Destra di Popolo.net

I DATI UFFICIALI DEL VIMINALE SMENTISCONO SALVINI: A GENNAIO APPENA 306 RIMPATRI (CONTRO 600 ARRIVI)

Gennaio 30th, 2019 Riccardo Fucile

DI QUESTO PASSO SARANNO META’ DI QUELLI DELL’ANNO SCORSO (OVVERO 3672 CONTRO I 6.833 DEL 2018)… PENSI A LAVORARE INVECE CHE FARE POST

Gli immigrati occupati regolari sono 2,4 milioni e producono un valore aggiunto pari a 130 miliardi di euro, equivalente all’8,9% del nostro Pil.
Contribuiscono, con un saldo nettamente positivo, anche ai numeri dell’Inps, versando contributi pari a 11,5 miliardi di euro.
Le stime più attendibili ci dicono che attualmente gli immigrati senza permesso di soggiorno dovrebbero essere 491mila, meno comunque dei 600mila annunciati
L’anno scorso sono stati 6.833 i lavoratori rimpatriati, contro gli oltre 22.000 arrivati
I rimpatri, rispetto a Minniti, sono diminuiti.
Salvini ha riferito i dati di questo gennaio: sono 306 i migranti rimpatriati. Un numero miserello che proiettato sull’intero 2019 darebbe un numero altrettanto incredibile: 3.672. La metà  dei rimpatri del 2018!
Salvini fa flop, ma perchè non lo dice?

(da “il Fatto Quotidiano”)

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MALTA SPUTTANA SALVINI: “L’ITALIA NON HA ANCORA MANTENUTO IL SUO IMPEGNO DI ACCOGLIERE LA QUOTA STABILITA DI 15 PROFUGHI SBARCATI A MALTA, A DIFFERENZA DEGLI ALTRI PAESI EUROPEI”

Gennaio 30th, 2019 Riccardo Fucile

IL GOVERNO ITALIANO FIRMA IMPEGNI E POI NON LI RISPETTA… PRETENDE L’INTERVENTO EUROPEO SOLO QUANDO GLI FA COMODO

L’Italia chiede a gran voce che i partner europei rispettino la loro parola sulle quote per i migranti, ma poi le rispetta.
Un elemento per capire quanto la situazione dalle nostre parti sia disperata ma non seria l’ha fornito il premier di Malta Joseph Muscat in una dichiarazione all’agenzia di stampa AGI.
Stiamo parlando dei 49 naufraghi che Sea Watch e Sea Eye hanno portato a Malta il 9 gennaio scorso dopo averli lasciati in mare tra Natale e Capodanno: all’epoca, dopo un interessamento della Chiesa, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte dichiarò pubblicamente che l’Italia ne avrebbe accolti 15, impegnandosi insieme a Germania, Francia, Portogallo, Irlanda, Romania, Lussemburgo e Olanda.
Conte aveva detto di avere l’intenzione di far sbarcare 15 persone dalla SeaWatch, senza spezzare i nuclei familiari e correggendo la “generosa offerta” di Di Maio su donne e bambini.
“Il governo italiano accetterà  una parte di questi migranti, il numero approssimativo è stato indicato ma non spetta a me renderlo noto”, aveva detto all’epoca proprio Muscat.
All’epoca Salvini si ribellò apertamente dopo gli annunci di Conte lamentandosi di non essere stato consultato e sostenendo che non avrebbe dato l’autorizzazione all’entrata dei 15. Poi della vicenda non si parlò più per molto tempo, anche perchè altre emergenze erano in agguato.
Mancava insomma un finale a questa storia, e oggi Muscat l’ha raccontato all’agenzia AGI: l’Italia è l’unico Paese che non ha ancora avviato l’iter con Malta per il trasferimento della quote di migranti salvati a bordo della Sea Watch il 9 gennaio scorso.
“Ancora non abbiamo avuto alcun contatto col Viminale”, ha detto Muscat ricordando che l’Italia si sarebbe dovuta far carico di 15 persone.”Spero sia solo una questione tecnica da parte del governo italiano — ha auspicato Muscat — perchè gli altri Stati membri che avevano preso l’impegno lo hanno mantenuto. Di sicuro la Francia, che è stato il primo Paese che ha adempiuto: il processo è iniziato dopo tre giorni con un sistema quasi automatico per la gestione di questi casi. Poi l’Olanda, il Lussemburgo e negli ultimi giorni la Germania. Anche altri Paesi stanno prendendo i migranti o hanno avviato il processo”.
“Spero che il governo italiano abbia solo problemi tecnici e che non sia una questione politica — ha ribadito il premier maltese — perchè da parte nostra si sta da tempo lavorando con gli altri Paesi”.
A una domanda sui tempi di soluzione del problema, Joseph Muscat ha risposto: “Non mettiamo la pistola alla tempia di nessuno, non è questione di tempistica ma di impegni assunti e di credibilità . Noi gli impegni che abbiamo preso li manteniamo. Ognuno si fa carico delle proprie responsabilità ”.
Già , responsabilità . Infatti Conte si era impegnato e Di Maio aveva avallato. Ma Muscat è maltese: non ha ancora capito chi comanda in Italia.

(da “NextQuotidiano”)

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DI COSA HA PAURA SALVINI: LA COLLEGIALITA’ NON LO SALVERA’, I REATI SONO INDIVIDUALI

Gennaio 30th, 2019 Riccardo Fucile

DAL PORTO SICURO ALLA RESPONSABILITA’ DELLA SCELTA, SCORRENDO LE CARTE DEL CASO DICIOTTI VENGONO FUORI I PUNTI CRITICI DELLA DIFESA DEL MINISTRO E IL CORTO CIRCUITO NEL GOVERNO

È un nuovo cortocircuito politico-giudiziario, completamente inedito rispetto al passato.
Scorrendo le 50 pagine dell’ordinanza del tribunale dei ministri di Catania trasmessi alla Giunta per l’immunità  del Senato, emergono tutte le “trappole” che teme Salvini e che mettono sotto pressione il governo.
Non a caso il titolare dell’Interno ha scelto di difendersi “dal” processo e non “nel” processo, dopo la baldanza di qualche mese fa, quando dichiarò il 27 agosto scorso, appena indagato per il sequestro dei 177 migranti: “Se il Tribunale dei ministri dirà  che devo essere processato andrò davanti ai magistrati a spiegare che non sono un sequestratore”.
Oggi la sua linea difensiva, messa a punto con l’avvocato Giulia Bongiorno e gli esperti del Viminale, è ribaltata, col ministro dell’Interno che si presenterà  in Giunta chiedendo di non essere processato perchè ha agito “nell’interesse pubblico”, appellandosi cioè a quella “causa di giustificazione” prevista nel procedimento di autorizzazione a procedere.
In mezzo ci sono le 50 pagine di un processo che fa paura davvero perchè è vero che la Severino scatta solo dopo il terzo grado di giudizio, ma una condanna in primo grado per sequestro di persona (da tre a quindici anni) è una la spada di Damocle con cui è difficile convivere.
La verità  è che ci sono diversi punti potenzialmente “a rischio”, nell’intreccio tra ipotesi accusatoria e tesi difensiva, a partire da un dato che, nei fuochi d’artificio verbali del ministro, è passato sottotraccia.
A differenza della Sea Watch, ad esempio, la Diciotti è una nave militare italiana — ripetiamo: militare, non una Ong battente bandiera di un altro paese — che, si legge nella relazione “svolge operazioni di soccorso e salvataggio dei migranti, in acque Sar maltesi, atteso l’imminente pericolo di affondamento dell’imbarcazione su cui viaggiavano”.
Effettuato il salvataggio, 13 di quei migranti vengono fatti sbarcare a Lampedusa perchè “in precarie condizioni di salute”.

Gli altri, tenuti a bordo a causa della “controversia tra autorità  italiani e maltesi su chi avrebbe dovuto indicare il porto dove sbarcare”, arrivano nel porto di Catania il 20 agosto, ma potranno scendere solo il 25, nonostante reiterate richieste di Pos (Place of safety) “al competente dipartimento del ministero dell’Interno”.
Sono i cinque giorni in cui, secondo la procura, si configura il reato di sequestro di persona da parte del ministro dell’Interno, perchè dai verbali emerge che il ministro, in quei cinque giorni, non ha mai indicato il Pos nonostante le richieste, ovvero il posto più sicuro per i migranti sbarcati in mare: “La necessità  di dotarsi di un piano operativo — si legge nelle carte — per l’individuazione di un place of safety previsto dalle linee guida Imo discende dal fatto che l’operazione Sar può dirsi conclusa con l’arrivo dei naufraghi nel luogo sicuro designato, per cui la raccomandazione Imo rivolta agli Stati di dotarsi di piani operativi che prevedono accordi per le amministrazioni interessate risponde all’esigenza di minimizzare i tempi di trasporto delle persone soccorse in un luogo sicuro per evitare indebiti ritardi nelle operazioni di sbarco”.
Dunque il Pos è un luogo sicuro, dove le operazioni di soccorso si considerano concluse e garantita l’assistenza primaria.

Il prefetto Piantedosi, capo di gabinetto di Salvini, ha sostenuto che la Diciotti già  era un “approdo sicuro” garantito ai profughi, ma per i giudici esistono risoluzioni e direttive condivise che non consentono questa valutazione.
E a nulla vale che fosse in corso la trattativa con l’Unione europea perchè si trattava di “meri auspici politici” che “non legittimavano il ministro a disattendere le Convenzioni internazionali ancora vigenti”.
Detta in modo un po’ brutale, qui la contraddizione del Viminale è stridente.
Se la Diciotti, nave che batte bandiera italiana, è già  un Pos italiano, a quel punto non si capisce perchè è stato tenuto aperto il negoziato e si è impedito ai migranti di sbarcare su suolo italiano.
A quel punto logica vorrebbe che prima avviene lo sbarco poi si apre la questione della relocation.

E infatti, scrivono i giudici, a Catania tutto era pronto per far scendere gli extracomunitari e applicare le normali procedure, e questo particolare “manifesta il carattere illegittimo della conseguente condizione di coercizione a bordo patita dai migranti”.
C’è poi la questione della collegialità  della scelta, che Salvini rivendica oggi dopo aver mesi rivendicato l’opposto. E cioè che del dossier immigrazione è l’unico titolare. Come ha detto, in modo sbrigativo, qualche settimana fa, in una delle tante prove di forza: “Porti chiusi, sbarrati. Giusto che Di Maio parli e che dica il suo pensiero. E va benissimo che parlino pure Fico e Di Battista e che si discuta tra di noi e con il premier Conte, ma in materia di migranti quello che decide sono io”.
Collegialità , altro paradosso, rivendicata anche dai Cinque Stelle, che hanno depositato una memoria in Giunta a firma Conte, Di Maio, Toninelli per mettere agli atti che “la responsabilità , sulla Diciotti, è di tutto il governo”, nel funambolico tentativo di non contrastare i giudici e dare copertura politica a Salvini.
Che sulla Diciotti, a monte, ci sia stata una scelta politica lo scrivono anche i giudici del Tribunale dei ministri: “Le ragioni che hanno determinato il trattenimento a bordo dei migranti esulano da valutazioni di tipo tecnico ed investono invece profili di indirizzo prettamente politico connessi al controllo dei flussi migratori attesa la volontà  del ministro di investire della problematica dei migranti sbarcati in Italia le istituzioni europee”.
La responsabilità  dell’atto, però, è individuale.
E qui il cortocircuito politico, giuridico e logico è al suo climax perchè, al tempo stesso, i Cinque Stelle annunciano che voteranno sì alla richiesta di autorizzazione, pur condividendo le responsabilità  con Salvini.
Cioè i Cinque Stelle, politicamente parlando, sostengono che Salvini ha agito in modo collegiale rispetto al governo, e dunque sulla base di un interesse nazionale, ma lo spediscono col loro voto davanti ai giudici per sequestro di persona.
Rischiando poi di finirci anche loro, perchè potrebbero essere chiamati in correità  ai sensi dell’articolo 100 del codice penale Di Maio, Toninelli e Conte, se hanno avuto una responsabilità  nel verificarsi dell’evento.
Magari a Catania o forse a Roma perchè l’eventuale reato si sarebbe commesso a palazzo Chigi.
Prima ancora che a una eventuale crisi di governo, siamo di fronte a una crisi della logica perchè se   Salvini ha agito, a nome del governo, in nome di un “interesse nazionale”, non puoi dire che condividi e poi votare dicendo che va verificato il reato di sequestro, nel quale sei pure complice.

(da “Huffingtonpost”)

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LAURA CASTELLI A PROCESSO PER DIFFAMAZIONE

Gennaio 30th, 2019 Riccardo Fucile

IL VICEMINISTRO M5S CITATA A GIUDIZIO DAL TRIBUNALE DI TORINO PER UN POST SU FB CON INSINUAZIONI VERSO UNA CANDIDATA PD

La procura di Torino ha citato in giudizio per diffamazione l’attuale viceministro (senza deleghe, perchè Tria non si fida) all’Economia Laura Castelli (M5S).
Il procedimento si riferisce a un post pubblicato dalla Castelli su Facebook nel 2016, alla vigilia delle elezioni amministrative nel capoluogo piemontese, con critiche (ora considerate diffamatorie) a una candidata del Pd. Il post aveva ricevuto numerosi commenti con insulti razzisti e sessisti.
Per tale ragione la procura procede anche contro una ventina di commentatori. Il tribunale dovrà  fissare la data dell’inizio del processo.
Per Laura Castelli la procura aveva chiesto inizialmente l’archiviazione, ma nel gennaio 2018 il gip Paola Boemio ha ordinato di formulare il capo di imputazione.
«Questa notizia (quella dell’indagine sul bar, ndr), di sicuro interesse pubblico e sostanzialmente espressa in maniera continente, fa solo da cornice a quanto, a ben vedere, è la reale portata del post e che integra a pieno titolo il reato contestato: non la critica all’opportunità  politica della scelta di un determinato candidato consigliere, ma l’allusione, neppure troppo velata, all’esistenza di un legame intimo tra la Roscaneanu e Fassino», scrisse all’epoca il GIP.
E ancora: «Il post, che esordisce con un eloquente ‘che legami ci sono tra i due?’ ed è accompagnato da una foto, manipolata ad arte, che ritrae i due protagonisti affiancati, abbracciati e sorridenti, è maliziosamente volto a sostenere l’esistenza di un rapporto sentimentale tra i due, violando pienamente tutti e tre i canoni della veridicità , dell’interesse pubblico e della continenza e spostando illecitamente quella che vuole sembrare una mera ed innocua critica politica sul piano personale, in maniera gratuita e senza che ciò nulla aggiunga di utile alla valutazione di inopportunità  politica nella scelta dell’aspirante consigliere comunale», scrisse all’epoca la GIP.
Aggiungnendo che erano proprio state le allusioni di Castelli ad aver scatenato gli insulti degli astanti nei confronti di Roscaneanu.

(da “NextQuotidiano”)

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TONINELLI E LA SUPERCAZZOLA SUL VOTO PER PROCESSARE SALVINI

Gennaio 30th, 2019 Riccardo Fucile

DA FLORIS NON RISPONDE SE VOTERA’ SI O NO SU SALVINI: “DEVO PENSARCI UN   PAIO DI SETTIMANE”…E IL GIORNALISTA FRANCO LO DISTRUGGE: “ALLORA SIETE COME TUTTI GLI ALTRI”

Vi ricordate di quando Laura Castelli fece quella figura barbina da Lilli Gruber a Otto e Mezzo perchè non voleva dire cosa avrebbe votato a un eventuale referendum sull’euro che comunque il MoVimento 5 Stelle si è rimangiato perchè è meglio tirare a campare che tirare le cuoia?
Bene, ieri sera il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Danilo Toninelli ha fatto la stessa cosa su Salvini: a domanda diretta di Floris su come avrebbe votato sull’autorizzazione a procedere di Salvini, Toninelli, coadiuvato con grande maestria dall’applauso della claque in studio (come Salvini, del resto) riesce nell’impresa di buttarla disperatamente in caciara e a non rispondere sostenendo di aver bisogno di due settimane di tempo per decidere.
L’apoteosi però arriva quando Massimo Franco fa notare che questo comportamento è un modo per sviare la risposta ed evitare di darla: a quel punto Toninelli risponde con la raffinatissima tecnica dello specchio specchietto, già  molto in voga nelle scuole d’infanzia: “Non rispondo come per trent’anni non hanno avuto risposte dagli esperti della politica che hanno governato l’Italia”, servendo un assist perfetto alla replica del giornalista: “Ma allora è vero che siete uguali a tutti gli altri”.

(da “NextQuotidiano”)

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TRAVAGLIO CONSIGLIA AL M5S DI NON SALVARE SALVINI

Gennaio 30th, 2019 Riccardo Fucile

“PERDEREBBERO LA FACCIA”

Tra coloro che ufficialmente consigliano al MoVimento 5 Stelle di votare sì all’autorizzazione a procedere sul caso Diciotti c’è Marco Travaglio.
Il direttore del Fatto oggi spiega quali sono le opzioni in campo e perchè il M5S dovrebbe sceglierne solo una:
Ora il M5S ha tre opzioni: 1) confermare il sì all’autorizzazione a procedere; 2) cambiare idea pure loro e dire no; 3) astenersi.
La 2 sarebbe un suicidio politico, per l’abbraccio mortale con leghisti e forzisti a protezione di un ministro che non vuol farsi processare.
La 3 sarebbe una furbata da Ponzio Pilato.
La 1 salverebbe la loro coerenza, già  messa a dura prova dalle retromarce sul Tap e il Terzo Valico, ma farebbe infuriare i leghisti e metterebbe a repentaglio il governo e la maggioranza, anche se — come ha preannunciato Di Maio — i ministri 5Stelle chiedessero di testimoniare al processo di aver condiviso la scelta di trattenere a bordo i 177 migranti non per privarli della libertà , ma per attendere la risposta degli altri Paesi Ue sull’accoglienza.
A meno che Di Maio e gli altri ministri pentastellati (Toninelli in primis, responsabile dei porti) facciano un passo in più, dopo aver autorizzato i giudici: si autodenuncino al Tribunale di Catania e chiedano di essere processati con Salvini per un atto che hanno condiviso e rivendicano come collegiale di tutto il governo. Il che taciterebbe Salvini.
In realtà , l’autodenuncia grillina — ovvero il gesto eclatante annunciato ieri da alcuni nel governo — non sembra poter sortire gli effetti sperati nel procedimento (sui giornali sì, ma questa è un’altra storia).
Il governo che dice di essere responsabile in toto nella vicenda ha forse votato un atto in consiglio dei ministri sulla Diciotti tra quelli contestati dalla magistratura? La risposta è no.
Certo, che tutto il governo sia moralmente, eticamente e politicamente responsabile del sequestro di persona esattamente come Salvini è cosa sulla quale è d’accordo il 100% dell’elettorato, ma questo non rileva.
Tuttavia, anche se il governo si autodenunciasse questo non vorrebbe dire che i magistrati porterebbero tutta la banda dell’eventuale associazione a delinquere finalizzata al sequestro di persona: contano gli atti concreti sullo sbarco della nave, anche i giudici sanno che ci sono anche i mitomani in cerca di attenzione che a volte si autoaccusano.

(da “NextQuotidiano”)

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SALVINI E’ DIVENTATO CAPITAN CONIGLIO: IL DIETRO LE QUINTE

Gennaio 30th, 2019 Riccardo Fucile

L’EX PROCURATORE NORDIO, VICINO A SALVINI, GLI HA FATTO CAPIRE CHE L’ACCUSA DI SEQUESTRO DI PERSONA AGGRAVATA HA SOLIDE FONDAMENTA E RISCHIA GROSSO… E IL BULLO CERCA L’IMMUNITA’

Da “non vedo l’ora di farmi processare” a “non processatemi, per carità ”. Che Matteo Salvini si sia trasformato in poche ore da Capitano Coraggioso a Capitan Coniglio è un dato di fatto — tra l’altro, annunciato ben prima della lettera al Corriere della Sera — ma a 24 ore dall’ufficialità  della svolta ancora permane il mistero su un cambio di orizzonte che ha spiazzato il MoVimento 5 Stelle, lasciandolo con il cerino acceso in mano dopo l’annuncio del Fatto sulla volontà  grillna di mandare Salvini a processo.
Eppure i sussurri e le grida di Palazzo ci dicono che quella di Salvini è stata una scelta obbligata. Frutto proprio dell’autorizzazione a procedere inviata dal tribunale dei ministri di Catania al Senato. E della legge Severino,   per la quale in caso di condanna a due o più anni di carcere è prevista l’ineleggibilità  e l’incandidabilità  — o, in caso di deputato o senatore già  eletto, la decadenza delle cariche elettive che deve essere votata dagli onorevoli della camera di appartenenza — per i 6 anni successivi alla sentenza passata in giudicato.
Insomma, il Capitano rischia di essere messo in panchina per un buon numero di annetti. Per questo ora chiede di dargli l’immunità  dopo aver detto il contrario.
Ma come mai Salvini ha maturato la convinzione di rischiare la condanna?
Carmelo Lopapa su Repubblica fa sapere che sembra che l’ex procuratore Carlo Nordio, da tempo assai vicino al vicepremier leghista, lo abbia messo in allerta sui rischi concreti all’orizzonte.
Anche perchè — dettaglio non sfuggito all’esame di chi ha dimestichezza con gli atti giudiziari — la richiesta di autorizzazione al processo del Tribunale dei ministri di Catania sarebbe stata messa a punto con dovizia di particolari e con robuste fondamenta giuridiche.
Per questo si è riunito un enclave al termine del quale Salvini ha disegnato il cambio di strategia e anche la difesa che sottoporrà  al Parlamento quando sarà  chiamato a difendersi davanti alla giunta per le autorizzazioni a procedere presieduta da Maurizio Gasparri, il quale sarà  protagonista senza troppo entusiasmo di salvare il governo grillino attraverso il salvataggio di Salvini
Una sorta di gabinetto di guerra, riunito martedì pomeriggio a Palazzo Chigi negli uffici del vicepremier, ha messo a punto la strategia difensiva e i contenuti di quella lettera. Col leader, erano solo in due: Giancarlo Giorgetti e la ministra-avvocato Bongiorno.
Punto primo: spiegare che il ministro dell’Interno non vuole avvalersi di uno scudo per proteggersi dal processo, ma semplicemente far comprendere al Senato che la sua scelta di allora è stata dettata da un interesse pubblico, di governo.
Rinunciare all’immunità  comporterebbe l’ammissione di aver agito per altri fini.
Punto secondo: non è stato fatto un passo indietro, anche perchè non è stata prodotta alcuna memoria per sottrarsi al processo.
Terzo e ultimo: mancherebbero, secondo la difesa, i presupposti del sequestro, dato che se era precluso il porto di Catania, ad agosto, «erano percorribili tutte le altre direzioni». Sono i punti centrali della difesa che sarà  utilizzata in giunta e poi in aula al Senato.
Cosa c’è nel fascicolo che accusa Salvini
Nel fascicolo all’esame del Senato d’altro canto si può osservare con dovizia di particolari come la macchina dei soccorsi messa in campo dall’Italia sia stata allora bloccata dal ministro dell’Interno.
Il quale, bisogna sempre ricordarlo perchè il particolare è talmente ridicolo da renderlo necessario, si è messo a fare la guerra a una nave italiana e appartenente al nostro corpo d’armata.
Infatti stranamente oggi nessuno domanda ai ministri che vanno in tv a difendere quanto sta facendo il governo con la Sea Watch come mai oggi dicano che la barca dell’ONG dovrebbe andare in Olanda perchè batte bandiera olandese ma ieri non volevano far sbarcare nessuno dalla Diciotti che batteva bandiera italiana.
Per affilare la sua difesa intanto Salvini è tornato a raccontare che c’era un rischio terrorismo in caso di sbarco dalla Diciotti. Nella domanda di autorizzazione però c’è scritto che «nessuno dei soggetti ascoltati da questo Tribunale (compresi i funzionari del Viminale, ndr) ha riferito (come avvenuto invece per altri sbarchi) di informazioni sulla possibile presenza, tra i soggetti soccorsi, di «persone pericolose per la sicurezza e l’ordine pubblico nazionale».

(da “NextQuotidiano”)

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I SEQUESTRATORI SI SONO ARRESI, LO SBARCO DALLA SEA WATCH PREVISTO A BREVE

Gennaio 30th, 2019 Riccardo Fucile

GRAZIE A MACRON E MERKEL, OLTRE A ROMANIA, PORTOGALLO E MALTA, LUSSEMBURGO CI SARA’ UNA REDISTRIBUZIONE IN EUROPA (SALVO I SOLITI INFAMI DI VISEGRAD, AMICI DI SALVINI)… EMERGONO GRAVI ANOMALIE DEL MINISTERO DEGLI INTERNI: NESSUNO E’ MAI SALITO A BORDO, UN   SISTEMA PER BLOCCARE LA MAGISTRATURA?

Il via libera non è ancora arrivato ma dovrebbe essere questione di ore. Dopo l’annuncio dell’accordo raggiunto ieri per la redistribuzione in Europa dei 47 migranti a bordo della Sea Watch,   il vertice notturno a Palazzo Chigi tra il premier Conte, Salvini e Di Maio è servito ad ottenere l’ok del ministro dell’interno.
Si attende la formalizzazione dell’accordo europeo. Ci sarebbe anche il Lussemburgo nel patto, oltre a Germania, Francia, Portogallo, Romania e Malta.
Al Viminale stanno mettendo a punto le modalità  dello sbarco e quasi certamente i 47 verranno portati in un hotspot a Pozzallo o a Messina. Qui verranno identificati e aspetteranno di essere trasferiti nei Paesi europei che hanno dato la disponibilità .
Ma se la definizione dell’accordo dovesse allungare i tempi, tornerebbe l’urgenza di far sbarcare immediatamente i 15 minorenni a bordo come sollecitato per la seconda volta dalla Procura di Catania in ottemperanza della legge Zampa che stabilisce che i migranti minori non possano in ogni caso essere respinti.
Ma nessuno, a cinque giorni dall’ingresso in rada della nave, ha ancora provveduto all’identificazione dei minorenni rendendo quindi ineseguibile   il provvedimento del tribunale dei minori che non puo’ che essere nominativo.
A bordo della nave, battente bandiera olandese ormai da 12 giorni in mare e da 5 nella rada di Siracusa, non è ancora mai salito personale della Capitaneria di porto nè della polizia giudiziaria per gli adempimenti e una nuova sollecitazione in tal senso è stata fatta al prefetto di Siracusa.
Anche il pronunciamento della Corte europea dei diritti dell’uomo, che ieri non ha ordinato lo sbarco ma solo raccomandato di garantire la massima assistenza ai migranti, ha espressamente previsto la tutela legale dei minori a bordo.*
Da Cagliari, dove si trova in visita, interviene sulla vicenda il premier maltese Joseph Muscat:   “Non abbiamo mai chiuso il nostro Paese e quando abbiamo chiesto un segnale di solidarietà  europea lo abbiamo sempre ottenuto. Non penso che sia una conseguenza diretta del fatto che si attui una linea dura o no”.
Rispondendo a una domanda sugli effetti della linea intransigente del governo italiano sugli sbarchi di migrantii, afferma: “Non mi intrometto nelle decisioni italiane, ma penso che la linea dura sia controproducente, perchè se ci si trova davanti a una responsabilità  che deriva da leggi internazionali non si può rispondere ‘non voglio’. Penso che questo sia un atteggiamento miope”.

(da agenzie)

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