Ottobre 28th, 2019 Riccardo Fucile
IL M5S AVEVA IL 12,89% E CORRERA’ IN PROPRIO… SE ANCHE SI ALLEASSE CON IL PD, CON LA TENDENZA A DIMEZZARSI CHE HA, NON SERVIREBBE A FAR VINCERE IL CENTROSINISTRA
Sarà la madre di tutte le battaglie regionali. 26 gennaio 2020, 4 milioni di elettori dell’Emilia Romagna
sceglieranno il loro governatore e eleggeranno il nuovo consiglio. Ma in qualche modo decideranno anche un pezzo del futuro politico nazionale.
Dopo il voto in Umbria, infatti, è chiaro che la maggioranza di governo non si può permettere un altro colpo, a cui potrebbe non sopravvivere.
L’Emilia Romagna è la “regione rossa” per eccellenza. Fu lì, a tre quarti dell’Ottocento, che le battaglie sociali culminarono nella scelta di far nascere il primo embrione di partito dei lavoratori, con la storica lettera “Agli amici di Romagna” di Andrea Costa.
Ma questa adesso sembra archeologia.
Detta brutalmente, ora che Luigi Di Maio ha annunciato che non ci saranno più alleanze elettorali M5s—Pd come quella di ben scarso successo in terra umbra, la parte favorita per la vittoria alle regionali emiliane è il centrodestra a trazione salviniana.
Lo dicono degli indicatori solidi, non le impressioni o gli stati d’animo che scaldano la cronaca politica ma contano ben poco per analizzare le condizioni reali.
Intanto la fase elettorale che il paese sta attraversando
La Lega è pressochè ovunque il primo partito, con una adesione che testimonia il mix tra trend d’opinione e risultato della massiccia campagna personale, comune per comune, di Matteo Salvini.
Nel computo totale la Lega in Umbria ha staccato di 15 punti il Pd e di trenta il M5s.
Se le due forze di governo, come oggi tutto lascia capire, abbandoneranno in Emilia l’esperimento della scelta convergente sul nome del governatore, per l’uscente Bonaccini sarà durissima.
Il perchè lo spiega l’analisi dei risultati più vicini, quelli delle europee del 26 maggio, cinque mesi fa.
La prima lista per numero di voti fu quella della Lega, col 33,77%, con Forza Italia al 5,87% e Fratelli d’Italia al 4,66%. Il totale del centrodestra fu quindi del 44,30%.
Dall’altra parte il Pd ottenne il 31,24%, Europa verde il 2,93% e la Sinistra l’1,87%. Totale 36,04%.
Il Movimento 5 stelle prese il 12,89%: se si facesse l’accordo come in Umbria la partita parrebbe incerta, e anzi l’asse giallorosso sarebbe in vantaggio.
Ma intanto il M5s, a differenza che in Umbria, dove fu scelta una figura neutra della società civile, a Bologna avrebbe dovuto appoggiare il candidato ufficiale del Pd, e cioè Bonaccini, e la cosa non sarebbe stata nè scontata nè indolore.
E poi i contraccolpi del voto umbro, e le dichiarazioni di queste ore, fanno capire che il massimo aiuto possibile potrà essere una desistenza pentastellata verso Bonaccini, senza neppure l’ombra di una campagna elettorale di sostegno.
Il risultato è che a 90 giorni dal voto, con il centrodestra che sembra tutto ricompattato dietro alla candidatura di Lucia Borgonzoni, il rischio di una nuova sconfitta per le forze della maggioranza nazionale sembra scontata
Ma in quel caso proprio il governo potrebbe essere alla fine la vittima delle regionali emiliane.
(da Open)
argomento: elezioni | Commenta »
Ottobre 28th, 2019 Riccardo Fucile
L’ANALISI DELL’ISTITUTO CATTANEO SUL VOTO IN UMBRIA
“Gli elettori di centro-destra hanno sentito queste regionali come un voto politico. Una delle chiavi del successo di Tesei è proprio la loro grande mobilitazione nel voto.
Al contrario i 5Stelle hanno avuto un tracollo di partecipazione. Uno su due non è andato alle urne”.
Rinaldo Vignati, ricercatore dell’Istituto Catteneo, ha già analizzato i flussi di voto per quel che riguarda la città di Perugia. Con una premessa. Qui, rispetto al resto della regione, la sconfitta di Bianconi è stata meno netta: solo 11 punti di svantaggio (contro i 20 su base regionale).
Un astenuto su due rispetto alle politiche, nell’elettorato grillino, è un dato enorme. Come lo spiega?
“C’è un disorientamento generale tra gli elettori 5Stelle per l’alleanza con una forza politica che avevano sempre attaccato. Nel caso dell’Umbria c’è un di più, perchè i 5Stelle hanno soffiato parecchio sul fuoco delle indagini che hanno colpito la giunta umbra”.
Per il resto, a chi vanno i voti grillini in libera uscita
“Un quinto dell’originario bacino 5Stelle ha votato Lega. Un dato pari al 3,6 per cento dell’intero corpo elettorale. Una quota perfino superiore a chi ha confermato il proprio voto al Movimento. Solo marginale, invece, il flusso di voti dai 5Stelle al Pd”.
La chiave del successo leghista invece qual è?
“A differenza delle altre amministrative, in cui normalmente la partecipazione al voto dell’elettorato di centrodestra registra una flessione, stavolta la Lega non ha subito perdite verso l’astensione. Segno della rilevanza politica attribuita a questa consultazione. Gli elettori hanno tratto nuova forza propulsiva dall’esclusione dal governo. Per il resto, il partito di Salvini strappa voti a Forza Italia, oltre che ai Cinquestelle. Oltre il 2,5 per cento dell’intero corpo elettorale”.
E il Pd? Il partito di Zingaretti ha sostanzialmente tenuto.
“Il Partito democratico non perde verso l’astensione, gli elettori di centrosinistra hanno confermato il loro voto, ma non riesce a guadagnare consensi significativi dalle altre forze politiche. Nei 5Stelle l’alleanza giallo-rossa ha provocato indifferenza e distacco, ma anche nel centrosinistra non ha prodotto entusiasmo”.
Infine c’è l’exploit di Fratelli d’Italia, che supera il 10 per cento e doppia Forza Italia.
“Insieme alla Lega fagocita buona parte dei voti forzisti. Ma attrae consensi da ogni schieramento”
(da agenzie)
argomento: elezioni | Commenta »
Ottobre 28th, 2019 Riccardo Fucile
I PARLAMENTARI METTONO NEL MIRINO IL CAPO POLITICO TRA RANCORI E SOSPETTI
È il giorno dei rancori e dei sospetti. In Transatlantico alla Camera circolano solo facce scure e occhi bassi.
I deputati M5s, senza un capogruppo da settimane, rimuginano su quanto avvenuto in Umbria e sulle responsabilità di una dèbà¢cle che porta come cifra il 7,8%.
Le parole di Di Maio sull’esperimento fallito fanno infuriare: “Luigi sembra contento di aver perso, così potrà dire ‘ve l’avevo detto che l’alleanza con il Pd era sbagliata’”. È il ragionamento che rimbalza in queste ore di grande trambusto.
Ore in cui il primo a rompere il silenzio è Sergio Battelli. L’ex tesoriere del gruppo parla a nome di tutti coloro che, tanto per iniziare, non condividono il termine “esperimento” utilizzato dal capo politico e che soprattutto chiedono più “autocritica” al posto di scaricare la colpa solo ed esclusivamente sull’accordo con i dem.
“Non amo le ‘sperimentazioni’ sulla pelle delle persone e degli animali”, è l’incipit del post di Battelli: “Nei giorni scorsi si è definita la questione Umbria come un ‘esperimento’, come se i cittadini fossero delle cavie sui quali provare qualcosa. Colpa dell’alleanza? Colpa di qualcosa o qualcuno? Trovare sempre un ‘colpevole fuori’ è facile, soprattutto in momenti critici”.
Ora c’è chi parla di “scontro all’ennesima potenza” sulle chat interne e chi minimizza definendolo “confronto”.
Di certo a Di Maio è arrivata la richiesta di essere presente alla prossima assemblea congiunta dei deputati e dei senatori che potrebbe essere convocata già in questa settimana. Intanto si sono incontrari una quarantina di deputati per fare un primo punto anche in vista dell’elezione del capogruppo su cui non si riesce a trovare un accordo. “Defenestrare Di Maio? Comunque non abbiamo un’alternativa”, ammette un deputato a taccuini chiusi. Mentre il capo politico sta provando ad accelerare la nascita del team che lo affiancherà .
Domani Di Maio vedrà i deputati e i senatori eletti in Emilia Romagna e in Calabria. Per il momento l’intenzione del capo politico è di correre da soli con una propria lista, dunque quella terza via ancora per nulla chiara.
Il sottosegretario agli Esteri grillino, Manlio Di Stefano, tra i più vicini al capo politico, esclude infatti una nuova alleanza sui territori. Ma i gruppi vanno in ordine sparso.
C’è chi chiede di trattare con il Pd, soprattutto in Calabria, dove si potrebbe votare già il 15 dicembre e Mario Oliverio potrebbe candidarsi senza l’appoggio dei dem, e chi invece ipotizza addirittura di non presentare le liste.
Sotto accusa per adesso è finita tutta la gestione della campagna elettorale in Umbria. “A Perugia, per il comizio conclusivo, eravamo in tutto dieci parlamentari”, fa notare un deputato. In pratica non c’è stato un coordinamento, “Di Maio non ci ha messo passione e impegno”. Quasi dunque alla ricerca della sconfitta per chiudere il capitolo con i dem più che di una vittoria.
Il senatore Sergio Puglia dà la colpa al messaggio che viene diffuso all’esterno: “Dobbiamo comunicare meglio. Non tutti i cittadini capiscono cosa stiamo facendo”. L’eurodeputato Ignazio Corrao vorrebbe il ritorno di Alessandro Di Battista. Mentre Barbara Lezzi vorrebbe la convocazione “di un’assemblea M5s non solo con gli eletti perchè noi non siamo stati il cambiamento”.
I gruppi parlamentari, che si trovano in maggioranza con i dem, sono in evidente stato confusionale: “Non si può fare una foto di famiglia con il Pd per poi, a distanza di poche ore, rinnegare tutto in un post”.
(da “Huffingtonpost”)
argomento: elezioni | Commenta »
Ottobre 28th, 2019 Riccardo Fucile
IN UN ALTRO PARTITO UN ALTRO LEADER SI SAREBBE GIA’ DIMESSO, LO HA FATTO PERSINO RENZI
Una alleanza, forse soltanto una convergenza di timorosi sentimenti, non si costruisce frettolosamente. Se fatta come stato di necessità in chiave difensiva e non propositiva non produce nessun frutto.
Se, poi, per farla quella convergenza, bisogna scegliere una figura civica di nessun impatto come candidatura alla presidenza della Regione Umbria per “correre” contro una senatrice della Lega, già sindaco di un comune umbro, quindi, nota e rappresentativa del territorio, allora si delineano con precisione e si comprendono meglio le ragioni della meritata sconfitta dell’alleanza Cinque Stelle-Partito Democratico.
Il più sconfitto di tutti è il capo politico del Movimento. Infatti, Luigi Di Maio in quella alleanza, subito derubricata a “esperimento”, non ha mai creduto e in pratica con i suoi distinguo, le sue perplessità e la sua personale inadeguatezza l’ha profondamente danneggiata.
Che gli elettori umbri, accorsi alle urne in una percentuale nettamente superiore a quella di cinque anni fa, lo abbiano punito, è solamente logico e giusto.
Altrove, ovvero in un altro luogo e in un altro schieramento politico, un altro leader avrebbe subito rassegnato le dimissioni. Lo ha fatto persino Matteo Renzi. Invece, Di Maio è ancora lì e pensa di dettare condizioni per la prossima battaglia, molto più importante dell’Umbria, che si combatterà in Emilia-Romagna. Correranno da sole le Cinque Stelle?
Certo, dopo avere bollato il Partito Democratico come il Partito di Bibbiano, scandalo certo grave anche se in via di ridimensionamento e che, comunque, riguarda pochissimo la guida nazionale del PD, non sarà facile convincere i suoi elettori che con quel partito è imperativo fare un’alleanza per non lasciare campo aperto ad una scorribanda vincente della Lega.
La sconfitta in Emilia-Romagna avrebbe inevitabilmente un impatto pesantissimo sul governo nazionale. Naturalmente, di errori politici significativi ne sono stati fatti anche dal Partito Democratico, da Dario Franceschini e dal segretario Nicola Zingaretti.
Il primo ha esagerato a sponsorizzare molto prematuramente un’estensione dell’alleanza di governo nazionale a tutte le realtà locali. Il secondo non ha voluto, forse non ha saputo resistere a quell’affermazione nè delineare una prospettiva più cauta e più meditata.
Ciò che mi pare palesemente in una crisi profonda per entrambi, M5S e PD, è la (in)cultura politica che dovrebbe sorreggere la loro proposta politica e la loro azione, al governo e all’opposizione.
Il Partito Democratico ha preannunciato una Costituente delle idee di cui, però, sono poche le informazioni disponibili.
Comunque, di idee dovrebbe discutere e non di proposte e di soluzioni ai problemi del governo. I Cinque Stelle non possono pensare di cavarsela con la consultazione degli attivisti attraverso la Piattaforma Rousseau. Nessuna cultura politica può “passare” attraverso la rete.
Deve essere iniziata con riflessioni variamente prodotte, anche dall’alto. Poi nutrita di confronti e comparazioni. Infine, delineata con chiarezza e diffusa capillarmente, anche per, eventualmente, riformularne alcuni elementi
Sono tutte operazioni per le quali certamente Di Maio non ha finora mostrato nessuna consapevolezza e capacità .
Al contrario, lui e altri nel gruppo dirigente mostrano fastidio per qualsiasi approfondimento che riguardi la cultura politica. Nel loro regno della post-ideologia non vi è spazio per discussioni concernenti il tessuto culturale che sostiene le democrazie parlamentari e che può consentirne/agevolarne il miglioramento. Al contrario, se ne vorrebbe un imprecisato superamento.
Se correre da soli significa anche, forse inevitabilmente, il rifiuto del confronto “culturale” ne conseguirà un ripiegamento che nel migliore dei casi servirà a raccattare un pugno di voti per ritornare e restare all’opposizione.
Senza cultura politica non sarà possibile nessun miglioramento della politica e della democrazia italiana. Tutti da discutere e chiarire, gli atteggiamenti e i comportamenti delle Cinque Stelle in Emilia-Romagna sono destinati a produrre conseguenze rilevanti di molti tipi. La situazione non appare affatto promettente.
(da “Huffingtonpost”)
argomento: elezioni | Commenta »
Ottobre 28th, 2019 Riccardo Fucile
E QUESTA COMPONENTE DELLA SOCIETA’ CIVILE NON SI SENTE PIU’ RAPPRESENTATA
La politica, i politici, hanno agito ed agiranno sempre allo stesso modo. Difficilemente seguiranno
metodologie diverse rispetto al “vivere alla giornata”; del “vivere il momento”.
L’ esito elettorale di ieri, ancorchè meramente amministrativo, ha dimostrato che grillini e piddini sono in caduta libera; che Forza Italia è in calo costante; che Salvini ha conservato un certo bacino elettorale (sempre più prossimo al 40%) e che che FdI ha incrementato i propri consensi.
Il “gioco” di Salvini è chiaro da un bel pezzo: conquistare il quorum di consensi necessario per poter governare da solo.
La Meloni e Berlusconi sarebbero delle mere “ruote di scorta” di un progetto di governo ad unica trazione, insomma.
Non ho idea se Salvini riuscirà o meno nel suo intento. Penso soltanto che le “due ruote di scorta” dovrebbero prenderne atto, che lo dovrebbero tener presente e che dovrebbero organizzarsi diversamente ed in velocità , perchè se la Lega dovesse arrivare da sola a conquistarsi il “quorum di governo”, immagino che nessun ruolo verrebbe mai assegnato ai due minoritari compagni di viaggio di un progetto che soltanto solo continuano ad identificare, a chiamare come centrodestra, mentre “mister felpetta” lo ha già ribattezzato come la “coalzione degli Italiani”, invece..
In una coalizione, la dimensione plurale è sempre un fattore necessario, proprio come la conseguente esigenza di una sintesi, sia valoriale che programmatica
Nell’area alternativa alla sinistre manca un soggetto destroliberale capace di inserirsi seriamente nello “schema” ridando spinta programmattrica e rappresentativa anche ad idee diverse dal sovranismo, dal populismo e dall’ antieuropeismo “da pagnotta”, così “richiamando” alle urne anche chi, non sentendosi più rappresentato, evita, sempre più sistematicamente, di andare a votare, e da tanto, troppo tempo, oramai
Non ho idea se accadrà . Non riesco ad immaginare nemmeno chi potrebbe riuscirci.
Immagino che continuerà ad essere fervente la spinta verso il centro, invece; un centro che, forse, proverà a farsi carico di idee, valori ed aspettative allo stato dilaniate da visioni grevi e che, molto probabilmente, attirano consensi soltanto per evidente incapacità dei competir che si stanno alternando, di volta in volta, al governo del Paese. Già , il governo del Paese… Oggi come oggi, è tutto sempre più fugace, transuente e dannatamente fluido.
Il consenso va e viene “come se niente fosse”.
Forse, il tempo di ridare alla politica, ed all’impegno personale di ciascuno, una spinta propulsiva, programmatica e valoriale capace di durare molto più della vita di un hashtag, sarebbe più che necessario, perchè governare un Paese rimarrà , sempre, una delle sfide più ardue che ci si possa mai dare.
Ogni tanto, guardare indietro per attingere dalla “lezione dei Padri”, non sarebbe male.
Visioni proiettate nel tempo, ma, anche, arditamente ancorate al presente
Salvatore Totò Castello
Right Blu – La Destra liberale
argomento: destra | Commenta »
Ottobre 28th, 2019 Riccardo Fucile
“DI MAIO E’ UNO INAFFIDABILE, UN CAPO DESPOTA CHE ELARGISCE INDULGENZE AI FEDELISSIMI, DI BATTISTA NON E’ UN LEADER, IL GOVERNO DURERA’ FINO A FINE LEGISLATURA”
“Mi permetto di dare un consiglio al Pd: in Emilia Romagna non corra con il M5S”.
Dopo la batosta del nuovo campo progressista in Umbria, Federico Pizzarotti, ex cinquestelle, oggi sindaco di Parma al suo secondo mandato, si confessa con l’Huffington Post.
Il suo è un giudizio impietoso sugli ex compagni del “movimento”, destinati ad assestarsi attorno al 10 per cento, ma vuole essere anche un monito nei confronti del Partito democratico, in vista della prossime competizione regionali. In particolare, del match clou che si disputerà in Emilia Romagna, il prossimo 26 gennaio.
Prima di affrontare la sfida della sua regione. Partiamo dalla sconfitta di ieri in Umbria del patto civico fra Pd e Cinquestelle. Ecco, si aspettava il tracollo del suo ex partito?
“Il risultato negativo non è dovuto solo all’alleanza regionale, ma il risultato locale è dipeso dall’alleanza di governo”.
Pagano l’incoerenza di avere fatto un governo prima con la Lega e poi con il Pd?
“Guardi, questo è un esecutivo nato senza una motivazione. L’unica ragione era quella di impedire un governo a guida Salvini. Che è pure una ragione nobile, ma non puoi prima offendere i democratici e starci insieme il giorno dopo. Un’alleanza si basa su valori, su un percorso comune, su un programma”.
Oggi Luigi Di Maio dice: “il Pd ci fa male come la Lega”.
“Di Maio è uno affidabile? Il fatto che oggi abbia detto questo non è certo definitivo. Tuttavia, anche se fossero andati da soli, avrebbero preso poco. I cittadini non sono stupidi e il Movimento è destinato a sparire. Le dirò di più: il Movimento è già un progetto finito che per un po’ veleggerà , grazie a uno zoccolo duro, attorno al 10 per cento. Non mi stupirei, ad esempio, se in Emilia scendessero al 5 per cento…”.
Ecco, si tingerà di verde Lega la regione rossa per antonomasia?
“L’Emilia Romagna non è l’Umbria per diverse ragioni. Sbaglia di grosso chi paragona le due regioni. Intanto lì c’è stata un’inchiesta giudiziaria molto brutta, che ha sconquassato il sistema di potere che ha governato per 50 anni. Poi c’è stato il tira e molla della governatrice Catiuscia Marini che prima ha annunciato di dimettersi e poi si è arroccata alla poltrona. Si è trattata insomma di un’ennesima resistenza di palazzo”.
Quale sarà la ricetta in Emilia Romagna per impedire l’Opa di Salvini?
“Quello che mi sento di dire è che servirebbe una scelta coraggiosa da parte del Nazareno”.
Ovvero?
“I dirigenti del Pd dovrebbero dire chiaramente: il governo è una cosa, l’Emilia Romagna è un’altra cosa. In Emilia Romagna il Pd deve andare senza i cinquestelle. Queste continue aperture che ho sentito in queste settimane, in questi giorni, non aiutano, veicolano un messaggio di debolezza, come se fare la sommatoria di sigle possa impedire la scala della Lega e di Salvini. Il Pd oggi è un partito immobile convinto di guadagnare consenso sommando i voti dei cinquestelle”.
Quale altro consiglio intende dare al Pd?
“D-i-s-c-o-n-t-i-n-u-i-t-à . Le premesse invece non vanno in questa direzione. Vedo la formazione di liste in perfetta continuità con il passato. Ci vogliono persone autorevoli, competenti, radicate sul
territorio”.
Però Stefano Bonaccini, governatore uscente, si dice disponibile al dialogo con i cinquestelle.
“Se lo dici una volta, lo ripete una seconda, ma quelli non ti rispondono. Ecco, alla terza nemmeno lo chiedi”.
Lei conosce bene i cinquestelle e dice spesso che Di Maio lo faranno fuori. E’ arrivato il momento?
“Se tu fai il capo despota, dispensi le tue indulgenze sulla base della simpatia e delle fedeltà , prima o poi te la faranno pagare”.
Con Roberto Fico cambierebbe qualcosa?
“Fico è più di sinistra, più governativo, ed è uno che ha spinto per fare questo accordo”.
E con Alessandro Di Battista?
“Di Battista è un battitore libero, basterebbe guardare l’attività parlamentare e capire chi è: un’attivita inconsistente pari a zero. Di Battista non può essere un leader”.
Un’ultima domanda: quanto potrà durare un governo così debole e diviso?
“Non succederà nulla. L’obiettivo di tutti è quello di non far andare Salvini al governo. E soprattutto di non tornare al voto prima dell’elezione del Capo dello Stato. In sintesi, se nessuno farà il furbo la legislatura arriverà a scadenza”.
(da “Huffingtonpost”)
argomento: elezioni | Commenta »
Ottobre 28th, 2019 Riccardo Fucile
MAGI: “CON SALVINI LA MEDIA ERA DI 9 GIORNI, COSA ASPETTA IL VIMINALE?”
Ormai stiamo rasentando il ridicolo: la Ocean Viking con i suoi 104 migranti a bordo è in mare da dieci
giorni, senza che nessun paese si degni di assegnarle un porto sicuro.
“Tra i naufraghi” come ricorda il deputato radicale di +Europa Riccardo Magi, “ci sono 41 minoreni, di cui alcuni neonati. Non basta incontrare le Ong se poi si ignora il diritto internazionale e gli obblighi basilari di soccorso che da esso derivano”.
Insomma, peggio di un Salvini qualsiasi.
Tra l’altro, ricorda sempre Magi, “le crisi in mare del Governo gialloverde sono durate in media 9 giorni. Mi auguro che il nuovo governo non voglia, nel silenzio generale, connotarsi per una ancora maggiore disumanità “.
Magi quindi si rivolge direttamente al Ministro Lamorgese: “Assegni subito un porto di sbarco ai 104 migranti soccorsi dalla Ocean Viking”.
(da agenzie)
argomento: denuncia | Commenta »
Ottobre 28th, 2019 Riccardo Fucile
AVEVA 76 ANNI. NEGLI ANNI ’70 DENUNCIO’ CHE NELL’URSS I DETENUTI POLITICI VENIVANO INTERNATI IN ISTITUTI PSICHIATRICI… DOPO 12 ANNI DI PRIGIONE, DAL 1976 VIVEVA IN INGHILTERRA
È morto uno storico dissidente sovietico: Vladimir Bukovskij si è spento domenica in un ospedale di Cambridge, in Inghilterra, all’età di 76 anni.
Negli anni Settanta denunciò che nell’Urss i detenuti politici venivano internati in istituti psichiatrici ed era riuscito a produrre prove di quello che diceva.
L’annuncio della morte è stato dato dal Bukovskij Center, che gestisce la memoria dell’ex dissidente, spiegando che è deceduto domenica sera per arresto cardiaco all’ospedale Addenbrooke. L’uomo era in precarie condizioni di salute da vari anni.
Il New York Times lo ha descritto come “un eroe di proporzioni quasi leggendarie nel movimento dissidente”. “Militante dei diritti umani, scrittore, cittadino russo, ha trascorso 12 anni nei campi e negli ospedali psichiatrici e passato metà della propria vita in esilio. Il governo sovietico lo chiamò bruto, noi lo chiamiamo eroe e gli diciamo grazie”, ha scritto su Twitter l’ong Memorial, principale organizzazione russa per i diritti umani.
Dopo dodici anni di reclusione, tra prigioni, campi di lavoro forzato ed ospedali psichiatrici, con l’accusa di “agitazione e propaganda antisovietica”, nel 1976 fu scarcerato e fatto uscire dal Paese in uno scambio con l’allora regime del generale Augusto Pinochet che scarcerò il segretario generale del Partito comunista cileno, Luis Corvalan. Bukovskij si era poi trasferito in Gran Bretagna, dove viveva da allora.
Dopo il crollo dell’Urss, Vladimir Bukovskij aveva lavorato con le autorità russe per poi allontanarsi nuovamente dal Cremlino. In aperta critica con il presidente Vladimir Putin, l’ex dissidente sovietico accusò Mosca di essere coinvolta nella morte nel 2006 per avvelenamento da radiazioni dell’ex ufficiale dell’intelligence russa Aleksandr Litvinenko. Nel 2008, tentò senza successo di correre alla presidenza russa, nelle elezioni vinte poi dai Dmitrij Medvedev.
(da agenzie)
argomento: radici e valori | Commenta »
Ottobre 28th, 2019 Riccardo Fucile
VIGILI DEL FUOCO PRIVATI A 3.000 DOLLARI AL GIORNO SOLO PER CHI SE LO PUO’ PERMETTERE
La California continua a bruciare e la situazione si sta facendo così critica da far scattare lo stato di
emergenza.
Il governatore Gavin Newsom ha annunciato che si impegna a usare “ogni risorsa a disposizione” per combattere gli incendi, per i quali sono state evacuate 200mila persone.
Tra loro anche il campione dei Los Angeles Lakers e star della Nba, LeBron James, costretto a fuggire nottetempo dalla sua dimora e a vagare a lungo in auto con la famiglia alla ricerca di una sistemazione temporanea in albergo.
Non tutti i milionari californiani hanno avuto questa problema: stando ad alcuni articoli di stampa apparsi sul New York Times e il New York Post, infatti, i più benestanti hanno ingaggiato a 3mila dollari al giorno pompieri privati a protezione delle loro proprietà .
Alcuni testimoni riferiscono di una “apocalisse”, di qualcosa “mai visto prima”. I forti venti stanno rendendo difficile gli sforzi dei pompieri, impegnati 24 ore su 24: le fiamme sono infatti contenute solo al 10% e a causa loro 2,7 milioni di abitanti sono al buio, in quello che è il maggiore blackout volontario della storia.
“Siamo in una posizione difensiva contro Madre Natura”, dice il portavoce dei pompieri, Jonathan Cox, assicurando comunque che le evacuazioni si sono svolte senza intoppi. Il timore delle autorità è che le fiamme, complici i venti, possano dilagare ulteriormente, spingendosi in aree che non bruciano da decenni e quindi con una vegetazione rigogliosa.
Nelle strutture allestite per ospitare gli evacuati, la Croce Rossa e i volontari prestano soccorso e aiuto. “Stiamo usando tutte le nostre risorse e ci stiamo coordinando con diverse agenzie per la risposta più adatta. È essenziale che coloro che si trovano nelle aree da evacuare seguano gli ordini”, dice il governatore Newsom.
I ricchi californiani per il momento non sono scossi dalle fiamme, divampate mercoledì in seguito al malfunzionamento di una linea dell’utility PG&E.
Per loro infatti, a 3mila dollari al giorno, come raccontato dai media Usa e accaduto già negli incendi del 2018 con la villa di Kim Kardashian e Kanye West, sono disponibili pompieri privati per cercare di tenere al sicuro le loro proprietà milionarie.
Non LeBron James, che ha raccontato la sua notte in fuga dalle fiamme su Twitter. L’incendio che lo ha costretto ad abbandonare la sua dimora è scoppiato nella notte tra domenica e lunedì l’autostrada 405 e potrebbe minacciare anche il Getty Center, il museo di Los Angeles che ospita preziose opere d’arte.
Non a caso il nuovo rogo è stato chiamato The Getty Fire e ha costretto il centro ad attivare le procedure di emergenza. Le autorità locali hanno deciso anche l’evacuazione obbligatoria e la chiusura delle scuole nelle vicinanze del museo.
(da “il Fatto Quotidiano”)
argomento: Esteri | Commenta »