Gennaio 13th, 2019 Riccardo Fucile
INTERVISTA AL PROF. VITTORINO ANDREOLI, UNO DEI MASSIMI ESPONENTI DELLA PSICHIATRIA CONTEMPORANEA… LA RADIOGRAFIA DI UN PAESE ALLA DERIVA
“L’Italia è un paziente malato di mente. Malato grave. Dal punto di vista psichiatrico, direi che
è da ricovero. Però non ci sono più i manicomi”.
Il professor Vittorino Andreoli, uno dei massimi esponenti della psichiatria contemporanea, ex direttore del Dipartimento di psichiatria di Verona, membro della New York Academy of Sciences e presidente del Section Committee on Psychopathology of Expression della World Psychiatric Association ha messo idealmente sul lettino questo Paese che si dibatte tra crisi economica e caos politico e si è fatto un’idea precisa del malessere del suo popolo. Un’idea drammatica.
Con una premessa: “Che io vedo gli italiani da italiano, in questo momento particolare. Quindi, sia chiaro che questa è una visione degli altri e nello stesso tempo di me. Come in uno specchio”.
Quali sono i sintomi della malattia mentale dell’Italia, professor Andreoli?
“Ne ho individuati quattro. Il primo lo definirei “masochismo nascosto”. Il piacere di trattarsi male e quasi goderne. Però, dietro la maschera dell’esibizionismo”.
Mi faccia capire questa storia della maschera.
“Beh, basta ascoltare gli italiani e i racconti meravigliosi delle loro vacanze, della loro famiglia. Ho fatto questo, ho fatto quello. Sono stato in quel ristorante, il più caro naturalmente. Mio figlio è straordinario, quello piccolo poi…”.
Esibizionisti.
“Ma certo, è questa la maschera che nasconde il masochismo. E poi tenga presente che, generalmente, l’esibizionismo è un disturbo della sessualità . Mostrare il proprio organo, ma non perchè sia potente. Per compensare l’impotenza”.
Viene da pensare a certi politici. Anzi, a un politico in particolare.
“Pensi pure quello che vuole. Io faccio lo psichiatra e le parlo di questo sintomo degli italiani, di noi italiani. Del masochismo mascherato dall’esibizionismo. Tipo: non ho una lira ma mostro il portafoglio, anche se dentro non c’è niente. Oppure: sono vecchio, però metto un paio di jeans per sembrare più giovane e una conchiglia nel punto dove lei sa, così sembra che lì ci sia qualcosa e invece non c’è niente”.
Secondo sintomo.
“L’individualismo spietato. E badi che ci tengo a questo aggettivo. Perchè un certo individualismo è normale, uno deve avere la sua identità a cui si attacca la stima. Ma quando diventa spietato…”.
Cattivo.
“Sì, ma spietato è ancora di più. Immagini dieci persone su una scialuppa, col mare agitato e il rischio di andare sotto. Ecco, invece di dire “cosa possiamo fare insieme noi dieci per salvarci?”, scatta l’io. Io faccio così, io posso nuotare, io me la cavo in questo modo… individualismo spietato, che al massimo si estende a un piccolissimo clan. Magari alla ragazza che sta insieme a te sulla scialuppa. All’amante più che alla moglie, forse a un amico. Quindi, quando parliamo di gruppo, in realtà parliamo di individualismo allargato”.
Terzo sintomo della malattia mentale degli italiani?
“La recita”.
La recita?
“Aaaahhh, proprio così… noi non esistiamo se non parliamo. Noi esistiamo per quello che diciamo, non per quello che abbiamo fatto. Ecco la patologia della recita: l’italiano indossa la maschera e non sa più qual è il suo volto. Guarda uno spettacolo a teatro o un film, ma non gli basta. No, sta bene solo se recita, se diventa lui l’attore. Guarda il film e parla. Ah, che meraviglia: sto parlando, tutti mi dovete ascoltare. Ma li ha visti gli inglesi?”.
Che fanno gli inglesi?
“Non parlano mai. Invece noi parliamo anche quando ascoltiamo la musica, quando leggiamo il giornale. Mi permetta di ricordare uno che aveva capito benissimo gli italiani, che era Luigi Pirandello. Aveva capito la follia perchè aveva una moglie malata di mente. Uno nessuno e centomila è una delle più grandi opere mai scritte ed è perfetta per comprendere la nostra malattia mentale”.
Torniamo ai sintomi, professore.
“No, no. Rimaniamo alla maschera. Pensi a quelli che vanno in vacanza. Dicono che sono stati fuori quindici giorni e invece è una settimana. Oppure raccontano che hanno una terrazza stupenda e invece vivono in un monolocale con un’unica finestra e un vaso di fiori secchi sul davanzale. Non è magnifico? E a forza di raccontarlo, quando vanno a casa si convincono di avere sul serio una terrazza piena di piante. E poi c’è il quarto sintomo, importantissimo. Riguarda la fede…”.
Con la fede non si scherza.
“Mica quella in dio, lasciamo perdere. Io parlo del credere. Pensare che domani, alle otto del mattino ci sarà il miracolo. Poi se li fa dio, San Gennaro o chiunque altro poco importa. Insomma, per capirci, noi viviamo in un disastro, in una cloaca ma crediamo che domattina alle otto ci sarà il miracolo che ci cambia la vita. Aspettiamo Godot, che non c’è. Ma vai a spiegarlo agli italiani. Che cazzo vuoi, ti rispondono. Domattina alle otto arriva Godot. Quindi, non vale la pena di fare niente. E’ una fede incredibile, anche se detta così sembra un paradosso. Chi se ne importa se ci governa uno o l’altro, se viene il padre eterno o Berlusconi, chi se ne importa dei conti e della Corte dei conti, tanto domattina alle otto c’è il miracolo”.
Masochismo nascosto, individualismo spietato, recita, fede nel miracolo. Siamo messi malissimo, professor Andreoli.
“Proprio così. Nessuno psichiatra può salvare questo paziente che è l’Italia. Non posso nemmeno toglierti questi sintomi, perchè senza ti sentiresti morto. Se ti togliessi la maschera ti vergogneresti, perchè abbiamo perso la faccia dappertutto. Se ti togliessi la fede, ti vedresti meschino. Insomma, se trattassimo questo paziente secondo la ragione, secondo la psichiatria, lo metteremmo in una condizione che lo aggraverebbe. In conclusione, senza questi sintomi il popolo italiano non potrebbe che andare verso un suicidio di massa”.
E allora?
“Allora ci vorrebbe il manicomio. Ma siccome siamo tanti, l’unica considerazione è che il manicomio è l’Italia. E l’unico sano, che potrebbe essere lo psichiatra, visto da tutti questi malati è considerato matto”.
Scherza o dice sul serio?
“Ho cercato di usare un tono realistico facendo dell’ironia, un tono italiano. Però adesso le dico che ogni criterio di buona economia o di buona politica su di noi non funziona, perchè in questo momento la nostra malattia è vista come una salvezza. E’ come se dicessi a un credente che dio non esiste e che invece di pregare dovrebbe andare in piazza a fare la rivoluzione. Oppure, da psichiatra, dovrei dire a tutti quelli che stanno facendo le vacanze, ma in realtà non le fanno perchè non hanno una lira, tornate a casa e andate in piazza, andate a votare, togliete il potere a quello che dice che bisogna abbattere la magistratura perchè non fa quello che vuole lui. Ma non lo farebbero, perchè si mettono la maschera e dicono che gli va tutto benissimo”.
Guardi, professore, che non sono tutti malati. Ci sono anche molti sani in circolazione. Secondo lei che fanno?
“Piangono, si lamentano. Ma non sono sani, sono malati anche loro. Sono vicini a una depressione che noi psichiatri chiamiamo anaclitica. Penso agli uomini di cultura, quelli veri. Che ormai leggono solo Ungaretti e magari quel verso stupendo che andrebbe benissimo per il paziente Italia che abbiamo visitato adesso e dice più o meno: l’uomo… attaccato nel vuoto al suo filo di ragno”.
E lei, perchè non se ne va?
“Perchè faccio lo psichiatra, e vedo persone molto più disperate di me”.
Grazie della seduta, professore.
“Prego”.
(da “Huffingtonpost”)
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Gennaio 13th, 2019 Riccardo Fucile
PERMETTERA’ AL VICEMINISTRO RIXI, AL SENATORE BRUZZONE E AL CAPOGRUPPO MOLINARI DI PASSARE INDENNI DALLA POSSIBILE CONDANNA PER LE SPESE PAZZE
L’articolo 316 ter del codice penale modificato dalla legge anticorruzione ha aggiunto un nuovo paragrafo: a dicembre così è stato modificato il reato di “indebita percezione di erogazioni da parte dello Stato”; la prescrizione di decine di processi per spese pazze in cui sono imputati consiglieri regionali delle passate legislature è diventata improvvisamente più vicina.
E a esultare, tra gli altri, c’è il viceministro ai Trasporti Edoardo Rixi.
A novembre un altro tentativo era stato fatto con il medesimo obiettivo: la modifica del reato di peculato per mandare in soffitta i processi dei consiglieri regionali per spese pazze.
Stavolta il tentativo è andato a segno.
Ecco il cambiamento: “La pena è della reclusione da uno a quattro anni se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio con abuso della sua qualità o dei suoi poteri”.
Modifica introdotta da un emendamento che dagli atti della Camera risulta a firma di Gian Luca Vinci, Roberto Turri, Luca Paolini, Gianluca Cantalamessa, Fabio Massimo Boniardi, Manfredi Potenti, Anna Rita Tateo, Ingrid Bisa, Riccardo Marchetti e Flavio Di Muro, tutti leghisti.
Prima della modifica, il vecchio articolo diceva: “Chiunque mediante l’utilizzo o la presentazione di dichiarazioni o di documenti falsi o attestanti cose non vere, ovvero mediante l’omissione di informazioni dovute, consegue indebitamente, per sè o per altri, contributi, finanziamenti…”.
Con la modifica quelle figure di pubblico ufficiale (come i consiglieri regionali) che prima non erano citate, ora rientrano a chiare lettere nel 316 ter, un articolo che, aldilà dei tecnicismi giuridici, rappresenta, rispetto al peculato, un utilizzo illecito di soldi pubblici ritenuto meno grave.
Adesso toccherà agli avvocati sollevare la questione nei processi scorsi, tenendo ben presente che il codice penale stabilisce che il subentro di nuove leggi fa sì che venga applicata «quella le cui disposizioni sono più favorevoli al reo».
I processi per le spese pazze che a partire dal 2013 hanno visto coinvolti i consiglieri regionali di molti partiti potrebbero così cambiare radicalmente. E, complice la velocità della giustizia italiana, aprire le porte della prescrizione.
Repubblica ne fa oggi un sommario elenco:
Domani a Genova, ad esempio, è in programma un’udienza del processo che vede, tra i venti imputati per spese del periodo 2010-2012, anche l’attuale viceministro alle infrastrutture Edoardo Rixi, già capogruppo del Carroccio della Regione Liguria, per il quale il pm ha chiesto una condanna a 3 anni e 4 mesi, e con lui anche il senatore e compagno di partito Francesco Bruzzone.
Ma il 316 ter potrebbe fare comodo anche a Riccardo Molinari, capogruppo della Lega alla Camera, che è stato condannato in appello così come l’ex governatore del Piemonte Roberto Cota anche lui potenziale beneficiario della modifica.
Ma sono almeno 150 i politici coinvolti nelle inchieste sulle spese pazze che in queste ore attendono di conoscere il loro destino, e appartengono a tutti i partiti, come ad esempio Marco Monari ex capogruppo del Pd in Emilia Romagna condannato in primo grado.
(da “NextQuotidiano”)
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Gennaio 13th, 2019 Riccardo Fucile
DI MAIO MENTE: I SOLDI PROVENGONO DAL SUO MINISTERO, NON C’ENTRANO NULLA CON QUELLI DECISI DALLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO
Ieri Repubblica ha raccontato dei 70mila euro a Radio Padania che il MISE di Luigi Di Maio si
prepara a versare e probabilmente a raddoppiare entro marzo in caso di una eventuale redistribuzione della quota di extragettito del canone Rai 2017.
Il ministro ha reagito, ma come scrive oggi il quotidiano non centrando il punto:
«I criteri per cui risultano assegnati sono di un bando fatto nel 2017. Praticamente i soldi a Radio Padania glieli ha dati il Pd. Che geni! Mi duole informare la sedicente sinistra che nell’elenco c’è anche Radio Popolare, emittente cara a Laura Boldrini, a cui spetterebbero solo quest’anno più di 370.000 euro».
Peccato però che i contributi per Radio Padania non provengano dalla quota di “Fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione” in capo alla Presidenza del consiglio, cioè quello falciato dalla riforma grillina, ma dalla quota in capo al Mise di Di Maio.
Per capirci: l’emendamento dello scorso dicembre alla legge di Bilancio, già definito “liberticida” dalla Fnsi perchè mette a rischio la sopravvivenza di un centinaio di testate, cancella una legge del 1990, di cui beneficia Radio Radicale, e taglia i finanziamenti previsti da un decreto effettivamente approvato durante il governo Gentiloni.
Sono quelli ai giornali di carta, come Avvenire, o il Manifesto, insomma “i nemici”.
Ma i 70.000 euro per Radio Padania, e i 370.000 di Radio Popolare, consistono in tutt’altra cosa: sono regolati da un Decreto del Presidente della Repubblica (Dpr 146/2017), in attuazione della legge di stabilità 2016, e sono a carico del Mise, come del resto si legge sul sito web del ministero.
Soldi pubblici che i grillini, non sentendosi minacciati in questo caso, non hanno toccato.
Di Maio quindi ha sostenuto di aver “predisposto un supplemento di istruttoria sulle radio politiche che otterranno questi finanziamenti grazie al bando del Governo Gentiloni”.
Questo, secondo lui, vuol dire che “ancora non abbiamo assegnato un solo euro a nessuna emittente radiofonica”.
Piccolo passo indietro: vi ricordate la storia delle trivelle? Quando venne fuori la vicenda dei permessi dati da MISE e ministero dell’Ambiente il ministro sostenne che bisognava firmare per forza le autorizzazioni altrimenti il dirigente responsabile sarebbe andato a processo.
Poi, qualche giorno dopo, disse che il M5S aveva preparato un emendamento alla legge per fermare tutte le “ricerche”, ovvero anche quelle autorizzate.
Quindi, lo ammette lo stesso Di Maio, era possibile fare una legge per fermare le trivelle per tutto il 2018 ma il ministro se ne è fregato ed è intervenuto solo quando i No-Triv hanno cominciato a lamentarsi.
Qui, sui soldi a Radio Padania, Di Maio sostiene di aver aperto un’istruttoria, guarda caso dopo che i giornali ne hanno parlato. Già questo basta per capire come finirà .
(da “NextQuotidiano”)
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Gennaio 13th, 2019 Riccardo Fucile
IL COMICO GARANTE DEL M5S ESTERNA DURANTE IL SUO SPETTACOLO AL TEATRO DIANA DI NAPOLI
Che il governo reazionario vada avanti con la sua benedizione è un dato di fatto. Ma nelle sue continue giravolte Beppe Grillo ha attaccato frontalmente Matteo Salvini, ossia il vice-premier che ha preso il sopravvento di Giggino Di Maio e che sta strascinando l’Italia in una deriva xenofoba e autoritaria anche grazie alla passività dei grillini che supini lasciano al leghista fare di tutto
Così il leader del Movimento Cinque Stelle dal palco del teatro Diana a Napoli ha attaccato il vicepremier: “Ho detto alla madre di Salvini che quella sera doveva prendere la pillola. Anni fa, quando lo incontravo, mi dava del lei. Poi parlai alla madre al cellulare. Salvini è un foruncolo sul progresso”
(da agenzie)
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Gennaio 13th, 2019 Riccardo Fucile
A QUEL PUNTO DI MAIO RESTEREBBE CON SALVINI CON UNA PARTE DEI GRILLINI, MENTRE IL M5S ANDREBBE ALL’OPPOSIZIONE
Una scissione nel MoVimento 5 Stelle dopo le elezioni europee. Che potrebbe portare Salvini a
Palazzo Chigi e un Di Maio ridimensionato come suo paggetto.
L’ipotesi è ventilata oggi da Tommaso Labate sul Corriere della Sera, all’interno di uno scenario che vede un’implosione dei grillini in seguito alla possibile sconfitta nella consultazione di Strasburgo con sorpasso della Lega.
Dopo, è il ragionamento che si fa nei palazzi romani, potrebbe finire sotto processo la strategia politica di Luigi Di Maio — che ha previsto l’alleanza con Salvini — il quale però non avrebbe nessuna intenzione di completare la sua prima esperienza di governo con un fallimento: da qui l’ipotesi di scissione e di continuazione del percorso insieme a un Carroccio a quel punto rafforzato e con Salvini presidente del Consiglio:
«All’interno dei M5S potrebbe consumarsi presto una spaccatura epocale», sostengono nell’inner circle del leader leghista.
E, stando alle riflessioni condivise ai massimi livelli con il ministro dell’Interno, «dopo la prevedibile sconfitta al voto, Grillo o chi per lui si alzerà per dire che l’esperienza del governo con noi va chiusa subito. E qualcun altro, a cominciare da Di Maio e dalla maggioranza dei parlamentari, sosterrà che dobbiamo andare avanti».
Il tema di una possibile scissione all’interno del M5S, che nelle riunioni della Lega fa capolino da qualche giorno, potrebbe sembrare fantapolitica.
Eppure le spie di come Di Maio sia oggi più in sintonia col collega vicepremier che non con l’ortodossia pentastellata (oggi rappresentata dal premier Conte) erano visibili a occhio nudo anche prima delle dispute di ieri su Tav e Baglioni.
In questo scenario il dinamico duo che oggi ricopre la vicepresidenza di Palazzo Chigi in tandem potrebbe “sposarsi” per sempre.
Le avvisaglie, spiega il Corriere, già ci sono: Di Maio ha difeso il Decreto Sicurezza di Salvini anche andando contro i sindaci “ribelli” M5S (a Livorno) e le maggioranze dei consigli comunali a Roma e a Torino, dove però le sindache si sono ben guardate dall’aprire bocca perchè sanno bene chi comanda e chi non conta niente ed è in crisi di consenso.
In questa ottica andrebbero viste anche le frizioni all’interno del MoVimento 5 Stelle, culminate nella dissociazione (non pubblica) di Di Maio da Grillo che firma il patto per la scienza con Burioni e Silvestri.
D’altro canto è Grillo a dire che sarebbe stato meglio che la madre avesse preso la pillola invece di concepire Salvini. Una parte del M5S lo ha eletto a nemico pubblico, e anche se per ora è trascurabile e pronta alla ritirata ogni volta che Di Maio fa bu, non si sa cosa potrebbe accadere domani.
E poi ci sono gli aneddoti:
Un mese fa, a chi gli chiedeva conto dello scouting di FI tra i grillini, che aveva come punto di caduta il primo governo con un leghista premier, il ministro dell’Interno rispondeva con una battuta: «Tra Di Maio e Berlusconi mi fido più di Di Maio. Se mai dovessi andare io a Palazzo Chigi, preferirei andarci con lui». Chissà se era solo una battuta.
In effetti, i due insieme sarebbero proprio bellissimo. E lo spettacolo del resto del M5S pronto a fare l’opposizione a Di Maio dopo averlo portato in un palmo di mano sarebbe davvero fantastico.
(da “NextQuotidiano”)
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Gennaio 13th, 2019 Riccardo Fucile
DAL PALCO AVEVA PROVATO A DARE LA COLPA A MONTI E AL PD, SOMMERSO DA UNA MAREA DI FISCHI: “AL GOVERNO CI SEI TU”
Non li stanno andando ancora a cercare con i forconi ma è certo è che gli alibi stanno finendo e tanti elettori grillini si stanno mordendo le mani
Migliaia di persone in piazza, in Sicilia, a Licata e Gela contro le trivelle nel mar Mediterraneo, al largo delle coste agrigentine e di Caltanissetta
E nel corso della manifestazione, il deputato nazionale del M5S Michele Sodano è stato contestato, a Licata, al termine del corteo
Il giovane parlamentare agrigentino, salito sul palco in piazza Progresso per spiegare il proprio no alle trivelle, è stato accolto dai fischi e dalle urla di un gruppo di cittadini. Ripetuti “Vergogna!”, “Vergogna!” al suo indirizzo
Soprattutto quando Sodano ha detto: “Tutte queste autorizzazioni sono state date a partire dal 2010 dal governo Monti e dal governo Pd”
In molti gli hanno risposto gridando “Vergognati” e “Buffone!”.
“Questa non è una piazza facile…”, ha ammesso Sodano prima di una nuova bordata di contestazioni.
Un cittadino gli ha gridato e ricordato: “Ma ci sei tu al governo!”.
(da agenzie)
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Gennaio 13th, 2019 Riccardo Fucile
LA GIUNTA RAGGI NON FA I LAVORI E POI LA COLPA E’ DEGLI ALTRI
Se caschi e ti fai male in una buca che il Comune non ha riparato è colpa tua e i danni te li
paghi tu. Nella memoria difensiva spedita dagli avvocati del Campidoglio, «in persona del sindaco», al Tribunale civile, dove il prossimo 22 gennaio entrerà nel vivo la class action avviata dal Codacons per difendere i cittadini incidentati per le voragini c’è scritto davvero che non è colpa del Campidoglio e che la sicurezza non è un diritto di chi paga le tasse.
Buono a sapersi, no?
«L’utente danneggiato», si sostiene nel documento consegnato ai giudici, dovrebbe «percepire o prevedere con l’ordinaria diligenza la situazione di pericolo», considerato che «l’insidia stradale», secondo il Comune, può «essere superata con l’adozione di normali cautele».
Insomma, se la buca, quasi mai segnalata, fa strage di semiassi e cerchi, per l’Avvocatura capitolina la colpa potrebbe essere del conducente spensierato e va quindi «considerata l’efficienza del comportamento imprudente»di chi si trova alla guida.
Le buche, si legge in un altro passaggio, altro non sarebbero che «cose inerti» e per questo va valutato addirittura il «concorso colposo» dell’automobilista sinistrato, una sua possibile«condotta negligente».
Ora, a parte che se c’è una “cosa inerte” in Campidoglio questa è proprio la Giunta Raggi, sarebbe interessante sapere se gli avvocati pensano che il ragionamento fatto per le buche valga anche per l’amministrazione.
Infatti il Codacons nella memoria ricorda che proprio la «sicurezza stradale», testuale, era un pilastro del programma con cui il Movimento 5 Stelle ha sbancato le elezioni comunali del 2016.
Tra le varie promesse, c’era l’impegno a mettere riparo «alla pessima qualità di strade e segnaletica».
Eppure secondo l’Avvocatura del Campidoglio, quelle promesse, non hanno valore, almeno nelle cause. E in effetti per ora tutte le promesse elettorali del M5S Roma non hanno avuto alcun valore, quindi, la presa di posizione dei togati è coerente con l’amministrazione inerte di Virginia Raggi.
Sergio Rizzo su Repubblica nota che le frasi dell’Avvocatura sono un insulto all’intelligenza dei cittadini, visto che nel frattempo il Comune arriva al punto di invocare l’intervento dell’Esercito per una situazione che dovrebbe essere emergenziale:
E non soltanto per l’oggettiva difficile situazione ereditata da questa amministrazione, ma per la sua conclamata e clamorosa incapacità ad affrontare il problema dopo aver tagliato il traguardo della metà del mandato: i due anni e mezzo di permanenza di Virginia Raggi al Campidoglio sono passati, ed è tutto come prima. In qualche caso, come in quello delle voragini nelle strade, anche peggio. Arriviamo perfino a comprendere che in questo stato confusionale il Comune si possa attaccare a tutto pur di evitare migliaia di cause di risarcimento per i danni ai veicoli e alle persone.
Sono stati già sperimentati nei mesi passati alcuni trucchi singolari, per esempio quello di imporre limiti di velocità di 30 chilometri orari su assi di grande scorrimento come la via Salaria o la Cristoforo Colombo proprio per ribaltare sugli automobilisti la responsabilità degli ammortizzatori sfasciati e degli incidenti, ben sapendo che su quelle strade è oggettivamente impossibile rispettarli. Ma adesso, con questa ultima levata d’ingegno, e dopo aver chiesto addirittura di pulire la città (!) ai romani che pagano la tassa sui rifiuti più alta d’Europa, si è passato davvero il segno.
Ma c’è anche dell’altro.
Ovvero una corposa delibera di 14 pagine firmata dal presidente dell’Authority Anticorruzione Raffaele Cantone che esprime un giudizio severo sul modo con cui la giunta Raggi gestisce un problema enorme, quello delle opere pubbliche nei nuovi quartieri bloccate e quindi non utilizzate anche per mancanza di collaudo da parte del Comune.
Ne scrive oggi il Corriere Roma:
Decine di milioni di euro di lavori, sparsi in tante zone di espansione edilizia (Ponte Mammolo, Casal Bertone, Colle Fiorito, Pietralata, Bufalotta, Palmarola-Selva Candida,Valle Aurelia,ecc.). Fogne, strade, illuminazione pubblica,piazze, giardini, marciapiedi, mercati, asili e tutto quello che i costruttori privati realizzano «a scomputo» delle concessioni edificatorie.
Si tratta di una procedura consolidata, che nasce dalla legge Bucalossi (1977), e che permette uno sviluppo equilibrato in periferia sollevando il Comune da costosi interventi diretti.
L’Autorità nazionale anticorruzione «ravvisa da parte del Comune di Roma — si legge nel documento — il non pieno rispetto dei principi di efficienza, efficacia ed economicità nelle modalità gestori e riferite alle suddette convenzioni urbanistiche (riguardanti l’urbanizzazione primaria e secondaria,ndr) e dalle relative tempistiche»…«con notevole sforamento dei tempi previsti e la conseguente non fruibilità delle relative opere da parte della comunità …».
La delibera ordina che i risultati dell’inchiesta condotta dall’Autorità vengano passati alla Corte dei Conti per una verifica del danno erariale e delle responsabilità contabili. Ma il punto è che l’amministrazione rallenta il percorso delle opere pubbliche.
La Giunta Raggi è inerte. Come le buche.
(da “NextQuotidiano”)
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Gennaio 13th, 2019 Riccardo Fucile
L’ANALISI DEL SOLE 24 ORE
Se mettiamo insieme i costi dei salvataggi e quelli dei conti correnti le banche italiane sono di certo le più costose d’Europa.
Spiega oggi Il Sole 24 Ore che il nodo delle commissioni è sotto gli occhi di tutti, per i fondi comuni in generale e nello specifico per i Pir che hanno vissuto una stagione di riflusso dopo il boom del 2017, ma è stato rimesso in evidenza dal primo rapporto annuale che mette a confronto costi e performance del risparmio gestito in Europa pubblicato due giorni fa da Esma.
L’immagine dell’Italia non esce infatti particolarmente bene dal quadro dipinto dall’authority europea di sorveglianza dei mercati finanziari: il prezzo dei prodotti è superiore alla media continentale e soprattutto incide in maggior misura sulle performance finali.
Prendendo per esempio il decennio 2008-2017, nel complesso favorevole all’intero mondo degli investimenti, i costi degli strumenti azionari venduti alla clientela retail in Italia (incluse le commissioni di sottoscrizione e riscatto) hanno infatti impattato per il 37% sulle performance lorde quando la media europea si è fermata ad appena il 24 per cento.
Solo Spagna e Austria restano su livelli simili, mentre il nostro Paese primeggia purtroppo nel caso dei fondi obbligazionari (33,5% contro una media del 27%) che poi sono di gran lunga i più acquistati dai clienti con una quota del 30% dell’ammontare complessivo.
E questo influisce sulla raccolta. Le anticipazioni fornite questa settimana dalle cinque società quotate a Piazza Affari del settore confermano la tendenza: tranne FinecoBank (in aumento del 4%), Azimut, Banca Generali e Mediolanum hanno subito quest’anno riduzioni della raccolta netta comprese fra il 23% e il 35% rispetto a un 2017 che a onor del vero aveva rappresentato un’eccezione in positivo, mentre se si escludono le gestioni assicurative Anima ha più che dimezzato gli afflussi negli ultimi dodici mesi.
(da “NextQuotidiano”)
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Gennaio 13th, 2019 Riccardo Fucile
DUE IPOTESI: ESPULSIONE DIRETTA IN ITALIA O ATTRAVERSO IL BRASILE… MA SE LA BOLIVIA CHIEDESSE L’APERTURA DI UNA RICHIESTA FORMALE DI ESTRADIZIONE TEMPI LUINGHI E TUTTO PUO’ ACCADERE… IN OGNI CASO IN ITALIA NESSUN ERGASTOLO MA 30 ANNI DI CARCERE
Cesare Battisti è stato arrestato dalla polizia boliviana, in collaborazione con l’Interpol e grazie
ad un lavoro di indagine sull’ultima fuga avvenuto tra autorità italiane e brasiliane. Il nostro ministero degli Esteri ha ricevuto informazioni alcuni giorni fa: l’ex terrorista era stato individuato a Santa Cruz, in Bolivia.
La Bolivia è il Paese nel quale Battisti aveva già tentato di scappare un anno fa, quando il vento era cambiato per lui in Brasile.
Poichè retto da anni dal governo socialista di Evo Morales, si supponeva che nel Paese andino Battisti potesse trovare nuovi appoggi.
Al momento non sono serviti ad evitargli l’arresto.
Le autorità boliviane non si sono ancora pronunciate, ma si lavora a due ipotesi: l’espulsione di Battisti direttamente in Italia, o attraverso il Brasile il quale lo consegnerebbe in seguito alle nostre autorità .
Se invece la Bolivia chiedesse l’apertura di una richiesta formale di estradizione i tempi potrebbero allungarsi.
In ambienti diplomatici italiani si sospetta che il governo brasiliano vorrà fregiarsi dell’operazione, chiedendo che Battisti passi dal Paese che gli ha dato rifugio per tanti anni, e che ora, per ragioni politiche, ha cambiato atteggiamento nei suoi confronti.
Dopo la vittoria dell’ex militare di estrema destra Jair Bolsonaro, Bolivia e Brasile si trovano agli estremi dello spettro politico, ma i rapporti sono buoni.
Evo Morales ha partecipato (unico leader della sinistra) all’insediamento di Bolsonaro il 1° gennaio a Brasilia. Si vedrà nelle prossime ore se il governo socialista si vorrà togliere immediatamente la patata bollente Battisti dalle mani, o se sorgeranno complicazioni
(da “Il Corriere della Sera”)
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