Maggio 24th, 2018 Riccardo Fucile
SE L’AVESSE FATTO RENZI SAREBBE STATO UN “VERGOGNOSO CONDONO PER I LADRI”, ADESSO DIVENTA “PACE FISCALE”… LA MALAVITA FESTEGGIA
Non sono insieme, ma alle ore 13 Luigi Di Maio e Matteo Salvini tirano un respiro di sollievo
all’unisono. È a quell’ora che dal Quirinale arriva l’attesa convocazione per l’«avvocato e professore» Giuseppe Conte.
In mattinata, dal Colle era partita una richiesta di conferma sul nome che nei due partiti del «governo del cambiamento», Movimento 5 Stelle e Lega, aveva suscitato più di qualche apprensione.
Ma, appunto, l’ansia svanisce con la convocazione.
Poi, finalmente, Conte sale al Colle e i due partiti, riuniti come il 4 marzo nelle rispettive war room, ne attendono le parole all’uscita in silenzio religioso.
Salvini coglie l’occasione per manifestare il suo malumore nei confronti del centrodestra: «Io gli alleati li sento tutti i giorni, ma se continuano a darmi del traditore…».
Per i leghisti, nel discorso del premierincaricato c’è una «parte recitata», quella che conferma «la collocazione europea e internazionale dell’Italia» con impegno «sui negoziati in corso, dal bilancio europeo al diritto d’asilo al completamento dell’unione bancaria».
E poi, una parte «espressiva», quella che fa riferimento al contratto di governo come base della fiducia che chiederà alle Camere.
I due partiti già iniziano a delineare quali saranno i primi provvedimenti, quelli di bandiera.
Per gli stellati, certamente, i tagli ai vitalizi e in generale alla politica. Per i leghisti, la «pace fiscale», il pagamento delle cartelle esattoriali pendenti in misura ridicola per chiudere il contenzioso con lo Stato.
Intanto Beppe Grillo benedice sul suo blog il premier incaricato: «Abbiamo portato di fronte al presidente della Repubblica un uomo che escludo ci farà sfigurare nel mondo.
In effetti lo ha gia’ fatto senza neanche attendere di presentarsi.
(da agenzie)
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Maggio 24th, 2018 Riccardo Fucile
LA TEORIA CONFIDATA A TREMONTI: “VOGLIO PORTARE LO SPREAD A 600 PUNTI COSI’ L’EUROPA CAPISCE” (CHE NON RESTA CHE BUTTARSI DAL COLOSSEO)
Finchè Giuseppe Conte non scioglierà la riserva o l’interessato non si farà sentire, il nome di Paolo Savona sarà la pietra dello scandalo del governo Lega-M5S.
Gli accenti sull’Europa e la NATO contenuti nel discorso del presidente del Consiglio incaricato — modificato al Quirinale, secondo i retroscena — costituiscono un’avvisaglia del primo problema politico che il premier dovrà risolvere.
Oggi a uscire allo scoperto è Vincenzo Visco, che in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera definisce le idee di Paolo Savona come suicide e antitedesche: «La persona ha tutte le caratteristiche e la credibilità per fare il ministro del Tesoro. Ma ha due problemi non da poco. Applicare un programma di governo che lui sa bene essere inattuabile nelle condizioni attuali, confrontarsi con l’Europa avendo Lega e M5S che prospettano una soluzione pericolosissima, l’uscita dall’euro».
E Visco ricorda anche un’altra particolarità nell’impostazione di Savona: «Prima delle elezioni Savona chiedeva ai partiti di impegnarsi a non toccare le tasse per i prossimi cinque anni. Nè alzarle, nè ridurle. Era la cosa da fare, ma nel programma c’è scritta un’altra cosa
Il punto è che tutti i retroscena partono dalla convinzione che Mattarella non abbia intenzione di dare il suo avallo all’approdo di Savona in via XX Settembre. Anche le dimissioni dal fondo Euklid annunciate ieri per un incarico politico in Italia sono considerate un modo irrituale in una situazione come questa.
La Lega ieri ha ribadito con Matteo Salvini il suo appoggio al professore e smentito le tanto voci che davano per fatto un accordo al ribasso che prevedesse l’arrivo di Giancarlo Giorgetti al ministero dell’Economia e un dirottamento dello stesso Savona in un altro ministero economico o con gli Affari Europei.
Paolo Savona e Giulio Tremonti
Intanto Goffredo De Marchis su Repubblica dà conto di una “indiscrezione allarmante” che vedrebbe protagonista lo stesso Savona: l’economista vicino a Salvini avrebbe incontrato Giulio Tremonti qualche giorno fa confidandogli il suo piano: «Portare lo spread italiano a quota 600 in modo che l’Europa capisca che si fa sul serio e si cambiano i vincoli».
L’ultimo che ha avuto l’idea geniale di andare al conflitto con l’Europa con la raffinata strategia dell’Americano a Roma — “E se no vado ar Colosseo e me butto de sotto!” — alla fine si è buttato di sotto.
D’altro canto anche per Carmelo Lopapa su Savona si dibatterà una questione di principio:
Salvini e Di Maio se lo dicono chiaramente nell’incontro di metà giornata fuori da Montecitorio, secondo alcuni alla presenza del futuro premier Giuseppe Conte, nelle ore che precedono il faccia a faccia dell’incaricato allo Studio alla Vetrata. I due se lo ripeteranno in un ulteriore consulto telefonico in serata: Savona va difeso finchè sarà possibile.
«Io e Salvini siamo d’accordo su tutto — racconta infatti il capo dei 5stelle lasciando la Camera alle 21.30 — Per entrambi Savona è una persona all’altezza della situazione». La barricata è eretta. Salvini ne fa una questione di bandiera, come annuncia agli ottanta tra deputati e senatori leghisti riuniti a Montecitorio nel pomeriggio. «Sui nostri uomini al governo non accettiamo veti, ne va della linea della Lega».
Le barricate del Quirinale e del Carroccio
Vista l’altezza delle barricate erette da una parte e dall’altra, è evidente che da come finirà la partita su Paolo Savona avremo un’indicazione chiara sulla linea politica di questo governo.
E infatti sulla Stampa circola un’ipotesi alternativa sia al nome di Paolo Savona che al nome di Giancarlo Giorgetti:
Ieri, all’improvviso, è rispuntato il nome di Luigi Zingales, l’economista di estrazione liberista che verso i grillini ha sempre un po’ oscillato tra critiche sarcastiche e disponibilità . Da quanto si apprende, a marzo Zingales è stato sentito per un colloquio dal Movimento. Un incontro che raccontano essere andato molto bene, in cui il professore ha elogiato i 5 Stelle come forza del futuro.
Questo prima che qualcuno, all’interno del M5S, raccogliesse le tante dichiarazioni in cui si era smarcato dalle ricette economiche dei grillini.
Ma Zingales non è l’unico nuovo nome che circola per via XX settembre: un altro è quello di Geminello Alvi, già membro del Consiglio degli esperti del Mef.
D’altronde nell’aprile scorso lo stesso Zingales voleva farsi promotore di “un dibattito serio sull’euro”, poi sviluppatosi sulle colonne del Sole 24 Ore.
(da “NextQuotidiano”)
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Maggio 24th, 2018 Riccardo Fucile
LA PROFEZIA DI GRAMELLINI: “ORA GRILLO NON PUO’ PIU’ INVEIRE CONTRO IL PALAZZO, PERCHE’ IL PALAZZO E’ LUI”
La rubrica di Massimo Gramellini sul Corriere della Sera di oggi va letta perchè tratteggia parole di
verità sulla situazione paradossale in cui si sta infilando questo paese, dove i rivoluzionari arrivano a Palazzo scortati da un uragano di distinguo nei loro confronti pronunciati da chi faceva il Torquemada con quelli di prima.
Gramellini profetizza oggi quello che ci aspetta nei prossimi mesi o anni con l’approdo al potere del governo Lega-M5S:
La stampa si limita a raccontare: di solito le cose negative, perchè fanno più notizia. È stata proprio questa sua attitudine – da Mani Pulite in poi esercitata principalmente intorno alla politica – a favorire il clima di disprezzo nei confronti delle classi dirigenti che le Cinque Leghe hanno cavalcato dentro le urne.
Grillo ha vinto anche grazie agli effetti di quella libertà di stampa che oggi vorrebbe piegare alle esigenze della rivoluzione, sempre le stesse da millenni: non disturbare il manovratore.
Ma in un sistema democratico l’esercizio del potere è anche un’enorme rottura di scatole. Ti sbatti dal mattino alla sera convinto di essere in missione per conto di Dio, o del Popolo, e poi finisci sui giornali perchè hai abbellito un curriculum o ti sei messo la mano in tasca durante l’inno.
Grillo deve farsene una ragione: chi sta al governo non può più parlare come se fosse ancora all’opposizione. Non può più inveire contro il Palazzo, per la semplice ragione che adesso nel Palazzo c’è lui.
(da “NextQuotidiano”)
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Maggio 24th, 2018 Riccardo Fucile
SARANNO PENALIZZATI IL SUD E LE DONNE
Quota 100 e quota 41 – le due proposte di 5 Stelle e Lega per rivedere la legge Fornero – rischiano di spaccare l’Italia. Nord contro Sud.
Il governo Lega-M5S punta ad anticipare la pensione, per tutti, di 3 anni a 64 anni anzichè 67, il nuovo requisito valido dal 2019.
Basterà avere un minimo, appunto, di 64 anni e 36 di contributi per lasciare il lavoro. La somma fa 100, ma vanno bene anche le altre combinazioni: 65 di età e 35 di versamenti, ad esempio.
Con “quota 41” invece è sufficiente avere 41 anni di contributi, a prescindere dall’età . Ma, spiega Repubblica oggi, qui sta l’inghippo:
Chi favorisce questo doppio binario? A guardare i dati Inps del 2017, senz’altro il Nord visto che lì si addensano il 56% delle pensioni di vecchiaia e anzianità : 5,2 milioni su 9,3. Frutto di carriere lunghe e stabili, di opportunità professionali che il Sud si sogna. Laddove al contrario si concentrano le pensioni di invalidità (47% del totale), gli assegni sociali (56%), le prestazioni per gli invalidi civili (45%). Un divario storico e drammatico.
Le pensioni di anzianità percepite a Biella sono il 18% dei trattamenti totali in quella provincia, a Napoli ci si ferma al 4%. A Genova il 12% degli assegni è di vecchiaia, a Catania appena il 5,7%.
All’interno della segmentazione Nord-Sud, ce n’è poi un’altra di genere.
Le donne – tra maternità , lavoro di cura, assistenza in casa e carriere di conseguenza ad ostacoli – hanno enormi difficoltà a rientrare nei requisiti di pensionamento.
Insomma, l’operazione premia le generazioni che lasceranno il lavoro nei prossimi anni, pesando sulle attuali, chiamate a pagare gli assegni di chi oggi va in pensione per un lungo periodo, visto l’allungamento delle speranze di vita.
(da “NextQuotidiano”)
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Maggio 24th, 2018 Riccardo Fucile
LO SCRITTORE RICORDA IL M5S DELLE ORIGINE E IL TRADIMENTO DEI VALORI FONDANTI
«Il voto al governo M5S-Lega? Uno. Non gli do zero perchè almeno il governo dovrebbe partire». 
Sono dure le parole e il giudizio di Erri De Luca sull’esecutivo nascente. Lo scrittore è stato ospite mercoledì del programma di Rai Radio1 «Un Giorno da Pecora», condotto da Geppi Cucciari e Giorgio Lauro.
«Lei era un sostenitore dei Cinquestelle..», chiedono i conduttori a De Luca.
«Si, e più di me lo era Dario Fo – risponde – Ora lo farebbero vergognare per quanto si sono spostati a destra. Immaginatevi come si sentirebbe oggi Fo, vedendo l’alleanza con Salvini. Una spalata di terra più pesante non gliela potevano fare».
Infine lo scrittore definisce l’alleanza di governo M5S-Lega come «un’accozzaglia». «È un’accozzaglia che sta insieme per reciproco interesse, diventerà coalizione se supererà l’insuperabile. Non credo che andranno avanti per molto, magari supereranno l’estate ma ad ottobre si ritroveranno da capo a dodici…».
(da agenzie)
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Maggio 24th, 2018 Riccardo Fucile
“CONTE? DICONO CHE NON ARRIVERA’ A NATALE”… “IL MINISTRO DEGLI INTERNI DEVE ESSERE SUPER PARTES, NON PUO’ ESSERE SEGRETARIO DI UN PARTITO”
Il ruolo di ministro dell’Interno, che Matteo Salvini si appresta a ricoprire, è “incompatibile” con quello di segretario della Lega.
Lo sottolinea il governatore della Lombardia, Roberto Maroni, in un’intervista a La Stampa, dove aggiunge: “Si rischia di creare dei problemi di cortocircuito e questa è una cosa che Matteo non aveva considerato”.
Maroni spiega che “il ruolo” di ministro dell’Interno “deve essere istituzionale e super partes, sennò non funziona”.
Maroni esclude una sua possibile candidatura a segretario del Carroccio in caso di un passo indietro di Salvini.
“Io ormai sono fuori, posso dare una mano. Guardate Obama, ha smesso di fare il presidente degli Usa e ora si occupa d’altro. Ecco, quello è il mio modello. Non sono come Berlusconi che a 80 anni è ancora lì che briga…”.
I rapporti tra Maroni e Salvini sembrano ritornati buoni, come spiega lo stesso governatore, che riferisce di una telefonata avvenuta ieri.
“Era due mesi che non ci parlavamo. Si sa, io dico sempre quello che penso ma per me la Lega è la Lega. Così è stato come ritrovare lo spirito del 2013, quando io mi dimisi e Matteo divenne segretario. Abbiamo ritrovato lo stesso feeling”.
Sul premier incaricato, Giuseppe Conte, Maroni dice:
“Direi che non è partito benissimo. Si dice che non arriverà a Natale. C’è chi pensa a chissà quali retroscena, ma io credo sia stata solo una scelta superficiale. Alla fine il pressapochismo non paga”.
(da agenzie)
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