Maggio 26th, 2018 Riccardo Fucile
SALVINI HA PAURA DI GOVERNARE QUANTO E’ ABILE A FOMENTARE ODIO E CREARE CONSENSO… PREFERISCE MONETIZZARE ANDANDO AL VOTO CHE ESSERE GIUDICATO UN INCAPACE PAROLAIO
Una telefonata rivelatrice, quasi profetica. 
Qualche giorno fa Matteo Salvini ha chiamato Silvio Berlusconi, per spiegargli la sua linea sui ministri.
Innanzitutto, la sua difesa a oltranza di Paolo Savona, il ministro dell’Economia che Sergio Mattarella non vorrebbe al governo.
Una difesa ribadita anche in queste ultime ore: “Basta ordini, non sceglieremo un nome che piace alla Germania”, è ripartito alla carica Salvini.
Il rischio è quello della rottura del patto di governo, con la minaccia di ritorno al voto.
Berlusconi, però, lo sapeva e aveva già avvisato i suoi consiglieri: “Salvini romperà , datemi retta. Invece del governo avremo il voto anticipato”, aveva detto dopo la telefonata con il leader leghista lasciando, scrive Francesco Verderami sul Corriere della Sera, “esterrefatti i dirigenti forzisti”.
E Berlusconi, “galvanizzato dalla possibilità di ricandidarsi”, gli aveva risposto di essere pronto alla sfida nonostante molti tra gli azzurri, Gianni Letta su tutti, siano ancora contrarissimi alla fine della legislatura.
Dato che i sondaggi gli sono favorevoli anche per la dabbenaggine di Di Maio che sembra disposto a cedere su tutto pur di andare al governo, Salvini eviterebbe la cosa di cui ha più paura: che gli elettori si accorgano che è solo un parolaio incapace di governare. Meglio monetizzare i consensi e andare al voto a ottobre, con una campagna elettorale improntata come sempre sulle “colpe degli altri”.
(da agenzie)
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Maggio 26th, 2018 Riccardo Fucile
L’EX RESPONSABILE DEL BLOG DI GRILLO DIVENTERA’ CAPO DELL’UFFICIO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO
A raccontarlo oggi è Repubblica in un articolo a firma di Carmelo Lopapa: Pietro Dettori, ex responsabile del blog di Beppe Grillo, dal maggio scorso responsabile editoriale dell’Associazione Rousseau, diventerà capo dell’Ufficio del presidente del Consiglio a Palazzo Chigi.
Ieri Dettori era nella sala del governo di Montecitorio, ovvero nella stanza in cui sono passati i presidenti del Consiglio di questi 70 anni di Repubblica, da Fanfani a Moro, da Andreotti a Craxi, da Berlusconi a Gentiloni.
Al fianco di Beppe Grillo per tutto lo «Tsunami tour» del 2013, uomo di fiducia di Gianroberto Casaleggio (e anche del figlio Davide), Dettori ha lasciato l’anno scorso il suo impiego da social media manager alla Casaleggio associati.
Già in passato ha partecipato in prima linea alle trasferte dei garanti a Roma e viene considerato dai vertici dei 5 Stelle come un punto fermo.
È stato uno dei perni negli ultimi quattro anni dello «staff» del blog – spesso curava in prima persona la gestione dei post e dei profili Twitter e Facebook – prima di migrare all’associazione Rousseau.
A prendere non benissimo la nomina è Michele Anzaldi, che mette nel mirino Casaleggio: “Un imprenditore privato, senza incarichi pubblici e senza mai essere stato eletto, gestirà Palazzo Chigi con un suo fedelissimo. Un conflitto di interessi senza precedenti. Ecco quale sarebbe l’autonomia e l’indipendenza dell’avvocato Conte”.
(da “NextQuotidiano”)
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Maggio 26th, 2018 Riccardo Fucile
LA LITE CON LA MELONI PERCHE’ VOLEVA FARE IL MINISTRO… LE DIMISSIONI NON ESECUTIVE E IL CONFLITTO DI INTERESSI PER IL SUO RUOLO A CAPO DELLA CONFINDUSTRIA SETTORE DIFESA CHE RIMANE
Motivi personali. Guido Crosetto lascia il Parlamento dopo lo stop alla sua corsa in quota Lega verso
il ministero della Difesa, conseguenza del rifiuto di Fdi ad entrare in maggioranza
Sarebbe questa la vera ragione dietro il giallo delle dimissioni, arrivate dopo un vertice di fuoco nel partito.
Stop definitivo che sarebbe arrivato proprio da Giorgia Meloni, coerente con la scelta fatta di rimanere all’opposizione con Fi. Scelta di fronte alla quale però l’ex sottosegretario avrebbe provato fino all’ultimo a salvare le ambizioni personali.
Al culmine del confronto, avvenuto alla vigilia dell’investitura di Conte, mentre Crosetto provava a far pesare il suo ruolo di cofondatore, la leader di Fdi gli avrebbe risposto che se non intendeva rinunciare, poteva anche uscire dal partito.
Il resto, le dimissioni e il calcio dell’asino a Berlusconi, sarebbe da attribuire al temperamento sanguigno del piemontese.
Tuttavia come si sa, le dimissioni presentate a Montecitorio per «motivi personali» passano, dopo un iter di diversi mesi, per un voto dell’aula che quasi sempre le respinge.
Nel frattempo Crosetto sarà condannato, si fa per dire, a ricoprire la carica pubblica.
E a rimanere in conflitto di interessi, data l’incompatibilità fra il mandato parlamentare e la carica di presidente dell’Aiad, preziosa costola di Confindustria nel settore difesa e aerospazio con fatturato da 15 miliardi, che Crosetto guida dal 2014.
Carica dalla quale l’onorevole aveva annunciato l’autosospensione nel gennaio scorso per incompatibilità , dopo la nomina a coordinatore di Fdi.
Dunque solleva più di un interrogativo la diffusione in questi stessi giorni degli inviti a un convegno organizzato dall’Aiad, in cui il parlamentare compare in qualità di presidente ancora in carica dell’associazione confindustriale, controllata al 51% da Leonardo.
In sostanza Crosetto, che in un’intervista al Messaggero ha invitato Berlusconi a farsi da parte, non si sarebbe fatto da parte da nessuna delle sue cariche in attesa di vedersi spalancare un posto da ministro poi svanito.
La carica all’Aiad tra l’altro prevede un lauto appannaggio da 300mila euro.
(da “il Giornale”)
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Maggio 26th, 2018 Riccardo Fucile
E SONO CORRISPOSTI DAI LEADER GRILLINI: “MAI CON LA LEGA”
Per ora Matteo Salvini è riuscito a far sparire il problema, ma la contraddizione nella Lega è evidente. Una parte importante, e agguerrita, del partito vede il Movimento 5 Stelle come il nemico, puro fumo negli occhi.
È Italia Oggi ad alzare il tappeto e scoprire la polvere del Carroccio. È il Veneto la “fronda anti-grillina” del partito, una bomba ad esplodere alla prima occasione buona.
Nella regione governata (anzi dominata) da Luca Zaia, i 5 Stelle hanno dichiarato guerra alla Lega per la legge elettorale regionale, ma è solo l’ultimo pretesto.
In consiglio regionale sono apparsi cartelli “Chi l’ha visto” indirizzati a Zaia e dalla Lega il capogruppo Nicola Finco ha battezzato a modo suo i grillini: “Siete dei pagliacci, dove governate fate disastri”.
Nel Movimento la pensano allo stesso modo: almeno in Veneto, “mai con la Lega”. “Sono un soldato e faccio quel che mi dice il Movimento – spiega il capogruppo M5s in Regione Jacopo Berti – ma non mi si può chiedere di cambiare radicalmente idea rispetto a tutto quel che abbiamo detto e fatto in questi anni in Veneto, dove la Lega non è il partito antagonista che vediamo a Roma, ma il tassello fondamentale di un sistema di potere che domina la Regione da 20 anni. Può creare dei problemi? Lo capisco e mi dispiace. Ma su Pedemontana, Mose e Banche popolari, io non arretro di un centimetro”.
Aveva addirittura minacciato dimissioni in caso di accordo a Roma, per ora congelate. Come il dissenso di una parte importante, se non fondamentale, della Lega al Nord.
(da “La Stampa”)
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Maggio 26th, 2018 Riccardo Fucile
“QUANTI DANNI POTRANNO FARE?”
“Non è chiaro quanti danni potrà fare la coalizione”, scrive il giornale, che sottolinea le differenze
ideologiche fra le due formazioni politiche che la compongono e la risicata maggioranza di cui godono in Parlamento.
Tuttavia il cambiamento di direzione in un membro chiave dell’Unione europea la cui fedeltà al progetto europeo non era messa in dubbio, rappresenta “un serio colpo” ai progetti di un rafforzamento dell’integrazione europea portati avanti dal presidente francese Emmanuel Macron e la cancelliera tedesca Angela Merkel.
“Se l’Italia, la quarta economia dell’Ue, inizia a sfidare le regole dell’Unione e chiede di rinegoziare i termini della sua adesione, sarà più difficile tenere gli altri membri in riga”, afferma il New York Times.
Tuttavia, conclude il giornale, “è troppo presto perchè Bannon e i suoi alleati possano celebrare o i campioni dell’Unione si facciano prendere dal panico. Il fascino dei populisti potrebbe presto svanire se non troveranno soluzioni concrete al risentimento che li ha portati al potere. Il compito di Macron e Merkel e dei loro alleati è di mantenere la barra dei valori, la coerenza e le regole dell’Ue, ma anche di riconoscere e affrontare la rabbia che ha alimentato la ribellione”.
(da agenzie)
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Maggio 26th, 2018 Riccardo Fucile
L’IMPATTO SU FAMIGLIE E IMPRESE POTREBBE ARRIVARE A 14 MILIARDI DI EURO
Quanto ci costa l’aumento dello spread?
Mentre la crescita del differenziale di rendimento tra i BTP e i bund si è fermata ieri a 204,8 dopo aver toccato i 217 (100 in più in un mese), ieri Moody’s ha cominciato ad avvertire che l’Italia è a rischio downgrade e il supporto della Banca d’Italia pesa sempre di meno con il QE agli sgoccioli, calato dal picco degli 80 miliardi mensili agli attuali 30 miliardi di tutti gli asset acquistati.
In questo quadro è necessario ricordare che il rating a livello d’investimento è un requisito irrinunciabile per usare i titoli di Stato come collaterale presso le operazioni di rifinanziamento della BCE.
Ma qual è la soglia di allarme? Dino Pesole sul Sole 24 Ore spiega:
Nel caso in cui — stima l’Ufficio Parlamentare di Bilancio — si verificasse uno shock di 100 punti base su tutta la curva dei rendimenti (a partire da gennaio 2018 e per tutto il periodo di previsione del Def, quindi fino al 2020), la spesa per interessi crescerebbe di circa 1,8 miliardi nel primo anno, 4,5 miliardi nel secondo e 6,6 miliardi nel 2020. Di conseguenza, il fabbisogno crescerebbe di 0,1, 0,3 e 0,4 punti di Pil.
Non è difficile prevedere quel che accadrebbe nel caso in cui lo spread crescesse di 200 punti base, e così via. Scenario da incubo se si ritornasse ai valori del 2011, con lo spread a 575 punti base.
A conclusioni non molto differenti perviene Carlo Cottarelli. Se per ogni punto percentuale (100 punti base) di aumento dei tassi si producesse un incremento di pari dimensione del costo medio di finanziamento per imprese e cittadini, si avrebbe ogni anno un costo aggiuntivo di 1,8-2,8 miliardi.
Nello scenario peggiore (spread di 500 punti base) l’impatto su famiglie e imprese sarebbe compreso tra 9,1 e 14,1 miliardi di euro di interessi aggiuntivi.
Quindi il rischio è che quando il governo si insedierà (se ci riuscirà ) anche le promesse elettorali dovranno fare i conti con gli interessi. E con l’oste.
(da “NextQuotidiano”)
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Maggio 26th, 2018 Riccardo Fucile
“IL PROGRAMMA DI GOVERNO PREVEDE MISURE DI SPESA COSTOSE SENZA CHE SIA INDICATO COME FINANZIARLE”… UN EVENTUALE DECLASSAMENTO GRAVERA’ SUI BILANCI FAMILIARI DEGLI ITALIANI
L’agenzia Moody’s ha messo sotto osservazione il rating dell’Italia ‘Baa2’ per un possibile
downgrade.
Nella sua analisi Moody’s mette in evidenza da una parte “il significativo rischio di un indebolimento materiale della forza di bilancio in Italia, dati i piani della nuova coalizione di governo”, dall’altra “il rischio che si blocchi ogni sforzo per le riforme strutturali e che le riforme attuate, come quella del sistema pensionistico del 2011, siano capovolte”.
Moody’s utilizzerà il periodo di revisione per valutare l’impatto della piattaforma di politica fiscale ed economica del nuovo governo sul profilo di credito dell’Italia, con particolare attenzione agli effetti sulle traiettorie del deficit e del debito nei prossimi anni.
La revisione consentirà inoltre a Moody’s di valutare ulteriormente se il nuovo governo intende continuare a perseguire riforme strutturali che promuovano la crescita, o al contrario di invertire riforme precedenti, come quella delle pensioni del 2011, nonchè altre iniziative di politica economica nei prossimi mesi che potrebbe avere un’incidenza sul potenziale di crescita del paese negli anni a venire”.
“Lungi dall’offrire la prospettiva di un ulteriore consolidamento fiscale — si legge in un passaggio chiave dell’analisi — il ‘contratto’ per il governo firmato” da M5S e Lega “include misure fiscali e di spesa potenzialmente costose, senza che vi siano proposte chiare sul come finanziarle”.
Per Moody’s “anche se alcune delle proposte originarie della coalizione sono state modificate nel testo finale, queste andando avanti portano lo stesso a una piu’ debole e non a una più forte posizione di bilancio”.
La revisione consentira’ a Moody’s, si legge ancora, “di fare chiarezza sui piani del nuovo governo e in particolare sulla portata degli impegni di bilancio e di spesa, soprattutto riguardo alle proposte di ‘flat tax’ e di ‘reddito di cittadinanza’, nonche’ alle fonti di copertura e alla tempistica per la loro attuazione.
Le parti hanno inoltre dichiarato la loro intenzione di evitare l’aumento dell’Iva per il prossimo anno, che comporterebbe — spiega l’analisi — un aumento delle entrate pari a circa lo 0,7% del Pil“.
Disavanzi di bilancio più elevati ostacolerebbero “qualsiasi riduzione dell’elevatissimo rapporto debito/Pil dell’Italia superiore al 130% del Pil”. Nell’ultima revisione l’agenzia di rating ha anche osservato che “le prospettive dell’Italia potrebbero essere stabilizzate con l’implementazione di un programma più ambizioso di riforme strutturali”, il che porterebbe a una crescita “più sostenuta” dell’economia italiana.
Viceversa, “l’incapacità di presentare un programma di riforme strutturali credibili” eserciterà “pressioni al ribasso” sul rating.
(da agenzie)
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Maggio 26th, 2018 Riccardo Fucile
MEDICI SENZA FRONTIERE DENUNCIA UN’ALTRA STRAGE DI PROFUGHI A MISURATA MENTRE CONTINUA IL REGOLAMENTO DI CONTI TRA LE BANDE DI CRIMINALI A CUI ABBIAMO APPALTATO IL RESPINGIMENTO DI ESSERI UMANI
Le milizie della «Brigata 301» hanno annunciato all’alba di aver circondato tutte le sedi del governo di accordo nazionale di Tripoli, controllate in precedenza dalla Guardia presidenziale.
Il ministero dell’Interno di Tripoli ha ribattuto che le sue Guardie sono ancora attive e che si occupano loro della sicurezza delle sedi delle istituzioni.
Secondo l’emittente emiratina Sky News Arabic – che di solito appoggia le posizioni del generale Khalifa Haftar – i ribelli hanno preso il controllo anche della sede della tv statale.
I miliziani apparterebbero a brigate dell’area di Tarhouna, da sempre fedele all’ex dittatore Muammar Gheddafi.
Il sospetto che si siano alleate con l’uomo forte della Cirenaica, Haftar, per tentare un colpo contro il governo di Fayez al-Serraj, l’unico riconosciuto dall’Onu e appoggiato da Italia, Stati Uniti e Gran Bretagna.
Intanto una nuova strage di migranti in Libia è stata denunciata dalla ong Medici senza frontiere. Almeno 15 sono stati uccisi e altri 25 sono rimasti feriti durante il tentativo di fuga da una prigione gestita da trafficanti a Bani Walid, a sud di Misurata. I feriti sono stati curati in un ospedale supportato dalla ong e secondo i sopravvissuti hanno raccontato il massacro.
Dove si trova la struttura
Un centinaio di migranti ha cercato di lasciare la struttura, “un lager”, nella notte tra mercoledì e giovedì. I trafficanti hanno aperto il fuoco sui fuggitivi. Almeno quaranta persone, la maggior parte donne, sono rimaste bloccate nel centro. L’Alto commissariato per i rifugiati ha confermato nel centro c’erano almeno 140 persone, provenienti da Eritrea, Etiopia e Somalia. Alcune persone erano detenute da tre anni.
I sopravvissuti sono stati trasferiti in una struttura di sicurezza a Bani Walid. La mattina seguente, il 24 maggio, sono stati trasferiti in centri di detenzioni a Tripoli. Le èquipe mediche di MSF a Tripoli stanno fornendo consultazioni mediche e 14 pazienti con gravi ferite da arma da fuoco e fratture multiple sono stati trasferiti in ospedale.
(da agenzie)
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Maggio 26th, 2018 Riccardo Fucile
OLTRE 1200 I GRUPPI DI ODIO RAZZISTA MONITORATI NEGLI USA, IL FENOMENO E’ ORMAI RADICATO ANCHE IN EUROPA… OVVIAMENTE L’ITALIA NON FA UNA MAZZA, IN ATTESA CHE LA GENTE SI DIFENDA DA SOLA DALLA FECCIA RAZZISTA
La storia inquietante ha per protagonista un ragazzo di 13 anni, che alla fermata dello scuolabus a
Houston, in Texas, il 14 maggio viene avvicinato da una grossa auto dalle portiere fiammanti con cinque adolescenti a bordo e un adulto alla guida, che lo costringono a salire. Z
avion Parker a casa quel pomeriggio non torna, e dal su cellulare partono alla mamma messaggi con scritto «Noi lo ammazziamo».
I ragazzi erano accompagnati da un autista bianco maschio adulto con i capelli arancioni, che portava un tatuaggio con la scritta «Odio i neri».
Parker viene sequestrato, portato in un edificio deserto, dove viene aggredito e derubato di giacca, scarpe, telefono e chiavi.
Una volta preso il telefono, i sequestratori iniziano a mandare messaggi a sua madre, Michelle Lee, con contenuti minacciosi. «Lo impiccheremo. Lo troverai al mattino». La donna racconta tutto ai poliziotti.
Il sequestro dura qualche ora, poi quando gli aguzzini fanno per andare in un’altra stanza, la stanza in cui tenevano le pistole, ma Parker riesce a fuggire.
Il primo a vederlo è una donna, Camecia Carmouche. Sta guidando lungo la strada e nota un ragazzino che corre con una maglietta strappata e senza scarpe. «La sua faccia era gonfia – racconta in un video diffuso su Twitter -. Aveva dei graffi».
Le indagini sono in corso. La madre di Parker si fa voce di un crescente razzismo sempre più diffuso in America: «Il motivo per cui l’hanno preso è perchè dicevano che era nero, meritava di morire», racconta la donna.
LA MINACCIA DEI SUPREMATISTI BIANCHI
Il mondo del «White power», quello dei suprematisti bianchi, diffusi in Europa e negli Stati Uniti, gruppi che si rifanno all’ideologia «ariana» e sostengono la supremazia della razza bianca, veicolando idee e programmi islamofobi e, in molti casi, antisemiti, ha visto espandere la sua inquietante presenza negli ultimi anni.
Conta su oltre 1000 siti on line, e sarebbero 1120 i gruppi razzisti, che indottrinano e addestrano, per una «caccia al nero», per la «sopravvivenza della razza bianca» su afroamericani, ispanici, arabi o ebrei.
L’Fbi si affida ai governi locali e monitora questi gruppi attraverso i crimini di matrice razziale commessi: nell’era Obama, dal 2009, le aggressioni ai neri negli Usa hanno registrato un calo.
Poi nel 2016 ha ricominciato a salire. Il numero dei gruppi di odio è aumentato del 17% dal 2014, sono quasi mille le organizzazioni monitorate. L’osservatorio sull’estremismo, la Lega antidiffamazione (ADL), annovera 34 omicidi per estremismo nel 2017, che è stato il quinto anno con più alto tasso di crimini per la violenza estremista dal 1970.
Il dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti, nel rapporto dello scorso settembre e con dati che si riferiscono al 2015, fotografa la percezione delle vittime dei reati d’odio: il 48% sono abusi e violenze a sfondo razziale, il 30% legati al genere, il 22% all’orientamento sessuale, il 16 alla religione, il 15% sono soprusi contro persone disabili.
(da “La Stampa”)
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