Novembre 17th, 2018 Riccardo Fucile
MARTINA CONFERMA LE DIMISSIONI, RENZI NON PARTECIPA
Matteo Renzi non sarà all’assemblea del Partito Democratico che sta per cominciare a Roma.
Fonti dem riferiscono che l’ex segretario terrà in questo congresso un ruolo molto defilato, lasciando spazio agli esponenti a lui più vicini.
Nel corso dell’assemblea saranno formalizzate le dimissioni da segretario di Maurizio Martina e si aprirà formalmente il congresso del partito.
Intanto la dem Teresa bellanova non smentisce una sua possibile candidature in ticket con Minniti. “Spero in una campagna congressuale incentrata sui temi. Anche gli appelli all’unità mi sembrano ipocriti. Significano uno a te, uno a me e uno a quell’altro e abbiamo fatto l’unità . L’unità la dobbiamo fare sui temi, sulla proposta al paese cominciando col dire che quanto e’ stato fatto dai governi Pd è stato giusto”.
Rispondendo a chi gli chiedeva se fosse possibile una fuoriuscita dei renziani dal partito, Bellanova ha aggiunto: “Nessuno va via. Nè se vince uno nè se vince un altro. Noi siamo alternativa a un governo di incapaci”.
Poi, parlando delle voci che la segnalano come possibile candidata renziana, La senatrice sottolinea: “Non ho dato alcuna disponibilità nè avanzato candidatura. Sicuramente sono una persona a cui non difetta il coraggio. Noi non vogliamo logorare nessuno”.
Maurizio Martina ha poi confermato le dimissioni da segretario: “Mettiamo in campo insieme una nuova stagione di unità – ha detto -. Capita che in una forza come nostra, troppo spesso no riusciamo a far prevalere gli elementi che ci uniscono” ora “mettiamo in campo un congresso che sia in grado di stupire l’Italia per la sua concretezza e capacità di creare unità vera”. E “coerentemente con il mandato dato i a luglio dall’assemblea, confermo qui le mie dimissioni”.
(da “Huffingtonpost”)
argomento: Partito Democratico | Commenta »
Novembre 17th, 2018 Riccardo Fucile
IL 9 MARZO AVEVA GIA’ INVIATO UNA LETTERA ALLA COOPERATIVA CHE GESTISCE IL SITO
La Commissione di Archeologia Sacra della Santa Sede “accetta di azzerare il debito
pregresso”, sottolineando che nessuna somma arretrata – alcuni organi di stampa avevano parlato di una somma di 700mila euro – è stata mai chiesta alla Cooperativa La Paranza e manifestando la volontà di avviare una nuova fase di collaborazione su una base di trasparenza e legalità .
È quanto si legge in un documento datato 9 marzo 2018 – molti mesi prima che scoppiasse il caso mediatico – reso noto oggi da Tv2000, in merito alla vicenda delle Catacombe di San Gennaro che vede coinvolti nel rione Sanità la Cooperativa La Paranza, l’Arcidiocesi di Napoli e il Vaticano.
Il Concordato stabilisce che sia la Santa Sede ad occuparsi della gestione di tutte le catacombe presenti sul territorio nazionale, circa 120 (di cui una ventina aperte al pubblico) compresa quella di Napoli.
Alla Commissione di Archeologia Sacra della Santa Sede spetta il 50% degli introiti provenienti da ciascuna catacomba come contributo necessario per la tutela, la conservazione, il restauro e gli interventi urgenti di recupero il cui onere cade esclusivamente sulle spalle della Commissione, non ricevendo essa alcun contributo statale a tal fine.
La catacomba napoletana – sottolinea la tv dei vescovi – è l’unica catacomba in Italia che non solo non ha mai corrisposto la percentuale degli introiti stabilita ma nemmeno ha mai inviato in Vaticano alcun rendiconto dettagliato dei suoi bilanci. In pratica – sostiene il Vaticano – La Paranza gestisce il sito in totale autonomia, emettendo biglietti in proprio e non fornendo bilanci.
La Cooperativa La Paranza ha ottenuto nel 2009, in gestione dall’Arcidiocesi di Napoli, le famose catacombe che portano il nome del Patrono della città . In questi anni il numero dei visitatori è cresciuto e la Coop ha potuto dare lavoro a molti giovani in un quartiere così difficile come il rione Sanità .
Un’opera di grande rilievo sociale che – assicurano alla Commissione di Archeologia Sacra della Santa Sede, secondo quanto riferisce l’emittente della Conferenza episcopale italiana – nessuno vuole interrompere ma rilanciare su una base nuova di trasparenza e legalità . Senza creare disparità di trattamento con le altre catacombe aperte al pubblico, e gestite da altri soggetti, che hanno sempre rispettato gli accordi con la Commissione, anche in zone problematiche come Palermo, Siracusa o Tor Pignattara a Roma.
(da agenzie)
argomento: Chiesa | Commenta »
Novembre 17th, 2018 Riccardo Fucile
A PROCESSO L’EX CAPO DELLA MOBILE DI ROMA E L’ALLORA RESPONSABILE DELL’UFFICIO IMMIGRAZIONE, OGGI QUESTORI DI PALERMO E RIMINI
L’ex capo della squadra mobile di Roma Renato Cortese e l’allora responsabile dell’ufficio immigrazione Maurizio Improta sono stati rinviati a giudizio dal gip di Perugia per il presunto rapimento di Alma Shalabayeva
Stesso provvedimento per il giudice di pace Stefania Lavore e per quattro poliziotti coinvolti a eccezione di Laura Scipioni prosciolta “perchè il fatto non costituisce reato”.
Prosciolti anche i tre funzionari dell’ambasciata del Kazakhstan per i quali è stata riconosciuta l’immunità diplomatica.
Il processo si aprirà il 24 settembre 2019. Gli indagati sono accusati a vario titolo di sequestro di persona e falso. Tutti hanno sempre sostenuto la correttezza del proprio comportamento.
L’inchiesta sull’espulsione dall’Italia di Alma Shalabayeva, moglie del dissidente kazako Muktar Ablyazov, e della loro figlia Alua (avvenuta a Roma nel maggio del 2013) è approdata a Perugia per competenza in seguito al coinvolgimento del giudice di pace Lavore. La donna e la figlia sono poi tornate in Italia e a Shalabayeva è stato riconosciuto l’asilo politico.
“Ora ci aspettiamo di sapere dal processo la risposta all’interrogativo se e chi ha dato gli ordini”: l’avvocato Astolfo Di Amato, legale di parte civile di Alma Shalabayeva ha commentato così l’esito dell’udienza preliminare davanti al gup di Perugia. Lo ha fatto rispondendo ai giornalisti lasciando il palazzo del tribunale.
“Siamo tristi – ha detto Di Amato – perchè vedere rinviati a giudizio alcuni servitori dello Stato non è mai motivo di soddisfazione”
Shalabayeva non ha assistito alla lettura del dispositivo da parte del gup. Nel corso dell’udienza preliminare è stata comunque sentita con la formula dell’incidente probatorio (la sua ricostruzione avrà quindi valore di prova nel processo) sostenendo che la sua fu una “illegittima deportazione” nonostante avesse chiesto “più volte” asilo politico
Alma Shalabayeva e la piccola Alua Ablyazova, la moglie e la figlia del dissidente kazakho Mukhtar Ablyazov, furono infatti, secondo la procura, arrestate illegittimamente e altrettanto illegittimamente espulse dall’Italia al Kazakhstan nel maggio del 2013 in violazione del diritto di asilo, consegnando la Polizia italiana e un giudice di pace di Roma a un’accusa gravissima. Sequestro di persona, appunto.
I due dirigenti di vertice della Polizia di Stato – Renato Cortese, attuale direttore del Servizio Centrale Operativo e all’epoca dei fatti capo della squadra mobile di Roma, e Maurizio Improta, già capo dell’Ufficio Immigrazione e oggi questore di Rimini – sono accusati di una “extraordinary rendition” dissimulata da regolare procedimento di espulsione grazie ad una ininterrotta sequenza di falsi, abusi, omissioni, con la complicità di altri indagati come Stefania Lavore che avallò la consegna al Kazakhstan.
Della Shalabayeva e di sua figlia Alua – scrivevano i pm perugini Luigi De Ficchy e Massimo Casucci a chiusura inchiesta – vennero “violati i diritti umani”.
Quelli che riconoscono l’intangibilità del diritto di asilo e fissano il divieto di estradare cittadini politicamente perseguitati nei paesi di origine. E lo furono, appunto, con modalità “abusive”, come quelle di tacere la vera identità della donna (che la Polizia italiana conosceva prima ancora del fermo) e la sua reiterata richiesta di asilo dopo l’arresto.
(da agenzie)
argomento: Giustizia | Commenta »
Novembre 17th, 2018 Riccardo Fucile
I CINQUESTELLE SI RICOMPATTANO SUL TEMA INCENERITORI, LUNEDI’ MEZZO GOVERNO NELLA TERRA DEI FUOCHI
“Se temo le domande? Magari me le facessero, non vedo l’ora”. È un Sergio Costa
infuriato quello che vede i dispacci di agenzia nei quali Matteo Salvini continua a ribadire la sua accelerazione sulla costruzione di nuovi inceneritori.
Tema lontanissimo dall’agenda del ministro dell’Ambiente, come da quella di tutto il Movimento 5 stelle.
Una polemica nata giovedì tra i due vicepremier e protrattasi per tutto il giorno seguente, che si incrocia con il protocollo d’intesa che mezzo Consiglio dei ministri si appresta a siglare lunedì, in trasferta a Caserta, riguardo la Terra dei fuochi.
Proprio il tema sul quale il generale della Guardia di Finanza ha costruito la propria carriera nell’arma, e che lo vedrà seduto in conferenza stampa tra Luigi Di Maio, Giuseppe Conte e il leader della Lega subito dopo la firma.
Un momento che, se le prossime ore non porteranno a una distensione generale, sarà di puro thrilling.
Perchè Costa non è da solo a condividere una posizione di netto rifiuto all’uscita salviniana.
Oggi una batteria di vertici 5 stelle ha risposto a brutto muso al ministro dell’Interno. “Nessun margine di trattativa sugli inceneritori”, ha tuonato il ministro del Sud Barbara Lezzi. “In Campania non ne faremo nemmeno uno”, ha rilanciato Roberto Fico. Lo stesso Di Maio forse non è mai stato chiaro come oggi: “Salvini crea tensioni nel governo”.
Una batteria che non ha minimamente scalfito la trincea leghista. Ecco Salvini che fa il verso al capo politico 5 stelle: “I termovalorizzatori sono fondamentali, li faremo. Senza ceppa…”.
Nemmeno il tempo di esultare per lo stralcio dal decreto fiscale della dichiarazione integrativa (e quindi del condono di qualsiasi tipo di nero) che ecco si apre un’altra falla nella solidità della maggioranza gialloverde.
Nonostante le polemiche, Salvini non ha chiamato per un chiarimento il collega all’Ambiente. Il quale non ha mai minacciato le dimissioni, ma ha detto chiaramente che non ci starebbe in nessun modo a fare l’utile idiota: “Se le cose si mettono male e non posso portare avanti le mie battaglie non ho nessun problema a tornare a fare il mio vecchio mestiere”.
“Matteo ha ascoltato il parere dei tecnici e si è allarmato per la situazione in Campania” spiega chi lo ha sentito nelle ultime ore.
Gli occhi della war room stellata si sono volti verso Gerardo Iorio, commissario alla Terra dei fuochi. Che avrebbe parlato lungamente con Salvini in settimana, quando il leader del Carroccio si è recato a Napoli.
La posizione di Iorio è ritenuta molto più sfumata rispetto a quella di Costa sulla natura e il carattere di emergenzialità dei roghi tossici. E avrebbe convinto il vicepremier che il problema sia piuttosto una prossima ventura crisi dei rifiuti, che potrebbe far ripiombare il capoluogo campano nel caos.
“Non parla di camorra e delle infiltrazioni delle mafie al nord e si inventa un’emergenza rifiuti?” il senso del ragionamento di Costa e Di Maio.
Il sospetto è un altro. A luglio il titolare dell’Ambiente ha sollecitato l’invio di una direttiva dal Viminale alle prefetture volta a inserire i siti di stoccaggio tra quelli sensibili.
Cosa fatta, ma che non ha avuto grandi ricadute pratiche sul controllo dei piromani. “Vuole coprire un evidente problema che ha nella catena di comando”, ragiona il vertice 5 stelle. Ma si sospetta di un altro motivo.
Quello dell’inizio di una battaglia per il consenso in terre dove i 5 stelle hanno incassato percentuali bulgare. E, ancor di più, di “un messaggio lanciato a imprenditori del nord e multiutilities che gestiscono la filiera dello smaltimento rifiuti”.
D’altronde tra i ministri 5 stelle è iniziato a girare un vecchio manifesto leghista, con un gigantesco No e il simbolo della Lega Nord – Salvini, con su scritto: “Renzi vuole l’inceneritore, diciamogli No”, affisso a Perugia e dintorni il 17 novembre del 2016. “Ha rinnegato quello che ha sempre detto”, aggiungono, ricordando quando rivendicava una battaglia “fatta dalla Lega da vent’anni”, proprio in contrapposizione a Beppe Grillo e al Movimento.
Dal Viminale al contrario la direttiva alle prefetture viene rivendicata e con forza, come un segnale di attenzione al tema e di azione decisa d’intesa con l’alleato.
Lunedì, in pubblico, il redde rationem, dalle conseguenze al momento imponderabili. Dopo la conferenza stampa Lezzi, Bonafede Costa e lo stesso Di Maio andranno in piazza a Caivano.
Con loro ci sarà don Maurizio Patriciello, uno dei simboli della lotta alla criminalità e alle infiltrazioni nel campo dei rifiuti.
La lotta è appena iniziata.
(da “Huffingtonpost”)
argomento: Costume | Commenta »