SALVINI E DI MAIO RIESCONO A FAR CROLLARE LE BANCHE DI WALL STREET, ONDATA DI VENDITE STASERA SUI TITOLI DI STATO ITALIANI
CRESCE LA PREOCCUPAZIONE ANCHE DEL GOVERNO AMERICANO PER UNA CRISI CHE RISCHIA DI TRAVOLGERE L’EURO DOPO LE USCITE DEMENZIALI DI LEGA E M5S
A sei anni di distanza sui mercati torna lo spettro della crisi dell’eurozona.
Una violenta ondata di vendite si è abbattuta martedì sui titoli di Stato italiani, sulle azioni delle banche italiane e su Piazza Affari nel suo complesso (meno 2,65%) ma il pessimismo si è presto diffuso anche sulle altre Borse europee (meno 1,53% Francoforte, meno 1,29% Parigi) e infine anche a Wall Street, partita in calo di circa un punto percentuale per finire la seduta con una perdita dell’1,58%%.
La crisi di fiducia ha necessariamente colpito anche l’euro le cui quotazioni rispetto al dollaro sono scese fino a 1,53.
La particolare situazione politica che si è venuta a creare in Italia negli ultimi giorni ha avuto l’effetto di spaventare gli investitori internazionali che ora preferiscono vendere, o non comprare titoli di stato italiani, vista l’incertezza dello scenario e la possibilità , che sembrava allontanata da tempo, di una possibile rottura dell’euro.
La tensione si è manifestata concretamente quando all’asta dei Bot a sei mesi che un paio di settimane fa aveva mostrato tassi negativi, è andata in porto a un rendimento dell’1,2%. E i titoli a due anni, i cui rendimenti erano anch’essi in area negativa fino a poche settimane fa, sono saliti repentinamente fino al 2,69%.
Mentre lo spread con la Germania tra i titoli decennali ha raggiunto e oltrepassato durante la seduta di martedì la soglia dei 300 punti, per poi ridiscendere a 290.
Nel mezzo della giornata sono arrivate anche le parole del famoso investitore George Soros, che ha messo in guardia dalla possibilità di una nuova ‘crisi finanziaria’.
“L’Ue è in una crisi esistenziale. Tutto quello che poteva andare storto è andato storto”, per scappare alla crisi “ha bisogno di reinventarsi”, ha detto il filantropo miliardario ungherese, noto per aver speculato agli inizi degli anni ’90 sull’uscita della lira dal Sistema Monetario europeo.
Agli occhi degli investitori la situazione italiana è diventata incandescente da quando è stata pubblicata una bozza dell’accordo tra i due partiti usciti vincitori dalle elezioni, Lega e M5s, che tra le altre cose prevedeva anche l’uscita dell’Italia dall’euro.
Le nubi hanno continuato ad addensarsi anche nei giorni successivi, nonostante la bozza finale dell’accordo non prevedesse più la clausola sull’euro.
La difficile situazione politica è poi precipitata domenica sera quando il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha detto no alla candidatura dell’economista Paolo Savona alla poltrona di ministro dell’Economia, quella più delicata per l’equilibrio dei conti pubblici e per la politica monetaria.
Il successivo incarico a Carlo Cottarelli di cercare di formare un governo di transizione non è riuscito nell’intento di tranquillizzare i mercati che, come detto, ieri hanno continuato a liberarsi del rischio Italia. “Perchè dovrei tenermi in portafoglio un titolo che mi rende poco più dell’1% se vi è la possibilità che il debitore non voglia rimborsarmi o, peggio, possa rimborsarmi in lire”, spiega un operatore finanziario da Londra.
Il problema grosso, per l’Italia, riguarda il sistema bancario nei cui bilanci, come è noto, sono presenti grosse quantità di titoli di stato.
L’aumento dello spread e la conseguente diminuzione dei prezzi dei titoli di stato ha l’effetto di creare forti svalutazioni nei portafogli delle banche e dunque per questa via diminuisce il valore intrinseco degli istituti di credito misurato istantaneamente dalle quotazioni delle loro azioni in Borsa. Non a caso, sempre martedì, per i titoli bancari è stata una giornata di passione: Banco Bpm (-6,7%), Banca Generali (-6,1%), Unicredit (-5,6%), Bper (-5%), Ubi (-4,9%) e Intesa (-4%).
Non meglio hanno fatto le grandi merchant bank americane che hanno subito perdite pesanti nel finale di seduta a Wall Street: JPMorgan perde il 4,27%, Goldman Sachs il 3,40%, Morgan Stanley il 5,77%, Citigroup il 3,99% e Bank of America il 3,98%.
A questo punto la situazione si fa molto delicata e le prossime mosse della politica italiana saranno sotto i riflettori degli osservatori di tutto il mondo.
Il governo Cottarelli stenta a prendere forma e nella serata di martedì il leader del M5s, Luigi Di Maio, ha raffreddato i toni auspicando di tornare a collaborare con il presidente Mattarella duramente criticato solo poche ore prima.
Se nei prossimi giorni riuscirà a formarsi un governo guidato da una personalità autorevole e sostenuto in Parlamento dai voti dei due partiti usciti vincitori dalle elezioni, allora la situazione potrà normalizzarsi.
Ma è evidente che nel programma di governo non dovranno esserci riferimenti a una possibile uscita dall’euro dell’Italia, altrimenti il diluvio di vendite sui mercati continuerà .
Mentre la prospettiva di nuove elezioni molto ravvicinate nel tempo con la possibilità che la tornata elettorale si trasformi in una sorta di referendum pro o contro l’euro di certo non può che alimentare le tensioni sui mercati.
I partiti usciti vincitori dalle elezioni vogliono comunque cercare di evitare politiche di austerità e allo stesso tempo vogliono spingere la crescita dell’economia. Ma la coperta è corta.
Nel senso che con un debito pubblico italiano arrivato al 132% del Pil le manovre in deficit di bilancio sono molto limitate e l’unica strada è quella di cercare maggiore efficienze nella macchina statale.
Nel “Contratto per il cambiamento” messo a punto da Lega e 5 Stelle prima della rottura con Mattarella c’erano misure che comportavano maggiori spese per oltre 100 miliardi di euro mentre le entrate finanziarie sono irrisorie.
E’ chiaro che portare avanti un programma di questo tipo significa sforare qualsiasi parametro di bilancio, creare sfiducia e stimolare le vendite sui titoli di stato italiani che innescherebbero una spirale negativa.
(da “Business Insider”)
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