziativa è audace e sarà certo foriera di interessanti conseguenze.
Anche perchè com’è finito il ricorso al TAR per l’ineleggibilità di Sala di alcuni attivisti grillini ce lo ricordiamo tutti: i ricorrenti hanno perso e hanno dovuto pagare migliaia di euro di spese.
(da “NextQuotidiano”)
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Febbraio 14th, 2018 Riccardo Fucile
“RENZI NEWS” INDICA UN OTTIMO MOTIVO PER VOTARE RENZI
La pagina Facebook per intenditori del renzismo Matteo Renzi News, già finita nelle cronache
dell’Internet per manifesta e involontaria comicità , ieri ha aggiunto un altro motivo ottimo per votare Renzi:
Giusto per dirti la cosa più stupida… se non fosse stato per le 500 euro di Renzi io non sarei riuscito a coronare uno dei miei sogni più grandi, cioè incontrare Laura Pausini ed andare ad un suo concerto. Sembrerà stupido ma per me conta molto e se non fosse stato per quei soldi sarebbe rimasto un sogno.”
Ora, mettiamoci tutti qui tranquillamente a ragionare tra di noi e diciamocelo: chi non vorrebbe che i soldi delle nostre tasse venissero spesi in bonus allo scopo di consentire a un 18enne di coronare il suo sogno, ovvero andare al concerto di Laura Pausini? Nessuno, è chiaro.
Si chiama bonus cultura apposta: serve a incontrare Laura Pausini.
Ah, a proposito: a Roma il comune grillino ha portato la mostra dei Pink Floyd.
Tutti i gusti son gusti, no?
(da “NextQuotidiano”)
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