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ROMA, L’ULTIMA IDEONA DELLA RAGGI: “I CITTADINI SPAZZINO I MARCIAPIEDI VICINO A CASA”

Gennaio 4th, 2019 Riccardo Fucile

E’ NELLA DELIBERA SUI RIFIUTI… MA SE UNO PAGA LA TASSA SUI RIFIUTI AL COMUNE DEVE POI PURE PULIRE LA STRADA?

“Romani, pulitevi la strada sotto casa”.
E’ la direzione che sembra prefigurare uno degli indirizzi della proposta di delibera presentata dal Movimento 5 Stelle della Capitale in tema di rifiuti.
Il testo, per ora calendarizzato in assemblea capitolina l’8 gennaio, prevede anche il recepimento delle sanzioni introdotte per legge nel 2015 che prevedono multe anche per chi getta i mozziconi di sigaretta per terra: da 30 a 300 euro, sui mozziconi di sigaretta gettati in terra, sui prodotti da fumo e quelli di piccolissime dimensioni. Intanto nei giorni delle feste Roma vive il caos rifiuti anche a causa dell’incendio dello scorso 11 dicembre al Tmb Salario.
E le due attrici Maria Amelia Monti e Anna Finocchiaro hanno realizzato un video-sketch sui social intitolato ‘La Grande Mondezza’. “Come la fate voi la differenziata a Roma?”, inizia così il dialogo ironico tra le due protagoniste.
Ora l’assemblea capitolina si appresta ad affrontare il tema della pulizia urbana anche con questo provvedimento proposto dai 5 stelle.
Mentre per il 15 gennaio è stato fissato, su richiesta di Fdi, un consiglio straordinario sull’emergenza rifiuti e sulla situazione dell’Ama, l’azienda capitolina preposta alla raccolta.
Secondo la proposta 5S   occorre “coinvolgere i frontisti (le utenze a fronte strada, ndr) siano essi utenze domestiche che non domestiche, nelle attività  di spazzamento del fronte stradale antistante, fino alla congiunzione con la sede stradale, per agevolare le successive operazioni”.
Una proposta che appare rischiosa per gli stessi proponenti e per la sindaca Virginia Raggi visto il malumore dei romani per la difficile situazione della raccolta dei rifiuti.

(da agenzie)

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SALVINI CONTRO 49 PROFUGHI, MA NEGLI ULTIMI 10 GIORNI NE SONO ENTRATI IL TRIPLO ( MA CUOR DI LEONE NON LO DICE O I RAZZISTELLI SI ADOMBRANO)

Gennaio 4th, 2019 Riccardo Fucile

ECCO LE VIOLAZIONI DI LEGGE PER CUI SALVINI DOVREBBE ESSERE INCRIMINATO   SE FOSSIMO UN PAESE CIVILE

Il governo italiano sta alzando la voce sui 49 «finti profughi» che starebbero premendo sulle coste italiane.
Ma a sfogliare i dati del ministero dell’Interno, presieduto dallo stesso Salvini, si scopre che proprio dal 22 dicembre ad oggi sono sbarcati sulle nostre coste circa 165 migranti: oltre tre volte quelli che stanno scatenando le ultime polemiche.
O anche di più, se si considera che l’intero mese ha registrato un totale di 359 sbarchi.
I numeri della «emergenza» (che non esiste)
L’Organizzazione internazionale per le migrazioni, una realtà  intergovernativa che raccoglie oltre 170 paesi, ritiene che il blocco inflitto alle due Ong sia «puramente simbolico». Cioè propagandistico: «Dal 22 dicembre sono entrate quasi 170 persone in Italia, solo che non se ne è parlato. Il sospetto è che si stia alzando la voce perchè c’entrano le Ong» dice Flavio Di Giacomo, portavoce dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni.
Anche guardando a ritroso, i vari allarmi sulla «emergenza» migratoria trovano pochi riscontri nei numeri. Il 2018 si è chiuso con un totale di 23.370 sbarchi.
Il diritto alla navigazione obbliga entrambe le navi a trasferire le persone soccorse «in un luogo sicuro» e «nel più breve tempo possibile».
Il rifiuto del governo italiano e di altri paesi europei sta rendendo impossibile soddisfare entrambi i requisiti, costringendo le imbarcazioni a una ben permanenza ben più prolungata delle attese
Si stanno violando dei diritti?
Il rifiuto di concedere lo sbarco configura anche delle violazioni di natura giuridica. L’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione ha evidenziato almeno due ordini di infrazione.
Da un lato il diritto internazionale del mare , «prevede che gli Stati e, quindi, anche le autorità  italiane, abbiano l’obbligo di adottare tutte le misure necessarie a che tutte le persone soccorse possano sbarcare nel più breve tempo possibile in un luogo sicuro», ai sensi di «Convenzione Sar sulla ricerca e il soccorso in mare ratificata dall’Italia nel 1989; Convenzione Solas sulla salvaguardia della vita umana in mare ratificata dall’Italia nel 1980 e la Convenzione delle Nazioni unite sul diritto del mare, ratificata nel 1994, tra le altre».
Dall’altro, il rifiuto di consentire lo sbarco «viola inoltre le norme a tutela dei diritti umani fondamentali e sulla protezione dei rifugiati, in particolare l’art.2 (diritto alla vita) e l’art.3 (divieto di trattamenti inumani e degradanti) della Convenzione europea per i diritti dell’Uomo – si legge – Oltre che il principio di non refoulement e il diritto di accedere alla procedura di asilo sanciti dalla Convenzione di Ginevra, dal diritto comunitario e dall’art.10 c.3 della Costituzione italiana».
Ma la Magistratura fa finta di nulla.

(da “il Sole24Ore”)

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GROTTESCA SFIDA SUI CORPI DA SALVARE

Gennaio 4th, 2019 Riccardo Fucile

CONTE E DI MAIO RIDICOLI: APRONO AI PROFUGHI DELLA SEA WACHT MA SOLO PER DONNE E BAMBINI (CHE SONO SETTE IN TUTTO)… SALVINI FA LA PARTE DI CHI DICE NO A USO DEI CAZZARI RAZZISTI… MALTA A DI MAIO: “PENSI A PARTECIPARE AI RICOLLOCAMENTI IN CORSO PRIMA DI PARLARE”

Sui migranti, ancora sui migranti, si consuma la prima partita di campagna elettorale interna al governo gialloverde in vista delle europee di maggio: tra il M5s e la Lega, tra i due vicepremier Matteo Salvini e Luigi Di Maio, con quest’ultimo in qualche modo spalleggiato dal premier Giuseppe Conte.
Sono due settimane che le due navi umanitarie di Sea Watch e Sea Eye vagano nel Mediterraneo alla ricerca di un porto dove far sbarcare i 49 migranti tratti in salvo. Due settimane di freddo, gelo, insicurezza.
Poco dopo le 18, Luigi Di Maio prende l’iniziativa, tenta in qualche modo di smarcarsi dall’agenda dei ‘porti chiusi’ dettata come sempre da Salvini.
Lo fa in maniera rocambolesca, sia chiaro. Scrive un post su Facebook, dove annuncia la disponibilità  ad accogliere solo “donne e bambini”. Si tratta di 7 persone in tutto, solo 7 su 49: un’inezia.
Ad ogni buon conto, il vicepremier si rivolge a Malta, nelle cui acque territoriali si trovano le due imbarcazioni. “Malta faccia sbarcare subito donne e bambini da quelle imbarcazioni e li mandi in Italia. Li accoglieremo”
E’ una sfida che sa di poco: più tattica che di sostanza.
Gioca sulla pelle di 7 persone tra donne e bambini, non si cura degli altri 42.
Ma questa è la prima sfida a viso aperto di Di Maio a Salvini: il primo tentativo di smarcarsi dal vicepremier leghista, ‘dominus’ nel governo fin dall’inizio soprattutto sulla questione dei migranti.
Una sfida così minima sul piano dei contenuti che il ministro degli Interni può permettersi il lusso di non fare polemiche, oltre a non smuoversi naturalmente
Sono le 19.20 circa quando Salvini risponde, sempre su Facebook: Possiamo inviare a bordo medicine, cibo e vestiti, ma basta ricatti. Meno partenze, meno morti. Io non cambio idea”.
Roberto Saviano invece lo ha   invitato a smettere di fare il “pagliaccio” e ad “aprire i porti”
Su Sea Watch e Sea Eye si sta attivando anche l’Unione Europea. Il commissario all’Immigrazione Dimitri Avramopoulos sta contattando i vari stati per cercare un porto sicuro per i 49. Senza successo.
La situazione non si presenta comunque di facile e immediata soluzione.
Poche ore dopo la mossa di Di Maio ecco arrivare la replica da parte del governo maltese: «Piuttosto che fare tali dichiarazioni contro Malta e la solidarietà  europea, l’Italia dovrebbe partecipare al ricollocamento dei migranti attualmente in corso» ha scritto su twitter il ministro dell’interno Michael Farrugia.
E in particolare al vicepremier Luigi Di Maio dice: «Il governo di Malta raccomanda al vicepremier italiano di valutare questi fatti prima di fare dichiarazioni pubbliche ed evitare di farne di simili in futuro».
A Bruxelles l’apertura di Di Maio e Conte viene apprezzata, ma è poca cosa. Non risolve il problema di una Europa che resta insensibile anche sotto Natale.

(da “Huffingtonpost“)

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SUL FRATELLO DEL PENTITO UCCISO A PESARO, IL SOTTOSEGRETARIO GAETTI AMMETTE: “CI SONO STATI ERRORI DELLO STATO”

Gennaio 4th, 2019 Riccardo Fucile

ED EMERGE CHE SALVINI   QUANDO HA PARLATO DI “SOGGETTO CHE AVEVA CHIESTO DI USCIRE DAL SISTEMA DI PROTEZIONE” SI E’ DIMENTICATO DI DIRE CHE LO STATO NON L’AVEVA CONSENTITO PERCHE’ ERA A GROSSO RISCHIO

Ieri la commissione parlamentare Antimafia s’è riunita per verificare se vi siano state falle nella tutela di Marcello Bruzzese — fratello di Girolamo, collaboratore di giustizia — ucciso da due killer a Pesaro nel pomeriggio di Natale.
Sottosegretario Luigi Gaetti, lei è intervenuto in qualità  di Presidente della Commissione Centrale per la definizione e applicazione delle speciali misure di protezione. Lo Stato ha sbagliato in qualcosa?
Su questo, alla luce di quanto è accaduto, non possiamo avere dubbi.
Quali errori sono stati fatti?
Il fatto che Marcello Bruzzese avesse esposto il suo cognome sul citofono è di per sè indicativo di una responsabilità  da parte dello Stato: qualcuno avrebbe dovuto controllare la sua violazione del regolamento, che gli imponeva di non farlo. Ma non è avvenuto.
Su questo c’è stata anche una responsabilità  della vittima.
Per ora parlerei di una responsabilità  al cinquanta per cento: un controllo carente da parte dello Stato e una responsabilità  per aver violato il regolamento. Saranno le indagini poi a stabilire se e quanto, questa inefficienza, sia stata determinante e in quale misura. Di certo il controllo su questo punto è stato carente.
A chi spettava il controllo?
Toccava ai Nop, i nuclei operativi di protezione, e ai Carabinieri che svolgevano la vigilanza dinamica. Va detto che non si tratta in generale di un compito semplice. Resta il fatto che qualcuno avrebbe dovuto accorgersene, controllare e risolvere il problema.
A parte questo dato sono emerse, da parte del servizio centrale, altre carenze nei controlli?
Abbiamo verificato — per la parte che ci riguarda — che il livello standard, quello prestabilito, è stato rispettato. C’è da chiedersi se il livello standard è sempre sufficiente.
In che senso?
Il processo in cui il collaboratore aveva testimoniato, cosiddetto processo Crea, s’è concluso nel 2017 con condanne pesanti. Sappiamo che in questi casi può aumentare la recrudescenza delle reazioni. D’altro canto, se negli anni scorsi la vittima aveva chiesto di uscire dal programma di protezione, e il sistema non ne ha consentito la fuoriuscita, vuol dire che era ritenuto a rischio. Visto quel che è accaduto, non possiamo dire che lo Stato abbia agito alla perfezione, i controlli non stati fatti in maniera puntuale, sono risultati insufficienti, per quanto rispondano agli standard.
Aveva documenti di copertura?
Li ha avuti dal 2006 al 2009.
E dopo?
Poichè non permettono di concludere atti di proprietà  o perfezionare alcune situazioni lavorative, come per l’Inps, non sono stati più richiesti.
La vittima aveva chiesto un cambio di generalità ?
Non ci risultano richieste. Suo fratello l’aveva chiesta per i figli. Non è stata disposta, perchè o si estende a tutto il nucleo familiare oppure non si può concedere.
Marcello Bruzzese aveva comunicato recentemente al servizio centrale di avere qualche problema?
Non ci risulta.
Cambierà  qualcosa nella gestione dei collaboratori?
Le leggi attuali vanno migliorate: semplificheremo presto con un decreto l’accesso al cambio di generalità . Però non bisogna dimenticare che per ogni collaboratore viene inserito un numero consistente di familiari, che spesso soffrono le limitazioni della libertà . È importante che servizio centrale protezione e Procura intervengano per consolidare la loro consapevolezza, se vogliono accettare la protezione devono comportarsi di conseguenza, a patto che lo Stato faccia il suo con dei benefici che compensino le rinunce e assicurino una protezione che in questo caso, purtroppo, non è stata sufficiente.

(da “il Fatto Quotidiano”)

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DE FALCO: “SALVINI DICE CHE I PORTI SONO CHIUSI? IL GOVERNO ESIBISCA IL DOCUMENTO IN CUI LA DECISIONE E’ STATA LEGALMENTE FORMALIZZATA E VEDIAMO SE ESISTE”

Gennaio 4th, 2019 Riccardo Fucile

“ANCHE LE LEGGI RAZZIALI ERANO LEGGI, L’OBBEDIENZA NON E’ SUDDITANZA”

“Oggi dobbiamo attivamente sostenere Seawatch e, con loro, noi non ci rassegniamo alla disumanità  e alla violenza della indifferenza. È stato anche detto che: ‘I porti sono chiusi’. Oggi io chiedo che il governo esibisca pubblicamente il documento in cui tale decisione è formalizzata legalmente, ricordando comunque che un porto è il luogo che per la sua funzione naturale offre un riparo sicuro ‘un ponte tra mare e Terra di alleanza e solidarietà ‘”. Lo dice il senatore Gregorio De Falco
“Una norma che regoli e dia ordine all’emigrazione, può e deve esserci, in modo da evitare disordini ed insicurezza sociale -spiega De Falco, espulso dal M5s-. Tuttavia, una legge che superi il limite della vita e della dignità  umana crea ingiustizia ed allora, si deve considerare che è molto più importante il fine della giustizia che non lo strumento della legalità . È stato detto -non senza banalità – che: ‘Il Movimento rispetta la legge’. Ai giovani che liquidano con tale superficialità  questioni così serie, ricordo che anche le leggi razziali erano, esse stesse, leggi, ma esse erano evidentemente ingiuste”
“Occorre allora evitare di attenersi a quelle leggi in modo acritico e banale poichè, in quel momento, l’obbedienza diventa sudditanza, non più una virtù da osservare -prosegue De Falco-. Ciascuno di noi deve sentire la responsabilità  di immaginare le conseguenze e gli effetti dei propri comportamenti o della propria inerzia ed indifferenza. A che serve avere le mani pulite se le si tiene in tasca, si chiedeva Don Milani”.

(da Globalist)

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QUOTA 100, ALTRA PATACCA DI SALVINI: PER GLI STATALI TFR CONGELATO ANCHE PER OTTO ANNI

Gennaio 4th, 2019 Riccardo Fucile

NON SOLO UNA PENSIONE RIDOTTA DEL 20% OLTRE LA REGOLA, PURE LA LIQUIDAZIONE A FUTURA MEMORIA

Per gli statali che lasceranno in anticipo il lavoro utilizzando lo scivolo di Quota 100, la buonuscita verrà  pagata soltanto al momento in cui matureranno i requisiti previsti dalla legge Fornero, ossia una volta raggiunti i 67 anni.
Il Messaggero racconta cosa c’è scritto nella bozza del decreto legge che istituirà  Quota 100:
Il Trattamento di fine rapporto (Tfr) degli statali era uno dei nodi più complessi da sciogliere. Pagare immediatamente le liquidazioni ai dipendenti pubblici avrebbe avuto un costo proibitivo per le casse dello Stato, oltre 7 miliardi di euro, che andrebbero sommati ai 21 miliardi che già  costa in tre anni la misura. Il pagamento, dunque, sarà  posticipato. tn ritardo che nei casi più estremi potrebbe arrivare anche fino a otto anni.
La regola infatti sarà  questa: la liquidazione potrà  essere incassata solo nel momento in cui saranno maturati i requisiti previsti dalla normativa Fornero, ossia 67 anni di età , o 42 anni e 10 mesi di anzianità  contributiva. Il decreto prevede però, che rimangano in vigore anche le regole di liquidazione attuali della buonuscita. Oggi il Tfr e il Tfs vengono liquidati solo fino a 50 mila euro, mentre se l’importo supera i 50 mila euro, ma è inferiore a 100 mila euro, viene liquidato in due rate annuali (con un ritardo quindi di 12 mesi); se l’importo supera i 100 mila euro, le rate annuali diventano tre.
Insomma, se un dipendente pubblico lasciasse il lavoro a 62 annidi età  avendo versato 38 anni di contributi (come previsto da Quota 100), e avesse maturato una liquidazione superiore a 100 mila euro, per avere l’intera cifra dovrebbe aspettare i 70 anni.

(da “NextQuotidiano”)

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I TWEET DEI MINISTRI GRILLINI CI COSTANO 1500 EURO AL GIORNO

Gennaio 4th, 2019 Riccardo Fucile

LO STAFF DEI COMUNICATORI COSTA 530.000 EURO L’ANNO PER DIFFONDERE ARMI DI DISTRAZIONE DI MASSA

Domenico Di Sanzo sul Giornale oggi fa il conto dei comunicatori web e dei social media manager assunti nei ministeri da quando è in carica il governo Lega-M5S.
Quanti soldi pubblici ci sono dietro la foto, condivisa ieri da Luigi Di Maio sui social, del vicepremier insieme alla «signora Rosetta» ad Alleghe, in Veneto, nel bellunese? Oppure dietro la pubblicazione, l’altroieri, del fotomontaggio natalizio del capo politico e Alessandro Di Battista in versione yuppies, con tanto di citazione dal famoso cinepanettone: «Via vitalizi, taglio stipendi parlamentari e sei in pole position»?
Scartabellando tra le nomine e gli stipendi di comunicatori, videomaker e social media manager assoldati dal Movimento Cinque Stelle tra la presidenza del Consiglio e i ministeri, si arriva a una spesa totale che si aggira intorno ai 530mila euro all’anno. Che vuol dire 1500 euro al giorno.
Un vero salto di qualità  per due ex dipendenti della Casaleggio Associati, catapultati dagli uffici della Srl milanese a Palazzo Chigi.
Pietro Dettori, esperto di social network e secondo molti autore «occulto» di alcuni dei post del vecchio Blog di Beppe Grillo, guadagna 130mila e 797 euro all’anno per curare i social e gli eventi di Luigi Di Maio.
Il quotidiano pubblica poi l’elenco dei tanti comunicatori assunti, partendo dai due più prestigiosi (e costosi)
Se Rocco Casalino è il portavoce più pagato, lui è il «principe» dei comunicatori. Collocato in una posizione-chiave, a Palazzo Chigi e non in uno dei due ministeri del capo politico, viene descritto come l’ufficiale di collegamento tra l’anima aziendale del Movimento e quella che è andata a occupare i gangli del potere romano.
Vicinissimo a Davide Casaleggio è anche Dario Adamo. Originario di Caltanissetta, poi il lavoro a Milano per l’azienda del guru, infine l’arrivo alla corte del premier Giuseppe Conte. Per il quale aggiorna il portale internet del governo e gestisce i profili social. Dietro le gesta sul web dell’ «avvocato del popolo» c’è lui. Con uno stipendio di 115 mila e 696 euro all’anno è secondo nella classifica dei social media manager più pagati.

(da “NextQuotidiano”)

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“LA SOSPENSIONE DEI DIRITTI DI UNA MANCIATA DI PROFUGHI HA FORSE MIGLIORATO LE VOSTRE VITE?”

Gennaio 4th, 2019 Riccardo Fucile

INTERVISTA AD ABOUBAKAR SOUMAHORO, IL SINDACALISTA DEI BRACCIANTI: “DESTRA E SINISTRA HANNO PRODOTTO LE STESSE POLITICHE, OCCORRE ANDARE OLTRE E   CREARE UNA COSCIENZA COLLETTIVA”

Si spalanca e genera un’empatia istantanea il volto antico e spigoloso di Aboubakar Soumahoro, trentottenne italoivoriano, ex bracciante, sindacalista Usb, una laurea in sociologia presso l’università  Federico II di Napoli e una vita a lottare per i diritti dei diseredati, dei braccianti, dei migranti, di chi è sfruttato.
È senza dubbio una delle personalità  emergenti nella politica che lascia dietro sè il pietoso e feroce 2018, l’anno in cui tutto si è rivoluzionato ed è terminata la Seconda Repubblica, peraltro mai iniziata ufficialmente.
“C’è una politica che da tempo indica nello straniero il “nemico pubblico”.
In comune con il passato c’è l’indifferenza. Si vuole distrarre l’attenzione dall’ingiustizia sociale   contro cui non si fa niente: è questa la vera insicurezza
«Viviamo in un Paese sotto spasmo. Piazza del Popolo a Roma trabocca di fan di Salvini e a Torino 50mila persone si ritrovano per dire no a Tav. La reazione alle politiche aggressive del governo si misura eccome. Non Una di Meno ha portato in piazza nella capitale 150 mila persone sui diritti femminili e di genere, mentre sulla questione dei bambini nella mensa di Lodi si è toccata con mano una sollevazione nazionale. Questa reazione mette a nudo la continua falsificazione portata avanti da certe destre, che esasperano le frustrazioni di un popolo stremato da decenni di politiche aggressive e speculative, condotte ai suoi danni. Da subito, dal caso della nave Diciotti, è stato mostrato fino a che punto la manipolazione dell’opinione e la falsificazione della propaganda siano giunte. La sospensione dei diritti di una manciata di profughi ha portato forse cibo nei piatti dei disoccupati o delle famiglie monoreddito, che non riescono non dico a tirare fine mese, ma nemmeno le prime due settimane? Ha per caso consentito un miglioramento di vita ai precari, che devono mettere insieme tre lavori in una giornata per arrivare a un reddito indecente? Ha dato risposta ai giovani costretti a prendere voli low cost, per trovare altrove uno straccio di lavoro? La questione dello sfruttamento e dell’abbrutimento, imposto a tutta la collettività  e non solo riguardo al lavoro, va rimessa al centro. Quando perfino nel contratto di governo si scrive che negli asili nido va inserita una differenza tra bambini, ci troviamo di fronte a un problema serio, che non è soltanto economico e materiale, ma è di pura crisi valoriale».
Tutto ciò avviene in una nazione che il recente rapporto Censis definisce sotto sovranismo psichico.
«C’è una modalità  della politica che aumenta e approfondisce la distrazione di massa, nascondendo il problema autentico, che è lo sfruttamento generalizzato. Questo colpisce tutti i ceti, tutti i corpi sociali, tutti i soggetti deboli. Il cosiddetto Decreto Sicurezza, produce marginalità . Le donne, i giovani, anche i bambini vedono erosi i loro diritti. A distanza di 70 anni dalla dichiarazione universale dei diritti umani e della stessa Costituzione italiana, si ripristinano leggi non razziali, ma razziste, esattamente come sette decenni orsono si fece in Sudafrica».
Ti occupi da anni di lavoro. Tra insicurezza e smantellamento dei diritti di base, si è creato un avvitamento che impoverisce la società  nella sua interezza.
«Giuseppe Di Vittorio diceva che quando i lavoratori non riescono a fare fronte ai loro bisogni più vitali, cioè alle necessità  delle loro famiglie e delle loro creature (“creature”: questa parola umana che porta con sè tutto!), significa che siamo in una fase di abbrutimento, che riguarda oggi tutti i lavoratori, i precari, i braccianti, gli operatori dell’era digitale, quelli della pubblica amministrazione – persino i lavoratori dello Stato finiscono sfruttati, coinvolti in processi di esternalizzazione e nuovo padronato. Questo degrado riguarda anche la massa di giovani, free lance e precari, anche del cognitivo, che ormai lavorano a cottimo quanto un bracciante che si spacca la schiena nel Pavese o a Reggio Calabria. Si tratta di un impoverimento che la nostra Costituzione doveva e deve rovesciare, dando dignità  a chi lavora».
Il Jobs Act ha fallito proprio in questo, non restituendo dignità  ai lavoratori.
«Quella riforma è precisamente la più aggressiva espressione della decadenza contemporanea in termini di diritti. Trasforma la precarietà  lavorativa in precarietà  esistenziale tout court. Si è andati a spezzare l’elemento della comunanza. Ma si è assistito alla cancellazione di questo vocabolario, alla sua archiviazione nel nome di un progresso che non è tale, spesso andando oltre persino il sistema schiavista, in cui perlomeno i padroni tenevano alla salute dei propri schiavi, perchè producessero più e meglio. Il Jobs Act, che è tuttora in funzione, non è certamente una questione soltanto italiana, sia chiaro. Il lavoro oggi va trasformandosi secondo il modello dell’isolamento che colpisce chi è al servizio delle famiglie, nella sonante assenza dello Stato, che spazza via ogni welfare e costringe poveri pensionati ad affidarsi a colf e badanti con costi insostenibili. La risposta a questa situazione è tornare a unire i lavoratori, non in base al colore della pelle o alla provenienza geografica, ma in forza del loro bisogno comune, che in questo caso è vedere riconosciuta la dignità . I lavoratori vanno messi in condizione di unirsi intorno a un principio assai semplice, nell’era del dumping sociale: stesso lavoro, stessa paga. Stessa mansione, stesso salario. E stesso diritto alla previdenza sociale. Va rimessa al centro la persona, che è tale prima ancora di essere chiamata lavoratore o lavoratrice».
Delinei una sfida che non riguarda soltanto l’Italia: è una globalizzazione dei diritti di dimensioni internazionali.
«Stiamo attraversando una fase che possiamo descrivere parafrasando Frantz Fanon, il celebre esponente del terzomondismo: nella struttura economica delle colonie, si è ricchi perchè si è bianchi e si è bianchi perchè si è ricchi. È sufficiente oggi essere lavoratori e lavoratrici, per dirsi garantiti? Dal punto di vista della regressione dei diritti generali, si assomiglia tutti sempre di più a quei lavoratori che vengono delocalizzati, nella ricerca di un profitto sempre più massimizzato, attraverso la massimizzazione della capacità  di sfruttamento. Sono due dimensioni che viaggiano insieme, in una prospettiva globale. Ecco perchè non si può evitare di orientarsi in una dimensione internazionale».
Il mercato dei nuovi player globali, come Amazon, oltrepassa gli Stati e tende addirittura a sostituirli.
«Il processo di internazionalizzazione deve organizzarsi e procedere intorno a parole chiave accessibili. Ci troviamo di fronte a quelli che Di Vittorio definiva i grandi monopoli e che oggi potremmo chiamare grande distribuzione organizzata, giganti economici ad alta tecnologia, che riescono a spostare la produzione oltre i confini, sfruttando le debolezze di lavoratori atomizzati e spaesati, che vivono esistenze sospese. La risposta a questa feroce delocalizzazione, che non risparmia nessun diritto dei lavoratori, è imperniare la lotta sul principio a cui accennavo prima: stesso lavoro, stesso salario. Ovunque sia spostata la produzione, il costo del lavoro deve essere il medesimo, per non creare sperequazioni».
Però non è più sufficiente occuparsi solo del salario.
«Non si può lottare soltanto per un salario nominalmente dignitoso, senza porsi domande inerenti alla mobilità  sociale o al tema del diritto all’abitazione. Per non dire della questione giovanile o dei pensionati, fasce di popolazione diversamente abbandonate a se stesse. O anche della vita nelle città , dove assistiamo a un’espulsione di massa dei precari dal diritto di abitare nel centro, perchè si sta proiettando e realizzando l’ideologia di una city più o meno smart, in cui non si devono avere sotto gli occhi i non abbienti, che vanno colpevolizzati e nascosti ai margini. Bisogna essere presenti ovunque. Ogni territorio va trasformato in finestra aperta sul mondo».
Si assiste al progressivo scollamento tra Stato e cittadini.
«L’esasperazione delle persone va compresa. Veniamo da decenni in cui lo Stato, nelle sue articolazioni anzitutto governative, ha praticato un picconamento scientifico dei diritti dei cittadini nel loro spazio vitale. Questo è il contesto in cui si inserisce il governo attuale, che ha promesso di dare diritti e dignità  a tutti. Lo Stato può essere garante di tutti i soggetti, in un mondo in cui la ricerca del profitto viene portata avanti fino alla disumanizzazione e tutto è interpretato come merce? Lo Stato può e deve tornare a mettere al centro l’essere umano, salvaguardandone i diritti e la dignità . Nel momento in cui si fa invece promotore di un messaggio di odio, i cittadini finiscono per agire quel rancore, che sembra la risposta allo sfruttamento e alle disuguaglianze. Ma la realtà  è ben più composita e articolata di quanto faccia figurare il messaggio di odio lanciato da chi interpreta lo Stato».
Se la risposta delle destre all’esasperazione è chiara, ciò che si è chiamato sinistra ha ancora un senso, almeno in questo Paese?
«Lo smantellamento dei diritti è stato continuo e coerente negli ultimi decenni. Prima degli Ottanta le leggi dello Stato ampliavano i diritti e il reddito cresceva. Dagli anni Novanta è stato dato inizio a un enorme calo dei salari e a un innalzamento progressivo della precarietà . Dal pacchetto Treu fino al Jobs Act, si osserva la realizzazione di un progetto unico, nell’alternarsi dei governi di colore opposto. D’altra parte prendiamo l’esempio delle leggi che sono state approvate nel corso degli anni sul tema dei migranti. Partendo con la Turco-Napolitano, una filosofia di razzializzazione viene portata avanti dalla Bossi-Fini, dalla Minniti-Orlando e infine dall’attuale decreto Salvini, senza soluzione di continuità , nonostante l’alternanza di centrosinistra e centrodestra al potere. È tutto coerente, anche quando consideriamo sanità , previdenza, istruzione. Quanto è stato eretto in questi anni ha portato all’attuale condizione di smarrimento dei valori, fino al punto di dire che non c’è differenza tra destra e sinistra. Ciò a cui bisogna lavorare è federare le comunità  di ultimi, di sfruttati, di abbandonati, che hanno pagato il prezzo di riforme tanto devastanti. La ricomposizione di cui parlo è il momento in cui la diversità  non è un elemento per scatenare una caccia alle streghe: essere donne o gay o lesbiche non diventa fattore discriminatorio, che acuisce o mantiene disuguaglianze, come il gap salariale tra uomini e donne. Costituisce invece l’uscita dalla politica delle discriminazioni, per aumentare l’angolatura dei diritti».
La giustizia sociale non è che un aspetto delle trasformazioni planetarie imposte dal vecchio e nuovo capitale.
«È necessario mirare alto e provare a coniugare la giustizia sociale con temi epocali, come quello dell’ambientalismo. Sappiamo che per via dei cambiamenti climatici, entro il 2050, ci saranno 250 milioni di persone costrette a cercare di sopravvivere spostandosi, l’80 per cento delle quali vive nei paesi del sud del mondo. La percezione dell’invasione dei migranti in Italia è del tutto scorretta, ma è evidente che masse immense saranno costrette alla diaspora non solo per l’esclusione, ma anche per i cambiamenti climatici, dovuti anzitutto al modello di industrializzazione che si è imposto. Emerge drammaticamente, sotto rinnovate forme, il legame tra capitale e natura. Tutti i temi epocali non possono che viaggiare insieme. La causa ambientalista e l’esclusione sociale, la discriminazione delle classi povere, l’antisessismo. La lotta per i diritti non può avvenire all’interno di muraglie, nell’innalzarsi di confini, negando agli esseri umani la libertà  di circolazione e consentendola invece soltanto alle merci e ai capitali».
Parli del nesso tra capitale e natura. Che fase del capitale è quella che stiamo vivendo, con l’accelerazione tecnologica che va a trasformare definitivamente il mondo del lavoro
«Ci sono ambiti di lavoro che andranno comunque avanti con le forme storiche che noi conosciamo. La trasformazione tecnologica si porta dietro la possibilità  della cancellazione fisica dei posti di lavoro. È un processo oggettivamente in corso. In questa trasformazione accade che lo Stato rischi di diventare a sua volta operaio al servizio del capitale privato. Uno degli ex commissari Ue diceva che, se l’Italia avesse accettato le indicazioni della trojka, ci saremmo trovati nella condizione di uno Stato colonizzato. Quell’ex commissario era Mario Monti. Continuava, dicendo che nell’attuale contesto il capitalismo, non avendo più il suo antagonista, non si dà  neanche più forme di autoregolamentazione. Ma quando mai si è autoregolamentato il capitalismo? Sarebbe opportuno portare a consapevolezza la domanda su chi governa la convergenza tra industria, grande distribuzione e digitalizzazione. Già  solo a livello di social network si vive come se non importasse chi li detiene, li controlla e quali strategie sociali applica. La fisionomia del nuovo capitalismo è in alto grado sfuggente».
Abbiamo vissuto decenni in cui è stato interdetto qualunque valore ai simboli. Oggi ci ritroviamo al potere una destra che emette simboli in continuazione, dai confini all’uomo nero. Tu stesso sei diventato una sorta di simbolo, per molte persone che ti hanno conosciuto attraverso i media. Perchè si torna a una politica dei simboli
«Va detto intanto che simbolo proprio non desidererei esserlo. Tuttavia mi rendo conto che c’è uno smarrimento. L’individualismo radicale è stato indicato come unica soluzione sociale, con la promessa a ciascuno che da soli si sarebbe riusciti a farcela. La speranza e la proiezione sui nomi e sulle singole persone che attualmente governano nasce da questo disagio. Il problema va risolto in un altro modo, creando una coscienza collettiva, che si assuma la responsabilità  di uscire dall’impoverimento generale, non affidandosi a capitani suppostamente coraggiosi. Una coscienza collettiva che non sia chiusa in sè, ma capace di portare a processi di mutamento dello status quo, in termini di welfare, giustizia sociale, istruzione, sanità , tutela dell’ambiente. Più che simboli, la proposta è di attivare una coscienza collettiva, capace di risolvere l’isolamento delle persone, altrimenti facilmente sfruttabili. Questa non è una teoria del mondo: è la cruda realtà . L’hanno compresa le donne, gli operai, i giovani, che giustamente chiedono speranza, a fronte di questa situazione. Noi dobbiamo dare speranza, metterci gli stivali e scendere nei campi in prima persona. Dobbiamo interpretare quel disagio, promettere di risolverlo – e mantenere quella promessa».

(da “L’Espresso”)

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LA DEPUTATA M5S MARA LAPIA DENUNCIATA PER DIFFAMAZIONE

Gennaio 4th, 2019 Riccardo Fucile

E’ STATA AL CENTRO DELLA PRESUNTA AGGRESSIONE AL PARCHEGGIO DI UN SUPERMERCATO, MA LA SUA VERSIONE ERA STATA SMENTITA DA DIVERSI TESTIMONI

La deputata del MoVimento 5 Stelle Mara Lapia è diventata un caso prima di Natale, quando ha denunciato un’aggressione nel parcheggio di un supermercato a Nuoro che prima un audio su Whatsapp e poi altre testimonianze di persone che hanno assistito alla scena hanno messo fortemente in dubbio.
Nell’occasione la deputata si era difesa parlando anche di un presunto complotto ai suoi danni ordito da un assessore di cui nelle interviste non ha fatto il nome.
Quell’assessore, in realtà  ex responsabile delle Attività  Produttive del Comune, era Francesco Marco Guccini di SEL che oggi in una conferenza stampa ha annunciato di aver presentato querela per diffamazione nei confronti della deputata: “Mi ha accusato di aver ordito un complotto politico alle sue spalle — spiega in conferenza stampa — perchè quando è uscita la notizia dell’aggressione sono stato uno dei primi su Facebook a ridimensionare i fatti descritti dalla parlamentare, dopo aver sentito l’audio vocale che smentiva la sua ricostruzione. Ma, ricordo, ho anche condannato la vicenda”.
Sul caso sta indagando la Polizia dopo la formale denuncia presentata dalla deputata cinque stelle.
Il presunto aggressore è stato denunciato per lesioni e agli atti dell’inchiesta, oltre alle testimonianze di chi ha assistito alla scena, è stata acquisita anche la registrazione audio che fornisce una versione differente rispetto a quella data dalla parlamentare. “Le ho dato il tempo di ritornare su questa faccenda del complotto e smentire ed è per questo che ho aspettato fino a oggi per presentare la querela”, spiega all’AGI Guccini, 44 anni, ex Sel ora Leu.
“In una città  piccola come Nuoro, anche se Mara Lapia non ha fatto il mio nome e’ chiaro che si stava riferendo a me, unico ex assessore che era uscito dal coro delle manifestazioni di solidarieta’ nei suoi confronti dopo il suo racconto su quanto accaduto al supermercato”.
In alcune dichiarazioni riportate dalla stampa la deputata aveva sostenuto che quell’audio circolato su whatsapp e poi arrivato alle testate giornalistiche fosse parte di un disegno politico per colpirla politicamente riconducibile a u non meglio precisato “ex assessore di Nuoro”, con riferimento alle imminenti elezioni regionali. “Come fa a dire una cosa del genere?”, le contesta Guccini.
“Peraltro, io non sono neppure candidato”. Sul profilo Facebook dell’assessore è possibile ancora leggere gli status che ha dedicato alla vicenda: in effetti l’assessore ha parlato sin dal primo momento di episodio dubbio e ha successivamente mostrato di avere perplessità  sull’accaduto.
Nei racconti di quei giorni si parlava di un rapporto di conoscenza tra l’assessore e alcuni testimoni che hanno assistito alla scena.
Il Corriere della Sera ha scritto all’epoca che oltre alle due cassiere, la polizia ha interrogato altre tre persone e al termine delle verifiche –effettuate esaminando anche i filmati delle telecamere a circuito chiuso – la ricostruzione contenuta nelle informative trasmesse alla magistratura avvalora l’ipotesi che si sia trattato di una lite, peraltro scatenata proprio dall’onorevole.
La polizia interroga le due cassiere. Entrambe raccontano che mentre Lapia stava pagando«sono cadute due lattine di Coca Cola che le hanno sporcato il vestito e lei si è lamentata dicendo che le avevamo danneggiato costosi capi firmati, poi ci ha ripreso gridando “non sapete chi sono io”».
E poi aggiungono: «In fila c’era un signore che le ha chiesto di fare in fretta perchè si era creata la fila, lei ripeteva che non sapevano chi fosse e quando lui le ha detto che non gli importava lei ha replicato che l’avrebbe querelato». La terza testimone, un’infermiera, assiste invece a quanto accade all’esterno.
Dice che «dopo aver pagato, l’uomo è stato inseguito dalla Lapia che lo filmava con il suo telefonino e gli diceva di consegnare i documenti e non allontanarsi perchè stava arrivando la polizia. Ho visto che una signora anziana (la madre dell’uomo, ndr) si avvicinava e le appoggiava una mano sulla spalla e lei si accasciava a terra.
Mi avvicinavo e quando lei mi diceva di essere stata aggredita le ho subito detto che non era vero perchè io avevo visto tutta la scena e non avevo visto alcuna aggressione».
A confermare le dichiarazioni ci sono un uomo e una donna: il primo, scriveva sempre il Corriere, vede Lapia che insegue la vettura e poi, quando R. I. scende e cerca di fermarla nota che «l’onorevole fingeva di essere svenuta».

(da “NextQuotidiano”)

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