Aprile 11th, 2019 Riccardo Fucile
LE “PERSONE FESTANTI” DI TORNARE IL LIBIA IN REALTA’ ERANO MIGRANTI RITRATTI NEL 2018 DOPO ESSERE STATI SALVATI DALL’AQUARIUS… IN QUALE PAESE CIVILE UN MINISTRO CHE PUBBLICA SCIENTIFICAMENTE UNA FOTO FALSA SAREBBE ANCORA AL SUO POSTO?
Ieri il ministro della Paura aveva fatto il suo solito tweet sprezzante contro le persone che
soffrono, nello specifico i 20 migranti riusciti a fuggire dai lager della Libia nei quali ci sono torture e stupri che sono rimasti in balia delle onde davanti alle coste di Tripoli e che avevano chiesto aiuto incontrando un’alzata di spalle dell’Italia e il silenzio della Tunisia.
Infine è arrivata la Guardia Costiera libica che li ha riportati indietro in un paese in guerra e, purtroppo, negli stessi lager in cui avevano subito abusi
Per prima cosa Salvini ha detto che ‘i famosi 20 che stavano affondando” sono stati prontamente salvati dalla Guardia Costiera Libica. E già qui ha detto una bugia visto che i soccorsi sono arrivati dopo 15 ore.
Ma soprattutto ha messo una falsa foto nella quale si vedono i naufraghi sorridenti
accogliere felici i libici.
Ha commentato il giornalista di Radio Radicale Sergio Scandura che ha smascherato la fake new di Salvini
“Non si sono mai viste persone sbracciarsi di felicità alla vista delle motovedette libiche. La foto usata nel trionfante tweet del ministro è presa dai soccorsi Aquarius, 10 agosto 2018. Quindi un doppio falso. Sulla prontezza dei soccorsi e sulla ‘gioia’ dei migranti.
Menzogne per giustificare l’appoggio italiano alla guardia costiera libica che riporta verso l’inferno i migranti in fuga.
(da agenzie)
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Aprile 11th, 2019 Riccardo Fucile
SMASCHERATO SALVINI: “LE MOTOVEDETTE SONO FERRIVECCHI, ABBIAMO TIMORE CHE AFFONDINO OGNI VOLTA CHE CI SALIAMO”… “I MORTI SONO TANTI, OGNI GIORNO TROVIAMO CADAVERI IN SPIAGGIA”… QUESTI SONO I PORTI DEFINITI SICURI DAI POLITICI CRIMINALI
“Non abbiamo nè attrezzature nè mezzi. Le motovedette in dotazione sono ferrivecchi
mangiati dalla ruggine. Ogni volta che ci saliamo a bordo abbiamo paura che affondino”.
Queste sono alcune delle informazioni che hanno rivelato due membri della Guardia Costiera Libica ai giornalisti di Piazzapulita Nello Trocchia e Adib Fateh Ali che li hanno incontrati a La Spezia dove i militari fanno dei corsi di formazione.
Gli agenti aggiungono: “L’Italia ci ha appena fatto avere tre motovedette ma noi abbiamo 2200 chilometri di costa. Per coprirla tutta ce ne vorrebbero almeno un centinaio. Con tre cosa vuoi farci?”.
Il racconto che fanno della loro esperienza è drammatico: “I morti sono tanti. Tanti davvero. Quando il mare è molto mosso sulla spiaggia al mattino si trovano cadaveri a 7 o 8 per volta. Uomini, donne, bambini. Un corpo vicino all’altro. Corpi irriconoscibili putrefatti dai giorni passati in acqua”.
(da agenzie)
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Aprile 11th, 2019 Riccardo Fucile
I PATACCARI DICONO UNA COSA E POI NE FANNO UN’ALTRA, TANTO I PIRLA SI BEVONO TUTTO
La Lega fa dietrofront su famiglia e natalità , tra l’approvazione dei 5 Stelle e la rabbia di Giorgia Meloni.
Il parlamentari del Carroccio hanno infatti votato contro la mozione di Fratelli d’Italia che impegnava il governo, tra l’altro, a disincentivare l’aborto.
La leader del partito ha criticato fortemente la decisione: “Prima il parere contrario del ministro Fontana e poi la bocciatura in Aula. Oggi la Lega rinnega se stessa e vota contro la mozione di Fratelli d’Italia su famiglia e natalità . La Lega dice no al reddito di infanzia, al sostegno della famiglia naturale, agli asili nido gratuiti, al quoziente famigliare e ad un imponente piano di incentivo alla natalità . Sono senza parole e chiedo a Salvini un chiarimento ufficiale. Dopo economia, lavoro e infrastrutture, la Lega ha delegato al M5s anche le politiche sulla famiglia?”.
Esultano i 5 Stelle che erano fortemente contrari alla mozione: “Ieri il ministro Fontana era pronto ad accogliere tutte le mozioni sulla famiglia compresa quella di Fratelli d’Italia sull’aborto che impegnava il governo a ‘scoraggiare il ricorso all’interruzione volontaria di gravidanza’ . Sarebbe stata una follia e ovviamente il MoVimento 5 Stelle avrebbe votato contro. Alla fine è passata la nostra linea, bene che il ministro abbia cambiato idea dando parere favorevole solo alla mozione di maggioranza. Dopo Verona la Lega ha capito che su certi temi noi siamo categorici: i diritti conquistati non si toccano”, dicono fonti parlamentari.
(da agenzie)
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Aprile 11th, 2019 Riccardo Fucile
UN TERZO DEI CANDIDATI NON E’ ISCRITTO AL PARTITO: “HO MANTENUTO L’IMPEGNO”
Nicola Zingaretti ha ottenuto il risultato che voleva, ossia il varo di liste aperte, “da
Tsipras a Macron”, senza voti contrari all’interno della Direzione del suo partito.
Si sono astenute, infatti le aree dei renziani, sia quella che fa riferimento a Luca Lotti e Lorenzo Guerini, sia quella di Roberto Giachetti, per un totale di 30 voti.
È arrivato il sì, invece, di tutti gli altri, compresa la componente di Maurizio Martina, che ha dato atto al segretario di aver “rispettato nei suoi obiettivi politici principali” il mandato ricevuto di presentare “liste aperte, lavorando per unire gli europeisti progressisti e riformisti”.
“Non è una lista a mia immagine e somiglianza – ha detto Zingaretti, presentando i nomi – ma a nostra immagine e somiglianza”.
Il segretario dem ha messo in luce nel suo intervento di apertura come le candidature siano state vagliate e scelte già nella prospettiva di un’alternativa a un governo che “mostra tutta la sua drammatica inadeguatezza. Sta a noi – ha aggiunto – mettere in campo una proposta competitiva, una credibile alternativa, che dia il segno del cambiamento”.
Dei 76 candidati, la maggioranza sono donne (39), un terzo è costituito da non iscritti al Pd, di cui due sono esponenti diretti di Articolo Uno, Massimo Paolucci e Maria Cecilia Guerra.
Proprio su quest’ultimo nome si è consumato lo ‘strappetto’ con i renziani, che hanno scelto l’astensione più come segnale politico che per un reale dissenso rispetto alle liste presentate.
“Lo sforzo del segretario è stato importante – ha riconosciuto Gianni Dal Moro, intervenuto in Direzione per i lottiani – ma non siamo convinti che il principio di un non ritorno all’indietro sia in termine di rappresentazione delle candidature che di progetto politico sia stato completamente rispettato. Ma la nostra non vuole essere una bocciatura, bensì una critica responsabile”.
D’altra parte, Base riformista ha incassato il posto da capolista per Simona Bonafè al Centro (dove c’è anche l’altro uscente Nicola Danti), un non scontato terzo posto nel Nord-Est per l’ex ministro Paolo De Castro (affiancato anche qui da un’altra uscente, Isabella De Monte), il numero due per Pina Picierno al Sud (oltre a Giosi Ferrandino), mentre nelle Isole, pur non essendo riferimento diretto di quest’area, sosterranno sia la capolista Caterina Chinnici che Pietro Bartolo.
Ai giachettiani sono ricondotte invece le candidature dell’ex viceministro Enrico Morando e della rappresentante in Italia di En Marche, Caterina Avanza, entrambe nel Nord-Ovest, che consentono così all’area dei renziani in senso ampio di essere rappresentata ovunque.
Anche Articolo Uno riesce a individuare in ciascuna delle cinque circoscrizioni propri riferimenti: oltre a Guerra (Nord-Ovest) e Paolucci (Sud), i bersaniani convergeranno anche loro sul medico di Lampedusa Pietro Bartolo (Centro e Isole) e su personalità come Giuliano Pisapia, Pierfrancesco Majorino e Brando Benifei nel Nord-Ovest.
Anche Carlo Calenda (capolista nel Nord-Est) ha visto accolte gran parte delle proprie richieste per i nomi di Siamo Europei, a cominciare da Irene Tinagli (Nord-Ovest), Achille Variati (Nord-Est), Virginia Puzzolo (Isole), ma anche l’inserimento tra le teste di lista di Roberto Gualtieri al Centro
(numero 3), per il quale si era speso stamattina con un tweet.
A fare notizia, però, sono i tanti esterni voluti da Zingaretti.
La sorpresa dell’ultimo minuto è costituita da Roberto Battiston, l’ex presidente dell’Agenzia spaziale italiana, revocato improvvisamente dall’attuale governo nel novembre scorso.
Già nota era la candidatura dell’ex Procuratore nazionale antimafia Franco Roberti come capolista al Sud, così come quelle di Mamadou Sall (sindacalista della Cgil di Firenze impegnato sui temi dell’integrazione) e di Silvio Calò, nominato cittadino europeo dell’anno per l’ospitalità offerta ad alcuni rifugiati.
Tra gli altri, si segnalano Beatrice Covassi, capo della rappresentanza in Italia della Commissione europea, Eric Veron, imprenditore franco-olandese, fondatore di Vailog, società specializzata in sviluppo immobiliare industriale, Bianca Verrillo, avvocato maceratese impegnata nella lotta alla violenza contro le donne.
Varate le liste, Zingaretti si dedicherà a mettere a punto anche la squadra del partito. La prossima settimana sarà varata la nuova segreteria e sarà formalizzato a Gianni Cuperlo l’incarico di guidare la Fondazione che dovrà “mettere in campo un nuovo progetto di cultura politica per il Pd e il centrosinistra”, ha spiegato il segretario in coda alla riunione odierna. Inoltre, entro aprile si completeranno anche le nomine per la Conferenza delle donne dem e per la commissione che dovrà modificare lo Statuto.
(da “Huffingtonpost”)
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Aprile 11th, 2019 Riccardo Fucile
LA BASE GRILLINA NON VUOLE RATIFICARE CANDIDATURE OUTSIDER
Luigi Di Maio non poteva scegliere un luogo più simbolico di così per presentare i candidati M5s al Parlamento europeo: il Tempio di Adriano, Imperatore della pacificazione.
Perchè è la pace che il capo politico M5s, sabato mattina, dovrà far rinascere dentro il partito dopo lo scompiglio degli ultimi giorni.
Nel Tempio romano in piazza di Pietra il vicepremier riunirà tutti i pentastellati in corsa verso lo scranno di Bruxelles e tra loro ci saranno anche le outsider che hanno mandato in tilt gli attivisti storici dei vari territori, deputati e senatori.
Basti pensare che le cinque donne prescelte per guidare le liste rischiano di essere stroncate dal voto sulla piattaforma Rousseau. Voto che dovrebbe tenersi venerdì ed essere una semplice ratifica ma il rischio è che si trasformi in qualcos’altro.
Dai territori il messaggio al leader è arrivato forte e chiaro: “I capilista devono essere i nostri, i più votati” che coincidono con i parlamentari europei uscenti.
Di Maio non ne vuol sapere, la decisione di candidare cinque outsider “donne di eccellenza” ormai è presa, con buona pace dello zoccolo duro M5s che minaccia di boicottare la votazione. Due sono in casi più eclatanti. Uno all’estremo Nord e l’altro all’estremo Sud.
Partiamo da Torino dove il gruppo consiliare M5s si è schierato contro la decisione di candidare l’attuale assessore all’Innovazione Paola Pisano: “Si dimetta subito se vuol fare campagna elettorale”, è il messaggio recapitato alla diretta interessata e anche al capo politico.
L’unica alternativa è candidare Tiziana Beghin, europarlamentare uscente ma verrebbe meno l’idea delle candidature esterne e si aprirebbe un nuovo fronte fomentato da chi ha dovuto rinunciare.
Infatti malvolentieri Ignazio Corrao nella circoscrizione Isole e Fabio Massimo Castaldo, mister preferenze su Rousseau, nell’Italia centrale, hanno visto sfumare il loro posto di capolista.
E dalla Sicilia soprattutto potrebbe arrivare un segnale clamoroso: boicottare il voto.
Nel senso che tanti iscritti potrebbero non partecipare se non addirittura votare contro la candidata che con ogni probabilità sarà Chiara Cocchiaro, l’ingegnere aerospaziale, la “donna d’eccellenza”, a cui toccherebbe anche l’ingrato compito di sedare la fronda grillina.
Oltre ai problemi interni, Di Maio deve fare i conti con il futuro M5s in Europa.
Il capo politico cova ancora il sogno di un gruppo tutto suo con il Movimento 5 Stelle alla guida. Per adesso, però, si registrano solo travagliati tentativi di raccogliere alleati di peso.
Il gruppo è fermo a cinque partiti e ne servono almeno sette. Quelli annunciati sono i croati Zivi Zid, i polacchi Kukiz 15, i finlandesi di Liike Nyt e Akkel, il partito greco dell’agricoltura e allevamento guidato da Evangelos Tsiobanidis. Due di questi tuttavia rischiano tuttavia di non superare la soglia di sbarramento.
Questo progetto alternativo di cui parla il capo politico non ha ancora una base da cui partire. E la base M5s, quella degli iscritti, è quanto mai frammentata.
(da “Huffingtonpost”)
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Aprile 11th, 2019 Riccardo Fucile
NON SI E’ MAI VISTO RIMBORSARE AUTOMATICAMENTE PERSONE CHE VOLEVANO SPECULARE, I CASI VANNO VALUTATI UNO PER UNO
Sembrava tutto chiuso, tutto risolto, tensione diluita, spigoli smussati. E invece
sottotraccia lo scontro sui rimborsi ai truffati delle banche sta facendo scintille. Perchè Giovanni Tria vuole andare fino in fondo.
“È passata la linea del ministro — spiega uno dei suoi collaboratori — e la linea del ministro è sempre stata chiara: fare tutto nel quadro della normativa europea”.
Anche in forza di quest’ultima il Tesoro ha alzato l’asticella, e vuole tenere fuori dai rimborsi chi ha acquistato titoli delle banche fallite sul mercato secondario.
Brevemente e in parole semplici: i risparmiatori del mercato primario sono coloro che avevano il conto corrente negli istituti andati in crac, e si sono visti evaporare i soldi ivi depositati. Sono definiti quelli del mercato secondario quelli che hanno comprato azioni ed obbligazioni delle medesime banche, firmando esplicitamente un contratto in cui accettavano condizioni e rischi del caso.
Per via XX settembre i casi degli azionisti del mercato secondario andrebbero comunque sotto arbitrato, e con grandissima probabilità lo perderebbero. Ecco così la sforbiciata: nella norma, saranno solo i primi a essere risarciti (automaticamente chi ha un reddito imponibile inferiore ai 35mila euro o un patrimonio mobiliare non superiore ai 100mila euro, dopo il vaglio di una commissione ad hoc i restanti). Gli altri ne rimarrebbero fuori.
“La pazienza è al limite — sbotta uno degli uomini M5s in prima linea sul problema — questo fin dove vuole tirare la corda? Ha alzato la cresta”. “Questo” è ovviamente Tria, e la partita a scacchi con la parte politica del suo governo è tutt’altro che chiusa.
Per Luigi Di Maio è una posizione irricevibile: “Non si fanno passi in avanti se non d’accordo con tutte le associazioni dei truffati”, ha tagliato corto. Un modo per collocarsi esattamente all’altra estremità delle posizioni in campo, sostenendo di fatto la linea delle uniche due sigle che hanno rifiutato il compromesso di lunedì a Palazzo Chigi perchè fautori della linea dura del “tutto a tutti e subito”.
Un’ulteriore incomprensione ha alimentato la tensione.
Un passaggio del Def in cui si spiega che “si introducono nuove misure per il ristoro dei risparmiatori che hanno subito un danno ingiusto”, ma che sembra rivedere nettamente al ribasso gli importi erogati. Leggiamo: “In termini netti circa 0,05 miliardi nel 2019, 0,3 miliardi nel 2020 e 0,4 miliardi nel 2021”. In soldoni, sembrerebbero esserci 750 milioni nel triennio, la metà del miliardo e mezzo inizialmente previsto, di cui appena 50 da qui a Capodanno. “Per noi così è inaccettabile”, hanno rimandato la palla al mittente le associazioni dei risparmiatori, gridando alla sforbiciata.
Ma la spiegazione tecnica smentirebbe la prima lettura superficiale. Innanzitutto per il passaggio successivo, nel quale si dice che le cifre sono indicate “rispetto a corrispondenti stanziamenti di bilancio di circa 0,5 miliardi annui nel triennio”.
In sostanza: i 500 milioni l’anno per tre anni nessuno li tocca. Le cifre al ribasso — per altro già indicate in manovra — sono relative all’impatto della misura sul debito, il quale, venendo spalmato su più anni, sarebbe inferiore ai denari che entreranno concretamente nel fondo. E la cifra molto bassa indicata per
il 2019 è relativa al timing, che fissa i primi rimborsi a 180 giorni dalla pubblicazione in Gazzetta ufficiale, fissando la partenza negli ultimi mesi dell’anno.
Ma i veleni e i sospetti — strascico anche degli attacchi personali subiti dall’ex professore di Tor Vergata che lo hanno segnato — si susseguono.
Il suo entourage sottolinea come abbia ripreso ossigeno dopo l’uno-due su truffati e previsioni di crescita nel Def, e non abbia più intenzione di farsi mettere i piedi in testa. I 5 stelle replicano che va bene volersi parare da possibili sanzioni europee, va bene voler evitare la spada di Damocle della Corte dei Conti, ma che quel che politicamente la maggioranza ha promesso e ottenuto in campagna elettorale deve essere portato a termine.
Anche per questo è stata abbandonata l’idea di un decreto ad hoc, e il salva-truffati entrerà nel “Crescita”.
Di fatto bloccato da un braccio di ferro di sui non si intravede ancora all’orizzonte un vincitore. Anche perchè le agende di Tria e di Di Maio li terranno lontani a lungo, con il primo di ritorno da New York non prima di domenica e il secondo proprio quel giorno in partenza per la penisola arabica. Un muro a muro nel quale potrebbero entrare a gamba tesa le associazioni dei risparmiatori. Domani, ad Arezzo, si riunirà l’Associazione vittime del salvabanche (tra quelle che ha dato via libera all’accordo): a tema la convocazione di una manifestazione di piazza, prima di Pasqua, per protestare contro il governo. Il tema? “Che fine hanno fatto le norme che ci avevate promesso?”
(da “Huffingtonpost”)
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Aprile 11th, 2019 Riccardo Fucile
LA MACCHINA DEL FANGO CONTINUA, NONOSTANTE IL GIP AVESSE AMMESSO SOLO DUE CAPI DI IMPUTAZIONE SUI 14 RICHIESTI E LA CASSAZIONE AVESSE CASSATO ANCHE I DUE RIMASTI
Partiamo dai fatti. Mimmo Lucano è stato rinviato a giudizio. La decisione è stata presa dal gup di Locri Amelia Monteleone, che ha preso lo stesso provvedimento anche per gli altri 29 imputati nel processo sul sistema Riace.
Tra questi, c’è anche la moglie del sindaco sospeso della cittadina calabrese, Lemlem Tesfahun.
Ma sarà un processo vuoto, con al banco degli imputati un’idea di reato più che un reato vero e proprio. L’impianto che i magistrati avevano costruito intorno al sindaco di Riace per la gestione del suo modello di accoglienza, infatti, ha affrontato due prove decisive — di cui i giudici del processo, la cui prima udienza ci sarà il prossimo 11 giugno, dovranno per forza tenere conto — che hanno chiaramente ridimensionato una vicenda che è costata a Riace la sua fama di città dell’accoglienza e al suo sindaco una macchina del fango davvero senza precedenti.
Le due prove di cui sopra sono innanzitutto il parere del giudice per le indagini preliminari che, a conclusione dell’indagine, aveva stabilito che — dei 14 capi d’accusa — soltanto due stavano in piedi. Che non c’era stata alcuna gestione truffaldina dei fondi, nè alcuna associazione a delinquere. Soltanto il favoreggiamento dell’immigrazione e l’irregolarità per la gestione degli appalti per la raccolta differenziata furono messi in evidenza.
Ma questi due ultimi capi d’imputazione sono stati messi in dubbio dalla Cassazione che aveva chiesto al tribunale del Riesame di rivedere il divieto di dimora a Riace predisposto per il suo sindaco sospeso. Secondo la suprema corte, infatti, Mimmo Lucano non avrebbe violato alcuna legge nel dare gli appalti per la gestione dei rifiuti alle due cooperative di migranti e la situazione del favoreggiamento dell’immigrazione clandestina appare essere decisamente sfumata.
A Riace — ha detto chiaramente la Suprema Corte — non ci sono state nè ruberie, nè truffe, nè matrimoni di comodo. Il contestato appalto per la differenziata, assegnato dal Comune di Riace a due cooperative del paese che impiegavano italiani e migranti, è stato gestito in modo assolutamente regolare. È la legge — ha sottolineato— a prevedere la possibilità di affidamento diretto a cooperative sociali “finalizzate all’inserimento lavorativo delle persone svantaggiate” a condizione che gli importi del servizio siano “inferiori alla soglia comunitaria”.
Ora, in ogni caso, Mimmo Lucano andrà a processo, forte di queste due carte da giocarsi. L’accusa, invece, si presenta in aula con un profilo molto più basso di quello mostrato all’inizio. Dalla sua parte, tuttavia, avrà il ministero dell’Interno, deciso a costituirsi parte civile.
Davanti ai giudici, Mimmo Lucano potrà provare la sua innocenza.
Lui non fugge ai processi, a differenza di altri
(da FanPage)
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Aprile 11th, 2019 Riccardo Fucile
NESSUNA CENSURA, LE REGOLE SONO CHIARE: SONO VIETATE MINACCE, INCITAMENTO ALL’ODIO, ALLA DISCRIMINAZIONE RAZZIALE E RELIGIOSA
Casapound non ha più una voce forte su Facebook, almeno non per il momento. In queste
ore il social network ha disattivato infatti i profili e le pagine del presidente Gianluca Iannone e di alcuni responsabili, consiglieri e coordinatori locali.
A denunciarlo è stato lo stesso partito, dai profili dei numerosi membri ancora attivi sul social ma soprattutto dalle pagine de Il Primato Nazionale, dalle quali sta tentando di far valere le proprie ragioni utilizzando la retorica del pensiero unico dominante che si accanisce contro le voci fuori dal coro. D’altro canto però Facebook sembra aver agito facendo semplicemente rispettare le regole che da sempre contraddistinguono la piattaforma e che chiunque è libero di respingere non iscrivendosi al sito.
In riferimento alla vicenda, Facebook tramite un suo portavoce ha infatti motivato la sua decisione parlando di semplice rispetto degli Standard della Comunità , ovvero di un insieme di regole stilate dal social che vengono utilizzate come metro di giudizio per valutare le segnalazioni pervenute ai moderatori da parte degli utenti.
Si tratta di comuni norme di buonsenso che richiamano al rispetto del prossimo in ogni sua forma, e che includono il divieto di supportare organizzazioni violente, di minacciare in modo credibile altre persone, di incitare all’odio o alla discriminazione del prossimo basandosi su etnia, religione, sesso, orientamento sessuale o nazionaltà di provenienza e molto altro.
Le dichiarazioni del portavoce riflettono questo orientamento: “Crediamo sia importante dare alle persone un modo per esprimersi ma al contempo vogliamo che chiunque su Facebook possa sentirsi al sicuro. Per questo abbiamo stilato gli Standard della Comunità . Partiti politici e candidati, così come singoli individui e organizzazioni presenti su Facebook devono attenersi a queste norme. Quando veniamo a conoscenza di contenuti che violano questi standard, li rimuoviamo. Quando una Pagina o una persona infrange ripetutamente queste regole, come capitato in questo caso, la rimuoviamo”.
Sul perchè il social abbia deciso di agire con tanta fermezza proprio ora, la spiegazione più plausibile potrebbe risalire a pochi giorni fa.
A fine marzo – sull’onda della strage di stampo suprematista di Christchurch, in Nuova Zelanda – il social aveva infatti che avrebbe iniziato a porre un argine ai profili e alle pagine che contenevano messaggi riconducibili a suprematismo, separatismo e nazionalismo bianchi, equiparandole alle altre pagine di stampo violento che già il sistema tenta di rimuovere.
Il gruppo in effetti non aveva parlato nello specifico dei Paesi nei quali avrebbe iniziato ad operare e per questo motivo sembrava che si sarebbe limitato a quelli anglosassoni; con le mosse di queste ore, sembra che l’attenzione dei moderatori si stia rivolgendo anche ad altri territori.
(da FanPage)
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Aprile 11th, 2019 Riccardo Fucile
COINVOLTI DUE COMMERCIALISTI CHE FACEVANO DA PRESTANOME PER CONTI IN SVIZZERA
Le tangenti che arrivavano dal Mose finivano su conti svizzeri.
Un sequestro di 12,3 milioni di euro è stato eseguito dalla Polizia economico finanziaria di Venezia, su ordine del Gip di Venezia, nell’ambito di un’indagine per riciclaggio internazionale ed esercizio abusivo dell’attività finanziaria, riguardante il reinvestimento all’estero delle tangenti incassate dall’ex presidente del Veneto, Giancarlo Galan.
Le indagini hanno consentito di accertare che tra il 2008 ed il 2015 due commercialisti padovani avevano garantito, tramite il loro studio professionale, l’intestazione fiduciaria di quote di una società veneziana, che dalle indagini sul Mose era risultata essere di fatto riconducibile all’ex ministro ed ex governatore del Veneto Giancarlo Galan.
I professionisti avevano messo inoltre a disposizione conti correnti in territorio svizzero, intestati a società di Panama e delle Bahamas e gestiti da due fiduciari, le cui somme sono state trasferite su un conto corrente presso una banca di Zagabria, intestato alla moglie di un terzo professionista del medesimo studio padovano.
Le ulteriori investigazioni e l’esecuzione di una rogatoria in Svizzera hanno permesso di accertare che il ricorso all’interposizione di società in paesi off-shore era stato utilizzato dai professionisti esteri su larga scala per consentire a numerosi imprenditori veneti di riciclare ingenti somme proventi dell’evasione fiscale realizzata nel tempo.
Nel corso della perquisizione presso gli uffici di una società fiduciaria elvetica, è stata infatti sequestrata una lista contenente i nomi di numerose società italiane che avevano affidato la gestione dei capitali derivanti dal “nero” ai professionisti svizzeri, i quali, pur non avendo i requisiti per l’esercizio dell’attività finanziaria in Italia, li avevano raccolti su conti esteri intestati a società olandesi, svizzere, rumene, di Panama, Curacao e delle Bahamas, una delle quali aperta tramite lo studio Mossak & Fonseca, emerso nell’ambito dei c.d. “Panama Papers”.
In un secondo tempo le somme sono rientrate nella disponibilità degli imprenditori italiani che le hanno utilizzate per comprare appartamenti di lusso a Dubai e in fabbricati industriali in Veneto.
I sequestri sono in corso di esecuzione riguardano disponibilità finanziarie detenute presso banche venete, 2 imprese e quote di società e 14 immobili in Veneto e Sardegna.
(da agenzie)
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