Ottobre 31st, 2019 Riccardo Fucile
IL PARADOSSO DEI RAZZISTELLI: PUNTANO IL DITO CONTRO LE PERSECUZIONI DEI CRISTIANI IN NIGERIA, SALVO POI NEGARE L’APPRODO IN ITALIA AI NIGERIANI CRISTIANI CHE FUGGONO DA QUELLE PERSECUZIONI PERCHE’ “MICA SCAPPANO DALLA GUERRA”
Ieri al Senato è nata una commissione straordinaria per combattere razzismo, antisemitismo e ogni forma di istigazione all’odio, fortemente voluta dalla senatrice Liliana Segre che aveva presentato una mozione in tal senso.
I parlamentari del centrodestra (Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia) però si sono astenuti e al termine del voto, dopo l’approvazione dell’Aula sono rimasti seduti senza applaudire in omaggio alla senatrice a vita reduce di Auschwitz e testimone della Shoah.
La cosa non deve sorprendere più di tanto.
Non troppo tempo fa il senatore Matteo Salvini al Senato attaccò duramente la senatrice Segre e gli altri senatori a vita definendoli «la casta della casta della casta» e «senatori a vita pro tempore, che vengono quando hanno tempo» (a proposito, lui era in Aula ieri?).
Ma non è il risentimento personale che il leader della Lega nutre nei confronti dei senatori a vita la spiegazione del comportamento del centrodestra ieri. Illuminante in tal senso la posizione espressa ieri dalla senatrice Stefania Pucciarelli, Presidente della Commissione per i Diritti Umani di Palazzo Madama.
Secondo la senatrice leghista, famosa per aver rivendicato di essere “razzista” e avere messo “mi piace” ad un commento che invocava l’apertura dei forni per i Rom, in Italia non c’è alcun bisogno di nuove leggi per proteggere le minoranze o lottare contro l’antisemitismo e il razzismo. Ma per la Lega la Commissione non è naturalmente una cosa completamente sbagliata. Il timore dei leghisti è che «tale Commissione rischierebbe di essere di parte».
Per quale motivo? Perchè una Commissione che ha il compito di combattere le forme di intolleranza nel nostro Paese (l’unica nazione dove le leggi del nostro Parlamento hanno valore) «non affronterebbe in modo puntuale il monitoraggio del fenomeno della cristianofobia».
A quanto pare per la Lega il problema non è l’Italia ma quanto accade all’estero, fuori dalla portata delle nostre leggi, perchè quando la senatrice Pucciarelli parla di «trend è in aumento, con 245.000 persone perseguitate e oltre 4.000 uccise per la loro fede» non sta parlando dell’Italia.
Ed è invece in Italia che la senatrice Segre, giusto per fare un esempio, riceve 200 messaggi al giorno di insulti.
Ed è in Italia che la Commissione ha il compito di indagare sui fenomeni di razzismo e incitamento all’odio. E quel razzismo, nel nostro Paese dove gli italiani sono la maggioranza, è una forma di discriminazione verso gli stranieri, non verso i cristiani.
La Lega però prova a buttarla in caciara tirando in ballo la solita polemica sul crocifisso nelle aule scolastiche (in uno Stato laico). Se il dibattito si fosse svolto più verso Natale invece avrebbero parlato di quelli che vogliono vietare i presepi e i canti natalizi.
«Sostenere che l’immigrazione illegale porta nel nostro Paese sicuramente delle difficoltà e che può mettere a repentaglio anche il nostro stile di vita e la nostra civiltà è considerata una forma di odio?» ha chiesto ieri in Aula il senatore leghista Massimiliano Romeo.
Al quale evidentemente sfugge che dire che la nostra civiltà (un concetto che va oltre le persone che abitano in Italia in questo preciso momento storico) è minacciata dall’immigrazione illegale (qualche decina di migliaia di individui) è la stessa cosa che sostenere che c’è un’invasione in atto.
Ed è esattamente quello che dicono Salvini e Giorgia Meloni quando parlano di “invasione pianificata e voluta” e di “sostituzione etnica“. Curiosamente le stesse parole d’ordine dei suprematisti bianchi, quelli che parlando di “discriminazione dei bianchi”.
E non è un caso che queste parole d’odio poi si sommino ad altre, a quelle di chi parla di attacchi e discriminazione nei confronti della famiglia naturale portati dai sostenitori dell’ideologia gender e che guarda caso si oppone a leggi contro l’omofobia.
Perchè curiosamente la strategia è sempre la stessa: negare che esista una qualche forma di discriminazione verso una minoranza (omosessuali, stranieri, ebrei) e dire che le vere vittime sono gli altri (coppie etero, italiani “di nascita”, cristiani).
E per dimostrare che esiste questa discriminazione si parla di quello che avviene altrove, fuori dall’Italia. Che sicuramente sono fatti gravi ma che nulla hanno a che fare nel dibattito sul razzismo nel nostro Paese
Per la Lega «non serve una commissione dello Stato che certifichi cosa posso dire e non posso dire, c’è già legge», ha detto oggi Dario Galli ad Agorà . Lo stesso genere di giustificazione data dal senatore di Fratelli d’Italia Giovanbattista Fazzolari che in un’intervista al Corriere della Sera ha parlato di «una struttura liberticida, in mano alla maggioranza, col potere di chiedere la censura su Facebook delle idee non gradite. Il ministero della Verità di Orwell».
E le idee non gradite sarebbero non solo l’odio razziale e la xenofobia perchè «si condannano pure il nazionalismo e l’etnocentrismo». Ora a parte che l’etnocentrismo è una forma di pregiudizio culturale che è il primo passo verso l’intolleranza, ai Leghisti e a quelli di FdI sfugge un punto: che gli si chiedeva di votare a favore per condannare razzismo, xenofobia e antisemitismo.
Sono cose che sono già punite dalla legge? Allora non ci dovrebbe essere alcun problema — in linea di principio — a ribadire certi concetti.
A meno che ovviamente non faccia comodo astenersi, perchè magari si sa che all’interno del proprio partito certe spinte xenofobe e razziste sono ben presenti.
E perchè magari fa comodo chiudere un occhio su certi fenomeni. E puntare il dito contro la discriminazione dei cristiani in Nigeria, salvo poi negare che i nigeriani cristiani che vengono in Italia siano persone che possono aspirare a qualche forma di protezione internazionale perchè “mica scappano dalla guerra”.
(da “NextQuotidiano”)
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Ottobre 31st, 2019 Riccardo Fucile
L’ANTISEMITISMO ESISTE, CHE BISOGNO C’ERA DI DISTINGUERSI CON UN VOTO DI ASTENSIONE?
Assieme ad altri colleghi di Forza Italia, ho sentito il dovere di dissociarmi dal voto espresso
nell’aula del Senato dal mio gruppo politico sulla cosiddetta Commissione Segre.
L’ho fatto per due questioni, una di merito, una di forma.
Nel merito, la mozione presentata dalla maggioranza per l’istituzione di una “Commissione straordinaria per il contrasto di fenomeni di intolleranza, razzismo, antisemitismo e istigazione all’odio razziale” non presentava particolari motivi di contrarietà .
Da liberale, ero e resto contrario ai reati di opinione, ma la verità è che tali reati sono già sanzionati dal nostro codice penale (per esempio nel caso di chi nega il fenomeno storico della Shoah) e la mozione Segre non lasciava intendere l’intenzione di introdurne di nuovi.
La mozione di Forza Italia, ben illustrata in aula dal collega Lucio Malan, era perfetta e perfettamente condivisibile. Ma che bisogno c’era di distinguersi?
È vero che la maggioranza ha inspiegabilmente votato contro la nostra mozione. È vero che il Pd non ha fatto nulla per condividere la mozione di maggioranza con le opposizioni. È vero che a nome di Italia Viva il senatore Faraone in aula si è abbandonato a un intervento provocatorio che sembrava fatto apposta per scongiurare l’unità del Senato su un tema delicato e simbolico come l’antisemitismo.
È tutto vero, ma astenendoci sulla mozione Segre assieme a Lega e Fratelli d’Italia siamo a mio avviso cascati nella trappola con tutte le scarpe.
L’antisemitismo esiste, e sia in Italia sia in Europa è un fenomeno in crescita come in crescita è la popolazione di religione musulmana. È chiaro che non sarà una commissione parlamentare a scongiurarlo, ma altrettanto chiaro è che meglio sarebbe stato che il Parlamento avesse dato un segnale univoco.
Andrea Cangini
Giornalista, senatore di Forza Italia
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Ottobre 31st, 2019 Riccardo Fucile
GIA’ DOPO LE EUROPEE GRILLO NON NE POTEVA PIU’ DI DI MAIO… MA CASALEGGIO: “MEGLIO APRIRE UN CENTRO IMMERSIONI ALLE MALDIVE”
Ilario Lombardo sulla Stampa racconta oggi in un retroscena che Beppe Grillo ha offerto quest’estate a Davide Casaleggio di guidare il MoVimento 5 Stelle, togliendolo a Luigi Di Maio:
Una domenica di giugno, Davide Casaleggio va a Genova, nella villa del comico. Il M5S è in subbuglio. La caduta alle Europee di fine maggio fa male. Il cellulare continua a squillare, i parlamentari che hanno un rapporto da tempo con Grillo evocano il suo intervento, non ne possono più dello strapotere di Di Maio, della scollatura tra le Camere e il ministro. Anche Grillo è sconfortato. Confessa di aver plasmato il M5s su altre idee, smarrite tra compromessi di governo e l’eterno inseguimento di Salvini.
«Si parla solo di migranti, dove sono le nostre cose?». L’ambiente, la repubblica fondata sulle start-up che sogna in giro per il mondo. Le differenze tra lui e Di Maio sono radicali, da sempre. Nel caos, Grillo si sente di nuovo strattonato. Il M5s, orfano del suo bastone, non cammina sulle proprie gambe: zoppica. Il comico è brutalmente sincero: «Lo sai, io mi sono rotto i co…». Vuole concentrarsi sugli show, il blog, i viaggi. Non vuole tornare di nuovo nella bolgia romana. E così a Casaleggio jr, quel giorno, fa una proposta: «Perchè non ti metti tu alla guida del M5S?».
Davide è spiazzato, ma non ha bisogno di pensarci: «Beppe lo sai che il mio sogno è di aprire un diving alle Maldive». Questa del centro immersioni — sua passione — è la risposta che, chi lo conosce, dà ogni volta che si sente stufo di tutto: la società e il Movimento ereditati dal papà , l’Associazione Rousseau, i parlamentari con le loro lamentele. L’episodio è stato raccontato a La Stampa da una fonte vicina a Casaleggio, confermato da un’altra nel M5s ed è noto a Palazzo Chigi. In questi giorni è tornato a circolare tra alcuni parlamentari sotto forma di indiscrezione.
(da agenzie)
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Ottobre 31st, 2019 Riccardo Fucile
NESSUN AUMENTO DELLA CEDOLARE SECCA… PASTIC E SUGAR TAX…TRIPLICATE LE TASSE SULLE AUTO AZIENDALI… PER IL CUNEO FISCALE IMPEGNATI TRE MILIARDI CHE DIVENTERANNO SEI NEL 2021
Il governo mette mano alla Legge di Bilancio 2020 : via l’aumento della cedolare secca sugli
immobili in affitto, che così resterà al 10%, ok a Plastic Tax e Sugar Tax insieme alle tasse triplicate sulle auto aziendali e tre miliardi di minori tasse in busta paga nel 2020, sei (e non più cinque) nel 2021.
Il tutto equivale a 40 euro in più in tasca ai dipendenti, secondo le stime del ministro dell’Economia Roberto Gualtieri, ovvero ai lavoratori con redditi inferiori ai trentacinquemila euro l’anno.
A beneficiarne però saranno tre fasce di reddito: quella tra gli ottomila e i 24mila, quella tra i 24mila e i 26600 e quella tra i 26600 e i 35mila.
Questo significa che chi guadagna meno di ottomila euro rimarrà con la stessa busta paga: per ironia della sorte il taglio del cuneo fiscale per i lavoratori poveri non dà soldi ai più poveri.
Resterà quindi fuori da questo intervento la fascia degli incapienti, cioè coloro che hanno un reddito così basso da non poter beneficiare della detrazione fiscale. Ma in questa zona, spesso fatta di lavoro frammentato, secondo il governo lo strumento destinato ad intervenire è il reddito di cittadinanza, così com’è o con alcuni miglioramenti.
Peccato che in molti, per una ragione o per l’altra, dal reddito di cittadinanza siano invece esclusi.
Intanto sono confermati i tagli alle detrazioni per chi guadagna più di 120mila euro l’anno.
Il taglio dei bonus fiscali per i grandi contribuenti — atteso nella manovra 2020 — colpirà principalmente le detrazioni sulle polizze vita (121mila beneficiari, sconto medio di 82 euro), le spese scolastiche (40mila beneficiari, 132 euro), le rette universitarie (40mila, 437 euro) e le attività sportive dei ragazzi (38mila, 48 euro). Tra le agevolazioni messe nel mirino del Governo, spiega oggi Il Sole 24 Ore, sono queste quelle più usate da chi dichiara un reddito superiore ai 120mila euro annui. Parliamo di circa 302mila contribuenti, di cui 264mila beneficiano di detrazioni al 19% (gli altri non sfruttano questo tipo di sconto fiscale).
(da “NextQuotidiano”)
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Ottobre 31st, 2019 Riccardo Fucile
RISALE DAL 9,6% AL 9,9%, PERDITA DI 60.00 OCCUPATI
A settembre il tasso di disoccupazione torna a salire, attestandosi al 9,9%, dal 9,6% di agosto (+0,3 punti percentuali).
Lo rileva l’Istat, spiegando che su base mensile le persone in cerca di lavoro sono in aumento (+3,0%, pari a +73 mila).
Ma soprattutto l’istituto di statistiche fa notare che dopo la crescita dell’occupazione registrata nel primo semestre dell’anno e il picco raggiunto a giugno, a partire da luglio i livelli occupazionali risultano in lieve ma costante calo, con la perdita di 60 mila occupati tra luglio e settembre.
Anche il tasso di disoccupazione giovanile (15-24anni) sale di 1,1 punti percentuali a settembre su agosto, portandosi al 28,7%.
A settembre 2019 la stima degli occupati risulta in “leggero calo”, scendendo dello 0,1%, pari a 32 mila unità in meno rispetto ad agosto.
Nel dettaglio aumentano i dipendenti a termine (+30 mila) mentre diminuiscono i dipendenti a tempo indeterminato (-18 mila) sia, soprattutto, gli ‘autonomi'(-44 mila).
La crescita della disoccupazione riguarda entrambe le componenti di genere e coinvolge tutte le classi d’età tranne i 25-34enni.
In calo invece la stima complessiva degli inattivi tra i 15 e i 64 anni (-0,6%, pari a -77 mila unità ) per entrambe le componenti di genere. Il tasso di inattività scende al 34,3% (-0,2 punti percentuali).
Nel terzo trimestre l’occupazione è sostanzialmente stabile rispetto al trimestre precedente sia nel complesso sia per genere. Nello stesso periodo aumentano sia i dipendenti permanenti (+0,2%, +27 mila) sia quelli a termine (+0,8%, +25 mila) mentre risultano in calo gli indipendenti (-1,1%, -59 mila); si registrano segnali positivi in tutte le classi di età , ad eccezione dei 35-49enni.
(da agenzie)
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Ottobre 31st, 2019 Riccardo Fucile
IL SENATORE GRASSI ANNUNCIA IL PASSAGGIO AL GRUPPO MISTO
È il momento delle decisioni irrevocabili (LOL) nel MoVimento 5 Stelle: il senatore Ugo Grassi
ha confessato ieri ai colleghi di Palazzo Madama la sua intenzione di passare al gruppo misto. Una lettera di addio con minaccia, fa sapere oggi Simone Canettieri sul Messaggero: «Sto scrivendo la mia lettera d’addio al M5S e non sarò l’unico ad andarmene».
In attesa di sapere quale altro senatore o deputato lascerà il gruppo, si può mettere agli atti che Ugo Grassi è il senatore che quando era un semplice candidato sosteneva sul Blog delle Stelle che la clausola da 100mila euro in caso di addio al gruppo valeva, eccome se valeva.
“Per comprendere se i limiti interni alla libertà di mandato siano essenziali al funzionamento di quella stessa democrazia che della libertà di mandato si nutre, torna assai utile leggere qualche passo della sentenza con cui la Corte Costituzionale sudafricana affrontò il tema. All’epoca l’African National Congress era il partito di assoluta maggioranza e con pratiche di floor-crossing poteva impedire agli altri partiti di dar vita ad un vero dibattito democratico. In pratica le clausole antidefezione previste dalla legislazione erano ritenute valide in un momento di emergenza democratica giacchè servivano a rendere palese quell’implicito principio di lealtà che ho sopra menzionato.”
Con l’onestà intellettuale tipica del Grillino Medio, Grassi diceva che chi sosteneva che la clausola fosse carta igienica “studiava poco“
“In un simile frangente, dunque, esplicitare il contenuto di lealtà e correttezza connaturato alla libertà di mandato di cui all’art. 67 cost. non è una violazione dell’articolo stesso, bensì una riconferma di esso, anche e soprattutto in ragione del valore fondante dell’art. 1 che ci ricorda che la sovranità appartiene al popolo. Non sarei allora così sicuro che la clausola anti defezione prevista dal nostro regolamento possa un giorno essere considerata nulla. Non posso prevedere quale sarebbe l’esito finale di un procedimento (di certo lungo) chiamato a giudicare la validità della nostra clausola interna. Per ora quel che è certo è che i nostri avversari studiano poco.
Ora, quindi, vi aspettereste dal senatore Grassi, che per soprannumero è anche professore di diritto all’università di Napoli, sia in procinto di mettere mano al portafogli e rispettare le sue regole, alla faccia di chi studia poco. E invece no.
Perchè alla fine dello scorso settembre Grassi ha avuto un’illuminazione sulla via del Diritto Sudafricano e si è improvvisamente accorto che il Sudafrica non è poi così vicino: «Non lo può fare. Di Maio stia bene attento a invocare l’applicazione della clausola antidefezione da 100mila euro. È in contrasto con l’articolo 67 della Costituzione», ha risposto in un’intervista al Mattino. Strano, eh? Ma allora chi studiava poco aveva ragione!
Intanto il destino di Di Battista, che secondo Manlio Di Stefano era delineato fuori dalla politica, perlomeno a breve, si intreccia con l’India:
L’implosione sembra sempre vicina, salvo essere rinviata al giorno dopo. Si inseguono le voci di scissioni (verso la Lega), ma anche di passaggi sulla sponda di Italia Viva.
Il fermento e il caos rendono tutto «molto immobile». Con mille problemi che si sovrappongono(da «mai con il Pd alla regionali» a «perchè Luigi ha chiuso con il Pd alle regionali?») e l’assenza di un uomo in grado di salvare capre e cavoli. Alessandro Di Battista, per esempio, è prossimo a partire per un viaggio in India, rinviato durante la crisi di governo.
E anche Beppe Grillo in questa fase è fuori per il lutto che lo ha colpito: la settimana scorsa è morto per un infarto durante la notte Mauro Sarà , il neurologo che lo accompagna sul palco durante gli show, un amico intimissimo del fondatore.
E dopo due giorni si è tolta la vita nel Frusinate Federica Quattrociocchi, la moglie del neurologo. Una doppia tragedia che ha scosso Grillo, che «ora ha la mente altrove», come racconta chi lo conosce bene.
(da “NextQuotidiano”)
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Ottobre 31st, 2019 Riccardo Fucile
FRANCO FRATONE RINVIATO A GIUDIZIO: L’INVIATO DI MODA AVREBBE PRETESO SOLDI PER PARLARE BENE IN TV DI IMPRENDITORI DEL SETTORE
I pubblici ministeri di Milano hanno chiesto il rinvio a giudizio di Franco Fatone, inviato di moda e costume del Tg2, per l’ipotesi di induzione indebita a dare o promettere utilità : l’accusa è di aver preteso soldi per parlare bene in tv di gente della moda. Racconta oggi Luigi Ferrarella sul Corriere della Sera:
Il fascicolo nasce quando nel febbraio 2018 l’imprenditore Francesco Rizzica si presenta in Procura, porta 5 telefonate registrate, e racconta di non aver versato i 4.000-5.000 euro che a suo dire il giornalista gli aveva chiesto per inserirlo nel dossier tv Saranno famosi trasmesso il 3 dicembre 2017 sui giovani imprenditori nella moda.
In base agli sms e alle chat trovati durante la perquisizione su computer e telefono del giornalista, il pm Giovanni Polizzi gli contesta, oltre a quel tentato reato, altre tre imputazioni: 6.400 euro da Michele Baldassarre Lettieri (per un servizio nella stessa data) sotto forma di accredito al padrone della casa in affitto di Fatone; 1.000 euro da Guido Della Volpe per un servizio in onda nel Tg2 delle 20.30 l’8 aprile 2017; 3.000/4.000 euro promessi (ma poi non onorati) da Vincenzo Taverniti per una promozione del Pisa Football College il 21 aprile 2016.
Il giornalista nega di aver mai preteso soldi, e parla invece solo di richieste di prestiti che poi avrebbe o in parte restituito o avuto intenzione di restituire.
L’«induzione indebita» (da 6 a 10 anni) è reato contestabile ai giornalisti Rai perchè il pm li ritiene «incaricati di pubblico servizio»: fuori dalla tv pubblica il reato sarebbe «corruzione tra privati».
L’ex direttore del Tg2 Marcello Masi figura tra i testi citati dai pm a «riferire se i costi delle troupe esterne potessero essere posti a carico dei soggetti di cui si divulgava l’attività ».
E’ stato sospeso in via cautelativa — apprende l’ANSA da fonti Rai — Franco Fatone, inviato di moda e costume del Tg2, per il quale la procura di Milano ha chiesto il rinvio a giudizio con l’ipotesi di induzione indebita a dare o promettere utilità . L’azienda lo ha sospeso in attesa della chiusura dell’istruttoria disciplinare in corso a suo carico.
(da agenzie)
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Ottobre 31st, 2019 Riccardo Fucile
L’INDAGINE DELL’ISTITUTO CATTANEO SUI PARTECIPANTI ALLA LEOPOLDA RIVELA IL LORO IDENTIKIT: LAUREATI, LIBERALI ED EUROPEISTI
Italia viva, il nuovo partito lanciato da Matteo Renzi con la scissione dal Pd somiglia molto a
una “Scelta Civica 2.0”, cioè il soggetto politico fondato da Mario Monti nel 2013.
Un partito “che ambisce, con risultati a due cifre, a proporsi come perno di una coalizione di moderati di centrosinistra e centrodestra”.
È la conclusione a cui giunge una indagine dell’Istituto Cattaneo sui partecipanti all’ultima Leopolda, dalla quale emerge anche con nettezza un no ad ogni alleanza stabile con 5 Stelle, una collocazione non definitiva nel centrosinistra, ma anche una divisione, generazionale, tra renziani più convinti e più incerti.
Dopo aver ricordato come lo stesso Renzi abbia “evocato come modello di riferimento il partito e la strategia seguita da Emmanuel Macron”, la ricerca coordinata da Salvatore Vassallo sottolinea che in effetti la composizione sociale della Leopolda “ha alcuni caratteri simili a quelli rilevati tra gli aderenti a En Marche”.
Ad esempio: il 60% degli intervistati ha una laurea, il 45% ha lavorato come dirigente, libero professioni o imprenditore. I partecipanti alla convention fiorentina sono per lo più ex iscritti al Pd e in quanto tali si definiscono “di centrosinistra”.
Ma approfondendo le opinioni su temi e alleanze prevalgono “le posizioni liberali, libertarie e fortemente favorevoli al rafforzamento dell’Unione europea” e l’idea che Italia viva debba avere “una strategia centrista”.
Dall’indagine emerge una divisione della platea della Leopolda tra partecipanti più giovani (under 45) e “già convinti” della proposta renziana e quelli “ancora incerti” e più maturi (over 45). Una netta maggioranza dei primi, di fronte alla alternativa “libertà -eguaglianza” (“i valori che secondo Norberto Bobbio sono propri, rispettivamente, della destra e della sinistra”) pensa che sia più importante la libertà . Tra gli incerti invece prevale leggermente l’eguaglianza.
L”aggettivo con cui si identificano di più i renziani convinti è liberale, anti-comunista, anti-sovranista e cattolico, mentre gli incerti si definiscono più socialdemocratici.
Questa differenza risalta anche nel giudizio sui governo precedenti: quello di Renzi è molto apprezzato tra i più convinti, quello di Gentiloni riscuote più successo tra gli indecisi. Lo stesso accade con i leader politici: Renzi è ovviamente apprezzatissimo, ma “i giudizi su Calenda, Zingaretti e Conte sono più favorevoli da parte degli indecisi”.
In tema di alleanze tutti escludono la possibilità di un accordo stabile con i 5 Stelle. E sorprende il fatto che solo una quota minoritaria, meno di un quarto, dei militanti vedono Italia viva stabilmente ancorata al centrosinistra. Ma qui si ripropongono con forza le differenze. Perchè pensa di restare nel centrosinistra meno del 10% dei “convinti giovani”, ma quasi il 40% degli incerti over 45. Così due terzi dei renziani convinti giovani vedono il nuovo partito come “cerniera di una coalizione ta centrodestra e centrosinistra”, ma la pensa così solo un terzo degli incerti over 45.
Questa linea di divisione che attraversa i militanti di Italia viva – sostiene il Cattaneo – “è un indizio del fatto che Renzi potrebbe prima o poi trovarsi a dover scegliere tra la componente liberale e centrista e quelli che lo osservano da posizioni più egualitarie”. In altre parole dovrà “convincere il segmento di elettori più legati alla tradizione socialdemocratica senza perdere il consenso dei suoi sostenitori più giovani e radicali. Inoltre “rimane aperto il quesito se l’ambizione di porsi come ago della bilancia tra destra e sinistra, non si traduca nella riproposizione della strada già tentata senza particolare successo da vari partiti, dall’Udc a Scelta civica”.
(da agenzie)
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Ottobre 30th, 2019 Riccardo Fucile
UNA STORIA INFINITA, SI CERCA UN NOME UNITARIO CHE METTA D’ACCORDO LE VARIE CORRENTI, MA ORMAI SI LITIGA SU TUTTO
Questa storia è infinita. Altro capitolo della crisi del Movimento. Neanche stavolta riescono a decidere il capogruppo. Avete capito bene. È la quinta volta.
Ecco, la riunione dei parlamentari, alla Camera. Il primo intervento, poi il secondo. Si capisce di nuovo che, nonostante l’ennesima convocazione dell’assemblea dei deputati, l’accordo non c’è, nonostante Sergio Battelli e Adriano Varrica, le abbiano tentate tutte.
Sentite Federico D’Incà , il ministro dei Rapporti con il Parlamento. È uno mite di natura, anche molto paziente. Si alza, e la sua voce ha il tono di una preghiera: “Ve lo dico come un padre di famiglia, vi chiedo responsabilità e una sintesi”.
Responsabilità e sintesi, proprio così. Quando si è seduto, ha confidato al vicino: “Non volevo intervenire, però…”. Come dire, alla Peppino, che ogni limite ha una sua pazienza.
È caduto giù il mondo, in Umbria e non solo, insomma la crisi, il dibattito, la parola “voto” che torna, prepotente, a circolare nel dibattito politico, tutto questo, e non riesci neanche ad avere un capogruppo. Da spedire ai tavoli di maggioranza.
Torniamo al cortile della Camera, esterno notte (che nel frattempo è calata). Oggi è l’ennesimo giorno di trattative, che va in scena a Montecitorio. Si cerca un modo per uscire dallo stallo fotografato dalle votazioni delle scorse settimane in cui nè Francesco Silvestri nè Raffaele Trano sono riusciti a conquistare la maggioranza assoluta per sedersi sulla poltrona lasciata vacante da Francesco D’Uva.
Alla prima votazione ha partecipato anche Anna Macina, che poi si è tirata indietro.
All’orizzonte non sembra esserci la possibilità di una sintesi. Chi racconta come sono andati i fatti appare sconfortato: “In assemblea si doveva decidere se modificare lo statuto prima della nuova votazione. Alla fine si è optato per procedere direttamente con il nuovo voto la prossima settimana”.
Modificare lo statuto sarebbe stato impossibile dal momento che era assente oltre la metà dei deputati e già questo dettaglio la dice lunga sui venti di guerra che soffiano sul gruppo parlamentare.
Luigi Di Maio, per adesso, si limita ad osservare dall’esterno sia per evitare l’accusato di interferire e sia perchè, per dirla con le parole di un deputato: “Se in questo momento sei con il capo politico, la paghi”.
Nessuno vuol scoprire le carte ma lunedì è il termine ultimo per presentare le candidature. In teoria bisognerebbe arrivare con un nome solo. Quello di Riccardo Ricciardi circola con più insistenza rispetto agli altri. Ma lui ci gira intorno: “Ancora è tutto da vedere, non si sa nulla, stiamo discutendo, vediamo”. E insomma, frasi di questo tipo, una dopo l’altra.
Le scuole di pensiero sono tre. C’è chi vuole cambiare lo statuto, inserendo la clausola per quale chi prende più voti vince, chi vuole spacchettare ogni singola votazione, cioè votare prima il capogruppo, poi il vice e dopo ancora il tesoriere, e chi pretende invece un unico candidato con una squadra che metta insieme le varie anime del Movimento.
Quindi, procedendo con ordine, una bozza sarebbe la seguente. Ricciardi presidente, Trano suo vice, Silvestri tesoriere, per poi allargare anche ad Anna Macina così da raggiungere almeno la maggioranza assoluta degli aventi diritto.
Ma la domanda che ribalza tra un capannello e l’altro è questa: “Se si sono sfidati fino a questo momento, come faranno tutto a un tratto ad andare d’accordo?”. In un gruppo dove ormai si litiga quasi su tutto.
(da “Huffingotonpost”)
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