Marzo 17th, 2019 Riccardo Fucile
“MINORENNI TRATTENUTI ILLEGALMENTE A BORDO IN VIOLAZIONE DELLA LEGGE”… ORA VEDIAMO SE QUALCHE PROCURA COMPIE GLI ATTI RELATIVI E INCRIMINA IL SEQUESTRATORE DI PERSONE O INSABBIA TUTTO… DOMANI SU REPORT L’INTERVISTA DEL CAPO DELLA PROCURA DEI MINORI E DOCUMENTI INEDITI SULLA LOSCA VICENDA
I magistrati minorili hanno trasmesso alla procura di Catania le prove della violazione «certamente commessa» a danno dei migranti minorenni.
Atti che — ma su questo vige il segreto — potrebbero trasformarsi in una inchiesta simile a quella del caso caso Diciotti, su cui mercoledì il Senato voterà l’autorizzazione a procedere per Matteo Salvini, accusato di sequestro di persona.
Riportiamo il pezzo firmato da Nello Scavo pubblicato sull’Avvenire.
A confermarlo è Caterina Ajello, a capo della procura dei minori etnea: «Ho scritto al ministero dell’Interno e al ministero delle Infrastrutture». ha detto davanti alle telecamere di Report (Rai3) . E mai una risposta.
Il magistrato aveva ripetutamente espresso la preoccupazione per l’omesso sbarco immediato dei ragazzini che a gennaio sono stati trattenuti a bordo della nave umanitaria per quasi due settimane.
Lo aveva fatto in una lettera «segnalando i diritti di questi minori stranieri che non potevano essere esercitati se non dopo lo sbarco, e non abbiamo ricevuto risposta nè comunicazione di sorta neanche dall’autorità di pubblica sicurezza in sede locale».
A rispondere, spiega Ajello, è solo la Questura di Siracusa che afferma di non poter agire poichè «a livello centrale non era stato ancora individuato il Place of safety (Pos), cioè il porto di sbarco».
Anche in questo caso, insomma, la procedura dello sbarco viene bloccata dall’alto. Secondo il procuratore Ajello non ci sono dubbi: «Sotto il profilo dei minori sicuramente c’è stata una violazione, che automaticamente questa costituisca reato è da vedere e comunque non sono io a dovermene occupare».
Nel corso dell’intervista rilasciata a Manuele Bonaccorsi, che con la squadra dei giornalisti di Report ha lavorato all’inchiesta sul caso Diciotti che andrà in onda lunedì sera, il magistrato ribadisce il suo sconcerto per il muro di gomma che ha dovuto affrontare.
Il colloquio con Caterina Ajello suscita molte domande.
La procura minorile di Catania diventa formalmente competente il 25 di gennaio, quando la nave viene fatta accostare nel “porto rifugio” di Siracusa, territorio su cui ha competenza il tribunale dei minorenni di Catania, dove poi avverrà lo sbarco l’1 febbraio. Le norme sui minori non accompagnati — contenute nella Legge Zampa, votata nel 2017 con il convinto e compatto sostegno dei parlamentari M5s — impongono la discesa immediata di tutti i migranti al di sotto dei 18 anni.
Ma a Siracusa questo non avviene.
In quei giorni il Viminale dichiara alla stampa, ma non ai magistrati competenti, che nessuno straniero sarebbe stato fatto sbarcare, adombrando anche l’ipotesi che vi fossero dei “falsi minorenni”, che avevano detto di avere 17 anni e mezzo. Intanto, alla procuratrice Ajello nessuno risponde. Neanche per telefono.
«Ho fatto tutto ciò che era in mio potere per assicurare la tutela dei minori. Fino a 17 anni e mezzo — precisa — comunque si è minorenni, e comunque c’erano ragazzini anche del 2004, perciò quindicenni, e ci risultano anche minori di età inferiore».
In ogni caso, anche «se avessero avuto 17 anni e mezzo sono sempre minorenni: io ho il dovere giuridico di attivarmi per la loro tutela».
Non è l’unica anomalia registrata in quei giorni.
Il Tribunale dei minori – come ha ripetutamente documentato Avvenire nei giorni scorsi – aveva assegnato i ragazzini al Comune di Siracusa, che aveva individuato le strutture d’accoglienza.
Senza preavviso, però, la Sea Watch viene trasferita a Catania, dove sbarcheranno i 47 naufraghi tra cui i 15 adolescenti, in fretta e furia assegnati ad altre comunità del capoluogo etneo.
Da questo momento gli atti dell’inchiesta passano da Siracusa, dove aveva aperto un fascicolo il procuratore Fabio Scavone, alla procura di Catania guidata da Carmelo Zuccaro.
Il segreto istruttorio impedisce di sapere quale sia lo stato dell’iter giudiziario. Di certo agli accertamenti trasmessi da Siracusa si sono aggiunti quelli della procura dei minorenni che ha consegnato al procuratore generale (l’organo superiore della procura dei minori) la segnalazione per le “violazioni” a danno dei minorenni.
Il procuratore generale Roberto Saieva ha confermato di avere ricevuto il fascicolo dalla procura dei minorenni, ma non ha voluto nè suffragare nè smentire di aver assegnato il caso al procuratore Zuccaro, a cui spetta di esercitare l’azione penale.
Spetta infatti alla procura valutare se il mancato rispetto della Legge Zampa, così come denunciato da Caterina Ajello, sia un reato penalmente rilevante.
Se confermato, dovranno essere indagati i vertici dei ministeri coinvolti e i funzionari che hanno operato in quei giorni
E domani l’inchiesta di Report, corroborata da testimonianze e documenti inediti, «svelerà — spiegano dalla redazione — i retroscena mai raccontati del caso Diciotti nei palazzi del potere, a Roma come a Bruxelles».​
(da Globalist)
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Marzo 17th, 2019 Riccardo Fucile
IMPOSSIBILE USARE L’ESPLOSIVO, SERVE UN NUOVO PIANO… LO SMONTAGGIO MECCANICO PREVEDE UNO SLITTAMENTO DI ALMENO OTTO MESI
Anche la linea dell’orizzonte può essere un’illusione. Quella che ha sullo sfondo il ponte
Morandi è ormai cambiata da quel maledetto 14 agosto.
Proprio ieri è stato tirato giù un tratto rettilineo lungo 36 metri e pesante 916 tonnellate. C’è più cielo tra un moncone e l’altro, segno che i lavori di demolizione, propedeutici alla ricostruzione, sono cominciati, e avanzano.
Era importante partire, e ancora più importante che si vedesse, ripete sempre Marco Bucci, il sindaco-commissario del governo per il nuovo viadotto.
Annunci
Niente è mai come sembra. Nonostante gli annunci ottimistici e gli inni alla gioia della ricostruzione immediata, con consegna della nuova infrastruttura a fine 2019, massimo primavera del 2020, l’abbattimento dei resti di un gigante da cinquantamila metri cubi di calcestruzzo e cinquemila tonnellate di acciaio rimane un’impresa esposta al vento dell’imprevisto.
L’esplosivo, panacea di ogni male per abbattere le pile superstiti, non si può usare.
La prima doveva essere la numero 8, verso ponente, affacciata su capannoni abbandonati e alta 45 metri, ovvero il livello della carreggiata.
Dopo sarebbe toccato alle pile 10 e 11, prossime all’uscita del casello di Genova Ovest verso i terminal del porto, che incombono sulle case destinate all’abbattimento, sulla zona rossa e su quella gialla.
E per loro non esiste neppure un piano B senza la dinamite.
Perchè hanno entrambe gli stralli, e raggiungono i 90 metri di altezza. L’ipotesi più ottimistica in caso di smontaggio meccanico prevede uno slittamento dei lavori di almeno altri 8 mesi, ma qualcuno nella struttura commissariale sussurra che ci vorrebbe un anno, oltre a un’impennata dei costi che farebbero lievitare i 19 milioni di euro previsti dal piano approvato da Bucci.
Amianto
Nel Ponte Morandi c’è l’amianto. E tutti lo hanno sempre saputo, perchè nel 1962, quando iniziò la costruzione del viadotto sul Polcevera, quel materiale e il mortale polverino che sprigiona erano considerati una mano santa dell’edilizia italiana e mondiale. All’inizio dello scorso ottobre i Vigili del fuoco specializzati in crolli e interventi in ambiente urbano giunti da tutta Italia per sgomberare le macerie del ponte si videro recapitare un modulo con una domanda che aveva dell’incredibile.
«Pensa di essere stato esposto anche in maniera occasionale durante le operazione di soccorso, a materiale contenente asbesto?».
Eppure, come se nulla fosse. Il 6 marzo, conferenza stampa in Prefettura alla presenza delle aziende vincitrici dell’appalto e di tutti gli enti responsabili, compresi l’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente e l’Asl, incaricate dei controlli, per l’annuncio della demolizione con esplosivo della pila 8, quella più «facile», come l’intero settore di ponente, prevista per la mattina del 9 marzo.
Un esposto in procura
«Cosa respirano i nostri figli?». I cartelli erano già apparsi all’inizio dei lavori. Un comitato dei cittadini presenta un esposto in procura. Nel carotaggio effettuato da Arpal e Asl, 6 campioni su 24 hanno dato valori fuori norma, confermando la presenza di amianto, seppure in quantità infinitesimali. Il problema diventa non solo edile, ma anche penale.
Il primo a dirlo è lo stesso Bucci, commissario governativo, ma anche sindaco. La marcia trionfale suonata finora si smorza all’improvviso, non senza qualche imbarazzo. Dopo una settimana di passione, viene escluso l’utilizzo dell’esplosivo per la pila 8.
Smontaggio meccanico
La tecnica di smontaggio meccanico, che dovrà contenere misure di «mitigazione del rischio» per la dispersione delle polveri, verrà adottata per tutti i piloni superstiti. Impossibile anche solo immaginare di far saltare in aria le pile 10 e 11, più vicine ai quartieri abitati e allo svincolo della A7, uno dei caselli più frequentati d’Italia.
Se la pila 8 non presenta difficoltà insormontabili, e il ritardo nei lavori sarà solo di qualche settimana, sull’altro versante la differenza tra uso dell’esplosivo e demolizione fatta «a mano», ragiona un esponente della struttura commissariale, si calcola in semestri, con annessa chiusura per settimane dell’autostrada, che nell’ipotesi originaria era previsto solo per i giorni delle deflagrazioni.
Da un lato la necessità di fare in fretta. Dall’altro la tutela della salute pubblica, alla quale si collegano eventuali responsabilità giudiziarie. Non se ne esce.
Aggiornare i calendari. L’importante era cominciare, in pompa magna. Ma la demolizione di un ponte in una zona sovraffollata della città non poteva certo essere un pranzo di gala.
(da “Il Corriere della Sera”)
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Marzo 17th, 2019 Riccardo Fucile
ARCHIVIATO IL RENZISMO, FINE DEL LEADERISMO, RECUPERO DELLA MEMORIA, CRITICA AL CAPITALISMO, CAMPO LARGO DELLA COESISTENZA
Con quell’aria un po’ così, da figlio del partito in camicia azzurra e cravatta, così refrattario alla cultura dell’immagine da permettersi il lusso novecentesco di sudare, proprio come una volta, il mite Zinga una svolta l’ha impressa, nel suo grande giorno. E anche piuttosto radicale nelle parole e nei simboli.
Svolta segnata, innanzitutto e di questi tempi non è poco, da un grande recupero del principio di realtà , con qualche accenno di autocritica, grande tabù violato in un partito che, fino a poco tempo fa, la considerava un’attività da comunisti, preferendo suonare la grancassa al leader.
E chiamando modernità ciò che negava la storia e della sinistra, in un eterno presente senza memoria.
Ecco invece, il figlio di un partito dove si analizzava per ore anche la vittoria degli universitari alla Sapienza, figuriamoci la più grande sconfitta della storia della sinistra,
nel suo primo discorso, che annuncia il suo “cambiamo tutto”, anche lo statuto del partito per aprirlo alla società e sottrarlo al dominio delle filiere di potere, spalancando porte e finestre.
E va al dunque, alla cruda realtà delle ragioni per cui questo cambiamento è necessario: “Anche noi, dalla cima di questa montagna di frasi fatte, di intenti roboanti, di schemi politici, abbiamo perso di vista la quotidianità della vita”.
Non è poco, è una critica a ciò che è stato, accompagnata da un recupero identitario, per cui il passato — grande bersaglio della cultura della rottamazione — torna ad essere, nelle citazioni di Gramsci o Moro o nella fotografia a Porta San Paolo, luogo simbolo della Resistenza, non un luogo da abitare nostalgicamente ma un campo di costruzione di senso.
Diciamolo subito. È l’inizio, solo l’inizio, di un possibile “nuovo Pd” — questo il proposito, l’ambizione, il progetto — perchè poi le migliori idee camminano sulle gambe degli uomini.
E le gambe sono di chi, finora, non è propriamente stato su Marte, ma tanta responsabilità ha avuto in questi anni, dal neo eletto presidente Paolo Gentiloni discendendo giù pe li rami.
Non è un dettaglio, a scorrere i nomi della direzione, perfetto accrocco di correnti, come sempre è stato, su cui si è svolta una trattativa serrata fino all’ultimo su nomi e quote, sotto-quote, equilibri all’interno delle singole componenti, con poche novità presenti proprio nella quota nel nuovo segretario, con la presenza, oltre a Carlo Calenda, soprattutto di parecchi giovani.
Però questo nuovo inizio, a giudicare dalla fotografia di giornata, segna una cesura politica, sia pur nello iato tra ciò che è ancora il corpo del Pd e ciò che dovrebbe diventare.
Bastava raccogliere, all’uscita dall’Ergife, lo sfogo di qualche irriducibile del renzismo su un discorso “da Ds” o l’entusiasmo degli altri perchè “finalmente è tornata la sinistra”, ecco bastava ascoltare qualche reazione, per dare il senso di ciò che è accaduto.
Ovvero: un cambio di “paradigma”, politico e culturale. C’era una sala di dirigenti politici, non di tifosi, attenta e ragionante, interprete di quell’ansia di rinnovamento e di alternativa, espressa dal popolo delle primarie che non vive la partecipazione come applauso al Capo e delega fideistica.
E un segretario che si è posto come interprete di una comunità e non come un novello Prometeo che porta il fuoco agli uomini: gli attacchi al governo non sono insulti, l’atteggiamento è di chi ha imparato la lezione, l’analisi della società , delle sue sfumature e delle sue contraddizioni, non cede mai il posto al battutismo.
Nel discorso c’è tutto lo sforzo a ripristinare il primato dalla politica sulla comunicazione, dell’iniziativa sulla testimonianza, secondo l’antica lezione che la grande politica non può prescindere dalla fatica intellettuale di comprendere il tempo che ci è dato di vivere.
Ed è tornato, per prima volta nelle parole di Zingaretti, un principio di critica severa al capitalismo, alle storture del mercato, alla sbornia liberista di questi anni di crisi “in cui abbiamo governato, e non poco, anche noi”, e a una visione ciecamente ottimistica della globalizzazione che ha portato a sottovalutare il tema delle disuguaglianze: “Non abbiamo compreso quanto negli ultimi vent’anni un becero liberismo, ringalluzzito dalla fine così poco dignitosa del socialismo reale, avesse ripreso le redini del comando”.
Parole che non si sentivano da un po’, come la ricerca di un dialogo con quella periferie sociali che hanno abbandonato la sinistra e hanno creduto nei Cinque Stelle. Quel popolo, non i leader che restano avversari, è forse il primo destinatario del discorso. Sentite qui: “Una parte grande di quelli che hanno creduto in Di Maio gli si stanno rivoltando contro perchè non è rappresentata quella speranza di cambiamento che il movimento aveva intercettato e rappresentato. Non è affatto scontato che tornino a noi. Ma questo è il passaggio essenziale che si sta verificando nel quadro politico”.
Lo schema è cambiato. Dal conflitto, inteso come ossessiva ricerca del nemico, interno ed esterno, “noi e i barbari”, al tentativo di ricollocare il Pd nel cuore della società italiana ridisegnando la sua funzione nazionale attraverso la critica dell’esistente e la cultura del “patto”.
Patto col lavoro, con l’impresa, con l’intellettualità “prendendo noi l’iniziativa di incontrarli”, con quei corpi intermedi, ignorati e vissuti come ostacolo negli anni della disintermediazione e del populismo, per costruire una nuova agenda.
Welfare, assunzioni nella scuola, sanità , questione salariale degli insegnanti, tanto sud, mezzo intervento è su un rinnovato ruolo del pubblico e su una attenzione al sociale.
È questa attenzione a una ricomposizione del corpo sociale della sinistra la maggiore novità del discorso. E la grande sterzata, appunto, rispetto alla disintermediazione. Popolo inteso non come generica entità sociologica, ma come costruzione politica, con i suoi bisogni, interessi, contraddizioni.
Il che significa ri-politicizzare lo spazio politico, attorno alla distinzione tra destra e sinistra, proprio in un’epoca in cui la narrazione dominante lo ha incentrato attorno alla contrapposizione tra èlite e popolo, inteso come entità indistinta.
Questa è la novità che colloca la discussione sulle alleanze del “nuovo centrosinistra” fuori dal politicismo delle sigle, perchè dà ad essa uno sfondo sociale. La proposta di Zingaretti, concreta, è sostanzialmente, di un coordinamento tra le forze di opposizione al governo, come terreno su cui costruire una alternativa.
Parliamoci chiaro: è rivolta alla Bonino, a Pizzarotti, ma anche a Leu che resta innominata perchè il neosegretario vuole gestire il passaggio con gradualità .
Però ciò che è a sinistra del Pd torna ad essere un interlocutore, non più il diavolo, a partire dalla lista per le europee perchè non ha senso che chi si riconosce in Europa nel Pse in Italia si presenti diviso “in due liste”.
E anche questa è una novità : “Non si tratta di mettere indietro le lancette dell’orologio che nessuno vuole, a cominciare da chi a mio giudizio ha sbagliato a dividersi da noi. Si tratta di non rimanere immobili e di avviare una rigenerazione di un campo plurale nel quale ognuno deve fare la sua parte”.
Renzi è assente. Lontano dalla sala, e non solo fisicamente.
(da “Huffingtonpost”)
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Marzo 17th, 2019 Riccardo Fucile
SBARCHI AZZERATI? A LAMPEDUSA LE BARCHE CONTINUANO AD ARRIVARE, MA NON LO SI DICE… E I RIMPATRI SONO SEMPRE GLI STESSI DI MINNITI… SENZA CONTARE CHE 500 ARRIVI AL MESE (DATI 2018) NON VENGONO INTERCETTATI E CHE SI FANNO MORIRE AFFOGATI MADRI E BAMBINI
“Sbarchi quasi azzerati, nel 2019 i rimpatri superano gli sbarchi”, annuncia
trionfalmente Matteo Salvini fornendo le cifre degli arrivi dei migranti in Italia.
Solo 335 nel 2019, quasi il 98 per cento in meno rispetto allo scorso anno, una media di quattro migranti al giorno.
Un trend ormai consolidato negli ultimi mesi, da quando cioè le politiche del Viminale hanno di fatto azzerato la flotta delle Ong e vietato alla Guardia costiera italiana di soccorrere le imbarcazioni dei migranti nel Mediterrano costringendo i trafficanti a riaprire la rotta occidentale verso le coste spagnole, dove i migranti continuano a sbarcare e anche a morire.
Un numero di sbarchi così basso fa sì che il numero dei rimpatri (che in assoluto non si discosta per nulla dalla media degli ultimi anni) superi quello degli arrivi, facendo dunque segnare un saldo positivo per le politiche del governo.
I 1354 migranti rimpatriati nel 2019, di cui 1248 forzati e 106 volontari assistiti, ci dicono però che Salvini, nonostante tutte le intenzioni e gli annunci, non è riuscito minimamente ad incrementare il numero delle persone irregolari rimandate a casa anche perchè nessuno dei tanto annunciati nuovi accordi con i paesi d’origine, è andato in porto e della missione in Africa prevista per marzo non c’è traccia.
Che in Italia i migranti non sbarchino più però è una mezza verità .
A Lampedusa le barche continuano ad arrivare indisturbate, le ultime due la scorsa settimana, nove sbarchi dall’inizio dell’anno, ma nessuno ne dà più comunicazione, neanche al sindaco Salvatore Martello che denuncia: “Quando il governo racconta queste cose agli italiani nasconde la situazione di Lampedusa dove gli sbarchi non sono mai cessati, Il governo ha cancellato l’isola. E persino la capitaneria di porto ormai non mi comunica più quando arrivano i migranti. Se non fosse per i cittadini che li vedono non lo saprei”.
Parole confermate dalla classifica delle nazionalità di sbarco dei 335 arrivati nel 2019 in Italia. I più numerosi (67) sono i tunisini che arrivano sempre a Lampedusa indisturbati, seguiti da bengalesi (57) che arrivano sulle coste della Calabria e della Sicilia orientale con le barche a vela degli scafisti ucraini e algerini (48) che continuano a sbarcare in Sardegna.
Poi troviamo ancora iracheni, somali e iraniani. Per trovare i subsahariani, quelli che partono dalla Libia, dobbiamo scorrere la classifica fino al settimo posto, segno che chi è arrivato in Libia non riesce più a muoversi ed è bloccato da mesi nell’inferno dei centri di detenzione o finisce affogato, per la gioia di chiama le statistiche farlocche.
(da agenzie)
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Marzo 17th, 2019 Riccardo Fucile
BUFERA SUL SEGRETARIO CITTADINO DI GIOIA DEL COLLE CHE DISTINGUE I CONTROLLI DI SICUREZZA IN BASE A UNA PRESUNTA RAZZA
Bufera sulla Lega di Gioia del Colle, dopo la denuncia, con tanto di video, del movimento Prodigio – Si muove la città .
“Però – si sente dire all’esponente del Carroccio nel video – abbiamo necessità , soprattutto con alcun razze, di controllare questi appartamenti che sono covo non solo di clandestini ma anche deposito di refurtive”.
“Il segretario cittadino della Lega, Vito Etna, durante la presentazione del candidato Mastrangelo – spiega il movimento nel post che accompagna il video – annuncia la necessità di controllare le abitazioni di alcune ‘razze’ per questioni di pubblica sicurezza. È sconcertante che nel 2019 si continui a considerare la specie umana divisa in ‘razze’, un concetto che riporta alla memoria periodi storici bui, leggi razziali e genocidi abominevoli compiuti in nome della discriminazione. Cos’altro dobbiamo aspettarci da questa coalizione, per renderci conto della pericolosità del razzismo e della paura del diverso? Noi non ci stiamo”.
“Gioia del Colle non è una città razzista e ci appelliamo ai tanti, tantissimi, che silenziosamente credono nella pari dignità di tutti gli esseri umani: il candidato Sindaco Mastrangelo ha il dovere di chiarire la posizione della coalizione del centro-destra rispetto a queste affermazioni di Etna e prendere le distanze da questo pericoloso tipo di linguaggio! Lo deve a tutti quelli che hanno perso la vita perchè etichettati come ‘razza’ e lo deve ai cittadini gioiesi. Il dibattito politico a Gioia del Colle non può e non deve iniziare all’insegna di questo pericoloso arretramento rispetto a temi di civiltà così imprescindibili”, conclude il post.
(da agenzie)
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Marzo 17th, 2019 Riccardo Fucile
L’AVVOCATESSA ZUZANA CAPUTOVA, LIBERALE E AMBIENTALISTA TRAVOLGE CON IL 40,6% DI CONSENSI MAROS SEFCOVIC, SOSTENUTO DAL GOVERNO, CHE RACCOGLIE SOLO IL 18,6%… SOVRANISTI AL 14,1% RESTANO FUORI
Addio al ballottaggio per i sovranisti nel cuore di Visegrad, tagliati fuori dal secondo
turno delle presidenziali in Slovacchia dove prende forma la possibilità di un cambiamento radicale rispetto al passato.
Il volto di queste presidenziali è quello di Zuzana Caputova, avvocatessa 45enne liberale e ambientalista critica nei confronti di un governo la cui stabilità è stata minata dall’omicidio del giornalista d’inchiesta Jan Kuciak.
Caputova, sostenuta dal presidente uscente Andrej Kiska e che ha sostenuto le proteste di piazza anti-governative, ha guadagnato il il 40,57% dei voti, e il 30 marzo — giorno del ballottaggio — sfida l’altro candidato europeista Maros Sefcovic, 52 anni, vicepresidente della Commissione europea sostenuto dal partito al potere Smer-Sd, che ha ottenuto soltanto il 18,66%.
Fuori Stefan Harabin (14,15), giudice della corte suprema e anti-migranti che si è definito l’unico candidato nazionale e contro “il diktat dell’Ue”.
Si ferma al 10% Marian Kotleba, esponente dell’estrema destra, contro i rom e le elite ed estimatore di Jozef Tiso, prete che divenne presidente del Consiglio e alleato dei nazisti dopo l’occupazione della Slovacchia da parte delle truppe tedesche.
Chi è Zuzana Caputova
La vittoria dell’avvocatessa Zuzana Caputova al primo turno delle elezioni presidenziali in Slovacchia riflette il desiderio degli elettori di cambiare il sistema.
Lo scrive oggi stampa nazionale, secondo cui questo desiderio si è manifestato con forza dopo l’omicidio del giornalista Jan Kuciak. Kuciak, come è noto, si occupava dei presunti legami tra il partito dell’ex premier Robert Fico — lo Smer — e la criminalità organizzata. Caputova ha partecipato l’anno scorso alle manifestazioni organizzate dopo l’omicidio del giornalista Kuciak, assassinio che ha provocato una crisi politica nel Paese di 5,4 milioni di abitanti, membro dell’Unione europea e della Nato.
Appoggiata dal presidente uscente, Andrej Kiska, Caputova esorta a lottare “contro il male” e vuole ristabilire la fiducia nello Stato. Al contrario, presentandosi con lo slogan ‘Sempre per la Slovacchia, Sefcovic ha promesso di rafforzare i vantaggi sociali per gli anziani e le giovani famiglie.
“Caputova ha convinto la gente che sceglie la via della verità e della decenza di poter fare da contrappeso a coloro che imbrogliano e distruggono lo Stato di diritto — ha scritto il quotidiano Sme -. È riuscita a convincere di essere capace di mantenere le pratiche mafiose lontano dal palazzo presidenziale”.
Dal primo discorso dei due rivali trasmesso stamane dalla tv pubblica sono emersi i temi chiave della campagna prima del secondo turno: il problema della migrazione e i valori liberali contro quelli cristiani.
“Per me la base sono i valori cristiani quali la compassione e l’amore per il prossimo, anche per le minoranze. Il Paese dovrebbe unirsi su questa base”, ha detto Caputova, secondo la quale i valori cristiani non sono in contrasto con il suo atteggiamento liberale
I due sfidanti al ballottaggio
La 45enne vicepresidente del partito non governativo Slovacchia progressista è entrata nella politica nel 2017. Prima di allora si batteva come attivista contro una discarica illegale a Pezinok ed il suo impegno in questo campo le è valso il premio Goldman per l’ambiente. Caputova è nota anche per essersi impegnata per i diritti degli omosessuali.
Il suo rivale, il 52enne Maros Sefcovic, invece, promuove la famiglia tradizionale e i valori cristiani, nonostante negli anni Ottanta fu membro del Partito comunista che nell’ex Cecoslovacchia comunista perseguitava le chiese.
Nel 2009 ha assunto la carica di Commissario europeo per l’istruzione, la cultura e la gioventù e dal 2014 è vicepresidente della Commissione Ue per l’Unione dell’energia e il clima. Nel primo turno Caputova ha ottenuto il 40,57% dei voti, mentre Sefcovic è finito secondo con il 18,66%. L’affluenza alle urne è stata di circa il 49%. Il secondo turno è previsto per il 30 marzo.
(da agenzie)
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Marzo 17th, 2019 Riccardo Fucile
“NON POTETE CHIEDERE AI VOSTRI FIGLI LE RISPOSTE AL CASINO CHE AVETE COMBINATO VOI”… E CONTINUA LA CAMPAGNIA DI ODIO CONTRO DI LEI ORCHESTRATA DA CHI INQUINA E DAI SOLITI UTILI IDIOTI
“Le persone continuano a chiedermi ‘qual è la soluzione alla crisi climatica’. E come possiamo ‘risolvere questo problema’. Si aspettano che conosca la risposta. Pensarlo è oltre l’assurdo perchè non ci sono ‘soluzionì all’interno dei nostri sistemi attuali”.
Dopo la grande marcia per clima che ha portato in piazza più di un milione di persone, giovani soprattutto, anche in Italia, l’attivista svedeve Greta Thunberg risponde con un lungo post su Facebook alle critiche rivolte al movimento di cui è ispiratrice. “L’argomento preferito qui in Svezia (e altrove …) è che non importa ciò che facciamo perchè siamo tutti troppo piccoli per fare la differenza. La manifestazione di venerdì è stata la più grande giornata di azione globale sul clima di sempre, secondo 350.org. È successo perchè alcuni studenti di paesi piccoli come la Svezia, il Belgio e la Svizzera hanno deciso di non andare a scuola perchè non si faceva nulla per la crisi climatica. Abbiamo dimostrato che importa quello che fai e che nessuno è troppo piccolo per fare la differenza”.
L’attivista, che nei giorni scorsi è stata oggetto di attacchi e insulti, chiede di guardare al problema nel suo complesso, e non alle singole questioni. “Non possiamo più concentrarci solo su questioni individuali e separate come le auto elettriche, l’energia nucleare, la carne, l’aviazione, i biocarburanti, ecc. Abbiamo urgente bisogno di una visione olistica per affrontare la piena crisi di sostenibilità e il disastro ecologico in atto. Dobbiamo iniziare a trattare la crisi per quello che è. Perchè solo così – e solo guidati dalla migliore scienza disponibile possiamo insieme iniziare a creare una via d’uscita globale”.
Greta difende gli studenti che sono scesi in piazza. “Se nemmeno gli scienziati, i politici, i media e le Nazioni Unite attualmente parlano di cosa esattamente si deve fare per “risolvere” la crisi climatica (in altre parole, abbattendo drasticamente le nostre emissioni a partire da oggi), come potremmo saperlo noi? Come potete lasciare a noi questo fardello?”
“Quindi”, conclude, “per favore smettetela di chiedere ai vostri figli le risposte al casino che avete combinato”.
(da agenzie)
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Marzo 17th, 2019 Riccardo Fucile
DOPO AVER DISTRUTTO L’ECONOMIA BRITANNICA, IL PADRE DELLA BREXIT TIRA LA VOLATA A LEGA E M5S
Nigel Farage, il padre della Brexit, è sicuro che l’Italia sarà il prossimo Paese a lasciare
l’Unione Europea
L’ex leader dell’Ukip si esalta per il lavoro fatto da M5S e Lega in questi mesi di governo
Nel frattempo, in Gran Bretagna, non si hanno ancora sicurezze sull’effettiva entrati in vigore della Brexit
Che fine ha fatto Nigel Farage? Il suo nome del 54enne britannico rimarrà legato per sempre alla Brexit e non solamente per la mossa rivoluzionaria e il referendum popolare che ha portato i cittadini del Regno Unito a votare a favore dell’indipendenza dall’Unione Europea, ma per tutto quello che ha lasciato irrisolto per la politica made in Uk.
Theresa May, infatti, non riesce a trovare accordi politici interni per potare a termine questa tanto agognata fuoriuscita dalla Ue, mentre lui si è allontanato dalla questione lasciando l’Ukip al’indomani del voto popolare. Ora, però, è sicuro che il prossimo Paese a compiere questo passo sarà l’Italia.
«In Europa sono tutti preoccupati per la Brexit. Ma dopo la nostra uscita dall’Ue, il vero problema a Bruxelles lo avranno con l’Italia. E sarà molto più grande — ha detto Nigel Farage nella sua intervista rilasciata a La Repubblica -. L’Italia non ha mai amato il progetto europeo. Dopo il nostro esempio se ne disinnamorerà ancora di più. Quando dimostreremo che c’è vita fuori dall’Ue, voi ci seguirete».
Il problema, ora, sembra proprio il dimostrare che fuori dall’Unione Europea ci sia vita e le tensioni interne al Parlamento britannico sembrano raccontare una realtà ben diversa. Come se ci fosse un senso di smarrimento al di fuori della comunità continentale.
A compiere l’Italexit, secondo Farage, sarà proprio l’attuale governo che, d’altronde, non ha mai nascosto le proprie posizioni avverse all’Unione Europea, almeno in campagna elettorale.
Ora che sono al potere, invece, a parte qualche polemica a livello dialettico e qualche scontro sulla Manovra 2019, il clima è più pacato e gli stessi protagonisti rilanciano l’idea non di un’uscita dall’Europa, ma di riforma istituzionale all’interno dei Palazzi del potere dell’Ue. Posizioni ben distanti da quanto sostenuto dal’ex leader dell’Ukip.
Il nostro Paese è tra i fondatori dell’Unione Europa, ma per Farage la questione, ora, è molto più delicata: «Adesso le cose sono molto diverse. L’Italia ha adottato l’euro, un errore madornale che porterà ulteriore disaffezione. L’economia è anemica da vent’anni e la classe media, al contrario di quella britannica, si allontana sempre di più dall’idea di Europa e il dibattito nel vostro Paese sarà sempre più acceso».
Poi il suo giudizio su questo governo: «Lega e Movimento 5 Stelle stanno lavorando benissimo».
(da agenzie)
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Marzo 17th, 2019 Riccardo Fucile
UN MINISTRO DEGLI INTERNI CHE CENA NELL’ALBERGO DEL CONDANNATO PER MONNEZZOPOLI E LO FA ACCOMODARE AL SUO TAVOLO
Le elezioni si avvicinano in Basilicata e Matteo Salvini vuole incassare, dopo Sardegna e Abruzzo, un’altra vittoria. Nel corso del tour elettorale il ministro dell’Interno non si risparmia tra selfie, comizi e bagni di folla. Una marcia non senza inciampi e contestazioni ovunque.
Il ministro dell’Interno ha partecipato ad un’iniziativa elettorale nell’albergo dell’imprenditore Giovanni Castellano, a capo di una società impegnata nel settore dei rifiuti.
Castellano, però, lo scorso dicembre è stato condannato in primo grado nel processo Monnezzopoli, una indagine iniziata nel 2012 che ha messo sotto accusa il sistema delle discariche.
Il ministro dell’Interno Salvini, ospite di un evento a cui hanno partecipato i candidati consiglieri e i leghisti lucani, è arrivato in maglietta a maniche corte e salutato i presenti. Al tavolo con il Capitano, come amabilmente lo chiamano i fedelissimi, c’era anche Giovanni Castellano. A cena con il condannato in primo grado.
Ma che ci faceva — si è chiesto per primo il sito Basilicata24.it — Salvini a cena con Castellano?
“Mi sono seduto al tavolo con il ministro — spiega Castellano interpellato da TPI — come si sono seduti altri. Il ministro è molto disponibile”
Ad inizio serata, Salvini si è intrattenuto con i giornalisti per lanciare il suo programma per la Basilicata.
Di ambiente, però, Salvini non parla. Eppure Castellano, titolare dell’albergo che ha ospitato l’evento, nel settore vanta una decennale esperienza e la condanna inflitta lo scorso dicembre (il Tribunale di Potenza non ha ancora depositato le motivazioni).
Nel 2012 finisce in galera insieme ad altri imprenditori, tra le accuse quella di non aver trattato i rifiuti prima di conferirli in discarica.
Castellano, insieme ad altri imprenditori, è stato condannato ad un anno, pena sospesa, per traffico illeciti di rifiuti e all’interdizione dai pubblici uffici, mentre è stato assolto per associazione a delinquere finalizzata e truffa.
E su Salvini: “Io non faccio politica, l’albergo è mio — conclude — era una cena di autofinanziamento, hanno pagato tutto loro. Io ho fatto solo gli onori di casa e accolto il ministro dell’Interno”.
(da TPI)
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