Luglio 30th, 2018 Riccardo Fucile
IL CONTE TRAVICELLO IN CAMBIO DI DUE PACCHE SULLE SPALLE ACCETTA DI MANTENERE LE TRUPPE ITALIANE IN AFGHANISTAN, DI DARE IL VIA LIBERA AL TAP, DI COMPRARE GLI F35, DI SUBIRE I DAZI SUI PRODOTTI ITALIANI ESPORTATI NEGLI USA, DI CACCIARE PIU’ SOLDI PER LA NATO
Da stasera è ufficiale: l’Italia è diventato per Donald Trump il Paese di riferimento in Europa.
L’interlocutore più affidabile, quello che sai che non alzerà mai la voce, che non porrà problemi, mica come la Merkel o Macron, e pure Theresa May.
Alla Casa Bianca, The Donald non ha salutato un alleato fedele. Di più: ha “adottato” un primo ministro, Giuseppe Conte, con il quale, come sottolineava il Washington Post alla vigilia del summit ( il primo di Conte alla Casa Bianca), si è manifestato un “allineamento spirituale”; allineamento tra due – Trump dixit- “outsider della politica”.
Dall’immigrazione alla Libia: per il presidente Usa l’Italia è un esempio da seguire.
Un modus operandi, in particolare quello sui confini, che l’Europa dovrebbe prendere ad esempio.
Così Trump ha accolto il premier italiano alla Casa Bianca lodando il “lavoro fantastico” che secondo il presidente Usa sta portando avanti.
In particolare, il tycoon si è detto “molto d’accordo con quello che state facendo sull’immigrazione legale e illegale” e con la “vostra gestione dei confini”. Una posizione “dura”, ha spiegato Trump facendo riferimento alla chiusura dei porti decisa dal governo M5S-Lega, che “molti altri Paesi in Europa dovrebbero seguire”.
E poi, tra sorrisi e calorose strette di mano, l’inquilino della Casa Bianca ha ringraziato Conte e spiegato che “siamo diventati amici durante gli incontri al G7 e nel corso di alcuni colloqui telefonici”. Poi è iniziato il faccia a faccia nello Studio Ovale, al quale erano presenti anche il Consigliere per la Sicurezza nazionale John Bolton, John Kelly, capo di gabinetto della Casa Bianca, e la portavoce Sarah Sanders.
Trump è prodigo di encomi ma non lo fa gratis.
All'”amico italiano” chiede contropartite concrete, impegni precisi.
Due in particolare: il mantenimento della presenza militare italiana in Afghanistan e l’assicurazione, questa meno scontata, sul completamento della Tap (Trans Adriatic Pipeline), il gasdotto che dovrebbe passare per la Puglia e che Washington ritiene di grande importanza per spezzare la dipendenza europea da Mosca.
E poi, c’è un altro problema non da poco. Un problema da 31 miliardi di dollari: a tanto ammonta il deficit commerciale che l’Italia ha accumulato nei confronti degli Stati Uniti. The Donald non è uso fare sconti, ma, benevolmente, concede: “Lo risolveremo insieme”.
Con una aggiunta, però, molto significativa: “Abbiamo molto di cui parlare, che riguarda il commercio e il settore militare. Voi state ordinando aerei, molti aerei”, ha insistito Trump- Tradotto: dovete onorare fino in fondo la commessa degli F-35. Ma queste sono quisquilie, oggi, di fronte al reclutamento che Trump fa dell’Italia gialloverde nel campo “sovranista”.
Le dichiarazioni si rincorrono, si reiterano, ma ciò che più conta, quello che segna davvero un passaggio di status, da alleato ad arruolato, è l’atteggiamento che Trump manifesta verso l’amico italiano: protettivo, quello che un maestro concede all’allievo non i più dotato della classe ma di certo quello che non contesta, che non ha alzate di ingegno.
Ecco allora le “congratulazioni per la grande vittoria elettorale”: che Trump rivolge a colui, Conte, che l’inquilino della Casa Bianca chiama “il mio nuovo amico
E qui il cerchio si chiude. Perchè l’arruolamento dell’Italia nel “sovranismo internazionale” da parte di Trump fa piacere, e molto, anche all’altro sovranista capo che risiede a Mosca: Vladimir Putin.
Nel suo recente viaggio in Europa, The Donald ha umiliato l’Europa, bacchettato la Nato e poi, trasferendosi da Bruxelles a Helsinki, ha cementato il patto a due con il suo omologo russo.
Un patto che non esclude contrasti geopolitici o di affari, ma che si fonda su un nemico comune, esplicitato da Trump, “praticato” da Putin: l’Europa.
Da cancellare come entità politica.
Per far posto all'”internazionale sovranista”, della quale da oggi l’Italia fa parte.
C’è da vedere come la prenderanno a Berlino, Parigi, Madrid…
Ma questa è un’altra storia.
(da “Huffingtonpost”)
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Luglio 30th, 2018 Riccardo Fucile
IL NO DI BERLUSCONI A FOA PONE FINE A UN EQUIVOCO …D’ORA INNANZI RAZZISTI AL GOVERNO E NON RAZZISTI ALL’OPPOSIZIONE … STAVOLTA LA SPINTA A ROMPERE E’ ARRIVATA DAL GRUPPO DIRIGENTE DEGLI AZZURRI
È, semplicemente, la fine dell’ipocrisia.
Quella di un centrodestra che non c’è più da tempo. E che lo certifica sulla Rai, diventata, per usare la metafora di Giovanni Toti, un perfetto “incidente di Sarajevo”, con Marcello Foa nei panni dell’arciduca Francesco Ferdinando.
Il casus belli, in fondo cercato da entrambe le parti in causa, Salvini e Berlusconi. Che, a meno di clamorosi colpi di scena di qui al voto di mercoledì della commissione di Vigilanza, preannuncia la fine del centrodestra come esperienza politica.
I fatti: il Cavaliere, escluso dalla trattativa sul dossier che gli sta più a cuore (quello televisivo), ha deciso, fortemente supportato da pressochè tutto il suo gruppo dirigente, Gianni Letta in primis, di votare contro il presidente indicato dal governo e comunicato dopo la scelta perchè “siamo di fronte a un atto arrogante” e “accettare questa imposizione significa condannarsi all’irrilevanza e alla subalternità “; e Salvini, consapevole degli spifferi bellici che trapelano da Arcore, ha scelto di non alzare la cornetta del telefono, pur consapevole che il colloquio in sè produrrebbe l’effetto di un mezzo disgelo, perchè darebbe il segno che Berlusconi è ancora un “interlocutore” politico e non una zavorra di cui liberarsi. Almeno per ora.
Assicurano i suoi che il leader della Lega non ha alcuna intenzione di aprire un negoziato sul nome ed è pronto, in caso di voto contrario di Forza Italia, a “rompere”, scaricando le responsabilità su Forza Italia.
Il che, evidentemente, non significa mettere in discussione, con atti masochistici, le giunte del Nord .
La sensazione è che non siamo di fronte a un incidente diplomatico o a una situazione sfuggita di mano. Ma che si sta consumando la pagina finale (o una delle pagine finali) di una storia.
Quella di Salvini è, diciamo così una “scelta di campo”: si è posto, in tutto il negoziato sulle nomine, come protagonista della nuova fase con Di Maio, con la scelta dei Cinque stelle come interlocutori presenti e futuri, e non Berlusconi che, solo qualche giorno fa, lo aveva invitato a tornare col centrodestra e a mettere fine all’esperienza del governo gialloverde.
Più volte, in questa legislatura, Berlusconi si è fatto concavo e convesso.
Stavolta, invece, complice l’accerchiamento di un gruppo dirigente profondamente insofferente verso Salvini ha optato per una posizione di principio, più che per una trattativa “sostanziale”
Cui prodest? Certamente ai tanti che, dentro Forza Italia, teorizzano la rottura con Salvini sognando il partito del Nazareno con un leader alla Calenda.
Difficilmente senza i voti di Forza Italia Marcello Foa sarà eletto presidente della Rai. Ne servono 26. Ce ne sono solo 21 più i due della Meloni.
(da “Huffingtonpost”)
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Luglio 30th, 2018 Riccardo Fucile
IL GRILLINO NON CONOSCE VERGOGNA, NESSUNO DIMENTICA LE SUE ODIOSE DICHIARAZIONI E LA COPERTURA POLITICA ALLA DERIVA RAZZISTA DEL SUO SODALE
Che ha detto Di Maio? “In questo momento il tema del razzismo va affrontato senza
strumentalizzazioni politiche perchè se si usano questi episodi per andare contro il governo allora non si sta affrontando culturalmente il problema del razzismo, si sta solo prendendo la notizia e la si sta utilizzando in maniera strumentale contro il governo”.
Non c’è limite all’ipocrisia e alla menzogna.
Chi parla di ‘pacchia’, chi parla di ‘crociera’, chi deride le sofferenze dei migranti? Chi nega che esista un problema razzismo e continua a dire che l’unica emergenza per la sicurezza siano gli immigrati?
Chi si precipita a urlare nei casi di cronaca che vedono protagonisti negativi gli stranieri e e tacere quando gli autori sono italiani?
Salvini o Babbo Natale?
‘Giggino’ Di Maio che in questi mesi è diventato con Toninelli una stampella del razzismo fa finta non aver nè visto, nè capito e nè sentito.
Il che è la rappresentazione del nulla.
(da Globalist)
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Luglio 30th, 2018 Riccardo Fucile
UN CONSIGLIERE COMUNALE E 11 DEI MUNICIPI HANNO USATO LA TAXISTA MELONI PER TRAGHETTARE NELLA LEGA
Per la prima volta nella storia la Lega entra in Campidoglio.
Nasce infatti ufficialmente in Assemblea capitolina il gruppo consiliare che fa riferimento al partito di Matteo Salvini, presentato stamattina a Palazzo Senatorio proprio nella sala del Carroccio, che sarà formato dal consigliere comunale Maurizio Politi, fuoriuscito da Fdi nelle scorse settimane.
A presentare la novità sono stati, oltre allo stesso Politi, il coordinatore della Lega nel Lazio, Francesco Zicchieri, il sottosegretario Claudio Durigon e gli esponenti leghisti romani anch’essi ex Fdi locali Federico Iadicicco e Fabrizio Santori.
Il Campidoglio, ha spiegato quest’ultimo, è solo l’inizio, perchè “nasceranno gruppi della Lega anche in altri sette Municipi di Roma, con un totale di 11 consiglieri”. Ovvero proprio quei consiglieri municipali e comunali che avevano lasciato FdI qualche tempo fa ma non erano entrati nella Lega all’epoca a causa di un veto di Matteo Salvini per l’intercessione di Giorgia Meloni.
Il fatto che il veto sia caduto fa comprendere che ormai nel centrodestra ognuno va per sè.
(da “NextQuotidiano”)
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Luglio 30th, 2018 Riccardo Fucile
IL CANDIDATO ALLA PRESIDENZA RAI CHE NEI LUNGHI ANNI A “IL GIORNALE” NON HA MAI MOSSO UNA CRITICA AL SUO DATORE DI LAVORO
Abbiamo passato gli ultimi 15 anni con poche convinzioni. Una, però, era granitica: Il Giornale
del fu Indro Montanelli — in mano alternativamente al duo Belpietro-Feltri — lasciava poco spazio alla informazione.
Al contrario, asservito al patron Silvio Berlusconi, si era attirato tutte le ire del resto della stampa per operazioni, in seguito, definite di killeraggio mediatico.
Uno strumento politico ben congeniato, a uso e consumo di una parte in battaglia.
Fosse Massimo D’Alema o Gianfranco Fini, il giudice dai calzini celesti o Michele Santoro, puntato il mirino lì si mitragliava di parole, di gossip, di balle fino a quando la bava alla bocca dei lettori non si fosse esaurita.
A quel punto si riponeva il redattore nel cassetto pronti a tirarlo fuori non appena un nuovo obiettivo fosse stato individuato.
Tra uno scoop e l’altro, la vita di quel foglio pareva serena e felice. Anche oggi lo scopo che teneva in vita il giornale, sarebbe stato raggiunto colpendo qualcuno.
Intendiamoci, la guerra per bande del circuito mass mediatico coinvolge un poco tutti. Non è prerogativa del solo Il Giornale, anche se (all’unanimità ) i capo cannonieri per molti anni provenivano da quel vivaio.
Se al posto del Pallone d’oro, fosse stato istituito il premio “La balla d’Oro”, quel giornale per qualche lustro nella cinquina finalista, avrebbe avuto sempre una rappresentanza se non il vincitore.
Bene, di prese di distanza o distinguo da parte di Marcello Foa, gli annali non ne riportano.
Quasi condividesse con i propri direttori ogni scelta editoriale, ogni obiettivo colpito, ogni scalpo elevato al cielo.
Una modalità di raccontare la realtà che, indifferente ai fatti, trasformava le opinioni, e spesso le balle, in verità .
Notare che il giornalista non era un figura marginale all’interno di quel quotidiano avendo fatto interamente la propria carriera lì e non altrove. Il suo distacco dal quotidiano berlusconiano è del 2011, in concomitanza con la progressiva marginalizzazione dell’editore dalla vita politica.
Tutto questo per dire che l’avere individuato in Foa un possibile garante della Rai pare più uno scherzo da burloni che non una decisione presa dopo attenta e ponderata valutazione.
Che poi la pensi in modo simile a Tizio o a Caio e non a Pinco o Pallino, è di scarsa rilevanza.
La Rai sarà sottratta alla politica solamente nel momento in cui navigherà in acque private, fuori dall’influenza dei governi di turno. E non è nemmeno sicuro, considerato l’invischiamento tra politica e impresa che ha sempre connotato questo Paese.
Ed è altrettanto certo che è ben poca cosa, in termini di consolazione, ricordare che così hanno sempre fatto i governi precedenti, per la semplice ragione che perpetuare nell’errore. Vi risparmio il detto latino, lascia a bocca asciutta senza alcuna soddisfazione.
Dimenticata la lunga militanza ne Il Giornale, di Foa si racconta che è un intellettuale d’area. Bellissima definizione per salvaguardare l’indipendenza di un individuo anche quando questa indipendenza non si è mai espressa in prese di distanza o memorabili articoli di rottura con il proprio editore o la parte politica che rappresenta. Intellettuale di area omogenea e monolitica, sarebbe più preciso, volendoci scherzare sopra.
Bei tempi quando invece di “intellettuale d’area”, per imprimere un marchio di fabbrica si utilizzava il termine “organico“: intellettuale organico al Pci indicava, senza fronzoli, l’appartenenza a un mondo e a un modo di vedere le cose. Non c’erano ambiguità , voli pindarici, fantasie possibili. Una persona organica a qualche cosa era vissuto come quella determinata cosa. In lei si immedesimava lasciando poco spazio alle interpretazioni.
Gli escamotage verbali e terminologici, in uso oggi, permettono di giocare a rappresentare una realtà diversa da quella precedente anche quando la diversità , per contenuti e condivisione di progetti e obiettivi, non esiste.
Pura propaganda, si diceva un tempo, tesa a rappresentare una realtà opposta a quella effettivamente esistente. In pratica, la Rai è ancora lottizzata, comandata, gestita, diretta dalla politica.
Il cambiamento, come il paradiso, può attendere.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Luglio 30th, 2018 Riccardo Fucile
PER ELEGGERLO MANCANO SEMPRE QUATTRO VOTI SE FORZA ITALIA TIENE DURO… TAJANI: “NON POSSIAMO VOTARLO”
A due giorni dal voto della Vigilanza, il nome di Marcello Foa come presidente della Rai infiamma lo scontro politico e divide il centrodestra.
Secondo il deputato del Pd Michele Anzaldi, segretario della commissione di Vigilanza Rai, “la nomina può essere bloccata già domani dalla votazione prevista nel Cda dell’azienda. Se insieme alla consigliera Borioni voteranno no anche il consigliere eletto dai dipendenti Laganà e il consigliere votato da Fdi e Fi Giampaolo Rossi, l’arrogante e pericolosa indicazione di Foa potrà essere respinta al mittente”.
Ma Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia, scende in campo a favore di Foa: “Lo voteremo, ci ha convinto la sinistra che sulla lottizzazione dovrebbe vergognarsi”. Insomma, probabilmente Foa supererà lo scoglio del cda – se Rossi voterà come indicato da Meloni – ma il vero dilemma resta la Commissione di vigilanza.
Qui Foa ha bisogno di 27 voti, contando anche i due rappresentanti di Fratelli d’Italia in Vigilanza arriverebbe a 23, ma mancano per il momento i consensi di Forza Italia.
Ma il segnale più importante della giornata arriva da un discorso di Antonio Tajani, vicepresidente di Forza Italia nonchè presidente del Parlamento europeo, che incontrando la stampa a Mestre afferma: “Non potremo votare il candidato a presidente Rai indicato dal governo. Avremmo voluto che si fosse seguito un metodo diverso”. Insomma, Forza Italia resiste sul no. E a questo punto, se non interverranno novità , la candidatura di Foa sembra destinata a tramontare.
Il segretario dem Maurizio Martina si augura “che tutte le opposizioni respingano la provocazione che la maggioranza ha messo in atto sulla Rai: quella non è una presidenza di garanzia ma una provocazione. Si possono avere opinioni differenti – continua- sui profili ma non provocare così. Mi auguro che in commissione vigilanza tutte le opposizioni esprimano il loro no forte e chiaro”.
E sul caso Rai, parlando al Senato, interviene anche Matteo Renzi: “Avete tutto il diritto – dice rivolto al governo – di scegliere le persone che volete nei luoghi in cui legge lo prevede, e non come per la presidenza della Rai, in cui occorre avere una maggioranza più ampia di quella che sostiene il governo, e se poi indichi come presidente chi ha come caratteristica quella di parlare male del presidente della Repubblica, dire no ai vaccini e parlare contro l’Europa poi non ti puoi stupire se diciamo ‘fate a meno di noi'”.
Per il presidente della Camera Roberto Fico il problema è la legge che regola la scelta dei vertici della tv di Stato: “Non mi piace – ha detto ai cronisti – perchè assoggetta la Rai al governo”.
(da agenzie)
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Luglio 30th, 2018 Riccardo Fucile
COLPA DELLE SCARSE FORNITURE E DEI MANCATI CORSI DI AGGIORNAMENTO DEL PERSONALE… I MEDICI ALLO STREMO: “NON CE LA FACCIAMO PIU'”… MA IL PROBLEMA DELL’ITALIA PER I CAZZARI SOVRANISTI SONO I PROFUGHI
Una bella fasciatura di cartone e via. 
Fa parte del Grande ospedale metropolitano, ma nel Pronto soccorso di Reggio i camici bianchi sono costretti a ricorrere a soluzioni alla buona, adatte a presidi da campo più che a strutture pubbliche del servizio sanitario nazionale.
Capita da molto tempo, ormai: i pazienti che arrivano in ospedale con fratture, lussazioni o distorsioni non urgenti vengono “stabilizzati” con dei semplici pezzi di cartone
Succede di notte, quando il reparto di Ortopedia è chiuso. L’unità , a causa della carenza di personale, non opera h24, bensì dalle 8 del mattino fino alle 20.
Dopo questo orario, i pazienti vengono gestiti direttamente in Pronto soccorso.
Qui, medici e infermieri si arrangiano come possono. E, invece di usare i presidi canonici dell’ortopedia — il gesso o le cosiddette stecche pneumatiche —, spesso sono obbligati a fare di necessità virtù e a rispondere alle esigenze del paziente con materiale di risulta come il cartone. Le foto che pubblichiamo sono eloquenti: alcune risalgono a pochi giorni fa, altre ai mesi scorsi.
Com’è possibile che in un ospedale “metropolitano” vengano adottate soluzioni “fai da te”, tra l’altro in un reparto inaugurato in pompa magna meno di due anni fa, alla presenza dell’allora ministro della Salute Beatrice Lorenzin e del governatore Mario Oliverio
Alcune spiegazioni le fornisce un medico di Ortopedia che chiede di rimanere anonimo: «Gli infermieri, a cui spetta il compito di immobilizzare le parti fratturate, a volte non sono in grado di svolgere quel compito, visto che nessuno ha mai pensato di far seguire loro un corso di aggiornamento».
Ma ci sarebbe un’altra spiegazione, che ha a che fare con questioni più economiche: «Il Pronto soccorso non procede con l’approvvigionamento del materiale perchè la farmacia dell’ospedale impone precisi limiti di spesa, in ossequio alle direttive del direttore generale Frank Benedetto e alla necessità di raggiungere il pareggio di bilancio».
Il Corriere della Calabria ha provato a contattare Benedetto, che però si è sempre reso irreperibile.
Il primario del Pronto Soccorso, Angelo Ianni, ha invece preferito non rilasciare dichiarazioni, pur confermando l’utilizzo del cartone per le immobilizzazioni temporanee dei pazienti.
A chi gli ha chiesto spiegazioni su una pratica medica piuttosto insolita, Ianni avrebbe inoltre spiegato che il ricorso a “gessature” non ortodosse sarebbe dovuto allo scarso numero di “stecche pneumatizzate” presenti in Pronto soccorso e all’iter piuttosto complesso per procedere con nuovi ordinativi.
Il primario, comunque, dopo aver garantito che l’utilizzo del cartone sarebbe previsto per le immobilizzazioni temporanee, avrebbe archiviato il caso come frutto di fake news strumentali
Non la pensa così Gianluigi Scaffidi, segretario aziendale del sindacato Anaao-Assomed: «È il classico caso in cui, purtroppo, le immagini si commentano da sole. Nemmeno in un ospedale del terzo mondo gestito dai medici di Emergency si vedono queste cose. Non capisco come il primario del Pronto Soccorso possa consentire questi obbrobri e restare al suo posto».
«NON CE LA FACCIAMO PIÙ»
I medici di Ortopedia sono al limite della sopportazione. Sono loro, alla riapertura del reparto, a trovarsi di fronte i pazienti con gli arti inguainati alla bell’e meglio e a dover rimediare alle soluzioni abborracciate del Pronto soccorso.
Disservizi che si sommano a tutti gli altri. Quella di Ortopedia, così come molte altre unità dell’ospedale, è diventata il principale punto di riferimento della provincia, a causa dello smantellamento del reparto di Melito Porto Salvo, dell’operatività a singhiozzo di quello di Locri e dell’esiguità dei posti letto disponibili a Polistena. «Questa situazione — confessa un medico — va avanti da anni. Non ce la facciamo più, ora basta».
LA SITUAZIONE DELL’OSPEDALE
Pochi giorni fa, i sindacati dei medici, dopo aver accusato la direzione strategica dell’Azienda di scarsa disponibilità al confronto, hanno messo in fila la lunga serie di criticità che interessano l’ospedale, a partire dalla insufficienza delle dotazioni organiche e dalle gravi carenze che riguardano, tra gli altri, reparti come Ortopedia, Radiologia, Gastroenterologia e Medicina.
La risposta, ricorda Scaffidi, è stata affidata a dodici figure istituzionali, alla terna direzionale e a nove capi dipartimento, i quali hanno affermato «che va tutto bene»: «Giudichi la veridicità di tale affermazione chi guarda le foto, che costituiscono solo la punta dell’iceberg. Eppure, qualche giorno fa Oliverio, accompagnato da Irto e relativo codazzo di personaggi in cerca d’autore, è venuto a fare passerella per illustrarci come sarà il nuovo ospedale. Fra cinquant’anni. Per ora andiamo avanti con i cartoni».
Lo scorso 25 luglio, il commissario della Sanità Massimo Scura ha autorizzato circa 1.300 assunzioni in tutta la Calabria, di cui 96 dovrebbero essere formalizzate nel Grande ospedale metropolitano.
Basteranno a normalizzare i servizi di un ospedale sempre più “incartonato”?
(da “il Corriere della Calabria”)
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Luglio 30th, 2018 Riccardo Fucile
L’EPISODIO IN UN UFFICIO PUBBLICO DI MONCALIERI… URGE TRATTAMENTO SANITARIO OBBLIGATORIO PER I RAZZISTI
In coda in un ufficio pubblico, squilla il telefono di un giovane arabo: è una preghiera musulmana. E una donna italiano lo aggredisce: “Quella suoneria è vietata, esci di qui e torna al tuo paese”
Arriva da Facebook, da Laura Pompeo assessore comunale, la denuncia di un altro episodio di intollerenza a Moncalieri di Moncalieri: “Sono in coda alla Soris da oltre tre ore – spiega Pompeo – La gente chiacchiera, i bambini giocano, i cellulari squillano. Parte la suoneria del telefono di un giovane uomo arabo. E’ una preghiera musulmana. Una donna italiana di mezz’età , in un crescendo di volume e di protervia, gli urla di cambiare suoneria, di uscire da questo ufficio pubblico, di ritornare nel suo Paese. Il ragazzo, molto educatamente, cerca di spiegare. La donna è una furia. Molti gli stranieri (solo gli stranieri), di diversa provenienza, che intervengono a sua difesa, irritati e spaventati dalle parole razziste e intolleranti, dal tono violento della donna. Provo a spiegarle che l’uomo non è andato contro nessuna legge, come lei invece sostiene. Se sai che avrai solo e sempre posti in fondo e in piedi, perdi fiducia nel sistema e nel prossimo. Se aggiungi a questo, il fatto che – anche a livello istituzionale – sono stati sdoganati parole e comportamenti terribili e inumani… e’ davvero la barbarie”
(da agenzie)
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Luglio 30th, 2018 Riccardo Fucile
IL PRESIDENTE DELLA REGIONE VENETO SI SMARCA DALLA LINEA DI SALVINI E PARLA APERTAMENTE DI ATTI RAZZISTI: “BASTA INSULTI E RAID CONTRO CHI HA UN COLORE DIVERSO, SOLIDARIETA’ A UNA NOSTRA ATLETA”
Il presidente della Regione Veneto Luca Zaia interviene su caso di Daisy Osakue, 22enne
lanciatrice del disco e azzurra della nazionale di atletica leggera, colpita in pieno volto da un uovo lanciato da un’auto in corsa mentre camminava da sola.
«È stato colpito un immigrato regolare che peraltro corre per il nostro paese e ha l’unica colpa di avere la pelle di colore diverso», sottolinea Zaia che prosegue: «Piena solidarietà alla donna e all’atleta Daisy – prosegue Zaia – e un “no” totale al razzismo, agli insulti e ai raid soltanto contro chi ha la pelle nera. Daisy è una cittadina nel pieno dei suoi diritti ed è stata colpita unicamente perchè ha un colore diverso. Ha quindi diritto ad avere la solidarietà di tutti i cittadini».
Il governatore non minimizza come Salvini ma anzi parla chiaramente di “razzismo”.
Dopotutto non è la prima volta, negli ultimi giorni, che Zaia si trova su posizioni diverse da quelle del leader della Lega. Alcuni giorni fa, ad esempio, aveva criticato il decreto dignità contro il quale avevano già protestato, con una lettera, 600 imprenditori del nord-est.
Insomma la base del Carroccio preferirebbe, forse, che il governo e Salvini si occupassero di altro. Evitando di continuare a giocare con la politica della paura che, alla lunga, genera mostri.
(da “il Gazzettino”)
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