Destra di Popolo.net

SALVINI E DI MAIO RIESCONO A FAR CROLLARE LE BANCHE DI WALL STREET, ONDATA DI VENDITE STASERA SUI TITOLI DI STATO ITALIANI

Maggio 29th, 2018 Riccardo Fucile

CRESCE LA PREOCCUPAZIONE ANCHE DEL GOVERNO AMERICANO PER UNA CRISI CHE RISCHIA DI TRAVOLGERE L’EURO DOPO LE USCITE DEMENZIALI DI LEGA E M5S

A sei anni di distanza sui mercati torna lo spettro della crisi dell’eurozona.
Una violenta ondata di vendite si è abbattuta martedì sui titoli di Stato italiani, sulle azioni delle banche italiane e su Piazza Affari nel suo complesso (meno 2,65%) ma il pessimismo si è presto diffuso anche sulle altre Borse europee (meno 1,53% Francoforte, meno 1,29% Parigi) e infine anche a Wall Street, partita in calo di circa un punto percentuale per finire la seduta con una perdita dell’1,58%%.
La crisi di fiducia ha necessariamente colpito anche l’euro le cui quotazioni rispetto al dollaro sono scese fino a 1,53.
La particolare situazione politica che si è venuta a creare in Italia negli ultimi giorni ha avuto l’effetto di spaventare gli investitori internazionali che ora preferiscono vendere, o non comprare titoli di stato italiani, vista l’incertezza dello scenario e la possibilità , che sembrava allontanata da tempo, di una possibile rottura dell’euro.
La tensione si è manifestata concretamente quando all’asta dei Bot a sei mesi che un paio di settimane fa aveva mostrato tassi negativi, è andata in porto a un rendimento dell’1,2%. E i titoli a due anni, i cui rendimenti erano anch’essi in area negativa fino a poche settimane fa, sono saliti repentinamente fino al 2,69%.
Mentre lo spread con la Germania tra i titoli decennali ha raggiunto e oltrepassato durante la seduta di martedì la soglia dei 300 punti, per poi ridiscendere a 290.
Nel mezzo della giornata sono arrivate anche le parole del famoso investitore George Soros, che ha messo in guardia dalla possibilità  di una nuova ‘crisi finanziaria’.
“L’Ue è in una crisi esistenziale. Tutto quello che poteva andare storto è andato storto”, per scappare alla crisi “ha bisogno di reinventarsi”, ha detto il filantropo miliardario ungherese, noto per aver speculato agli inizi degli anni ’90 sull’uscita della lira dal Sistema Monetario europeo.
Agli occhi degli investitori la situazione italiana è diventata incandescente da quando è stata pubblicata una bozza dell’accordo tra i due partiti usciti vincitori dalle elezioni, Lega e M5s, che tra le altre cose prevedeva anche l’uscita dell’Italia dall’euro.
Le nubi hanno continuato ad addensarsi anche nei giorni successivi, nonostante la bozza finale dell’accordo non prevedesse più la clausola sull’euro.
La difficile situazione politica è poi precipitata domenica sera quando il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha detto no alla candidatura dell’economista Paolo Savona alla poltrona di ministro dell’Economia, quella più delicata per l’equilibrio dei conti pubblici e per la politica monetaria.
Il successivo incarico a Carlo Cottarelli di cercare di formare un governo di transizione non è riuscito nell’intento di tranquillizzare i mercati che, come detto, ieri hanno continuato a liberarsi del rischio Italia. “Perchè dovrei tenermi in portafoglio un titolo che mi rende poco più dell’1% se vi è la possibilità  che il debitore non voglia rimborsarmi o, peggio, possa rimborsarmi in lire”, spiega un operatore finanziario da Londra.
Il problema grosso, per l’Italia, riguarda il sistema bancario nei cui bilanci, come è noto, sono presenti grosse quantità  di titoli di stato.
L’aumento dello spread e la conseguente diminuzione dei prezzi dei titoli di stato ha l’effetto di creare forti svalutazioni nei portafogli delle banche e dunque per questa via diminuisce il valore intrinseco degli istituti di credito misurato istantaneamente dalle quotazioni delle loro azioni in Borsa. Non a caso, sempre martedì, per i titoli bancari è stata una giornata di passione: Banco Bpm (-6,7%), Banca Generali (-6,1%), Unicredit (-5,6%), Bper (-5%), Ubi (-4,9%) e Intesa (-4%).
Non meglio hanno fatto le grandi merchant bank americane che hanno subito perdite pesanti nel finale di seduta a Wall Street: JPMorgan perde il 4,27%, Goldman Sachs il 3,40%, Morgan Stanley il 5,77%, Citigroup il 3,99% e Bank of America il 3,98%.
A questo punto la situazione si fa molto delicata e le prossime mosse della politica italiana saranno sotto i riflettori degli osservatori di tutto il mondo.
Il governo Cottarelli stenta a prendere forma e nella serata di martedì il leader del M5s, Luigi Di Maio, ha raffreddato i toni auspicando di tornare a collaborare con il presidente Mattarella duramente criticato solo poche ore prima.
Se nei prossimi giorni riuscirà  a formarsi un governo guidato da una personalità  autorevole e sostenuto in Parlamento dai voti dei due partiti usciti vincitori dalle elezioni, allora la situazione potrà  normalizzarsi.
Ma è evidente che nel programma di governo non dovranno esserci riferimenti a una possibile uscita dall’euro dell’Italia, altrimenti il diluvio di vendite sui mercati continuerà .
Mentre la prospettiva di nuove elezioni molto ravvicinate nel tempo con la possibilità  che la tornata elettorale si trasformi in una sorta di referendum pro o contro l’euro di certo non può che alimentare le tensioni sui mercati.
I partiti usciti vincitori dalle elezioni vogliono comunque cercare di evitare politiche di austerità  e allo stesso tempo vogliono spingere la crescita dell’economia. Ma la coperta è corta.
Nel senso che con un debito pubblico italiano arrivato al 132% del Pil le manovre in deficit di bilancio sono molto limitate e l’unica strada è quella di cercare maggiore efficienze nella macchina statale.
Nel “Contratto per il cambiamento” messo a punto da Lega e 5 Stelle prima della rottura con Mattarella c’erano misure che comportavano maggiori spese per oltre 100 miliardi di euro mentre le entrate finanziarie sono irrisorie.
E’ chiaro che portare avanti un programma di questo tipo significa sforare qualsiasi parametro di bilancio, creare sfiducia e stimolare le vendite sui titoli di stato italiani che innescherebbero una spirale negativa.

(da “Business Insider”)

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CI RIPROVANO PRIMA CHE COTTARELLI GIURI, HANNO PAURA DELLE ELEZIONI: LA MELONI “PRONTA A RAFFORZARE” UN’ALLEANZA CON GLI ODIATI (FINO A IERI) GRILLINI, CHI SE NE FREGA DEL CENTRODESTRA

Maggio 29th, 2018 Riccardo Fucile

SI RIPARTE DA CONTE MA GIRA ANCHE L’IPOTESI SALVINI, ARRIVA IN SOCCORSO ANCHE LA BADANTE, ORA NESSUNO VUOLE PIU’ ANDARE A VOTARE: BENVENUTI AL CIRCO ITALIA, LO SPETTACOLO PIU’ COMICO DEL MONDO

La grande “incertezza” riapre la trattativa o, come si dice in questi casi, uno spiraglio di trattativa.
Proprio mentre il premier incaricato Carlo Cottarelli è al Quirinale dai partiti arrivano i segnali di un ultimo tentativo: Lega ma soprattutto Cinque Stelle, spaventati dal ritorno alla urne già  a luglio e dai sondaggi che certificano una perdita di consensi. L’impennata dello spread, o meglio il “combinato disposto” di allarme dei mercati finanziari ed eventualità  del voto che lascia intravedere uno scenario da incubo: lo spread oltre trecento punti, un governo che, detta brutalmente, rischia di nascere morto, amplificando “l’incertezza” agli occhi degli investitori.
È l’esplosione del “rischio Italia”, in un clima di crisi istituzionale senza precedenti, e senza certezze che le elezioni a luglio, mentre bruciano titoli di Stato, possano spianare la strada a una maggioranza diversa da quella che potrebbe esserci oggi.
Un default per tutti.
In questo contesto matura, in modo confuso, un nuovo incontro Di Maio-Salvini alla Camera, dove si parla di un nuovo “tentativo”.
Perchè — è il senso del ragionamento — “rischiamo che i mercati ci sbranano”.
C’è un punto rimasto sempre fermo, forse l’unico, in questo complicata e drammatica giornata. Ed è la ferma volontà  del capo dello Stato, in caso di ritorno al voto, di portare il paese alle urne con Carlo Cottarelli, ovvero con un governo “neutro”, anche mettendo in conto una bocciatura da parte delle Camere.
Detta in modo esplicito, il messaggio del presidente della Repubblica ai partiti è questo: non c’è nessun accordo per formare un governo, con i partiti che invocano una nuova ordalia elettorale?   Bene, poichè ci si deve andare con un governo neutro, comunque si fa il governo e spetterà  ai partiti la responsabilità  di bocciarlo e, a quel punto, anche la responsabilità  delle elezioni a fine luglio.
Gli uffici tecnici del Viminale sono già  a lavoro sulla verifica della praticabilità  della data del 29 luglio. Ipotesi che resta sul campo, mentre all’ultimo minuto utile è in atto un estremo tentativo.
Che viaggia su due schemi, in una fase in cui anche Silvio Berlusconi è tornato nel gioco.
Lo schema che porta di nuovo al professor Conte, col problema ancora non sciolto e per cui è saltato, ovvero la casella dell’Economia, perchè è evidente che il Quirinale non potrà  accettare domani il nome di Paolo Savona, dopo quel che è successo in questi giorni.
Ma c’è anche sul tavolo dei partiti l’ipotesi di un incarico a Salvini nell’ambito di una operazione più ampia che trovi la non ostilità  di Silvio Berlusconi.
Ipotesi più complicata. Sia come sia, il gioco si è riaperto.
Anche Giorgia Meloni, in un video su Facebook, si dice pronta a un gesto di responsabilità  per evitare il voto il 29 luglio, dicendosi disponibile, se Mattarella non vorrà  dare un incarico al centrodestra, “anche a rafforzare con Fratelli d’Italia la maggioranza Lega-M5s perchè crediamo che bisogna fare tutto quello che c’è da fare per evitare il caos”.
Il dato di fondo, registrabile nelle dichiarazioni in chiaro a fine serata dei due leader impegnati nei comizi elettorali è un radicale cambio di toni rispetto all’assalto al Colle del giorni prima, con richieste di impeachment e chiamate alle mobilitazioni di piazza. E, per domani, ci si attende un’altra impennata sui mercati, con i titoli di Stato che bruciano nel falò della grande incertezza.

(da “Huffingtonpost”)

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C’E’ UN’ITALIA CHE RESISTE, C’E’ UN’ITALIA MIGLIORE DELLA SUA CLASSE POLITICA

Maggio 29th, 2018 Riccardo Fucile

SONO QUEGLI ITALIANI CHE RESTANO AL LORO POSTO, CHE LAVORANO IN SILENZIO CON GRANDE DIGNITA’, CHE NON SI VOLTANO DALL’ALTRA PARTE, CHE PAGANO LE TASSE ANCHE AL POSTO DI CHI NON LE PAGA, UNICO ANCORAGGIO MORALE DA CUI RIPARTIRE

Da quasi novanta giorni una bella fetta di Italia assiste sgomenta e smarrita al pessimo spettacolo offerto dagli attori di questa ennesima crisi politica all’italiana.
Sono le persone, milioni di persone, che in ogni tempo restano al loro posto. Malgrado gli scossoni irrazionali e irresponsabili di chi dice di parlare anche a nome loro.
Con educazione e rispetto questi italiani osservano e vanno avanti.
Devono occuparsi della vita, la loro, ma anche di quella degli altri e certo non si sentono rappresentati da nessuno anche, se, vorrebbero.
Perchè anche in questi mesi con un governo in uscita e nessuno in entrata il Paese è andato avanti, giocoforza.
Perchè chi ha cura e si prende cura non può permettersi di incrociare le braccia e mettersi a guardare lo spettacolo.
Persone, a cui nessuno risponde, che nessuno rappresenta, ma che fanno stare in piedi lo Stato.
Che ogni mattina stanno al loro posto: nei ministeri, negli ospedali, nelle scuole, nelle case di chi ha bisogno di assistenza, nei centri di accoglienza in cui serve umanità  a prescindere, in una volante della polizia.
Starci, sempre e comunque, anche nelle condizioni di difficoltà , magari maledire lo Stato ma non voltandosi mai dall’altra parte quando un turno diventa di 36 ore in una corsia d’ospedale o un ragazzo chiede di parlare con il professore della sua angoscia ben oltre il normale orario scolastico, o c’è un uomo che muore in una casa, sull’asfalto, per mano di altri.
Persone, che non possono permettersi i solipsismi degli intellettuali un giorno impegnati, ma l’altro forse no, ingrata Italia che non mi capisci.
Che pagano le tasse con ordine quando devono e non pensano che milioni altri non lo fanno, ogni anno da anni, e che forse un giorno sarebbe il caso di seguire quell’esempio: famiglie, imprese, partite iva, liberi professionisti.
Persone che si applicano, studiano, giovani che seguono un loro cammino e coltivano un sogno, si danno un obiettivo nonostante il deserto intorno.
Risorse umane, capitale umano, deontologia, etica, rispetto, educazione, formazione, senso dello Stato.
E’ l’Italia che tutti i politici evocano in esercizi di retorica ormai diventati stucchevoli e maleodoranti, sia da posizione di governo sia dall’opposizione.
Parlarne senza conoscere, senza essersi mai sporcati le mani.
Avere cura, slogan veltroniano di tanto tempo fa ridotto a operetta allora e dopo, quando di cura se n’è vista poca anche a quelle latitudini politiche.
Nemmeno per un minuto dentro il Pd è venuto in mente di mobilitarsi in nome dell’Italia, di questa Italia.
Di rischiare per loro, di capire umilmente di aver sbagliato e molto, anche con tutti loro.
Questa è l’Italia che c’è e che ci sarà  malgrado tutto, nonostante tutto, a cui nessuno dice mai grazie.
Che invoca da troppo tempo un paese normale, rettitudine, interesse vero per le cose di cui si parla, competenza della politica, che cerca una guida senza abbandonare il proprio senso di responsabilità .
E’ l’Italia che il populismo offende, da qualsiasi parte politica venga espresso (e troppo ce n’è stato anche ai tempi del governo Renzi, davvero troppo).
Che resiste, nonostante tutto, e che dopo le macerie di questi mesi sarà  l’unico ancoraggio stabile, vero, autentico da cui qualsiasi politica di senso potrà  ripartire.

(da “Huffingtonpost“)

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DI MAIO ALL’ECONOMIA VOLEVA UN BANCAROTTIERE, MA NON ERA IL PARTITO DEGLI HONESTI?

Maggio 29th, 2018 Riccardo Fucile

L’APPOGGIO AL LEGHISTA SIRI CONDANNATO PER BANCAROTTA FRAUDOLENTA A 1,8 ANNI DI CARCERE, UNO CHE IL CODICE ETICO GRILLINO AVREBBE RESPINTO… LA MANCANZA DI COERENZA DI SALVINI SU GIORGETTI

La domanda a cui Luigi Di Maio e Matteo Salvini non riescono a dare, da due giorni, una risposta convincente è sempre la stessa: com’è possibile che M5S e la Lega hanno rinunciato a dare vita al “governo del cambiamento” (a cui avevano alacremente lavorato per un mese, arrivando a firmare un “contratto” e scegliendo tutti i ministri, mentre Mattarella pazientemente chiudeva un occhio su forzature procedurali come la nomina di uno sconosciuto a Palazzo Chigi, un programma fatto da terzi e non dal premier ridotto a mero esecutore, più gazebate in piazza e online) per difendere l’unico uomo (sui 18 ministri presentati) che il presidente Mattarella aveva respinto, cioè il professore Paolo Savona indicato al dicastero dell’Economia?
Di Maio e Salvini, alla domanda, hanno risposto così: «Mattarella non ci vuole fare governare».
Ma davvero Savona, un docente di 81 anni appartenente all’establishment italiano (ministro per Ciampi, dirigente a Bankitalia e Confindustria, vicepresidente dell’Aspen Institute, presidente fino a qualche giorno fa di un fondo di speculazione con base in Lussemburgo), un teorico dell’uscita dell’Italia dall’euro che ha definito qualche mese fa la politica economica tedesca come «un nazismo senza militarismo», era l’unico italiano, su 60 milioni di abitanti, a poter svolgere quel ruolo delicato? Salvini e Di Maio dicono di sì.
Ma la risposta è davvero poco credibile per chi ha un minimo di onestà  intellettuale.
Il capo politico dei grillini e lo stesso Salvini, però, hanno aggiunto nelle ultime ore altre giustificazioni al loro operato, che evidenziano meglio la grande menzogna che stanno propinando all’opinione pubblica, attraverso la Rete, le tv (incredibile l’occupazione dell’etere dei leader, intervistati quasi sempre da conduttori compiacenti e senza lo straccio di un contraddittorio) e i giornali amici.
In primis, entrambi hanno ammesso che hanno conosciuto Savona due-tre settimane fa. Prima non sapevano nemmeno chi fosse.
Di Maio, poi, ha dichiarato che lui stesso, per superare l’impasse, aveva proposto in un colloquio privato a Mattarella due nomi alternativi a quello del professore, «cioè quelli dei leghisti (la casella dell’Economia spettava ai salviniani, ndr) Bagnai e Siri. Ma non andavano bene perchè nel loro passato avevano espresso posizioni critiche sull’Ue e mi è stato detto che per questo le agenzie di rating o la Germania non li gradiscono».
Di Maio è stato smentito subito dal Quirinale («mai avuto quei nomi dal movimento»), dandogli di fatto del bugiardo.
Ma non è tutto: se l’economista Bagnai è addirittura più anti-euro di Savona, il grillino non sa o dimentica che Armando Siri della Lega è un bancarottiere.
Di Maio avrebbe voluto nel ministero più importante del Paese un leghista che   ha patteggiato nel 2015 1,8 anni di carcere per bancarotta fraudolenta.
I pm scrivono che come «testa di legno» per la liquidazione della sua azienda (che aveva debiti anche con lo Stato) Siri aveva piazzato un’immigrata di Santo Domingo, in realtà  titolare di un negozio di parrucchieri.
Insomma, l’uomo giusto al posto giusto.
Per la cronaca, il codice etico del M5S prevede che chi patteggi o prenda condanne, finanche in primo grado, sia indegno per qualsiasi incarico pubblico: com’è possibile che Di Maio abbia ipotizzato Siri a via Venti Settembre?
«Abbiamo difeso un’idea, un principio», ha invece detto Salvini spiegando l’impuntatura su Savona. Eppure il Quirinale, pur di far partire il governo tanto a cuore a Matteo, gli aveva chiesto di presentargli altri nomi e altre figure, che potessero spaventare meno l’Europa e i mercati e garantire la tutela — come vuole la Costituzione – dei risparmi degli italiani. Spiegando di poter nominare, di buon grado, finanche il leghista Giancarlo Giorgetti, cioè la “mente” della Lega e il braccio destro del leader delle camicie verdi. Savona avrebbe potuto, a quel punto, essere assunto come superconsulente. Salvini, invece di accettare, ha consegnato alla Repubblica un secco e inspiegabile niet. Come mai Giorgetti non andava bene? «Giancarlo non avrebbe avuto lo stesso peso in Europa, lo sa lui e lo so io», ha ragionato Salvini sorridendo. Forse Savona avrebbe sbattuto i pugni sul tavolo della Merkel e di Oettinger con maggiore vigore di Giorgetti, può essere.
Ma se la ratio della scelta era legata all’autorevolezza europea e al curriculum, allora per quale motivo la Lega ha accettato che il premier del “governo del cambiamento” fosse Giuseppe Conte, uno sconosciuto professore che non era stato votato dagli italiani, un tecnico di medio livello senza alcuna esperienza politica, con un curriculum gonfiato e una casa ipotecata da Equitalia per tasse non pagate? Il presidente del Consiglio, l’incarico più importante di un esecutivo, affidato a un peso piuma che doveva confrontarsi con Merkel, Macron e Bruxelles andava bene e Giorgetti, suo esperto amico e braccio destro, invece no? Di Maio e Salvini mentono sapendo di mentire.
Il primo ha spostato il fallimento suo e del suo gruppo dirigente da Salvini (che li ha presi per i fondelli fino alla fine) sul capo dello Stato, reo di aver «attentato alla Costituzione» e perseguibile, dicono, con la messa in stato di accusa.
Il secondo, più scaltro e scafato, vedendo i sondaggi ha giocato una partita politica avventurista ma vincente, e si è sfilato in extremis in modo da tornare alle elezioni e provare a mangiarsi non solo quel che resta di Forza Italia, ma anche un pezzo del M5S proponendosi come unica vera forza antieuropea e sovranista.
I mercati ballano perchè scommettono sulla sua vittoria elettorale — con Berlusconi o M5S – prossima ventura.
Ps: Di Maio ha definito ieri il premier incaricato Cottarelli «un uomo dell’Fmi, che ci ha riempito la testa che dobbiamo distruggere la scuola e tagliare le spese».
Se il piano Cottarelli per la spending review non ha mai ipotizzato tagli di alcun tipo delle voci sull’Istruzione, solo tre mesi fa lo stesso Di Maio diceva su Sky: «Cottarelli ministro con un governo M5S? Non si recluta un ministro in diretta. Ma sicuramente Cottarelli ha messo nero su bianco la lista della spesa che servirà  per recuperare fondi. Una parte del piano Cottarelli è molto interessante per noi, e spero comunque di poter confrontarmi con il professor Cottarelli che aveva detto, in questi anni, ai vari governi dove andare a prendere i soldi. Ma alla fine hanno eliminato lui, e non gli sprechi».
La coerenza, prima di tutto.

(da “L’Espresso”)

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LUIGI GALLO, IL DEPUTATO M5S CHE NON VUOLE L’ALLEANZA CON LA LEGA

Maggio 29th, 2018 Riccardo Fucile

“SAREBBE UN SUICIDIO ELETTORALE, SALVINI CI STA UTILIZZANDO PER AUMENTARE CREDIBILITA’ TRA IL NOSTRO ELETTORATO, STIAMO PERDENDO LA NOSTRA IDENTITA'”

«Fare un alleanza con la Lega sarebbe anche un suicidio elettorale, perderemo una valanga di voti a vantaggio di Salvini e la Lega che governerà  lo scenario nella prossima legislatura. Ci sta utilizzando per acquisire credibilità  e voti in tutto il Paese»: parole del deputato del MoVimento 5 Stelle Luigi Gallo, che su Facebook ha scritto uno status per spiegare che l’alleanza con la Lega sarebbe un errore strategico e tattico.
Nello status Gallo spiega:
Il M5S ha una sua identità , ha una sua forza e una sua visione perchè guarda a tutta la società  in modo trasversale , perchè ha soluzioni per il Paese in perfetto equilibrio, e perchè può convincere sulla sua visione di Paese e di futuro con una forza politica che accoglie tutti i cittadini. Se questo equilibrio venisse a saltare, i nostri temi del taglio degli stipendi, dell’esigenza di rispondere alle diseguaglianze nel paese, degli investimenti strategici in cultura e istruzione e di un altro modello di sviluppo non sarebbero più forti e spendibili con un’alleanza elettorale con la Lega.
Dobbiamo tornare a parlare di democrazia, costituzione, diritti civili, uguaglianza, investimenti in cultura e investimenti in istruzione. Dobbiamo ritornare a differenziarci mettendo insieme libertà , diritti e dignità .

(da “NextQuotidiano”)

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RENZI RIVELA: “NAPOLITANO MI CAMBIO’ DUE MINISTRI SU SEDICI, ERA NEL SUO DIRITTO E NON FECI NESSUN CASINO”

Maggio 29th, 2018 Riccardo Fucile

L’EX PREMIER MOSTRA IN TV IL CARTEGGIO CON L’ALLORA PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Un carteggio, storico. Quello del 2014 tra l’allora premier incaricato Matteo Renzi e l’allora presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.
E’ quanto ha in tasca il segretario dimissionario del Pd mentre si avvia per gli studi di ‘Otto e mezzo’ su La7.
Il carteggio lo mostrerà : a difesa delle prerogative del presidente della Repubblica, proprio nei giorni in cui Sergio Mattarella è sotto il fuoco di Lega e M5s per il suo veto su Paolo Savona al ministero dell’Economia.
“Napolitano mi ha cambiato due ministri su 16, ci sono andato due volte al Colle per formare il governo”, racconta Renzi.
“Questo per dire che il presidente può e deve intervenire sulla formazione del governo: lo dice la Costituzione e anche i precedenti. Il mio, in questo caso”.

(da agenzie)

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SONDAGGISTA DI INDEX: “IL M5S STA CONTINUANDO A PERDERE VOTI TRA IL SUO ELETTORATO DI SINISTRA”

Maggio 29th, 2018 Riccardo Fucile

L’ISTITUTO CHE FORNISCE I DATI PER “PIAZZA PULITA”: “DI MAIO NON RIESCE PIU’ A RECUPERARE, L’ATTACCO A MATTARELLA NON PAGA, L’ITALIA E’ SPACCATA”

Natascia Turato di Index è la sondaggista che ogni giovedì dà  a Corrado Formigli per Piazza Pulita il termometro politico del Paese.
“Da settimane registriamo una battuta d’arresto dei pentastellati ma è chiaro che gli ultimi avvenimenti, con la fine della grande aspettativa sul governo del cambiamento, sta penalizzando i grilLini che perdono voti sia tra l’elettorato di sinistra che a destra in favore della Lega, sia pure in misura minore”, spiega.
Si può parlare di un travaso di voti dal partito di Di Maio a quello di Salvini?
“No. I pentastellati perdono consensi soprattutto nell’elettorato di sinistra che li ha votati per la prima volta. Negli oltre ottanta giorni passati dalle elezioni c’è stato un costate calo dei pentastellai e non a caso è cresciuto il partito del nono voto. E’ lì che per ora sta finendo per ora parte dell’elettorato di sinistra che il 4 marzo li ha votati. Il movimento di Di Maio non riesce a invertire la rotta e anche in queste ore, dopo la rottura con il Quirinale, non è Di Maio ha incassare consensi”.
La fine della stagione del candidato premier in doppio petto istituzionale, in favore del leader incendiario che mette sotto accusa il capo dello Stato non sta facendo recuperare voti al     capo       politico del Movimento?
“No. Come dicevo per ora è il Carroccio a convincere gli elettori. Piaccia o meno Salvini   non è mai uscito dalla modalità  campagna elettorale, mentre i pentastellati sono stati molti ondivaghi, più confusi, finendo per disorientare il loro elettorato”.
Lo scontro frontale con il Quirinale farà  recuperare punti a Di Maio?
“Per ora sta solo spaccando il Paese a metà . L’Italia è divisa come mai”.

(da “La Repubblica”)

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“IMPEACHMENT NON PIU’ SUL TAVOLO, PRONTI A COLLABORARE CON MATTARELLA”: SIAMO SU SCHERZI A PARTE

Maggio 29th, 2018 Riccardo Fucile

DEVONO AVER SEDATO DI MAIO, APPENA SVEGLIO RIPARTE PER ACCHIAPPARE LA POLTRONA

“Prendo atto che Matteo Salvini ‘cuor di leone’ non vuole fare l’impeachment e lì ci vuole la maggioranza”, dice Luigi Di Maio a Napoli. “Spero che si vada alle elezioni il prima possibile – aggiunge – in una situazione politica molto difficile, tuttavia, resta una posizione coerente ma collaborativa con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella per riuscire a risolvere quella che è l’attuale crisi che stiamo vivendo”. Mentre Carlo Cottarelli è faticosamente al lavoro per preparare la lista dei ministri del suo governo, arriva una svolta dal leader politico del M5s.
“Una maggioranza c’è in Parlamento – dice ancora Di Maio – fatelo partire quel governo”
Quindi, Di Maio cambia strategia quasi con un’inversione a U anche sul Colle, dopo gli attacchi e la richiesta di impeachment declinata dal leader del Carroccio.
“Il problema non è neanche il Quirinale – afferma – sbaglia obiettivo chi lo dice”

(da agenzie)

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CABINE BALNEARI: L’IPOTESI DI VOTARE IL 29 LUGLIO, INSIEME ALLA SCHEDA PORTATEVI LA CREMA SOLARE

Maggio 29th, 2018 Riccardo Fucile

I PARTITI CHIEDONO TUTTI IL VOTO SUBITO, SI STUDIANO LE DATE, MA DIETRO LE QUINTE NON E’ MALE CHE LO STIPENDIO CORRA E SI CONTINUA A TRATTARE

Gli uffici tecnici del Viminale sono già  al lavoro per una verifica sulla praticabilità  della data del 29 luglio. Perchè l’ipotesi del rapido ritorno al voto è all’ordine del giorno.
Lo spread oltre trecento punti, un governo che, detta brutalmente, rischia di nascere morto. La gazzarra al Senato mentre il premier incaricato Carlo Cottarelli è al Colle con la lista dei ministri prefigura uno scenario che amplifica l’incertezza: l’esplosione del “rischio Italia”.
I partiti, pressochè tutti, che urlano alle urne, un governo del capo dello Stato che non ottiene un voto in Parlamento non senza una maggioranza, ma senza il seppur minimo consenso parlamentare. Tanto vale tornare al voto.
Ecco perchè il premier incaricato Carlo Cottarelli, salito al Colle con la lista dei ministri ha lasciato il Quirinale. La riflessione, a questo punto, è sul timing dello scioglimento.
Non sulla rinuncia che il Quirinale fa sapere che non è sul tavolo e spiega il tutto con “la necessità  di più tempo è legata all’esigenza di più tempo per mettere a punto la lista dei ministri”.
La sensazione è questa: Cottarelli andrà  avanti, perchè comunque il Quirinale vuole che si torni al voto con un governo “neutrale” e non con il governo Gentiloni, ma non si esclude il ritorno al voto in tempi rapidi, anche a luglio.
Il calcolo sulle possibili date per tornare al voto è da giorni allo studio del Viminale. Circolano già , negli uffici tecnici, vari prospetti sulla data dello scioglimento in relazione a quella del voto.
Tra lo scioglimento e il voto il termini parlano di un minimo di 45 giorni e un massimo di sessanta. Di media sessanta giorni.
Il problema che finora si è posto, quando sembrava praticabile la strada di un governo neutrale che accompagnasse il paese alle urne riguarda la normativa sugli italiani all’estero.
La legge Tremaglia per il voto degli italiani all’estero fissa il termine di almeno 60 giorni prima della data del voto per la comunicazione dell’elenco degli elettori residenti all’esterno. Una comunicazione che il ministro degli Interni deve inviare a quello degli Esteri. Non si tratta di un termine “perentorio” ma “ordinatorio”, cioè si potrebbe derogare. Ma in ogni caso gli elenchi vanno aggiornati.
Qualora nascesse un governo, si porrebbe all’ordine del giorno, per un ritorno rapido alle urne, la necessità  di un decretino per intervenire sulla materia.
Con tutti problemi tecnico-politici del caso: può un governo, nato sfiduciato, varare un decreto del genere senza un consenso di tutti i partiti in materia elettorale? Ecco. Per votare il 29 luglio i termine ultimo di scioglimento è metà  giugno, ma entro quella data occorre un decretino che deve avere il consenso dei partiti che intervenga sulla normativa del voto all’estero.

(da “Huffingtonpost”)

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