NEANCHE LA QUINTA VOTAZIONE E’ QUELLA BUONA: M5S SPACCATO SULLA ELEZIONE DEL CAPOGRUPPO ALLA CAMERA
UNA STORIA INFINITA, SI CERCA UN NOME UNITARIO CHE METTA D’ACCORDO LE VARIE CORRENTI, MA ORMAI SI LITIGA SU TUTTO
Questa storia è infinita. Altro capitolo della crisi del Movimento. Neanche stavolta riescono a decidere il capogruppo. Avete capito bene. È la quinta volta.
Ecco, la riunione dei parlamentari, alla Camera. Il primo intervento, poi il secondo. Si capisce di nuovo che, nonostante l’ennesima convocazione dell’assemblea dei deputati, l’accordo non c’è, nonostante Sergio Battelli e Adriano Varrica, le abbiano tentate tutte.
Sentite Federico D’Incà , il ministro dei Rapporti con il Parlamento. È uno mite di natura, anche molto paziente. Si alza, e la sua voce ha il tono di una preghiera: “Ve lo dico come un padre di famiglia, vi chiedo responsabilità e una sintesi”.
Responsabilità e sintesi, proprio così. Quando si è seduto, ha confidato al vicino: “Non volevo intervenire, però…”. Come dire, alla Peppino, che ogni limite ha una sua pazienza.
È caduto giù il mondo, in Umbria e non solo, insomma la crisi, il dibattito, la parola “voto” che torna, prepotente, a circolare nel dibattito politico, tutto questo, e non riesci neanche ad avere un capogruppo. Da spedire ai tavoli di maggioranza.
Torniamo al cortile della Camera, esterno notte (che nel frattempo è calata). Oggi è l’ennesimo giorno di trattative, che va in scena a Montecitorio. Si cerca un modo per uscire dallo stallo fotografato dalle votazioni delle scorse settimane in cui nè Francesco Silvestri nè Raffaele Trano sono riusciti a conquistare la maggioranza assoluta per sedersi sulla poltrona lasciata vacante da Francesco D’Uva.
Alla prima votazione ha partecipato anche Anna Macina, che poi si è tirata indietro.
All’orizzonte non sembra esserci la possibilità di una sintesi. Chi racconta come sono andati i fatti appare sconfortato: “In assemblea si doveva decidere se modificare lo statuto prima della nuova votazione. Alla fine si è optato per procedere direttamente con il nuovo voto la prossima settimana”.
Modificare lo statuto sarebbe stato impossibile dal momento che era assente oltre la metà dei deputati e già questo dettaglio la dice lunga sui venti di guerra che soffiano sul gruppo parlamentare.
Luigi Di Maio, per adesso, si limita ad osservare dall’esterno sia per evitare l’accusato di interferire e sia perchè, per dirla con le parole di un deputato: “Se in questo momento sei con il capo politico, la paghi”.
Nessuno vuol scoprire le carte ma lunedì è il termine ultimo per presentare le candidature. In teoria bisognerebbe arrivare con un nome solo. Quello di Riccardo Ricciardi circola con più insistenza rispetto agli altri. Ma lui ci gira intorno: “Ancora è tutto da vedere, non si sa nulla, stiamo discutendo, vediamo”. E insomma, frasi di questo tipo, una dopo l’altra.
Le scuole di pensiero sono tre. C’è chi vuole cambiare lo statuto, inserendo la clausola per quale chi prende più voti vince, chi vuole spacchettare ogni singola votazione, cioè votare prima il capogruppo, poi il vice e dopo ancora il tesoriere, e chi pretende invece un unico candidato con una squadra che metta insieme le varie anime del Movimento.
Quindi, procedendo con ordine, una bozza sarebbe la seguente. Ricciardi presidente, Trano suo vice, Silvestri tesoriere, per poi allargare anche ad Anna Macina così da raggiungere almeno la maggioranza assoluta degli aventi diritto.
Ma la domanda che ribalza tra un capannello e l’altro è questa: “Se si sono sfidati fino a questo momento, come faranno tutto a un tratto ad andare d’accordo?”. In un gruppo dove ormai si litiga quasi su tutto.
(da “Huffingotonpost”)
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