Destra di Popolo.net

CLAMOROSA SCONFITTA DI ORBAN IN UNGHERIA: PERDE LA CAPITALE BUDAPEST, VINCONO I VERDI

Ottobre 13th, 2019 Riccardo Fucile

IN PIU’ DELLA META’ DELLE CITTA’ IN CUI SI E’ VOTATO IN TESTA I CANDIDATI DELLE OPPOSIZIONI

Viktor Orban ha perso il controllo di Budapest e di più della metà  dei capoluoghi dell’Ungheria, chiamata al voto per le amministrative.
È quanto emerge dai dati provvisori pubblicati sul sito dell’Ufficio elettorale nazionale (Nvi), relativi a circa il 75% delle schede scrutinate.
A Budapest, dove è stato scrutinato il 62% delle schede, è in vantaggio il candidato dei Verdi, Gergely Karacsony, con il 50,4% dei voti, secondo il sindaco uscente Istvan Tarlos (44,6%).
Tarlos ha già  riconosciuto la vittoria dell’avversario e si è congratulato con lui al telefono.
Delle 20 città  in cui si è votato, in più della metà  sono in testa i candidati delle opposizioni che si sono presentate unite al voto.

(da Open)

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DI MAIO TRA I COCCODRILLI: NEANCHE IN MILLE AD ASCOLTARLO E PURE GRILLO SE NE VA

Ottobre 13th, 2019 Riccardo Fucile

“LA SUA MANCANZA DI LEADERSHIP E’ INCREDIBILE, NON HO MAI VISTO TANTI NEMICI INTERNI IN UN PARTITO”

Luigi Di Maio riunisce i ministri, Beppe Grillo va a pranzo con Nicola Morra, Paola Taverna, Carlo Sibilia.   Quelli che quando si racconta il Movimento e si parla dei parlamentari vicini al fondatore entrano sempre nell’elenco.
È la giornata del capo politico quella che conclude Italia 5 stelle. È solo lui l’oratore di punta sul palco, quello piccolo, un migliaio di persone scarse sotto il sole gentile dell’ottobre partenopeo, giacca senza cravatta e scarpe da ginnastica granata, mise insolitamente sportiva per il solitamente formalissimo leader.
Grillo non c’è. Ha salutato Virginia Raggi (dopo gli insulti a un inviato delle Iene per averla incalzata sui rifiuti a Roma) facendo una comparsata sul palco.
Poi, appena Di Maio ha iniziato a parlare, ha salutato Bonafede e Patuanelli, si è infilato su un caddy e se ne è andato, nemmeno ascoltando il discorso del fu delfino.
Che si è ritrovato solo sul palco, Davide Casaleggio e Virginia Saba uno accanto all’altra ad ascoltarlo da sotto: “Da dieci anni sotto il capo politico nel Movimento non c’è nulla. Non ce lo possiamo più permettere”.
Arriva al cuore politico della giornata dopo aver stancamente ripetuto gli stessi concetti (già  un po’ scarichi) del giorno prima. Annuncia la squadra.
Niente nomi, un avventuroso e arzigogolato percorso (“Scusate, le slide non si vedono, c’è il sole”) in date e scadenze che formeranno una squadra di un’ottantina di persone che verranno votate su Rousseau e dovrebbero contribuire a rendere più aperta e partecipata l’elaborazione delle decisioni.
Di Maio rivendica il giusto la scelta, si dilunga nei tecnicismi della selezione, mentre da bordo palco i critici lo bombardano: “Non è il mio modello di condivisione”, dice Nicola Morra. “Alla fine deciderà  comunque tutto Luigi”, il punto di Luigi Gallo.
Un 5 stelle molto influente è quasi incredulo: “La sua mancanza di leadership è incredibile, non ho mai visto tanti nemici interni in un partito. Aspettano tutti di vedere come andrà  in Umbria per alzare il tiro”.
L’origine di tutto ciò? “Non parla più con nessuno, decide tutto con il suo staff, non c’è alcun tipo di confronto, ed è ovvio che poi le cose vadano così”.
L’operazione per strutturare la gerarchia nei 5 stelle ha un passo lungo, e appena a dicembre si avranno i primi nomi.
L’umore è ondivago e tutt’altro che pacificato. In giro per la Mostra d’Oltremare i capannelli dei deputati parlano incessantemente di un’unico tema: l’elezione dei capigruppo.
Onorevoli si contano, senatori si studiano, oltre allo scranno di presidenti dei gruppi in gioco c’è la prima possibilità  di contarsi da tempo.
Guardando appena un poco più in là , ecco che questa girandola di nuove nomine saranno un modo per dare l’occasione a cordate e potentati di emergere, mescolarsi e organizzarsi.
Il sole batte ormai di taglio sull’Italia 5 stelle che sta alle ultime battute, un onorevole socchiude gli occhi, infastidito dalla luce: “Forse questa riorganizzazione non servirà . Di certo abbiamo ufficializzato la nascita delle correnti”.

(da “Huffingtonpost”)

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POLONIA SPACCATA, EXIT POLL: VINCONO I CONSERVATORI DI KACZYNSKI CON IL 43,6% MA I TRE PARTITI DI OPPOSIZIONE ARRIVANO AL 48,9%

Ottobre 13th, 2019 Riccardo Fucile

IL SISTEMA ELETTORALE CON IL PREMIO DI MAGGIORANZA PERO’ PERMETTERA’ AI CONSERVATORI DI GOVERNARE DA SOLI

Si conferma il partito conservatore al potere in Polonia dal 2015 secondo gli exit poll e i primi risultati delle elezioni legislative in Polonia, svoltesi oggi.
In base ai dati disponibili, al termine di una domenica che ha visto una partecipazione al voto ben piຠalta del solito e quasi ai livelli delle prime elezioni semilibere del 1989, i conservatori guidati dal loro leader storico Jaroslaw Kaczynski (PiS, cioè Diritto e Giustizia) avrebbero conquistato circa il 43,6 per cento e quindi grazie al premio di maggioranza dovrebbero conservare la maggioranza assoluta.
I tre partiti di opposizione al 48,9%
Coalizione civica, la piຠimportante formazione d’opposizione (alleanza tra Piattaforma civica di Donald Tusk e i Moderni) sarebbe al 27,4 per cento
Il cartello delle sinistre al momento sarebbe all’11,9 per cento.
Il terzo partito di opposizione Psl è dato al 9,6%
In totale le forze di opposizione insieme arriverebbero al 48,9%, segno che il Paese è spaccato in due.
Fuori dai giochi il partito Konfederacja dato al 6,4%, partito di estrema destra sovranista con cui nessuno si sarebbe alleato.
Kaczynski e i suoi hanno vinto dopo una martellante campagna contro gli Lgbt, contro la Germania e l’integrazione politica rafforzata dell’Unione europea e infine ma non ultimo impegnandosi a un enorme aumento delle spese sociali e dei redditi minimi, che ha convinto i ceti poveri in modo determinante.
Ora dovrà  mantenere le promesse.

(da agenzie)

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ASSALTO ALLA MANOVRA

Ottobre 13th, 2019 Riccardo Fucile

I RENZIANI VOGLIONO L’ABOLIZIONE TOTALE DI QUOTA 100… DI MAIO IL SALARIO MINIMO E LA CANCELLAZIONE DEL SUPERTICKET

La scena è questa. Ore 18.45: mancano poco più di tre ore al vertice sulla manovra convocato da Giuseppe Conte a palazzo Chigi con i rappresentanti di Pd, 5 stelle, Italia Viva e Leu.
È la riunione decisiva. I giochi vanno chiusi entro martedì. Bisogna ancora trovare la quadra sulle coperture, ma è anche l’ora delle decisioni politiche su temi che non hanno ancora un’interpretazione univoca dentro al governo.
Al Tesoro è in corso da oltre due ore e mezza una riunione per preparare i dossier da portare al tavolo politico notturno. È in quel momento che Luigi Marattin, vicecapogruppo dei renziani alla Camera e uno degli invitati al tavolo, accende la miccia: “Italia Viva chiede l’abolizione totale e immediata di quota 100”.
Nella delicata fase di saldatura della legge di bilancio arriva una richiesta pesante perchè tocca il nervo delicato di una riforma che i grillini non possono permettersi di cestinare. E non è la sola.
La richiesta dei renziani, motivata tra l’altro da un giudizio politico severissimo (“la politica più ingiusta degli ultimi 25 anni”), scarica fibrillazione sul vertice a casa Conte.
Il premier si ritrova ancora nei panni del mediatore, accerchiato da richieste che non collidono. Tra l’altro l’unico precedente di riunione allargata della maggioranza sulla legge di bilancio è finita male. Gli stessi renziani, insieme ai pentastellati, alzarono le barricate contro l’ipotesi di un ritocco all’Iva. Ma, come si diceva, quella di Italia Viva non è la sola richiesta di peso che arriva a ridosso della riunione a palazzo Chigi.
Nel primo pomeriggio, infatti, arriva la lunga lista dei desiderata che Luigi Di Maio ha messo a punto a Napoli, a margine di Italia 5 stelle.
Un vero e proprio vertice, simile a quelli convocati nella scorsa settimana alla Farnesina, diventato luogo di discussione anche di legge di bilancio.
Oltre un’ora con i ministri e sottosegretari, tra cui la titolare del Lavoro Nunzia Catalfo e la viceministra dell’Economia Laura Castelli, le più vicine al dossier della manovra.
Al termine un lungo resoconto, affidato a fonti del Movimento. Si parla di riduzione del cuneo fiscale per le imprese, quando la cornice della manovra parla di un taglio indirizzato esclusivamente ai lavoratori. Si torna a parlare di salario minimo, legandolo proprio all’intervento sulle tasse sul lavoro in favore delle aziende. Si parla – e questo lo dice Di Maio in chiaro – della volontà  di abolire il superticket nel 2020. Sono tutte che richieste che hanno un costo.
Sono tutte richieste che creano frizione, e non poca, se poggiate sull’impianto della manovra che deve ottemperare alla necessità  di trovare le coperture sulle misure già  programmate.
E poi ci sono le decisione politiche da prendere su queste stesse misure. Come si farà  il taglio delle tasse che gravano sulle buste paga? Rimodulando gli 80 euro, che diventerebbero così detrazioni fiscali, in modo da estendere il beneficio ai lavoratori con un reddito annuno fino a 35mila euro oppure fermarsi a quota 26mila euro, tirando dentro gli incapienti, cioè chi dichiara un reddito sotto gli 8mila euro e non riceve oggi gli 80 euro?
C’è poi da definire il funzionamento del cashback, cioè il bonus fiscale che riceverà  chi pagherà  con la carta di credito o il bancomat invece che con il contante.
L’ipotesi di riordino delle aliquote Iva, che tanto ha fatto infuriare i renziani e i grillini, sarà  ineludibile per finanziare la restituzione fiscale? E poi c’è il tema dell’assegno unico per i figli, caro soprattutto a Italia Viva ma anche al Pd. I 5 stelle insistono sull’inasprimento del carcere per i grandi evasori. Al vertice notturno di palazzo Chigi è affidato l’arduo compito di dare le risposte.

(da “Huffingtonpost”)

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ELEZIONI PRESIDENZIALI TUNISIA: SCONFITTI I POPULISTI, VINCE IL CONSERVATORE KAIES SAIED

Ottobre 13th, 2019 Riccardo Fucile

IL DOCENTE UNIVERSITARIO DI DIRITTO COSTITUZIONALE AL 72,5% CONTRO IL 27,5% DEL RE DELLE TELEVISIONI

Il nuovo presidente della Tunisia è il giurista conservatore indipendente, Kaies Saied. Saied ha battuto il magnate tv Nabil Karoui, con un netto margine di vantaggio, totalizzando il 72,53 per cento delle preferenze contro il 27,47 per cento di Karoui, secondo gli exit poll della società  Emrhod Consulting. Il conservatore Saied si è aggiudicato il ballottaggio delle elezioni presidenziali.
Il primo turno si era tenuto domenica 15 settembre, ma nessuno dei candidati aveva ottenuto la maggioranza assoluta dei voti.
Era stato necessario dunque ricorrere al ballottaggio tra i due candidati più votati: il giurista conservatore indipendente Kaies Saied (61 anni) ed il magnate populista Nabil Karoui (56 anni), che al primo turno totalizzarono rispettivamente il 18,4% delle preferenze e il 15,58%.

(da agenzie)

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GRILLO PORTA A PRANZO I PERPLESSI: “LA STRADA DA SEGUIRE E’ QUELLA CON IL PD”

Ottobre 13th, 2019 Riccardo Fucile

A TAVOLA CON TAVERNA, SIBILIA E MORRA: CI SARA’ PIU’ COLLEGIALITA’ NELLE DECISIONI

Sul palco di Italia 5 Stelle si parla di lotta agli sprechi, taglio dei parlamentari ma attorno deputati e senatori, che in questo week end si sono ritrovati a Napoli per festeggiare i dieci anni del Movimento, si distraggono. Sono preoccupati, nervosi.
E Beppe Grillo è arrivato qui, alla Mostra d’Oltremare, proprio per calmare gli animi, per rassicurare i più dubbiosi. Li incontra uno per uno.
Ieri è stato il turno di Carla Ruocco e di Danila Nesci, oggi il leader dei 5Stelle ha pranzato con Paola Taverna, Carlo Sibilia e Nicola Morra: “La strada da seguire è quella con il Pd”, dice loro, ma è un messaggio rivolto a tutti, anche ai vertici del Movimento.
Il fondatore nonchè garante dà  poi rassicurazioni sul futuro e su una gestione del Movimento che sarà  più collegiale come chiedono in tanti.
Ma i gruppi parlamentari sono in subbuglio e senza una guida. Francesco Silvestri e Anna Macina parlano fitto fitto con Sergio Battelli.
Domani scade il termine per presentare le candidature per la carica di capogruppo della Camera e, dopo la fumata nera della scorsa settimana, ancora non è stato raggiunto un accordo.
Uno dei due tra Silvestri e Macina dovrà  fare un passo indietro. Poi è il turno del ministro per i Rapporti con il Parlamento, Federico D’Incà , che si avvicina a Silvestri, il quale parla agitato appoggiato a un albero.
Nello stesso tempo Beppe Grillo, poco più in là , vicino alla Mostra d’Oltremare, pranza con Paola Taverna, Carlo Sibilia e Nicola Morra. Quest’ultimo, giusto per far capire che aria tira, poco prima aveva detto di avere un’altra idea di riorganizzazione rispetto a quella proposta da Luigi Di Maio: “La scelta dei facilitatori non va nella direzione di un Movimento che sia orizzontale”.
I facilitatori sono ottanta persone scelte su base nazionale che si occuperanno dei territori. Tuttavia, secondo Luigi Gallo, “sarà  sempre il capo politico a decidere e soprattutto avrà  l’ultima parola. Per questo saranno posti dei veti”.
Seduti attorno a un tavolo rotondo nella sala ristorante di un albergo a due passi dalla Mostra d’Oltremare, Beppe Grillo prova a tirare su il morale ai più arrabbiati.
Una battuta dopo l’altra, poca politica e più ironia tra una portata e l’altra. Ma di certo il fondatore M5s ha ribadito che in questa fase non servono i piagnistei nè per l’accordo con il Pd nè riguardo la riorganizzazione interna al Movimento. È piuttosto il momento di restare uniti: “È ora di smettere con lamenti e sospiri. Siamo davanti a sfide epocali – scrive sul suo blog – che non si possono ridurre a chiacchiericci da Transatlantico, formare il nuovo partitello e giocare alle scissioni è cosmesi della politica”.
Ma tra gli stand si aggira Davide Barillari, il consigliere regionale del Lazio che ha scritto la “Carta di Firenze” per cambiare il Movimento e svuotare la figura del capo politico. Ha approfittato della festa Italia 5 Stelle per riunire gli attivisti locali e raccogliere le firme: “Questa riorganizzazione è stata calata dall’alto. C’è molta preoccupazione”. Vicino a lui si raduna un gruppo di campani. Dove arriver questa fronda è ancora presto per dirlo, ma in regione Lazio la spaccatura ormai è nei fatti.
Invece Carla Ruocco, tra le voci più critiche nelle ultime settimane, si fida di Grillo: “Prima di alzare polveroni mi atterrei a ciò che annuncia Di Maio”, dice adesso.
E poi ancora: “Vediamo cosa succede, come si articolerà  la riorganizzazione, mi sembra un passo avanti. Il capo politico sta ascoltando le nostre istanze, mi sembra si stia parlando di una struttura più allargata”. La presidente della commissione Finanze della Camera usa toni da pompiere dopo aver parlato con il garante del Movimento. Per quanto possibile, Grillo ha compiuto la sua missione.

(da “Huffingtonpost”)

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M5S-PD. O SI FA L’UMBRIA O SI MUORE

Ottobre 13th, 2019 Riccardo Fucile

SE A BIANCONI RIESCE LA RIMONTA SULLA LEGHISTA SI APRIREBBE A UN’ALLEANZA SUI TERRITORI CHE COSTEREBBE CARO AI SOVRANISTI

Il paragone con l’Ohio è fin troppo scontato e abusato, visto che valeva anche per il Molise. Ma che il voto in Umbria possa rappresentare un punto di svolta decisivo per il futuro della politica italiana è innegabile: Perugia costituisce il banco di prova dell’alleanza “civica” tra MoVimento 5 Stelle e Partito Democratico, che ad oggi, secondo Luigi Di Maio, non ha in programma repliche per il semplice fatto che prima di muoversi in altre regioni i giallorossi aspettano quel risultato.
E se ne capisce la ragione: se l’alleanza porta a casa la Regione in Umbria il governo Conte Bis si rinforza e la spallata auspicata dal centrodestra di Salvini e Meloni non arriva, anzi, fallisce completamente l’obiettivo.
Non solo: a quel punto, come ha contato ieri il Fatto, ci sono altre cinque regioni in cui il PD, con o senza l’alleanza con il MoVimento 5 Stelle, può vincere e una in bilico, la Liguria.
A quel punto l’alleanza potrebbe riproporsi forte di un risultato positivo e riuscire a confermare i governatori uscenti o presentare candidati civici per una svolta governativa rinsaldando di volta in volta l’asse con il governo.
Se invece Salvini vince in Umbria, invece, la strada del governo Conte Bis si fa molto più difficile e politicamente ciò potrebbe costituire anche un monito per le altre regioni ex rosse che andranno al voto a breve: Toscana, Emilia Romagna, Marche.
Per questo la partita di Bianconi contro Tesei, che vede oggi in vantaggio la candidata di Salvini nei sondaggi, è quella decisiva per il destino dell’alleanza politica auspicata da Zingaretti e Franceschini — con tanto di suicidio politico in atto a Roma — e sopportata come male minore da Di Maio e Grillo.
Il retroscena di Tommaso Labate sul Corriere di oggi parla di sondaggi che danno soltanto due punti di differenza tra i due candidati e annunciano la possibilità  che a scendere in campo sia il presidente del Consiglio Giuseppe Conte per cercare di ribaltare i pronostici, mentre Di Maio almeno in Umbria ci è andato e Salvini invece la batte paesino per paesino e annuncia, come Berlusconi a Lampedusa, la volontà  di andare a vivere nella regione.
Se la strana alleanza M5S-PD dovesse vincere in Umbria per il resto delle candidature sarebbe facile trovare la quadra, tranne che in Campania e in Emilia Romagna dove pare difficile che i grillini sostengano gli uscenti De Luca e Bonaccini, che d’altro canto possono permettersi di vincere anche senza altri appoggio.
E, spiega il Corriere, anche il governo ne risentirebbe in positivo:
A quel punto, dovesse andare tutto secondo i piani, cosa ovviamente tutta da vedere, il governo Conte sarebbe sorretto da un’alleanza comunque strutturata anche a livello locale. E pronta quindi a correre insieme anche in luoghi dove sembra ancora fantapolitica. Come la Campania di Enzo De Luca, da sempre acerrimo nemico di Di Maio.
Ieri il figlio Pietro, deputato pd, ha dichiarato che «l’alleanza coi M5S è una realtà  già  a livello nazionale» mentre «a livello locale vanno verificate le compatibilità  per essere argini efficaci a Salvini».
Parole che più d’uno ha letto alla luce della paura che la futura candidatura a governatore campano possa finire–nello schema giallorosso –nelle mani di Di Maio.
Magari, come durante le fasi più critiche della nascita del governo Conte qualcuno aveva fantasticato, proprio a lui in persona
Dall’altra parte c’è il centrodestra di Salvini e Meloni che si tiene ancora in carico Berlusconi. E che sa che la via della sconfitta alle urne (regionali o comunali) è quella che potrebbe portare a minare l’alleanza tra grillini e DEM più di ogni altra cosa.
E in previsione delle trattative sulla legge elettorale prossima ventura e poi dello scioglimento delle camere. In vista di un voto che a quel punto si farebbe vicinissimo.

(da “NextQuotidiano”)

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LA MEDIA SETTIMANALE DI OTTO SONDAGGISTI: ALLEANZA DI GOVERNO E’ SOPRA IL CENTRODESTRA UNITO

Ottobre 13th, 2019 Riccardo Fucile

LEGA 31,3%, PD 20%, M5S 19,3%, FDI 7,7%, FORZA ITALIA 6,7%, ITALIA VIVA 4,6%, LEU 2%, + EUROPA 1,9%, VERDI 1,8%

Open   Media è la media aritmetica settimanale dei sondaggi sulle intenzioni di voto degli italiani in esclusiva per Open.
Concorrono alla media tutti i sondaggi pubblicati dai maggiori istituti demoscopici nella settimana appena conclusa. La media settimanale dei sondaggi serve a stabilizzare il valore percentuale attribuito a ogni singolo partito, fotografando così il suo “stato di salute” meglio di quanto possa fare un solo sondaggio.
Dalla media risulta che le forze di Governo raggiungono questa settimana il 45,9%, sostanzialmente in parità  con il centrodestra al 45,7%.
L’asse sovranista Lega + Fratelli d’Italia è al 39%.
La Lega, sotto di tre punti rispetto al 34,3 % delle elezioni Europee dello scorso maggio, è il primo partito con più di 10 punti percentuali di distacco dal Partito Democratico.
Il partito di Matteo Salvini ha il suo minimo settimanale nel 30% attribuitogli da Ixè e da Piepoli e un valore massimo nel 32,7% di Emg.
Il Pd resiste, nonostante la scissione di Matteo Renzi, al 20%, sfiorando il 22% per Ixè ma per Alessandra Ghisleri di Euromedia è sotto il suo dato medio e precisamente al 18,8%.
Con una media del 19,3% il M5s si conferma terzo partito nelle intenzioni di voto; questa settimana ha un trend leggermente negativo, ma in tutti i sondaggi pubblicati è comunque al di sopra del deludente 17% delle Europee (min. 18,5%, max. 20,2%).
Buono il risultato settimanale per Fratelli d’Italia al 7,7% che raggiunge o supera l’8% in ben quattro sondaggi (Ipsos 8,5 %, Tecnè 8%, Ixè 8,6%, Bidimedia 8%) sugli undici considerati, staccando di un punto Forza Italia.
Gli azzurri di Silvio Berlusconi al 6,7% sono in lieve recupero questa settimana, ma la media è penalizzata dal pesante 5% di Swg e dal 5,5% di Bidimedia.
Italia Viva di Renzi, alla sua terza settimana di presenza è al 4,6%, risultato interessante e trend positivo, ma è anche il partito su cui c’è minore sintonia tra le diverse rilevazioni.
Al 3,5%, infatti, conferitogli da Piepoli e Ixè, fanno da contrappeso il notevole 6% di Noto Sondaggi, il 5,6 % di Swg e il 5,5% di Euromedia.
Tra i partiti minori soffrono La Sinistra, associato a LeU in molti sondaggi, al 2%, i Verdi all’1,8% e soprattutto +Europa calato all’1,9% per l’effetto erosione di Italia Viva.
Meno della metà  degli Istituti ha sondato Cambiamo! di Toti e Siamo Europei di Carlo Calenda. Per entrambi il valore medio è comunque di poco superiore all’1%.

(da Open)

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NON C’E’ NESSUNA INVASIONE, A OTTOBRE ARRIVI IN LINEA CON QUELLI DELL’ANNO SCORSO

Ottobre 13th, 2019 Riccardo Fucile

IN REALTA’ CRESCONO SOLO GLI SBARCHI FANTASMA DALLA TUNISIA A CAUSA DEL MOMENTO POLITICO CHE ATTRAVERSA IL PAESE

Da quando Salvini ha lasciato il Viminale non c’è stata “l’invasione” tanto paventata dalla Lega. Secondo i dati del Ministero dell’Interno sono stati poco più di 300 (per la precisione 306) i migranti sbarcati sulle coste italiane dall’1 all’11 ottobre.
Numeri in linea con quelli dello scorso anno: a ottobre 2018 i migranti arrivati in Italia via Mediterraneo erano stati 1007 (il dato si riferisce a tutto il mese).
Al momento dunque non c’è nessuna emergenza sbarchi.
Vero è invece che a settembre il numero degli arrivi è stato superiore a quello dell’anno precedente: 2498 contro 947, quasi il triplo.
Secondo gli esperti però l’aumento non è da attribuire nè al governo Pd-M5s nè al presunto pull factor delle navi Ong (che non esiste) quanto piuttosto alle condizioni meteo favorevoli e al fatto che i trafficanti di migranti della Libia avrebbero iniziato a sfruttare le rotte frequentate prevalentemente dai tunisini, ovvero quelle degli sbarchi autonomi o “fantasma”.
E se è vero che l’impennata c’è stata, è altrettanto vero che si tratta comunque di numeri molto bassi rispetto a quelli registrati prima del 2017.
Quanto al presunto fattore di attrazione rappresentato dalle Ong, Matteo Villa dell’Ispi fa notare su Twitter che “all’inizio dell’anno a oggi, dalla Libia sono partite almeno 13.309 persone”.
Di queste, 3.177 hanno preso il mare quando le Ong erano al largo delle coste libiche e 10.132 lo hanno fatto “senza nessun assetto europeo in mare a fare ricerca e soccorso”.
Tra l’1 settembre e il 12 ottobre invece ci sono state 26 partenze al giorno con Ong al largo delle coste libiche e 67 al giorno senza nessun assetto di soccorso al largo.“
In una lettera inviata al Corriere della Sera, il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese   ha precisato: “A settembre si è registrato un aumento, ma stiamo risentendo del particolare momento politico che sta attraversando la Tunisia”.
Secondo i dati del Viminale il 28% dei migranti sbarcati nel 2019 arriva proprio dal paese nordafricano.

(da agenzie)

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