DI MAIO ALL’ECONOMIA VOLEVA UN BANCAROTTIERE, MA NON ERA IL PARTITO DEGLI HONESTI?
L’APPOGGIO AL LEGHISTA SIRI CONDANNATO PER BANCAROTTA FRAUDOLENTA A 1,8 ANNI DI CARCERE, UNO CHE IL CODICE ETICO GRILLINO AVREBBE RESPINTO… LA MANCANZA DI COERENZA DI SALVINI SU GIORGETTI
La domanda a cui Luigi Di Maio e Matteo Salvini non riescono a dare, da due giorni, una risposta convincente è sempre la stessa: com’è possibile che M5S e la Lega hanno rinunciato a dare vita al “governo del cambiamento” (a cui avevano alacremente lavorato per un mese, arrivando a firmare un “contratto” e scegliendo tutti i ministri, mentre Mattarella pazientemente chiudeva un occhio su forzature procedurali come la nomina di uno sconosciuto a Palazzo Chigi, un programma fatto da terzi e non dal premier ridotto a mero esecutore, più gazebate in piazza e online) per difendere l’unico uomo (sui 18 ministri presentati) che il presidente Mattarella aveva respinto, cioè il professore Paolo Savona indicato al dicastero dell’Economia?
Di Maio e Salvini, alla domanda, hanno risposto così: «Mattarella non ci vuole fare governare».
Ma davvero Savona, un docente di 81 anni appartenente all’establishment italiano (ministro per Ciampi, dirigente a Bankitalia e Confindustria, vicepresidente dell’Aspen Institute, presidente fino a qualche giorno fa di un fondo di speculazione con base in Lussemburgo), un teorico dell’uscita dell’Italia dall’euro che ha definito qualche mese fa la politica economica tedesca come «un nazismo senza militarismo», era l’unico italiano, su 60 milioni di abitanti, a poter svolgere quel ruolo delicato? Salvini e Di Maio dicono di sì.
Ma la risposta è davvero poco credibile per chi ha un minimo di onestà intellettuale.
Il capo politico dei grillini e lo stesso Salvini, però, hanno aggiunto nelle ultime ore altre giustificazioni al loro operato, che evidenziano meglio la grande menzogna che stanno propinando all’opinione pubblica, attraverso la Rete, le tv (incredibile l’occupazione dell’etere dei leader, intervistati quasi sempre da conduttori compiacenti e senza lo straccio di un contraddittorio) e i giornali amici.
In primis, entrambi hanno ammesso che hanno conosciuto Savona due-tre settimane fa. Prima non sapevano nemmeno chi fosse.
Di Maio, poi, ha dichiarato che lui stesso, per superare l’impasse, aveva proposto in un colloquio privato a Mattarella due nomi alternativi a quello del professore, «cioè quelli dei leghisti (la casella dell’Economia spettava ai salviniani, ndr) Bagnai e Siri. Ma non andavano bene perchè nel loro passato avevano espresso posizioni critiche sull’Ue e mi è stato detto che per questo le agenzie di rating o la Germania non li gradiscono».
Di Maio è stato smentito subito dal Quirinale («mai avuto quei nomi dal movimento»), dandogli di fatto del bugiardo.
Ma non è tutto: se l’economista Bagnai è addirittura più anti-euro di Savona, il grillino non sa o dimentica che Armando Siri della Lega è un bancarottiere.
Di Maio avrebbe voluto nel ministero più importante del Paese un leghista che ha patteggiato nel 2015 1,8 anni di carcere per bancarotta fraudolenta.
I pm scrivono che come «testa di legno» per la liquidazione della sua azienda (che aveva debiti anche con lo Stato) Siri aveva piazzato un’immigrata di Santo Domingo, in realtà titolare di un negozio di parrucchieri.
Insomma, l’uomo giusto al posto giusto.
Per la cronaca, il codice etico del M5S prevede che chi patteggi o prenda condanne, finanche in primo grado, sia indegno per qualsiasi incarico pubblico: com’è possibile che Di Maio abbia ipotizzato Siri a via Venti Settembre?
«Abbiamo difeso un’idea, un principio», ha invece detto Salvini spiegando l’impuntatura su Savona. Eppure il Quirinale, pur di far partire il governo tanto a cuore a Matteo, gli aveva chiesto di presentargli altri nomi e altre figure, che potessero spaventare meno l’Europa e i mercati e garantire la tutela — come vuole la Costituzione – dei risparmi degli italiani. Spiegando di poter nominare, di buon grado, finanche il leghista Giancarlo Giorgetti, cioè la “mente” della Lega e il braccio destro del leader delle camicie verdi. Savona avrebbe potuto, a quel punto, essere assunto come superconsulente. Salvini, invece di accettare, ha consegnato alla Repubblica un secco e inspiegabile niet. Come mai Giorgetti non andava bene? «Giancarlo non avrebbe avuto lo stesso peso in Europa, lo sa lui e lo so io», ha ragionato Salvini sorridendo. Forse Savona avrebbe sbattuto i pugni sul tavolo della Merkel e di Oettinger con maggiore vigore di Giorgetti, può essere.
Ma se la ratio della scelta era legata all’autorevolezza europea e al curriculum, allora per quale motivo la Lega ha accettato che il premier del “governo del cambiamento” fosse Giuseppe Conte, uno sconosciuto professore che non era stato votato dagli italiani, un tecnico di medio livello senza alcuna esperienza politica, con un curriculum gonfiato e una casa ipotecata da Equitalia per tasse non pagate? Il presidente del Consiglio, l’incarico più importante di un esecutivo, affidato a un peso piuma che doveva confrontarsi con Merkel, Macron e Bruxelles andava bene e Giorgetti, suo esperto amico e braccio destro, invece no? Di Maio e Salvini mentono sapendo di mentire.
Il primo ha spostato il fallimento suo e del suo gruppo dirigente da Salvini (che li ha presi per i fondelli fino alla fine) sul capo dello Stato, reo di aver «attentato alla Costituzione» e perseguibile, dicono, con la messa in stato di accusa.
Il secondo, più scaltro e scafato, vedendo i sondaggi ha giocato una partita politica avventurista ma vincente, e si è sfilato in extremis in modo da tornare alle elezioni e provare a mangiarsi non solo quel che resta di Forza Italia, ma anche un pezzo del M5S proponendosi come unica vera forza antieuropea e sovranista.
I mercati ballano perchè scommettono sulla sua vittoria elettorale — con Berlusconi o M5S – prossima ventura.
Ps: Di Maio ha definito ieri il premier incaricato Cottarelli «un uomo dell’Fmi, che ci ha riempito la testa che dobbiamo distruggere la scuola e tagliare le spese».
Se il piano Cottarelli per la spending review non ha mai ipotizzato tagli di alcun tipo delle voci sull’Istruzione, solo tre mesi fa lo stesso Di Maio diceva su Sky: «Cottarelli ministro con un governo M5S? Non si recluta un ministro in diretta. Ma sicuramente Cottarelli ha messo nero su bianco la lista della spesa che servirà per recuperare fondi. Una parte del piano Cottarelli è molto interessante per noi, e spero comunque di poter confrontarmi con il professor Cottarelli che aveva detto, in questi anni, ai vari governi dove andare a prendere i soldi. Ma alla fine hanno eliminato lui, e non gli sprechi».
La coerenza, prima di tutto.
(da “L’Espresso”)
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