Destra di Popolo.net

O LA BORSA O LA VITA

Febbraio 20th, 2018 Riccardo Fucile

CASO EMBRACO, SISTEMA IMPAZZITO E SPECULAZIONI

Andrea e Senes lavorano all’Embraco da quando erano ragazzi, si sono conosciuti e innamorati lì, in mezzo ai frigoriferi. Ma tra un mese la fabbrica li manderà  via, con altri cinquecento disperati, per trasmigrare in Slovacchia.
Per quella coppia di operai la perdita del posto non significa soltanto rimettersi in gioco a un’età  in cui di solito si tracciano i primi bilanci esistenziali.
Significa non sapere più come onorare il mutuo della casa, la rata dell’auto, la mensa scolastica della bambina.
Nel respingere la mediazione del governo, i dirigenti della multinazionale (definiti «gentaglia» dal ministro Calenda) hanno giustificato i licenziamenti con le pressioni della Borsa.
E qui vorrei che qualche economista mi illuminasse.
Se ciò che rende felice un operatore finanziario getta altri esseri umani nella disperazione, non sarà  che il sistema è impazzito?
In un mondo sano di cuore e di mente, la Borsa dovrebbe eccitarsi per l’assunzione di cinquecento operai e deprimersi per la loro cacciata, non il contrario.
Calenda ha ricordato la responsabilità  sociale d’impresa, sancita dalla Costituzione, ma oramai certi concetti sembrano relitti di un’epoca perduta, come i pantaloni a zampa d’elefante.
Restando più terra terra, viene da chiedersi: Andrea e Senes sono lavoratori e consumatori al tempo stesso.
Se loro, e quelli come loro, non percepiranno più uno stipendio, a chi li venderà  in futuro, la multinazionale, i suoi meravigliosi frigoriferi?

(da “Il Corriere della Sera”)

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INTERVISTA A EMMA BONINO: “GENTILONI RESTI PREMIER, LARGHE INTESE SENZA LEGA E M5S”

Febbraio 20th, 2018 Riccardo Fucile

“SANATORIA PER I MIGRANTI IRREGOLARI CHE LAVORANO”… UNA LEADER CHE GIRA SENZA STAFF E PORTABORSE: “DOV’E’ FINITA LA BORGHESIA LIBERALE?”

Arriva sola. Senza staff o portaborse. Con una mano trascina un trolley rosso. Nell’altra stringe un libro, Memorie di una militante azionista: il romanzo politico di Gianna Radiconcini, giornalista antifascista e repubblicana che per anni ha raccontato da Bruxelles e Strasburgo il lungo cammino verso l’integrazione europea.
«Quella strada è una necessità », scandisce Emma Bonino, la leader radicale che la parola «Europa», con un «+» davanti, l’ha messa nel simbolo con cui corre «coalizzata» (non «alleata», precisa lei) con il Pd.
L’Europa viene ritenuta da molti, tra cui Salvini, come la causa delle crisi italiane, da quella occupazionale dell’Embraco ai migranti.
«Può darsi che il messaggio della Lega o degli euroscettici abbia più presa sull’elettorato, ma di sicuro soffiare sulle paure della gente non può essere la soluzione».
Quale, allora?
«Per l’Embraco la risposta del governo e del ministro Calenda è stata di rottura con i vertici aziendali. La strada è giusta e bisognerà  riaprire la trattativa perchè non esistono soluzioni miracolose. Tanto sul lavoro quanto sui migranti».
Lei condivide quanto fatto dal governo Pd e dal ministro Minniti sui migranti?  
«Non mi piace l’approccio securitario al tema delle migrazioni. Con la campagna: “Ero straniero” abbiamo provato a superare la legge Bossi-Fini che non permette canali legali per l’ingresso in Italia. E poi servirebbe una sanatoria per parte dei 500 mila irregolari che vivono e lavorano qui, alimentando il mercato nero».
E per quanto riguarda la Libia?
«Anche lì si è preferito un approccio legato alla sicurezza, dando priorità  alla formazione della Guardia costiera libica per fermare i barconi».
Un approccio sbagliato?  
«Guardate, la cosa più bella e vera che ho letto in questi giorni è proprio un reportage de La Stampa, firmato da Domenico Quirico, che racconta come sia inutile provare a mettere delle barriere o dei soldati ai confini del Niger. La mobilità  è un fenomeno storico: la povera Africa è in pieno boom demografico e il Mediterraneo è un laghetto che ci unisce, come diceva Pannella già  nel 1980».
Quindi cosa deve fare l’Europa?  
«L’Europa deve superare il trattato di Dublino (quello che stabilisce che il migrante faccia domanda di asilo nel Paese dove arriva, ndr) e cercare una cooperazione rafforzata sul tema dei migranti, come del resto sta facendo sulla difesa e sull’economia con l’asse franco-tedesco».
Cosa si immagina per il futuro governo: chi sarà  a trattare questi temi?  
«Non voglio partecipare a questi giochi pre-elettorali. A me interessano gli indecisi, quelli che pensano che sia già  tutto scritto. Faccio appello a loro per un gesto di responsabilità . E vi chiedo: che fine ha fatto quel 10 per cento di votanti che nel 2013 aveva dato la fiducia a Scelta civica di Monti? Esiste una borghesia liberale in Italia?».
Se dovesse scegliere: Gentiloni o Renzi?  
«Penso che dopo tre anni in cui abbiamo rottamato, a parole o nei fatti quasi tutto, l’Italia abbia bisogno di essere rassicurata. E Gentiloni è un premier che potrebbe restare. Ma ripeto: non voglio partecipare a questo gioco».
In un ipotetico governo di larghe intese chi non dovrebbe esserci?
«Non ci vedo bene i populisti, i violenti e il blocco sovranista, da Fratelli d’Italia alla Lega. Ma anche il M5S il cui leader, Di Maio, ha opinioni “geografiche”: cambiano a seconda di dove parla».
Qualcuno dice che la sua personalità  sta erodendo voti al Pd. Endorsement sono arrivati pure da ministri ed ex big del partito.  
«Non ho l’obiettivo di rubare voti a nessuno. Semmai quello di portare alle urne gli indecisi, tentando di fare una campagna elettorale basata sulla verità ».
Un esempio?  
«Tutti fanno proposte mirabolanti ma non tengono conto del debito pubblico. E dei riflessi che le promesse hanno sui nostri alleati europei: danno un senso di estrema fragilità  politica».
Sui diritti va d’accordo con il Pd?  
«C’è una sensibilità  diversa di quella che posso trovare, per esempio, nella Meloni. Ma in Italia le battaglie civili, penso al biotestamento, durano anche 30 anni, e i partiti arrivano sempre dopo».
Pensa che l’Italia sia pronta alla prima premier donna?  
«Parlate con me? (Ride con un pelo di sarcasmo, ndr). Sarebbe un simbolo. Ma il problema del maschilismo è strutturale, nei partiti come in questo Paese».

(da “La Stampa”)

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DOPO L’INCHIESTA DI FANPAGE LA DINASTY DE LUCA BALLA SU UN PRECIPIZIO

Febbraio 20th, 2018 Riccardo Fucile

IL GOVERNATORE SOMIGLIA SEMPRE PIU’ A IVAN DRAGO NEL FILM ROCKY IV, PRIMA DI ESSERE MESSO AL TAPPETO

Mascelle serrate e denti stretti. La rabbia è a malapena controllata. Biascica un sussurro ringhioso: “Vi faremo ringoiare tutto”.
Eccolo il presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca, forse per la prima volta in seria difficoltà  e sfiancato dagli effetti collaterali della clamorosa inchiesta giornalistica Bloody Money, condotta dal giornale on line Fanpage.it diretto da Francesco Piccinini.
Nella seconda puntata trasmessa dal sito viene immortalato Roberto De Luca, il secondogenito del governatore della Campania, che accoglie con disinvoltura nel suo studio di commercialista e nel ruolo istituzionale di assessore al Bilancio del Comune di Salerno un imprenditore, dei rifiuti, Paolo Varotto, che va subito al sodo e piomba sull’affare ecoballe.
De Luca junior non si tira indietro e addirittura tratta a nome della Regione Campania fornendo perfino il nominativo di un ingegnere preposto a seguire queste vicende. Sarà  successivamente il segretario-tuttofare dell’assessore Roberto De Luca a perfezionare l’accordo sulla quota pari al 15% dell’affare da destinare come tangente anche per Roberto.
Fatti gravissimi, da appurare giudiziariamente. È chiaro.
L’imprenditore in realtà  è l’ex camorrista e pioniere del grande “affare monnezza”, una sorta di enciclopedia ambulante, Nunzio Perrella, che per Fanpage.it fa il gancio per entrare nel sistema e documentarlo con una telecamera nascosta.
Quel Paolo Varotto, cognome marcatamente veneto, in realtà  è l’identità  di copertura di Perrella data a suo tempo dalle stesse forze dell’ordine, quando aveva lo status di collaboratore di giustizia all’inizio degli anni Novanta.
Generalità  che non possono essere adoperate per negozi giuridici ma solo al fine dell’identificazione e adesso riusata dall’ex manager della monnezza per far luce in questo mondo per conto di Fanpage.it.
Il lavoro è rigoroso. In particolare il giornalista Sacha Biazzo nei cinque mesi di raccolta di video e documenti “dal dì dentro” si finge autista di Perrella e gli sta attaccato addosso.
L’inchiesta è spericolata e dirompente e incrocia il lavoro della Procura di Napoli che spedisce due comunicazioni giudiziarie: una per Piccinini, l’altra per Biazzo, entrambi indagati a piede libero.
E’ il giornalismo bellezza. Senza inchini, senza premure, senza se e senza ma appunto solo e unicamente la forza di documentare.
Ne escono fuori circa 900 ore di girato, un’inchiesta giornalistica condensata in sette/dieci puntate dove si mostra nella sua tragicità  come un sistema economico-finanziario, imprenditoriale, istituzionale, politico, camorrista, nonostante disastri ambientali, inquinamento, una catena di morti innocenti, devastazione, scandali, inchieste, processi, condanne, nuove leggi ha la forza di sopravvive a se stesso conservando plasticamente modus operandi, traiettorie delinquenziali, incrostazioni, collusioni a più livelli e una carica eversiva-istituzionale. Ci saranno ripercussioni.
Ora Vincenzo De Luca balla su di un precipizio. La Dynasty del sistema di potere di stampo familiare mostra crepe preoccupanti.
Chi ci è stato a contatto parla di un governatore afflitto, provato, sofferente. Il politico navigato, dalla corteccia dura, dal temperamento irascibile si è chiuso in un silenzio impenetrabile.
Roberto non è Piero, blindato dal Pd e candidato sia uninominale e proporzionale.
Il secondogenito di De Luca non è stato mai posseduto da quel fuoco sacro della politica. Neppure gli studi da commercialista — dicono — volesse intraprenderli. Fu un compromesso. Se fosse stato libero, avrebbe optato per studi umanistici.
E’ stato un sabato notte drammatico, insonne. Forse per la prima volta, si è consumato un clamoroso strappo nella monolitica famiglia De Luca.
L’arcigno presidente della Regione Campania nella doppia veste anche di padre con durezza, nel corso di un drammatico faccia a faccia, con il figlio Roberto, gli avrebbe letteralmente “ordinato” di andare avanti e ricacciare dalla testa quell’umana tentazione di fare un passo indietro.
Consiglio non ascoltato. Roberto De Luca ha disubbidito. Ha gettato la spugna e non tanto per le pressioni di Luca Lotti ma per quelle immagini e dialoghi eloquenti che rappresentano la sintesi tragica di un potere gestito alla maniera della Prima Repubblica considerando le istituzioni cosa loro.
E veniamo a ieri. Nel corso della presentazione a Salerno dei candidati del Pd dal palco Roberto De Luca fissa un punto neutro in mezzo alla platea, tira il fiato e annuncia le dimissioni da assessore al Bilancio del Comune di Salerno.
Sembra che a fargli forza e sostenerlo contro il niet paterno sia stata sua madre da molti anni separata dall’ex marito-governatore.
Ora è caccia agli oscuri mandanti nel mirino del clan De Luca ci sono i giornalisti di Fanpage ne sa qualcosa la brava Gaia Bozza.
Una doccia fredda anzi gelata per Vincenzo De Luca che comincia a somigliare a Ivan Drago, il pugile invincibile del film Rocky IV, che viene messo al tappeto.
E oggi il governatore a testa bassa rincara la dose e rabbioso accusa : “Ignobile aggressione contro di noi che stiamo cacciando la camorra dalla Campania“.

(da “il Fatto Quotidiano”)

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POLIZIOTTO A PROCESSO, COLPI’ RAGAZZA MINORENNE CON UNA MANGANELLATA: LESIONI VOLONTARIE E ABUSO D’UFFICIO

Febbraio 20th, 2018 Riccardo Fucile

IL VIDEO E’ CHIARO: DURANTE I TAFFERUGLI CON GIOVANI DEL “GUERNICA”, L’AGENTE PERDE IL CONTROLLO E COLPISCE IN FACCIA LA QUINDICENNE CAUSANDOLE UNA FRATTURA

Colpì una 15enne al volto col manganello durante gli scontri con giovani appartenenti al collettivo ‘Guernica’: per questo motivo la Procura di Modena ha chiesto il processo per un agente della Polizia di Stato.
Fissata per il 16 aprile l’udienza nel corso della quale saranno valutate le accuse di lesioni volontarie e abuso d’ufficio a carico del poliziotto.
L’episodio risale al 16 maggio del 2016: nei tafferugli che seguirono lo sgombero di un edificio in centro storico, occupato proprio dal Guernica, la minorenne fu colpita in pieno volto, riportando una frattura.
Priva di sensi, fu soccorsa dal 118 e portata all’ospedale. La sequenza – l’agente che colpisce la giovane in mezzo al tumulto – fu ripresa e il video fin sul web.
La 15enne ha dovuto affrontare un intervento chirurgico, mentre quella mattina rimasero contusi altri tre poliziotti. I genitori della minorenne non fecero denuncia, ma la Procura ha agito d’ufficio vista la gravità  delle lesioni.

(da agenzie)

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L’INVINCIBILE ARMATA ANTI-PROFUGHI SI SFASCIA DI FRONTE A UNA QUESTIONE DI VILE DENARO: ORA LITIGANO PER CHI DEVE PAGARE LE SPESE LEGALI

Febbraio 20th, 2018 Riccardo Fucile

A MULTEDO SCOPPIA LA GUERRA DEL “GRANO”…. PERSA LA CAUSA, CI SONO 10.000 EURO DA PAGARE MA NE SONO STATI RACCOLTI SOLO   2600 EURO, TRA LE MILIZIE XENOFOBE CI SONO TROPPI DISERTORI… E ORA QUALCUNO SE LA PRENDE CON L’AVVOCATO DI FRATELLI D’ITALIA CHE AVEVA PARLATO DI “SPESE IRRISORIE”

In centinaia erano scesi in piazza, per protestare contro la nascita di un centro di accoglienza nel quartiere.
In mille avevano poi aderito a una raccolta firme in difesa della struttura che lo avrebbe ospitato, l’ex asilo di via delle Ripe a Multedo.
In 31 avevano infine tentato il tutto per tutto: stoppare l’arrivo dei migranti con un ricorso d’urgenza in tribunale, grazie all’intervento dell’avvocato Alberto Campanella, capogruppo di Fratelli d’Italia in consiglio comunale.
Ora che il primo round della causa contro le Suore della Neve e Migrantes è stata persa, i 31 condannati a risarcire 10 mila euro di spese legali hanno chiesto ai compaesani di mettere mano al portafoglio.
Ma la passione di Multedo sembra scomparsa: a una settimana dal termine per pagare le spese, il 26 febbraio, la raccolta fondi in un tabacchino di Multedo ha fruttato 2.600 euro su 10mila.
Il tempo stringe e la tensione tra gli abitanti sale, e con lei la paura per le possibili conseguenze legali: ognuno di loro è infatti responsabile per l’intera cifra, per cui anche chi versa la propria quota rischia di finire nei guai se uno degli altri 30 non fa altrettanto.
Il timore dei più solerti di doversi sobbarcare anch le quote di altri non è campato per aria: tra i 31 c’è chi sostiene di non essere stato informato della possibilità  di questo esito pecuniariamente così sfavorevole, dal momento che l’avvocato Campanella parlò di «remote possibilità » di essere condannati a pagare le spese processuali, che sarebbero state comunque «irrisorie».
La soluzione l’abbiamo da tempo suggerita: far pagare le spese a quei partiti che avevano fomentato e cavalcato la protesta, con tanto di assessori e politici in testa al corteo, nonchè capipopoli “apolitici” che hanno taciuto i loro trascorsi nel centrodestra.

(da agenzie)

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IL GOVERNO DI LUIGI DI MAIO? MOLTE PERSONALITA’ AUTOREVOLI GLI HANNO DETTO DI NO, DA GRATTERI A CIOCCA, DA SETTIS A MIRACHIAN

Febbraio 20th, 2018 Riccardo Fucile

CIRCOLANO SOLO I NOMI DI SUOI “FEDELISSIMI”

Luigi Di Maio, come Roberta Lombardi in Regione, ha promesso i nomi del governo a 5 Stelle, ovvero chi farebbe il ministro nel caso che i grillini vincessero le elezioni, prima della prossima settimana.
Ma a quanto pare il totoministri sta riscontrando molte difficoltà .
Un po’ per i molti no che il candidato premier ha dovuto incassare. Un po’ perchè tra quelli che gli avrebbero detto sì ci sono molti suoi fedelissimi.
Partiamo dai no.
Uno di quelli più famosi è Nicola Grattieri: il pm anti-ndrangheta non ha accettato il ruolo (da ministro della Giustizia) che Di Maio gli ha proposto.
Ma, scrive Annalisa Cuzzocrea su Repubblica, anche altri avrebbero gentilmente declinato l’invito a sedersi al tavolo virtuale del primo Consiglio dei Ministri con scampanellata di Luigi.
Tra questi ci sarebbero Marcello Minenna, a cui dev’essere bastata l’esperienza lampo come assessore al bilancio della Giunta Raggi, Mariana Mazzucato e persino Pierluigi Ciocca, economista con alle spalle 40 anni in Banca d’Italia, di cui è stato vicedirettore generale dal 1995 al 2006.
Guido Tabellini, indicato come papabile, ha invece smentito di essere stato contattato.
È stato invece sicuramente cercato per il ministero della Scuola e dell’Università  Salvatore Settis, evocato più volte dai 5 stelle e ricontattato in quest’occasione. Anche il suo, sarebbe un no.
A dire no – e a fare cambiare idea a Di Maio sulla figura necessaria a coprire il ministero degli Esteri – è stata poi Laura Mirachian, ex ambasciatrice con esperienze in Siria, alle Nazioni Unite, nei Balcani: «Noi siamo diplomatici, non possiamo fare i politici», ha spiegato, non ritenendosi adeguata al compito.
Anche per il ministero degli Esteri, scartata l’ipotesi Manlio Di Stefano per le note questioni di Israele e Palestina, è ancora vacante (si fa per dire)
Il sì dei fedelissimi
Per il ministero dei bambini che Di Maio ha annunciato qualche giorno fa, invece, un nome c’è ed è quello, ottimo, di Vincenzo Spadafora che è stato anche all’UNICEF e ha sicuramente grande esperienza nel settore. Un altro dei suoi fedelissimi che dovrebbe entrare in squadra – anche se non per forza come ministro della Giustizia – è l’avvocato Alfonso Bonafede, uno dei pochi a essersi guadagnato nell’ultimo anno una fiducia assoluta.
Anche se Emanuele Buzzi sul Corriere della Sera dice che per quel posto ci sarebbe la candidatura di una donna.
E sempre il Corriere fa il nome di Tomaso Montanari, già  protagonista di un interessante scontro tv con l’attuale ministro della Cultura Dario Franceschini e, prima, animatore con Anna Falcone, ora candidata con LeU, del Brancaccio.
Un altro fedelissimo che si starebbe scaldando è Stefano Buffagni, che qualche giorno fa se l’era presa con i “mercanti nel tempio” della Rimborsopoli M5S e si trova in una posizione a rischio per l’elezione.

(da “NextQuotidiano”)

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GIAMPAOLO PANSA: “STAVOLTA NON VOTO: CLASSE POLITICA INCOMPETENTE E PERICOLOSA”

Febbraio 20th, 2018 Riccardo Fucile

“SONO PREOCCUPATO PER CHI HA FIGLI”… “IL COMANDANTE BISAGNO, ALIAS ALDO GASTALDI, UCCISO DAI PARTIGIANI COMUNISTI”

L’allarme sul ritorno del fascismo lo fa sorridere. “Sono fesserie. Oggi il vero dramma è che abbiamo una classe politica incompetente e pericolosa. Per questo stavolta non andrò a votare. Sono preoccupato per chi ha figli. Io il mio l’ho perso tre mesi fa, per un infarto, a 55 anni. Solo l’amore per Adele mi ha impedito di uccidermi”.
In un’intervista al Corriere della Sera, Giampaolo Pansa esprime tutta la sua amarezza per il dibattito politico e la campagna elettorale.
Nel suo ultimo libro – “Uccidete il comandante Bianco” – racconta la vita di Bisagno, nome di battaglia di Aldo Gastaldi, “un eroe. L’unico comandante partigiano non comunista della terza divisione Cichero, la più importante della Liguria. Morto in circostanze misteriose subito dopo la fine della guerra. Sono convinto che sia stato assassinato. Un Gesù Cristo con il fucile”.
L’occasione per una riflessione sulla storia dell’uscita dell’Italia dal fascismo e dalla seconda guerra mondiale:
“La storia della Resistenza come la conosciamo è quasi del tutto falsa; e va riscritta da cima a fondo. Gli storici professionali ci hanno mentito. Settantatrè anni dopo, è necessario essere schietti: molte pagine del racconto che viene ritenuto veritiero in realtà  non lo è. Le guerre civili furono due. Oltre a quella contro i nazifascisti, ci fu la guerra condotta dai comunisti contro chi non la pensava come loro”. […]
“Come succede in tutte le guerre civili, anche in Italia il conflitto del 1943-1945 è stato feroce e senza riguardi per nessuno. Non sto parlando dei tedeschi e dei fascisti, avversari destinati a soccombere. Parlo della guerra all’interno dello schieramento antifascista, dominato dall’unico partito che si era sempre opposto al regime di Mussolini: il partito comunista”.

(da “Huffingtonpost”)

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IL GRILLINO CHE FA PROPAGANDA CON LE MAIL E I NUMERI DELL’ORDINE DEGLI AVVOCATI

Febbraio 20th, 2018 Riccardo Fucile

L’AVV. VAGLIO E’ IL PRESIDENTE DELL’ORDINE DI ROMA: USA INDIRIZZI DELL’ORDINE PER DIRE DI VOTARE PER LUI… E NON HA AVUTO NEANCHE IL BUON GUSTO DI DIMETTERSI DALLA CARICA UNA VOLTA CANDIDATO

Ennesima grana per i candidati del Movimento 5 Stelle.
Questa volta è il turno di Mauro Vaglio, candidato nel collegio uninominale di Roma Portuense per il Senato ma, soprattutto, presidente dell’Ordine degli Avvocati di Roma.
È in questa veste, infatti, che Vaglio avrebbe violato le norme sul trattamento dei dati personali, sollevando le proteste dei colleghi della Capitale.
Il presidente degli avvocati ha usato la mailing list dell’Ordine professionale per annunciare la sua discesa in campo con il Movimento 5 Stelle e, successivamente, per inviare materiale di propaganda elettorale sulle caselle di posta elettronica dei colleghi, circa 25mila iscritti, senza che questi avessero dato il loro consenso.
Un caso già  emerso nei giorni scorsi e che ora viene portato all’attenzione del Garante della Privacy a cui è arrivata l’esposto di un’avvocata, Giulia Crivellini, anche lei candidata alle elezioni con +Europa alla Camera.
D’altronde, l’elenco degli iscritti all’ordine può far gola in campagna elettorale: l’ordine romano è il più grande d’Italia, a Roma c’è un avvocato ogni 118 abitanti. Non male come scorciatoia.
Crivellini ha allegato alla sua segnalazione le mail di carattere politico elettorale arrivate nella sua casella senza che avesse prestato consenso alla ricezione di questo tipo di materiale.
Non solo: “In data 12 febbraio – si legge nell’esposto – alle ore 1.52 di notte la scrivente unitamente ad altri 150 colleghi, veniva inserita in una chat WhatsApp denominata ‘Senato (Gruppo 3)’ e riceveva il seguente messaggio: ‘Cari amici, ho creato questo gruppo whatsapp solo per tenervi informati delle attività  elettorali da qui al 4 marzo circa la mia candidatura [..] Non si tratta di una chat di discussione nè un tentativo di convincere chi ha altre idee e non condivide la mia scelta, che può quindi abbandonare la chat. Ringrazio di cuore coloro che rimarranno'”.
Due comunicazioni in particolare vengono allegate: la prima del 29 gennaio scorso, che annuncia la decisione di accettare la candidatura nel M5S e successive comunicazioni di tipo propagandistico.
La seconda, datata 5 febbrario, nel quale Vaglio se la prende con i colleghi avvocati che hanno contestato le modalità  con cui ha annunciato la sua candidatura.
Li mette all’indice: “Sappi che – si legge nella mail inviata a tutti gli iscritti – non hanno fatto nulla nè per te nè per l’Istituzione forense. Del resto hanno preferito quasi sempre seguire i loro affari personali invece di partecipare alle attività  del Consiglio”, scrive Vaglio aggiungendo il link alla tabella delle partecipazioni alle adunanze consiliari. “Vogliono solo ottenere qualche vantaggio personale per cariche consiliari che in passato hanno procurato, ad alcuni di loro, buoni riscontri lavorativi”.
Vaglio poi si è chiesto, retoricamente, se l’elezione a presidente dell’Ordine avvenuta poco tempo prima non giustificasse, a tutela della categoria, un suo maggiore impegno “là  dove esso poteva essere davvero più efficace: nell’interno del Parlamento”.
Quindi elenca i motivi per i quali ha scelto M5S: il no al vitalizio, il limite di due legislature, il vincolo di mandato, il dimezzamento dello stipendio. E aggiunge di aver messo in conto “attacchi senza precedenti, da invidiosi, opportunisti e falsi moralisti”.
Tutte comunicazioni che a detta della ricorrente Crivellini sono manifestamente illecite, trattandosi di “fonti documentali detenute dai soggetti pubblici non utilizzabili a scopo di propaganda elettorale e connessa comunicazione politica”.
Per questo motivo viene chiesto al Garante di disporre il blocco o il divieto di trattamento dei dati personali. Ora toccherà  al Garante esprimersi.

(da “NextQuotidiano”)

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NEL TERZO VIDEO DI FANPAGE LA CONSEGNA DI UNA VALIGETTA CON LE MAZZETTE

Febbraio 20th, 2018 Riccardo Fucile

PERRELLA, EX BOSS DELLA CAMORRA, INCONTRA BIAGIO IACOLARE, PRESIDENTE DEL CDA DI SMA CAMPANIA E COLLABORATORE DEL GOVERNATORE DE LUCA E MARIO OLIVIERO, EX PRESIDENTE DEL CONS. COM. DI ERCOLANO CHE RICOPRE IL RUOLO DI MEDIATORE

Continua l’inchiesta sui rifiuti di Fanpage.it. Dopo che nei giorni scorsi i primi due servizi del lavoro, durato cinque lunghi mesi, hanno scosso il sistema politico campano e non solo, è pronto il terzo video di “Bloody Money”, che sarà  pubblicato nelle prossime ore dal giornale diretto da Francesco Piccinini.
Ancora una volta, sarà  Nunzio Perrella, ex boss di camorra, a documentare con la sua telecamera nascosta l’incontro, avvenuto qualche settimana fa, con altri due personaggi che risultano indagati, insieme a Luciano Passariello e a Roberto De Luca, dalla Procura di Napoli.
Si tratta di Biagio Iacolare, presidente del Cda di SMA Campania e da tempo collaboratore del governatore della Regione Vincenzo De Luca, e di Mario Oliviero, conosciuto dai più con il nome di “Rory” ed ex presidente del Consiglio comunale di Ercolano, che ricopre il ruolo di mediatore del primo.
I tre si ritrovano nella hall di un albergo cittadino, parlando di affari, soldi e percentuali da spartirsi, ma anche della necessità  di coinvolgere in questa operazione un quarto soggetto.
Quest’ultimo è Fulvio Bonavitacola, vice presidente della Regione Campania, oltre che assessore all’Ambiente e all’Urbanistica.
L’offerta messa sul tavolo da Perrella è allettante: “Siamo in grado — dice — di fissare a 95 euro a tonnellate il trasporto dei fanghi mentre l’affidamento è ormai a quota 220euro a tonnellate. Noi siamo in grado per 50 euro a voto di procacciare consensi elettorali”.
Iacolare, tra i 95 euro di costo a tonnellate e i 220 che è il prezzo praticato, fissa in 140 euro la base di partenza. E dunque la differenza diventa la torta da spartire.
Ma c’è di più.
In attesa che l’appalto per lo smaltimento dei fanghi tossici venga assegnato all’azienda “amica”, senza gara pubblica ma con l’affidamento diretto trattandosi di un’emergenza, Oliviero, in un altro incontro, pretende 50mila euro di mazzette da Perrella, il quale consegna poi al mediatore una valigetta con i soldi, ma che in realtà  è vuota.
È il 9 febbraio 2018, circa 10 prima che scoppi lo scandalo legato all’inchiesta di Fanpage.it.
Oliviero pattuisce con Perrella che deve avere 25mila euro nel momento in cui si accinge a fare l’invito per l’affidamento dell’appalto, altri 25mila nel momento in cui viene firmato l’affidamento.
Nel video in questione si vede chiaramente questa valigetta finire nel bagagliaio della macchina di Oliviero. Ma al suo interno non c’è nulla. È da quel giorno che i faccendieri, affaristi, politici, funzionari regionali sono in fibrillazione.

(da “agenzie)

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