Ottobre 2nd, 2019 Riccardo Fucile
SALVINI A GIUGNO, DOPO LA VISITA UFFICIALE NEGLI USA E L’INCONTRO CON PENCE PER PARLARE DEI DAZI: “LE AZIENDE ITALIANE SONO AL RIPARO DAI DAZI, SE QUELLE DI ALTRI PAESI EUROPEI NON AVRANNO LA STESSA FORTUNA NON E’ PROBLEMA MIO”
Le Iene hanno fatto ieri un’inutile scenetta durante la conferenza stampa in occasione
dell’incontro di Giuseppe Conte con il Segretario di Stato USA Mike Pompeo.
La “iena” Alice Martinelli ha tentato di consegnare a Pompeo un pezzo di Parmigiano Reggiano da portare al Presidente Donald Trump. L’incursione delle Iene aveva lo scopo di portare all’attenzione di Pompeo e di Conte la questione dei dazi sui prodotti italiani. Non che ce ne fosse bisogno visto che Pompeo è venuto in Italia proprio per parlare delle misure protezionistiche decise da Trump.
Insomma alla fine la messinscena delle Iene non è servita a nulla, se non a far girare il video di un Conte piuttosto irritato nei confronti dell’inviata del programma famoso per il caso Stamina. Ed infatti il video dell’incursione della Martinelli è stato ripreso anche dalla rete televisiva statunitense C-Span e ha fatto rapidamente il giro del Mondo. Oggi quindi si parla di Parmigiano Reggiano.
Le Iene però quella fetta di Parmigiano forse avrebbero fatto bene a portarla a Matteo Salvini.
L’ex ministro dell’Interno non ha infatti perso tempo a commentare l’episodio e ad attaccare il Presidente del Consiglio che ha fatto allontanare la Iena. «Arrogante per essere un “avvocato del popolo”… Che pena», ha scritto su Facebook il capo della Lega. Oggi invece ha continuato a sfottere il suo ex Presidente del Consiglio: «Conte è un genio amico di tutti, ci penserà lui. Dazi Usa? Conte è un genio amico di tutti, ci penserà lui».
L’ex ministro delle Politiche Agricole e Forestali Gian Marco Centinaio, che fino a venti giorni fa era uno di quelli che avrebbe dovuto lavorare per proteggere il Made in Italy e le eccellenze agroalimentari, fa i complimenti alle Iene perchè hanno fatto vedere agli italiani chi è davvero “Giuseppi” Conte. Anche famose dame sovraniste come Francesca Totolo hanno preso a cuore la questione dei dazi USA nei confronti dei prodotti esportati dal nostro Paese.
Eppure c’è un problema di fondo che sia Salvini che Centinaio scelgono accuratamente di non menzionare.
Quel problema sono proprio i dazi. Perchè Salvini non ne parla?
La risposta è semplice: la Lega non ha mai fatto nulla contro i dazi, anzi è sempre stata a favore di una politica commerciale basata sui dazi. Ed è ovvio: i dazi commerciali più che la sovranità monetaria sono l’espressione economica del sovranismo.
Non puoi essere sovranista e frignare per i dazi altrui. Ed è chiaro che all’Italia non conviene minimamente scatenare una guerra commerciale con uno come Trump che minaccia di uscire pure dal WTO, perchè indovina un po’: il sovranista più grosso fa a pezzi gli altri.
Salvini sui dazi di Trump ha sempre avuto un’atteggiamento masochista nei confronti dei dazi USA. La ragione è molto semplice, e sarebbe bene che i sovranisti nostrani se la mettessero ben in testa: il sovranismo.
Ovvero il fare gli interessi della propria nazione a discapito delle altre.
Qualche tempo fa, appena diventato ministro, Salvini ad esempio caldeggiava l’ipotesi di dazi sul riso asiatico (che poi non sono stati messi, ma questa è un’altra storia e gli agricoltori chissà se chiederanno conto a Salvini).
Va da sè che se l’Italia può imporre dazi lo può fare anche Trump, e il fatto che il Parmigiano sia fatto col cuore non sposta di un millimetro la faccenda.
Nel 2017 invece spiegava così la questione: «gli americani proteggono, gli austriaci proteggono, i francesi proteggono, i russi e gli australiani proteggono mentre tutti in Italia possono fare tutto e possono entrare le merci e gli uomini che vogliono, il problema siamo noi che eleggiamo i politici sbagliati, non Trump, non Putin, non la Le Pen». Insomma gli americani proteggono, poco importa che si proteggano dalle merci italiane.
Ma c’è di più. A giugno di quest’anno Salvini è andato negli USA in visita ufficiale. Lì ha incontrato il segretario di Stato Mike Pompeo e il vicepresidente Mike Pence proprio per parlare dei dazi.
Dopo l’incontro con Pence Salvini rilasciò questa dichiarazione: «conto che le aziende italiane possano essere al riparo dai dazi. Se altre aziende di altri Pesi europei non avranno la stessa fortuna, non è un problema mio».
Insomma Salvini stava raccontando che esisteva un sovranismo amico, quello in base a non si sa quale regola economica i dazi di Trump non avrebbero colpito i prodotti italiani (e mica solo l’agroalimentare eh).
Ora, a parte il fatto che già all’epoca Coldiretti aveva lanciato l’allarme avevamo già fatto notare a Salvini come il suo ragionamento fosse privo di qualsiasi logica. In primo luogo perchè Trump ce l’aveva con l’intera Unione Europea (come dimostrato) e successivamente perchè anche se solo avesse voluto colpire la Germania molti dei componenti delle auto teutoniche vengono prodotti in Italia.
Per alcune aziende la Germania vale tra il 30% e il 50% dei ricavi. Di conseguenza una flessione delle esportazioni a causa dei dazi USA colpisce anche le aziende italiane. Un caso a parte è la posizione dell’ex ministro Centinaio, che si è sempre opposto a trattati di libero scambio come il CETA che al contrario dei dazi di Trump aiutano l’export italiano e in particolar modo l’agroalimentare dalle truffe dell’italian sounding.
(da “NextQuotidiano”)
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Ottobre 2nd, 2019 Riccardo Fucile
AIRBUS-BOEING, UNA GUERRA LUNGA 15 ANNI
L’Organizzazione mondiale del commercio ha dato il via libera agli Stati Uniti: potranno imporre dazi su 7,5 miliardi di dollari di import dall’Unione europea, accusata di aver aiutato in modo illegale Airbus nello sviluppo e lancio di alcuni suoi modelli (A380 e A350).
La vicenda risale al 2004, subito dopo che Airbus si impose come primo produttore per consegne di velivoli nel mondo sulla storica rivale americana. Gli Usa, ricorda il Ft, hanno puntato il dito contro i sussidi che il consorzio europeo ha ricevuto fin dagli anni Settanta: Washington ha indicato 22 miliardi di dollari di flussi illegali di denaro. Gli europei hanno risposto a stretto giro, puntando a loro volta il dito su 23 miliardi di aiuti.
In una storia che è sembrata tutta un “occhio per occhio-dente per dente”, a inizio decade il Wto ha concluso che entrambe le società hanno ricevuto aiuti illegali. Boeing nella forma di contratti pubblici per la difesa e sgravi fiscali, Airbus attraverso il supporto dei programmi di lancio dei velivoli.
L’ok alle tariffe americane
Con l’ultima decisione, il Wto ha quantificato le tariffe che gli Usa possono legittimamente imporre verso l’Unione europea, per aver visto la loro società perdere quote di mercato a causa di aiuti illegali dalla parte pubblica avversa. Gli americani puntavano a superare quota 11 miliardi, alla fine è stata indicata la cifra di 7,5 miliardi. Nel mirino di elenchi già studiati a Washington ci sono merci disparate. Dal vino francese, ai prodotti agroalimentari italiani, passando per la componentistica del settore aerospaziale ma anche il whiskey e i maglioni di cachemire.
L’allarme in Italia
In generale, è un ennesimo braccio di ferro su un fronte commerciale già martoriato da molte guerre. La prima tra tutte è quella che oppone Usa e Cina e che – dopo le tariffe su centinaia di miliardi di flussi commerciali – ancora tarda a ricomporsi. Ma anche i rapporti sull’Atlantico sono incrinati, soprattutto dopo l’introduzione delle tariffe sull’acciaio dell’anno passato.
Per quel che ci riguarda più da vicino, è stata la Coldiretti a stilare un primo bilancio delle perdite possibili: 1 miliardo di euro il conto stimato, in attesa della lista definitiva di prodotti europei da colpire. “Se saranno mantenute le stesse merci indicate in via preliminare, osserva Coldiretti, l’Italia potrebbe essere dopo la Francia il paese più colpito”.
A pagare il conto più salato rischia di essere l’agroalimentare con vini, formaggi, salumi, pasta, olio extravergine di oliva, agrumi, olive, uva, marmellate, succhi di frutta, pesche e pere in scatola, acqua, superalcolici e caffè. In pericolo sono soprattutto i formaggi, “anche per le pressioni della lobby dell’industria casearia Usa (Ccfn) che ha recentemente scritto al presidente degli Stati Uniti Donald Trump per chiedere di imporre dazi alle importazioni dall’Europa”.
Quello americano è, dopo la Germania, il secondo mercato estero per Parmigiano Reggiano e Grana Padano per i quali, afferma Coldiretti, la tassa potrebbe arrivare fino a 15 dollari al kg, facendo alzare il prezzo al consumo fino a 60 dollari al kg. A un simile aumento corrisponderà inevitabilmente un crollo dei consumi, stimato nell’80-90% del totale dal Consorzio del Parmigiano Reggiano.
Ma non è finita
La vicenda potrebbe nuovamente aggiornarsi, tra qualche mese. Sono infatti in arrivo le decisioni del Wto anche sul lato opposto della partita, ovvero gli aiuti Usa a Boeing sui quali si sono concentrate le rimostranze europee.
Insomma, a breve potrebbe arrivare una risposta con altrettanti dazi su altri prodotti, che percorrono la rotta inversa sull’Atlantico.
Nota il quotidiano della City che a questo punto la soluzione ottimale sarebbe sedersi al tavolo e stabilire nuove regole d’ingaggio per il settore, che disciplinino una volta per tutte i sussidi pubblici. Anche perchè la Cina è pronta a far decollare i suoi aerei e il duopolio potrebbe presto esser messo a rischio: una lotta tra consoli potrebbe far emergere un nuovo Imperatore.
(da agenzie)
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Ottobre 2nd, 2019 Riccardo Fucile
PREOCCUPAZIONE PER LE ECCELLENZE ITALIANE TASSATE, PARMIGIANO, VINO, SALUMI, POMODORI, OLIO E PASTA IN PRIMIS… MALE LE BORSE
Il Wto ha autorizzato gli Usa a imporre dazi per 7,5 miliardi di dollari su beni europei. La
decisione è stata presa come compensazione per gli aiuti illegali concessi al consorzio aeronautico Airbus.
Immediata la risposta delle principali Borse europee, che segnano perdite significative, anche in scia alle preoccupazioni sulla crescita nel Vecchio Continente.
“Anche se gli Stati Uniti hanno avuto l’autorizzazione dal Wto, scegliere di applicare le contromisure adesso sarebbe miope e controproducente” scrive la commissaria Ue al commercio Cecilia Malmstroem in una dichiarazione. “Restiamo pronti a trovare una soluzione equa, ma se gli Usa decidono di imporre le contromisure autorizzate dal Wto, la Ue non potrà che fare la stessa cosa”, aggiunge la commissaria.
A fare le spese dei dazi americani sarebbero la componentistica per aerei prodotta in Germania, Francia, Regno Unito e Spagna – il consorzio Airbus – ma anche altri settori economici e altri Paesi Ue, come l’agroalimentare e il Made in Italy.
L’Italia teme per vino, salumi, olio d’oliva, pomodori e pasta potrebbero registrare perdite ingenti, considerato che il valore delle esportazioni italiane negli Usa è pari a 4,2 miliardi di euro.
“L’Italia si rende perfettamente conto che c’è una tensione commerciale a livello globale e questo confronto sui dazi fra Stati Uniti e Unione Europea non può non considerare che noi siamo coinvolti come Ue” ha commentato Giuseppe Conte, “ma confidiamo di ottenere attenzione da parte di un nostro tradizionale alleato, gli Stati Uniti, su quelle che sono alcune delle nostre produzioni che riteniamo strategiche sul piano internazionale”.
Luigi Di Maio ne ha parlato nel suo incontro con Mike Pompeo a Villa Madama. “In un momento in cui l’economia rallenta, le nostre imprese devono avere certezze e noi non faremo sconti nel difendere le imprese italiane con tutte le nostre forze” ha detto il ministro degli Esteri in conferenza stampa. Tra le certezze da garantire, il titolare della Farnesina ha sottolineato che “il tema dei dazi ci preoccupa, è molto preoccupante, abbiamo imprese che vivono di export. Le nostre aziende devono potere avere certezze e tra queste c’è il rapporto commerciale con gli Usa”.
La ministra dell’Agricoltura Teresa Bellanova si è spinta a twittare rivolgendosi in inglese al presidente americano Donald Trump. “Ha ha mai provato il vero parmigiano con l’uva? Sano e delizioso!” scrive sul suo profilo, mostrandosi in una foto sorridente mentre tiene tra le mani un grande piatto colmo di parmigiano e grappoli di uva. Il perchè di questa sua affermazione lo spiega su Facebook: Il parmigiano rischia di essere “gravemente danneggiato dai dazi che Trump vuole imporre all’Europa”.
(da “Huffingtonpost”)
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Ottobre 2nd, 2019 Riccardo Fucile
IL CASO FASSINA A ROMA E’ UNA VERGOGNA: INVECE CHE CRITICARE IL MINISTRO CHE HA CHIESTO CHIARIMENTI, IMPARATE AD AVERE RISPETTO DEI LAVORATORI CHE LOTTANO PER NON PERDERE IL POSTO DI LAVORO E USATE IL CERVELLO, VI PAGHIAMO ANCHE PER QUELLO
La Procura di Roma è in attesa di una informativa della Digos in relazione a quanto avvenuto ieri nel corso di una manifestazione davanti alla sede di Roma Metropolitane, nella zona di San Giovanni, durante la quale il deputato di Leu Stefano Fassina è rimasto ferito. Il parlamentare è stato trasportato in ospedale dove gli è stato riscontrato un trauma toracico.
La sede della società era presidiata da un gruppo di lavoratori a rischio licenziamento. Fassina è rimasto ferito quando alcuni agenti hanno tentato di aprire un varco per fare passare un collaboratore di un assessore del Comune di Roma.
A prendere le difese dei poliziotti è Valter Mazzetti, Segretario Generale dell’Fsp Polizia di Stato: “Non c’è stata alcuna carica nè alcuna aggressione contro chicchessìa,
le immagini dimostrano l’assoluta correttezza dell’operato dei poliziotti presenti che, dimostrando estrema professionalità e nervi molto saldi, hanno solo usato il proprio corpo per consentire l’accesso a un edificio subendo la resistenza e l’opposizione di chi voleva impedire loro di svolgere il proprio lavoro”
“Fassina era presente per difendere i lavoratori? Eppure non ha dimostrato alcun rispetto per il lavoro dei poliziotti che non erano lì per passare il tempo”.
Mazzetti prosegue: “Aver strepitato di una presunta aggressione da parte degli agenti, in realtà inesistente, è gravissimo. E a fronte dell’evidente prova video della correttezza dei poliziotti messi alla gogna troppo frettolosamente, stavolta anche dal supponente intervento del ministro Lamorgese che poteva chiedere spiegazioni in ben altri modi, ci aspettiamo dal Capo della Polizia una risposta netta e decisa a tutela dei colleghi che meritano un riconoscimento premiale”.
Bene, allora entriamo nel merito:
1) Non trattandosi di dimostranti armati o con il viso travisato, ne’ di presunti terroristi o eversori, ma di un presidio sindacale a tutela del posto di lavoro, le forze dell’ordine hanno solo un compito di “controllo” per impedire che la situazione degeneri, non per farla degenerare. E infatti fino a quel momento a questo imput si è fatto riferimento, come per centinaia di manifestazioni analoghe in tutta Italia.
2) Se un inviato del Comune vi ha fatto presente la presunta “necessità ” di entrare negli uffici sono tre le soluzioni:
a) accertarsi che non si tratti di una richiesta rinviabile e quindi nel caso invitare il soggetto a soprassedere onde evitare tensioni con i manifestanti
b) farlo entrare dal retro visto che non può non esistere una uscita di sicurezza in uno stabile pubblico
c) contattare i responsabili del presidio per ottenere senza tanto casino il pass per permettere una entrata per “motivi di urgenza”. Chiedere ai tanti funzionari di polizia esperti nel settore che usando dialogo e buonsenso hanno sempre raggiunto lo scopo, incontrando la disponibilità della controparte.
3) Il “vostro lavoro” non era quello di schiacciare contro muro e portone Fassina e altri, ma quello di tutelare l’ordine pubblico a difesa sia di chi manifestava che di chi poteva dissentire, evitando inutili prove di forza.
Non siete bodyguard di privati, ma agenti al servizo di tutti i cittadini.
4) “Fassina era presente per difendere i lavoratori ma non ha avuto rispetto per i lavoratori della Polizia”? è una domanda che si può capovolgere: voi forse avete avuto rispetto per i lavoratori che manifestavano perchè stanno perdendo il posto di lavoro?
E dichiarare “intervento supponente” quello del ministro Lamorgese solo perchè ha chiesto accertamenti sui fatti sa tanto di richiesta di impunità per la categoria.
Nessuno è al di sopra della legge, chi la pensa diversamente può anche scegliere di fare un altro mestiere .
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Ottobre 2nd, 2019 Riccardo Fucile
NEL 2017 LA LEGA VENETA AVEVA BENEDETTO IL PROSECCO ANALCOLICO RIVOLTO AI MUSULMANI… ORA GLI E’ ANDATO DI TRAVERSO IL TORTELLINO SENZA CARNE DI MAIALE
Dopo aver fatto indigestione di tortellini fatti con carne di pollo, si può provare ad attivare la
digestione con un buon bicchiere di prosecco analcolico. Il tutto certificato dal leghista Luca Zaia.
Le polemiche sterili sono esplose nella giornata di martedì per via della decisione della Curia di Bologna di presentare anche (e questo ‘anche’ è la parola messa da parte da tutti i leoni da tastiere ultranazionalisti) una versione alternativa della famosa pasta ripiena tipica emiliana durante la festa patronale di San Petronio di venerdì 4 ottobre.
I sovranisti hanno gridato allo scandalo perchè era stata intaccata la tradizione per ‘accontentare’ gli islamici. Ovviamente si tratta di una pura strumentalizzazione dato che anche i non musulmani possono avere esigenze clinico-mediche che gli impediscano di mangiare carne di maiale.
Ora, però, la domanda nasce spontanea: dove si trovavano tutti questi difensori della cultura culinaria italica quando, verso la fine del 2017, il leghista Luca Zaia brandiva entusiasta la novità di mercato chiamata prosecco analcolico?
E, in quell’occasione, il governatore della Regione Veneto (uno dei leghisti più duri e puri) fece un esplicito riferimento agli islamici nella sua celebrazione di questo prodotto: «In questo modo si dà una risposta anche ai mercati, musulmani in particolare, là dove per fatti culturali o religiosi non si bevono prodotti alcolici. Qui stiamo parlando di una vendemmia analcolica coperta da un brevetto internazionale e quindi è un prodotto unico».
Era l’inizio della vendemmia del 2017, esattamente due anni fa. Il prosecco analcolico faceva la sua comparsa sul mercato e Luca Zaia ha partecipato fisicamente al lancio di questo prodotto considerato un vanto per le colline del prosecco italiano.
In quel momento, però, nessuno disse nulla (come ovvio e giusto).
Ora, per una manciata di tortellini alternativi (nè più nè meno di quanti ne troviamo sugli scaffali dei banchi-frigo dei nostri supermercati) si è scatenata la difesa delle tradizione culinaria italiana.
Come al solito le strumentalizzazioni politiche annebbiano più del vino. Ma, per fortuna, da due anni c’è il prosecco analcolico che non dà più scuse.
(da agenzie)
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Ottobre 2nd, 2019 Riccardo Fucile
PERCHE’ MAI I CITTADINI DOVREBBERO DESTINARE IL LORO 5X1000 PER PAGARE QUALCOSA CHE GIA’ PAGANO CON LE TASSE?… SE ALLA QUESTURA DI MILANO MANCANO LE DIVISE E’ PERCHE’ SALVINI QUANDO ERA MINISTRO NON HA CACCIATO I SOLDI NECESSARI, SI VERGOGNI!
Matteo Salvini non è più ministro. Non certo per sua volontà perchè grazie ad un tenace attaccamento alla poltrona per mandarlo via dal Viminale si è dovuto attendere l’insediamento del suo successore, il ministro Luciana Lamorgese.
In cuor suo però il capo della Lega sente di essere ancora il ministro delle donne e degli uomini in divisa. Come è noto però quando era davvero il Ministro incaricato di occuparsi — tra le altre cose — delle Forze dell’Ordine, Salvini non ha fatto molto.
Ad esempio ha tagliato fuori i vincitori del concorso allievi agenti della Polizia di Stato che avevano più di 26 anni.
Oppure non ha pagato gli straordinari degli agenti di Polizia. E non ha fatto nulla nemmeno per aumentare gli stipendi dei Vigili del Fuoco.
È quindi oltremodo curioso che Salvini, che quando era Ministro ha “dimenticato” di pagare gli straordinari lasciando il conto al nuovo governo oggi si indigni perchè gli agenti della Questura di Milano dovranno anticipare i soldi per comprare il vestiario.
Ed è doppiamente curioso visto che all’articolo 12bis del Decreto Sicurezza bis era autorizzata la spesa di “2 milioni di euro per l’anno 2019 e di 4,5 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2020 al 2026” al fine di “accelerare il miglioramento e il ricambio del vestiario del personale della Polizia di Stato“.
Come mai allora alla Questura di Milano i poliziotti devono anticipare (significa che saranno rimborsati successivamente) i soldi per il vestiario?
Questo Salvini non lo dice, eppure il Decreto Sicurezza bis è stato convertito in legge proprio prima della crisi di governo.
Ma il capo della Lega ha un’altra idea e rilancia con la proposta di poter destinare il 5 per mille alle Forze dell’Ordine. Il problema qui è che il cittadino italiano già paga le tasse con le quali lo Stato può finanziare la spesa pubblica, tra cui quella per il comparto delle FdO.
Il 5à—1000 invece è un’ulteriore quota dell’IRPEF che i cittadini possono scegliere di destinare agli enti di volontariato, di ricerca sanitaria o scientifica.
In questo modo quindi Salvini rischia di sottrarre risorse preziosissime per chi fa volontariato e lavora nel no-profit a favore di una causa che pur importante ha già una sua forma di finanziamento: le tasse.
Inoltre l’idea di finanziare il comparto della pubblica sicurezza grazie al “buon cuore” degli italiani riflette quanta poca considerazione la Lega abbia per la Polizia, i Carabinieri o i Vigili del Fuoco.
Vale la pena ricordare che il meccanismo di ripartizione del 5à—1000 prevede già che le quote non attribuite (ad esempio chi sceglie di non indicare i beneficiari) rimangano nelle casse dello Stato.
Perchè i cittadini dovrebbero scegliere di destinare il loro 5à—1000 per pagare qualcosa che già pagano con le loro tasse? Perchè Salvini e la Lega non hanno aumentato gli stanziamenti alle Forze dell’Ordine quando erano al governo?
La risposta è semplice: Salvini è quello che vuole abbassare le tasse e al tempo stesso spera che gli italiani non si accorgano di cosa comporta per lo Stato un minore introito fiscale.
(da agenzie)
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Ottobre 2nd, 2019 Riccardo Fucile
LA PROMESSA DI FINANZIAMENTO PER LA LEGA, LA CORRUZIONE INTERNAZIONALE: SE QUALCUNO VUOTA IL SACCO CI SARA’ DA PIANGERE, ALTRO CHE STARE ZITTI
Matteo Salvini continua a ripetere che lui sul caso Metropol e il Russiagate all’italiana non ha
nulla da dire. Non parla perchè c’è un’indagine in corso e rispetta il lavoro della magistratura anche se sa che tutto si sgonfierà nel nulla.
Non va in Parlamento a riferire (quando era ministro) perchè non c’è nulla da dire e quello che aveva da dire lo ha già detto.
Eppure non è possibile liquidare così il rapporto con Gianluca Savoini, oggi Presidente dell’Associazione Lombardia-Russia che ha sede nello stesso stabile dove ha sede la Lega, vicepresidente del Corecom Lombardia e già suo portavoce.
E Salvini ribadisce anche oggi quello che dice da quando è esploso lo scandalo del Metropol: «non c’è un dollaro, una lira, un fiorino, un rublo. Io non ho mai visto o chiesto niente e nessuno della Lega ha visto o chiesto niente. Possono fare e pubblicare tutti i disegnini che vogliono. Aspettiamo che chiuda l’inchiesta che va avanti da un anno. Parliamo di cose serie, questa non è una cosa seria».
Eppure Savoini è indagato (assieme a Francesco Meranda e Gianluca Vannucci, difesi dall’avvocato Ersi Bozheku) per corruzione internazionale.
Il fatto che i soldi non ci siano non rileva dal punto di vista giuridico perchè per corruzione non si intende solo il passaggio di denaro ma anche la promessa di denaro o altre utilità .
Vale la pena di ricordare qui che Salvini aveva promesso che sarebbe andato al Senato a riferire sui suoi rapporti con Savoini, ma non lo ha fatto.
Nessuno ha chiesto all’ex ministro dell’Interno di spiegare perchè Savoini si è incontrato al Metropol nei giorni in cui lui stesso era a Mosca.
Nessuno ha chiesto a Salvini di restituire denari che non si sa se siano mai passati di mano, anzi il problema non è nemmeno quello visto che anche nell’inchiesta di BuzzFeed e dell’Espresso si dice che alla fine quell’affare moscovita non andò in porto.
In fondo Salvini non è ancora riuscito a spiegare dove sono finiti i famosi 49 milioni della Lega
Per quanto tempo ancora Salvini riuscirà ad evitare di rispondere alle domande su Savoini?
La questione non è giudiziaria, è politica. E oggi Salvini non deve rispondere sul presunto passaggio di denaro o sulla presunta corruzione internazionale. Dovrebbe rispondere su quello che è saltato fuori dal cellulare di Savoini.
Perchè nello smartphone del Presidente di Lombardia-Russia (associazione della quale fa parte Claudio D’Amico, leghista ed ex consigliere di Salvini a Palazzo Chigi) è stato trovato la foto di un “pizzino” (scattata da Meranda e poi inviata a Savoini e Vannucci).
Appunti dove sono indicate due percentuali dell’affare da 65 milioni di euro: 4% per la Lega e 6% per gli intermediari russi seduti al tavolo del Metropol. La prova, secondo alcuni, che tutta quella trattativa era stata intavolata proprio per finanziare la campagna della Lega per le europee, esattamente come dice Savoini nell’audio pubblicato da BuzzFeed.
Uno dei tre indagati italiani (che secondo la procura sarebbe Meranda) durante l’incontro spiega che «l’idea concepita dai nostri ragazzi politici» di uno sconto del 4% su 250 mila tonnellate al mese per un anno che «possono sostenere una campagna».
E proprio in quell’incontro si parlò dell’acquisto di una partita di tre milioni di tonnellate di gasolio russo da vendere in Italia con uno sconto di almeno del 4% sul prezzo di mercato. In questo modo, scriveva all’epoca BuzzFeed, la Lega avrebbe potuto incassare almeno 3 milioni di euro.
Di nuovo: il punto non è il passaggio di denaro ma la promessa di finanziamento. E soprattutto il fatto che Savoini stesse trattando in qualche modo a nome della Lega, o quanto meno per favorire il partito di Salvini. Ed è questo che il capo del Carroccio dovrebbe spiegare.
Perchè sappiamo che Savoini ha accompagnato Salvini in Russia, che era presente a numerosi incontri ufficiali del Ministro dell’Interno (come quello del 16 luglio con l’omologo russo di Salvini) e che in alcune occasioni (ad esempio un incontro organizzato da Alternativ fà¼r Deutschland) veniva presentato come “consigliere politico della Lega”.
Matteo Salvini potrebbe partire da qui, dai rapporti di Savoini con la Lega, dal ruolo dell’Associazione Lombardia-Russia. Invece fino ad oggi il capo del Carroccio non ha scaricato Savoini, anzi ha sempre ricordato che sono amici da vent’anni. Certo, si può anche ipotizzare che Savoini abbia utilizzato il suo “ruolo” (quale?) e la sua vicinanza con la ledarship leghista per motivi personali, quindi in questo caso la Lega sarebbe vittima di Savoini.
Però non si spiega come mai allora pur essendo a conoscenza dell’inchiesta i leghisti continuino a difendere Savoini e la sua poltrona al Corecom della Lombardia.
(da “NextQuotidiano”)
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Ottobre 2nd, 2019 Riccardo Fucile
MINACCIA DI FAR CADERE IL GOVERNO PER TUTELARE I RICCONI: MA CHE STRANO “AMICO DEL POPOLO”
“Ancora oggi sui giornali sentiamo parlare di ‘rimodulazione’ dell’Iva. Lo ribadiamo per l’ennesima volta: no a giochini e giri di parole, l’Iva non deve aumentare. Questo governo nasce su due principi fondanti: il blocco dell’Iva e il taglio dei parlamentari. Se uno dei due viene meno, allora si perde il senso di questo governo”. Così il M5S in una presa di posizione fatta arrivare a tutte le agenzie di stampa.
Il dibattito su una possibile rimodulazione dell’Iva, con tagli sui beni di prima necessità come il pane o sulle bollette, sta tenendo banco in questi giorni.
Come rivelato da Repubblica la settimana scorsa, sul tavolo del governo è allo studio questa possibilità , che per la nuova maggioranza è segno di discontinuità rispetto all’esecutivo Conte 1.
Ma rispetto a questa ipotesi il ministro dei Beni Culturali Dario Franceschini, a margine di un evento all’Abi, taglia corto: “Non capisco perchè si continua a discutere su un tema che non c’è più. Abbiamo discusso di varie ipotesi tra cui questa ma era scritto nel programma di governo che non ci sarebbe stato e l’aumento dell’iva non ci sarà . Finiamola con le polemiche sul nulla”.
Ma c’è chi, all’interno del governo, apre alla possibilità di una rimodulazione dell’Iva. Come il viceministro all’Economia Laura Castelli in un’intervista alla Stampa e ill ministro Francesco Boccia in un’intervista ad Avvenire.
“Il dibattito innescato sull’Iva dimostra che il problema esiste – spiega Castelli – non è ragionevole che sulle patatine fritte ci sia l’imposta al quattro per cento. O che sia al dieci quella sui prodotti da collezione”.
Per la viceministra la strada di aumenti differenziati dell’Iva sui prodotti non prevede “tabù”. Anzi, “tabù non ce ne devono essere, su nulla. Anche perchè ci sono aliquote che devono scendere”.
“Oggi siamo nella condizione in cui assorbenti e pannolini sono tassati con Iva ordinaria al 22% e alcuni beni anche di lusso vivono di evidenti agevolazioni – afferma poi Boccia nel corso di un’audizione alla Camera – Rimodulare le aliquote Iva rivedendo i panieri entro la legislatura è dovere di un governo che è nato con le intenzioni di ridurre le ingiustizie presenti nella società “.
(da agenzie)
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Ottobre 2nd, 2019 Riccardo Fucile
L’ULTIMA VERGOGNA: LE SUE DICHIARAZIONI NON CONCORDATE CONTRO LO IUS CULTURAE MENTRE I SENATORI SI ERANO DETTI FAVOREVOLI
Ilario Lombardo sulla Stampa di oggi ci racconta di una fronda grillina che vuole spingere Luigi Di
Maio a lasciare il suo ruolo di Capo Politico del MoVimento 5 Stelle e mettere al suo posto un direttorio:
Il Movimento ribolle, frantumato in mille rivendicazioni che sembrano avere una cosa in comune: ridefinire il ruolo del capo politico, toglierlo dalle mani di Di Maio.
Nel mirino è finita la sua gestione dell’organizzazione interna, come anche le sue iniziative politiche. Gli ultimi esempi: la nomina di Giancarlo Cancelleri viceministro ai Trasporti. Ma soprattutto l’uscita in solitaria — non concordata, nè condivisa — contro lo ius culturae proposta dal grillino Giuseppe Brescia e sposata con entusiasmo da diversi parlamentari.
Di Maio è sempre più solo. Accerchiato da una marea montante di dissenso più o meno aperto:
Il leader ieri si è riunito con i senatori, per sondarli, raccogliere le loro lamentele, meno di una settimana dopo il documento dei 70 che chiedevano di rivedere il regolamento del Senato.
Si è parlato meno di un altro documento, ben più incendiario, firmato da una quindicina di senatori che puntano a cambiare lo statuto del M5S per depotenziare Di Maio.
In Senato, oltre a quello di Nicola Morra, apertamente uscito allo scoperto contro il leader di Pomigliano, si fa sempre più attivo il ruolo di Emanuele Dessì convinto che ormai il M5S debba «strutturarsi nell’area progressista» e che Di Maio possa tranquillamente dedicarsi alle diplomazie. E tutto questo succede mentre altri tre senatori (si fanno i nomi di Lello Ciampolillo e di Ugo Grassi) sono sul punto di lasciare.
Ugo Grassi, che secondo La Stampa è sul punto di lasciare, è il senatore e professore di diritto all’università di Napoli che durante la campagna elettorale sosteneva che la clausola con multa da 100mila euro per chi voleva lasciare il M5S fosse valida. Ed è lo stesso che la settimana scorsa ha detto che no, quella clausola non è valida.
(da “NextQuotidiano”)
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