Ottobre 9th, 2019 Riccardo Fucile
FINALMENTE UNA ITALIANA CHE FA PARLARE POSITIVAMENTE DEL NOSTRO PAESE… SIAMO SEMPRE IN ATTESA CHE SALVINI OSPITI UN TERREMOTATO O SENZATETTO ITALIANO IN UNA DELLE SUE TRE CASE
Elisabetta Canalis ha utilizzato il suo canale Instagram per una buona causa: ha infatti raccontato,
postando un commovente video, la storia di Luce e dei suoi due bambini che sta ospitando nella sua dimora negli Usa.
La ragazza e i figli sono infatti tra gli sfollati arrivati negli Stati Uniti dopo il disastro provocato dall’uragano Dorian nell’isola di Abaco.
«Vi scrivo questo perchè nella mia vita di tutti i giorni ci sono queste persone meravigliose ed ho trovato giusto farvele conoscere. Stiamo vivendo tutti un’esperienza molto bella ed … inaspettata!» scrive Elisabetta Canalis nella didascalia del suo video su Instagram in cui la si vede accogliere i due bambini che entrano nella sua casa.
Si tratta della famiglia di sfollati che l’attrice ha deciso di ospitare «fino a quando il loro visto glielo consentirà ».
Elisabetta Canalis racconta che dopo il terribile passaggio dell’uragano Dorian sull’isola di Abaco, aveva cercato di rintracciare le persone che conosce sull’isola, dove lei e il compagno hanno una casa. Tra un tentativo e l’altro è riuscita a mettersi in contatto con Luce, «una ragazza che ha 2 bambini stupendi e che mi disse che aveva perso tutto e che lei ed i bambini erano stati messi in uno shelter, una specie di dormitorio messo in piedi per gli evacuati — spiega nel post- Lei dormiva sopra un banco ed i bambini lo stesso. L’acqua ( che durante Dorian è salita anche a 14 piedi) le arrivava alle gambe e non sapeva dove li avrebbero mandati».
A quel punto Elisabetta e suo marito hanno deciso di fare la loro parte per cercare di dare una mano. Sbrigati i necessari passaggi burocratici, è riuscita a far arrivare nella sua casa a Los Angeles la donna con i suoi due figli, che adesso frequentano la scuola pubblica di West Hollywood.
« È la prima volta che nelle Bahamas un’intera comunità viene completamente cancellata nel giro di 3 giorni da un disastro naturale» spiega ancora Canalis descrivendo il cataclisma le cui proporzioni non hanno precedenti.
«L’isola di Abaco non ha più rete elettrica ne’ idrica, non ci sono più scuole, non esistono più la maggior parte delle abitazioni, supermercati, uffici, ed il piccolo porto è andato distrutto. — scrive — Non esiste più un centro di aggregazione per gli abitanti che si sono dovuti rifugiare tra le macerie o sotto ai cespugli fin quando l’esercito non è riuscito ad atterrare in ciò che e’ rimasto dell’aeroporto e salvare gli abitanti».
Il gesto solidale ed altruista è stato accolto con entusiasmo dai suoi follower, tra cui anche tanti colleghi del mondo dello spettacolo e della moda, grati e orgogliosi che l’ex velina italiana abbia dato il buon esempio.
(da “Giornalettismo”)
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Ottobre 9th, 2019 Riccardo Fucile
NESSUNA INDAGINE DELLA MAGISTRATURA, MA PER I SOVRANISTI UN IMPRENDITORE TERREMOTATO DEVE FALLIRE E LASCIARE A CASA CENTO LAVORATORI
Vincenzo Bianconi è il candidato di PD e M5S alla presidenza della Regione Umbria alle elezioni del 27 ottobre.
Oggi il Corriere dell’Umbria ha rivelato che Bianconi, imprenditore del settore alberghiero e già presidente di Federalberghi, avrebbe incassato quasi sei milioni di euro di fondi per la ricostruzione post terremoto di due dei suoi alberghi.
La notizia ovviamente è stata subito rilanciata da Matteo Salvini che ha fatto un tweet dove denuncia che Bianconi avrebbe incassato «più di 8 milioni di fondi pubblici per ristrutturare hotel e rifornire le mense dei moduli abitativi post-terremoto».
In un post pubblicato su Facebook Bianconi ha risposto alle accuse (per altro non esiste al momento alcuna inchiesta o indagine della magistratura) dichiarando che «è vergognoso usare il dramma del terremoto per fare campagna elettorale» e parlando di macchina del fango messa in moto contro di lui.
Il candidato PD/M5S spiega che lo si accusa «di un “crimine” terribile: aver cercato di non mettere in mezzo alla strada oltre 90 famiglie di lavoratori collegati alla nostra azienda da sempre una delle colonne dell’economia della Valnerina».
Ma è bene precisare qualcosa che solo leggendo l’articolo del Corriere dell’Umbria si scopre. Ovvero innanzitutto che i soldi per la ricostruzione sono sei milioni di euro, ai quali vanno aggiunti due milioni di mezzo per gare (fino a prova contraria regolari) per l’affidamento dei servizi mensa nei moduli abitativi.
Ma c’è un aspetto ancora più interessante. Perchè il Corriere dell’Umbria scrive che «su 27 attività ricettive rimaste in piedi a Norcia dopo il sisma del 2016 (prima erano 69), solo tre hotel hanno chiesto e ottenuto i permessi». Di questi tre alberghi due sono di proprietà di Bianconi.
I soldi quindi sarebbero andati “solo” agli hotel di Bianconi per una ragione abbastanza semplice: al momento è l’unico (assieme ai proprietari di un’altra struttura) che ha chiesto i permessi per ricostruire e quindi ha potuto accedere ai fondi.
Ha sbagliato Bianconi a farlo?
Oppure ha sbagliato a candidarsi in quanto titolare di un’attività commerciale? Sicuramente voler ricostruire il proprio albergo (ma vale per qualsiasi struttura) dopo il terremoto non è un reato.
A cosa serve quindi la polemica sugli affari — fino a prova contraria legittimi — di Bianconi? Forse per nascondere la notizia del buco di bilancio lasciato dalla candidata della Lega Donatella Tesei a Montefalco?
Nei giorni scorsi la Tesei, che oltre ad essere senatrice è stata sindaco del comune umbro dal 2009 al 2019, ha sostenuto che il disavanzo della sua amministrazione ammonta a 320 mila euro. Secondo le opposizioni invece sarebbe, carte alla mano, «di ben 1.617.672,16 euro».
Nella lettera inviata ad Umbria24 il gruppo consiliare Siamo Montefalco ricorda anche che la Corte dei Conti di Perugia è intervenuta su «entrate fittizie per un milione e mezzo» nella gestione del 2014 che sarebbero stati messi a bilancio «per fingere che fosse in equilibrio». Ed è proprio in quegli anni, continua l’opposizione, che si sarebbe generato il grosso del disavanzo del comune governato dalla Tesei.
C’è poi una seconda chiave di lettura. Quella che punta il dito contro la proprietà del Corriere dell’Umbria che nel 2013 è passato sotto il controllo della famiglia Angelucci tramite la finanziaria Tosinvest attiva nell’editoria e nella sanità privata e già editrice di Libero e del quotidiano Il Tempo (dal 2016).
Fino ad aprile di quest’anno a capo del ramo editoriale di Tosinvest c’era Denis Verdini, ex deputato di Forza Italia e padre della fidanzata di Matteo Salvini.
«Fino a quindici giorni fa ero un’imprenditore che a Norcia ha perso tre quarti del suo patrimonio. Un patrimonio importante per la Valnerina, costruito non comprando ville alle Hawaii ma reinvestendo ogni singolo euro nella nostra azienda».
Inizia così la conferenza stampa di Vincenzo Bianconi in risposta agli attacchi di oggi partiti dopo l’articolo pubblicato sul Corriere dell’Umbria e prontamente ripreso da Matteo Salvini e dalla Lega.
Il candidato presidente del M5S e del PD parte dai numeri: «Abbiamo perso tre alberghi, due li dovremo demolire totalmente» complessivamente le strutture alberghiere della famiglia sono passate dall’avere 220 camere a 31 camere dopo il terremoto. «Il danno viene certificato e contabilizzato. Non si parla di fondi si parla di un contributo alla ricostruzione» spiega Bianconi che ricorda come per la ricostruzione un albergo venga dato al massimo 1.400 euro al metro quadro «che è quanto viene dato per la ricostruzione di una civile abitazione».
Per quanto riguarda la cronologia delle domande Bianconi spiega di aver presentato la documentazione e la domanda per la ricostruzione a gennaio 2018 e di aver ottenuto la determina per il contributo ad aprile del 2019 per una delle due strutture oggetto della contestazione. La certificazione del livello di danno è invece stata ottenuta nell’ottobre del 2018.
Per meglio chiarire la questione Bianconi ha poi fornito i numeri: «a Norcia ci sono state 17 strutture ricettive colpite dal terremoto. Di queste otto hanno ricevuto i contributi, hanno terminato i lavori e hanno ottenuto l’agibilità . E non c’è nessuna delle mie strutture tra queste» perchè i lavori sono iniziati ad agosto e il 30 settembre. Nel cratere umbro invece «le strutture colpite sono 35, 19 hanno fatto domanda, 11 hanno ricevuto il contributo, hanno terminato i lavori e ottenuto l’agibilità ».
A meno di non voler stabilire che un terremotato non può correre per la presidenza della Regione Bianconi ritiene di non essere in alcuna situazione di conflitto d’interesse. Riguardo invece l’asta per la mensa nei moduli abitativi, in dieci località diverse, Bianconi ricorda che «nessuno ha avuto il coraggio di partecipare all’asta comunale per la somministrazione di colazioni, pranzi e cene per la quale è stato riconosciuto un costo di 19 euro a persona».
Bianconi sottolinea che quando ha deciso di partecipare a quelle gare lo ha fatto per non lasciare per strada le famiglie dei suoi dipendenti perchè all’epoca non era ancora scattata la cassa integrazione.
Per la stessa ragione la sua azienda ha partecipato al bando per il servizio di trasporto scolastico, «un bando cui non ha partecipato nessun altro e su cui l’azienda ha perso 30 mila euro».
Il punto principale del discorso è che già ora tutto l’iter relativo alla concessione dei finanziamenti per la ricostruzione delle strutture alberghiere di Bianconi si è già ultimato in tempi non sospetti.
(da “NextQuotidiano”)
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Ottobre 9th, 2019 Riccardo Fucile
CANDIDATO GOVERNATORE IL RE DEL TONNO CALLIPO, GRADITO A DI MAIO
Perchè dalle regionali dipende anche la solidità dell’intera operazione governo. E Nicola Zingaretti è
convinto che o si trasforma questa strana alleanza in un “nuovo centrosinistra” o, inevitabilmente, rischia di non durare.
Ecco perchè, dopo l’incontro di lunedì sera, proporrà a Luigi Di Maio un nuovo contatto già in settimana. Con l’obiettivo di chiudere l’accordo in Calabria prima che si voti in Umbria. Subito. E a prescindere dal risultato. Anche se, stando agli ultimi sondaggi recapitati al Nazareno, il risultato umbro sembra essere più aperto.
È questo che Zingaretti ha spiegato a Di Maio, sondaggi alla mano: “Assieme facciamo il 40 per cento e Renzi è al tre. Questo potenziale va stabilizzato e rafforzato con il buon governo e con una proposta di rinnovamento radicale nelle regioni”.
Il perchè di questa accelerazione anche sulla Calabria non è banale: il Pd ha già scaricato il suo governatore uscente da tempo, da quando è stato spedito come commissario in Calabria Stefano Graziano. Che ha chiesto a Mario Oliverio, in tempi non sospetti, “un passo indietro per favorire il rinnovamento”.
Non tanto perchè coinvolto in un’inchiesta con l’accusa di peculato, ma perchè ritenuto uno dei simboli di un Pd vecchio e clientelare, ammalato di governismo e poco brillante nelle sue performace su trasporti e sanità .
Adesso il Pd è pronto a sostenere un candidato civico per chiudere l’accordo con i Cinque stelle.
Anche, e la notizia è questa, il candidato gradito ai pentastellati romani, Pippo Callipo, il patron del tonno. Per tutta una serie di ragioni. Che hanno a che fare con la Calabria, dove si potrebbe riaprire la partita; hanno a che fare con le regionali perchè, dopo l’Umbria e la Calabria ai civici, questo consente di arrivare alla discussione sull’Emilia con il Pd che ha un credito sull’Emilia, e chiederà di “non ostacolare Bonaccini” che non può essere messo in discussione.
E, su questi presupposti, è di fatto innescato un processo di costruzione di una alleanza politica che darebbe un senso a un governo frutto di uno stato di necessità .
Insomma, il ragionamento del segretario del Pd è questo: solo un mese fa il paese era in mano a Salvini, adesso c’è un blocco che tiene e non è scalfito dalla scissione di Renzi, con due forze al 20.
La via di un “patto politico” Pd-Cinque stelle è obbligata altrimenti la scossa che può arrivare dalle urne rischia di avere ripercussioni nel Palazzo.
Dicevamo la Calabria: subito. Perchè il tempo rischia di stroncare sul nascere un percorso, trascinandolo nel gorgo dei territori. L’uscente, Mario Oliverio è pronto a un blitz per blindare se stesso: fissare le elezioni già il 15 dicembre e non il 26 gennaio. Il che significa che le liste andrebbero chiuse il 9 novembre, ovvero dieci giorni dopo le elezioni umbre del 27 ottobre. Immaginate Pd e Cinque stelle che, in dieci giorni, devono siglare un patto complicato, dopo l’impatto emotivo del voto umbro — negativo se andasse male — con l’uscente pronto a candidarsi comunque contro il suo partito. Perchè questa decisione, al momento, sembra irreversibile.
È stato drastico Oliverio, con gli ambasciatori del Nazareno che più volte lo hanno incontrato in queste settimane: “Io per una vita mi sono adeguato alle decisioni del partito. Stavolta ci rimetto il partito, ma non ci rimetto la faccia”.
Ecco, questa lacerazione si può reggere solo se c’è un patto politico a monte. Che toglie spazio all’iniziativa, anche perchè in Calabria la legge elettorale prevede uno sbarramento dell’8 per cento.
E a quel punto la competizione “utile” diventa tra Pd e Cinque stelle da un lato e centrodestra dall’altro. Almeno l’idea è questa. Ed è proprio con la mission di accelerare e stare pronti con le liste che Stefano Graziano ha fissato già per domani una serie di riunioni a Catanzaro e un week end di confronto programmatico con i cittadini in tutte le città calabresi per fine mese.
Il problema, non da poco, è la “tenuta” dei Cinque stelle che spiega il perchè Di Maio ha bisogno di tempo. E ha chiesto di vedere prima che succede in Umbria.
Solo pochi giorni fa il capo politico dei Cinque stelle ha ricevuto un documento, firmato dalla gran parte dei parlamentari calabresi, in cui è messo nero su bianco il “no” all’intesa col Pd. Poi, una nuova protesta: 90 attivisti calabresi hanno firmato una nota #noalleanza per chiedere un ritorno al Movimento delle origini.
Anche tra i Cinque stelle c’è un potenziale candidato già in campo, la parlamentare Danila Nesci che si è fatta avanti nelle scorse settimane, sostenuta dall’ex ministro Barbara Lezzi.
È un caso interessante: se e come un accordo politico nazionale, nato a freddo, si possa tramutare in una fusione calda tra dirigenti e “popoli”, nel fuoco della battaglia politica. In fondo è il primo vero step democratico della nuova esperienza. Decide il popolo se il processo si innesca o meno.
Ammesso che da Di Maio arrivi una risposta in tempi rapidi.
(da “Huffingtonpost”)
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Ottobre 9th, 2019 Riccardo Fucile
E ALLORA “NON SI PARLA PIU’ DI BIBBIANO”
E adesso parlateci di Bibbiano. Perchè dopo mesi di martellante e incessante propaganda sui bambini rubati di Bibbiano improvvisamente non se ne parla più. Le intercettazioni sono state pubblicate e fatte ascoltare. I passaggi dell’ordinanza sono stati letti e recitati. La bambina “di Bibbiano” è stata mostrata sul palco di Pontida e una senatrice ha esibito in Aula la maglietta con il tormentone dell’estate: parliamo di Bibbiano.
Eppure di Bibbiano non c’era molto da dire. Al di là delle carte dei magistrati, abilmente dissezionate e date in pasto al pubblico, cosa possono raccontare i giornali?
Della famiglia che ha potuto riabbracciare la figlia? Ebbene, non è di Bibbiano e il suo caso non riguarda l’indagine sugli affidamenti dei comuni della Val d’Enza. Si sarebbe potuto parlare dei numeri reali degli affidi, si è preferito parlare di un “sistema” senza delinearne i contorni.
Perchè l’inchiesta “Angeli e Demoni” riguarda una decina di casi in tutto. E gli altri? Davvero sono sufficienti per parlare di “sistema”?
Anche ammettendo l’ipotesi — che al momento è solo tale visto che non è stato celebrato alcun processo nelle aule di giustizia ma solo nei talk show — che siano stati commessi errori, a volte molto gravi, di valutazione delle condizioni psicologiche dei minori davvero esiste un sistema i cui “tentacoli” (come li chiamavano le Iene qualche giorno fa) arrivano ovunque?
Perchè stando ai giudici del tribunale dei Minori di Bologna su cento fascicoli presi in esame in seguito a segnalazioni dei servizi sociali della Val d’Enza il Tribunale ha disposto l’allontanamento dei minori dalla famiglia solo in 15 casi. Di questi solo in 7 casi i genitori hanno fatto ricorso in Appello, dove la decisione è stata confermata.
C’è poco da festeggiare, perchè significa che in quei 15 casi i minori non potevano essere lasciati nella loro famiglia d’origine.
In attesa dell’inizio del processo su Bibbiano che cosa rimane da dire? Nulla.
Perchè la politica e certo giornalismo hanno già utilizzato tutto quello che era possibile utilizzare delle risultanze dell’inchiesta. E improvvisamente di Bibbiano non si parla più.
Il MoVimento 5 Stelle non se la prende più con il partito di Bibbiano, perchè ora sono al governo assieme e quindi non è cosa da fare.
Non ne parla più Lucia Borgonzoni, impegnata in questi giorni a discutere di tortellini al pollo, di cimice asiatica, di Carola Rackete o di ius culturae. Il tema non è più all’attenzione delle forze politiche.
Non ne parla più nemmeno Matteo Salvini, che a Bibbiano c’era andato quest’estate a portare la sua solidarietà e che al raduno della Lega si era presentato come paladino delle famiglie dei bambini “rubati”.
Ma questa non è una novità : Salvini in questi giorni sta letteralmente parlando del nulla. Ed è impegnato per la campagna elettorale in Umbria. Forse dovremo aspettare l’anno prossimo, quando in Emilia-Romagna si tornerà al voto per le regionali. Allora sì che l’argomento tornerà di gran moda.
Certo sorprende un po’ che tutti quelli che accusavano i giornali di non parlare abbastanza di Bibbiano per nascondere le responsabilità del PD oggi se ne stiano zitti.
Ci rendiamo perfettamente conto che parlare “di Bibbiano” per costoro sia faticoso (per le persone coinvolte invece è molto doloroso). Soprattutto quando non è più utile per raccogliere consensi.
(da “NextQuotidiano”)
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Ottobre 9th, 2019 Riccardo Fucile
IL DELIRIO SOVRANISTA SUI SOCIAL: “HA IMPOSTO LA MAGLIA VERDE DELL’ISLAM ALLA NOSTRA NAZIONALE”
Dopo essersela presa con Greta Thunberg — che, probabilmente, non sa nemmeno perchè sia stato
fatto il suo nome anche in questo caso -, ecco che il sovranismo online prepara una nuova battaglia contro la maglia verde che la nostra Nazionale indosserà sabato sera allo Stadio Olimpico durante il match contro la Grecia.
«Boicottaggio Puma» sono le due parole d’ordine che stanno impazzando su Twitter per andare contro l’azienda, sponsor tecnico dell’Italia, che ha creato quel kit dal colore non azzurro.
Prima di andare a leggere una selezione dei commenti che invitano a boicottaggio Puma, ricordiamo che — come recita il comunicato messo online dalla Figc — la scelta di realizzare un terzo kit dal colore verde e di indossarlo nel prossimo match di qualificazione a Euro2020 contro la Grecia è tutta delle Federcalcio e non dell’azienda che fornisce divise e altro alla nostra Nazionale.
Si tratta di un omaggio al rinascimento del calcio italiano, ricco di nuovi e giovani talenti.
Un inciso che contestualizza l’assurda presa di posizione dei sovranisti-tradizionalisti che sulla rete stanno chiedendo il boicottaggio Puma solo perchè ha realizzato quella maglia di colore non azzurro (e tra l’altro già utilizzata nel 1954 contro l’Argentina).
Partiamo dall’utente che ha intuito con esattezza dal pantone dei colori la tonalità del verde Islam che è stato imposto dall’azienda tedesca. E ci mette anche motivi di visual in mezzo perchè si confonde con l’erba. Non capiamo perchè dovrebbe penalizzare i nostri giocatori, ma la risposta a questo quesito sta nella nuance verde Islam che inquadra bene il personaggio.
Il colore della Nazionale è da sempre l’azzurro. Da sempre no, da tradizione sì. Perchè l’Italia non ha avuto mai un solo colore (passando e partendo prima col bianco). Ma una questione viene sottolineata ed evidenziata: il tricolore, sulla versione verde del kit, non è un vero verde-bianco-rosso come da tradizione. E da qui l’invito al boicottaggio della Puma.
Poi arrivano anche quello che fanno tremare i polsi all’azienda tedesca dal fatturato miliardario, con tanto di minacce di fare cattiva pubblicità alla Puma.
Parole che mettono i brividi perchè siamo certi che l’azienda — che non ha deciso il colore della maglia della Nazionale — sarà preoccupatissima di queste accese prese di posizione social.
(da agenzie)
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Ottobre 9th, 2019 Riccardo Fucile
NESSUN POLITICO HA MOSSO IL CULO PER DEPORRE UN FIORE SU QUELLE BARE, VANNO SOLO DOVE I FUNERALI PORTANO VOTI… E’ LA DIMOSTRAZIONE CHE DELLA VITA UMANA DEI POVERI NON FREGA NULLA A NESSUNO
Lo denuncia la Sea Watch: nessuna autorità istituzionale o politica ha sentito il bisogno di recarsi a Lampedusa per omaggiare queste donne e bambine
Il Naufragio in cui sono morte le 13 migranti a largo di Lampedusa è avvenuto a distanza di soli due giorni dal 3 ottobre, giorno in cui ricorreva l’anniversario del terribile naufragio del 2013 in cui oltre 300 persone persero la vita.
Ormai siamo arrivati a questo, a ridurre l’importanza che diamo alla vita umana a delle cifre. E 13 donne morte, con la più piccola di appena 12 anni, non sono a quanto pare abbastanza da smuovere le coscienze di questo paese. Lo abbiamo visto ieri, con gli agghiaccianti commenti piovuti sulla memoria di queste povere donne e di chi è riuscito a sopravvivere. Lo rivediamo oggi, con l’abominevole assenza di qualsiasi istituzione ai funerali delle 13 donne, celebrati presso la Casa della Fraternità dal parroco di Lampedusa, don Carmelo La Magra.
Sea Watch lo scrive in un tweet: “Dove siete tutti. Nessuno è venuto a poggiare un fiore sulle bare delle 13 donne, a guardare in faccia i sopravvissuti, a sostenere i soccorritori. Una tragedia avvolta nell’indifferenza delle istituzioni”.
Giorgia Linardi, portavoce di Sea Watch, lo ribadisce: “È assurdo che nessuno abbia sentito l’esigenza di venire sull’isola per commerare queste persone. Qui ci sono 13 salme di donne, noi siamo presenti insieme alle forze dell’ordine, ai soccorritori, a tutti coloro che si stanno impegnando in questi giorni nel recupero degli altri dispersi. Per la tragedia di Trieste le istituzioni si sono mosse, qui non è venuto nessuno, evidentemente ci sono standard diversi rispetto al tipo di disgrazia. E’ ancora più incredibile che tutto questo avvenga nei giorni in cui i ministri degli Interni sono a Lussemburgo per discutere di questo tema.
(da agenzie)
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Ottobre 9th, 2019 Riccardo Fucile
ALTRI 250.000 SONO INVECE ADULTI… L’ITALIA PERDE UN PUNTO DI PIL… LE REGIONI DI PROVENIENZA LOMBARDIA, SICILIA, VENETO E LAZIO… LE METE LONDRA, GERMANIA, FRANCIA, SVIZZERA, USA
Duecentocinquantamila giovani sono andati via in dieci anni dall’Italia. Hanno deciso di trasferirsi
all’estero soprattutto per motivi di lavoro, perchè in Italia ci sono “scarse opportunità occupazionali”.
È la fotografia che emerge dal “Rapporto 2019 sull’economia dell’immigrazione” della fondazione Leone Moressa, presentato oggi a Roma.
Dal rapporto viene fuori che in quasi dieci anni sono cinquecentomila gli italiani che hanno scelto di lasciare il proprio Paese, di cui la metà giovani di età compresa tra i quindici e i trentaquattro anni.
Secondo i calcoli della Fondazione, la fuga all’estero di questi duecentocinquantamila giovani è costata 16 miliardi di euro, oltre un punto percentuale di Pil. Questo il valore aggiunto che i giovani emigrati potrebbero realizzare se occupati in Italia.
Perchè i giovani italiani se ne vanno dall’Italia?
Tra le cause dell’esodo dall’Italia emerge che il lavoro è il motivo prevalente dell’emigrazione. Ci sono, appunto, “scarse opportunità occupazionali”.
L’Italia registra infatti il tasso di occupazione più basso d’Europa nella fascia 25-29 anni: il 54,6 percento contro una media Ue del 75 percento.
Nella stessa fascia d’età anche il tasso di Neet (ovvero quanti non studiano nè lavorano) è il più alto d’Europa, del 30,9 percento a fronte di una media Ue del 17.1 percento.
Non facciamo una bella figura con i coetanei europei neppure nel campo dell’istruzione: il livello di istruzione dei giovani italiani è definito “molto basso”. Nella fascia d’età tra i venticinque e i ventinove anni “solo il 27,6 percento è laureato, quasi 12 punti in meno rispetto alla media europea”.
Per quanto riguarda le regioni di provenienza, quasi un quinto dei giovani che hanno lasciato l’Italia negli ultimi dieci anni viene dalla Lombardia (18,3 percento).
Troviamo poi Sicilia, Veneto e Lazio, con oltre 20.000 emigrati ciascuno.
Questo dato comprende solo i giovani emigrati all’estero e non le migrazioni da Sud a Nord del Paese.
Londra resta la meta più ambita dai nostri giovani (scelta dal 20,5 percento di chi è partito nel 2017 e dal 19,3 percento di chi è partito negli ultimi dieci anni).
Poi c’è la Germania, e sono tanti anche quelli che scelgono di trasferirsi in Svizzera e Francia. Tra le prime destinazioni compaiono però anche Paesi non europei come Usa, Brasile o Australia, e anche Canada e Emirati Arabi.
(da agenzie)
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Ottobre 9th, 2019 Riccardo Fucile
GLI ARRESTATI SONO TRE ITALIANI TRA I 65 E GLI 85 ANNI… ATTENDIAMO POST SOVRANISTA DI ESECRAZIONE
Tre arresti nella Capitale per abusi su due ragazzi di 14 anni all’interno di un oratorio. Hanno tra i 65 e gli 85 anni i tre uomini romani arrestati dalle forze dell’ordine e ora ai domiciliari, accusati di ripetuti abusi ai danni di due 14enni, adescati all’interno di un oratorio di Roma.
Secondo le indagini, i fatti si sono protratti in un arco di tempo di sei anni, dal 2012 fino all’anno scorso. Le tre ordinanze di custodia cautelare per gli arresti domiciliari sono state eseguite lunedì dalla IV Sezione della Squadra Mobile di Roma, specializzata in reati di violenza di genere. Le ordinanze sono il risultato di una delicata indagine coordinata dai magistrati del Gruppo Antiviolenza della Procura di Roma.
Secondo gli inquirenti, una delle tre persone ora ai domiciliari avrebbe conquistato la simpatia e la fiducia dei due 14enni, avvicinandoli in un oratorio di Roma.
I due ragazzini sarebbero stati portati poi più volte nell’abitazione dei tre indagati e abusati. «In quei luoghi, teatro dei nefandi incontri, i tre uomini hanno approfittato sessualmente delle giovani vittime, elargendo loro, al termine dei rapporti, piccole somme di denaro, con il pretesto di dare loro un aiuto», si legge nella nota stampa inviata dalla Questura di Roma.
«Le promesse di tipo economico hanno fatto leva sullo stato d’indigenza economica e disagio sociale nella quale i ragazzini vivevano, mentre l’aspetto rassicurante dei tre adulti, dovuto all’età , li ha resi ai loro occhi persone affidabili».
(da agenzie)
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Ottobre 9th, 2019 Riccardo Fucile
DUE MORTI E DUE FERITI GRAVI, IL KILLER HA FILMATO TUTTO E MESSO SUL WEB… E’ IL PREZZO CHE CERTI GOVERNI PAGANO NEL TOLLERARE LA PROPAGANDA RAZZISTA
Un attentato contro la sinagoga di Halle nel giorno in cui gli ebrei celebrano Yom Kippur. L’attacco ha
provocato due vittime, mentre altre due persone sono state ferite in maniera grave.
L’aggressione ha una matrice neonazista e dietro ci siano motivazioni “antisemite”. Ad affermarlo è il ministro dell’Interno tedesco Horst Seehofer.
L’attentatore è un tedesco di 27 anni, Stephan B., cittadino della Sassonia-Anhalt. Lo scrive lo Spiegel, affermando che gli inquirenti sono in possesso di un video realizzato dal killer, che evidentemente ha utilizzato una telecamera montata sull’elmetto. Il giovane era vestito di “verde”, “da militare” con un “elmetto”.
Le immagini, afferma il settimanale sul suo sito, mostrano come Stephan B. spari ad una donna, una passante, vicino al cimitero ebraico di Halle e poi anche l’uccisione di un uomo nella tavola calda Kebab non lontano dalla sinagoga.
Il killer urla varie volte “gli ebrei sono la causa di tutti i problemi”. Il video sarebbe stato diffuso in diretta sul web dallo stesso attentatore.
Sempre stando alle informazioni dello Spiegel, l’uomo non era precedentemente noto alla polizia. In un primo momento la polizia aveva parlato di “diversi attentatori”.
Una delle due vittime della sparatoria è un “uomo” ed è stato ucciso in una “tavola calda”: lo scrive il sito del settimanale Der Spiegel citando un portavoce della polizia. Si tratta quindi del ‘doner’, il fast food di kebab che viene inquadrato dall’emittente N-Tv durante la diretta. Un testimone oculare ha infatti detto che l’aggressore ha esploso colpi contro un “doner”, una tavola calda che offre fra l’altro panini di carne alla turca. Lo ha riferito l’inviata della dell’emittente di notizie N-tv che continua a trasmettere inquadrando il locale con vetrine verdi.
La sinagoga e il fast food di kebab di Halle dove ci sono state le due vittime dell’attacco distano 500 metri l’una dall’altra.
A impedire l’ingresso di uno o più autori della sparatoria alla sinagoga è stato il servizio di sicurezza. Lo ha detto Max Privorotzki, rabbino della comunità ebraica di questa città della Germania orientale, citato Der spiegel online. In quel momento, ha aggiunto Privorotzki, all’interno del tempio si trovavano 70-80 fedeli riuniti in occasione di Yom Kippur, principale ricorrenza religiosa ebraica.
Il rabbino ha spiegato: “L’attentatore ha sparato più volte contro la porta e ha lanciato anche diversi” ordigni forse “molotov, petardi o granate per entrare. La porta è rimasta chiusa, Dio ci ha protetti. Il tutto è durato forse dai cinque ai dieci minuti”.
(da agenzie)
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