Agosto 17th, 2020 Riccardo Fucile
MA SI INIZIA A GUARDARE A UN ACCORDO PER IL VOTO DELL’ANNO PROSSIMO A ROMA, MILANO, NAPOLI, TORINO E BOLOGNA
Se son rose fioriranno, ma per coglierle si dovrà eliminare una quantità enorme di spine.
L’avvicinamento ferragostano tra Pd e M5s passa per una diffidenza marcata di robusti pezzi di entrambi i partiti, per la richiesta, reiterata ancora oggi, di Nicola Zingaretti di prendere i soldi del Mes, per la resistenza di larghi pezzi di 5 stelle nel chiudere alleanze locali.
E’ Luigi Di Maio ad essersi intestato l’operazione. I vertici pentastellati sono rimasti disorientati da quello che un membro del governo definisce “il colpo di mano di Davide Casaleggio”.
Il figlio del co-fondatore ha imposto il doppio voto, quello sui mandati per sindaci e consiglieri comunali e quello sulle alleanze, all’insaputa di un buon pezzo della classe dirigente.
L’ex capo politico, invece di subirlo, ha deciso di cavalcarlo. Quindi prima l’endorsement per i due sì, nonostante il sentiment iniziale della base virasse decisamente per la bocciatura del quesito sugli accordi con i partiti.
Poi il riannodarsi del filo con Beppe Grillo, con il quale i rapporti sono tornati a farsi decisamente sereni.
In queste ore è febbrile il lavorio per tentare un accordo in extremis nelle Marche e in Puglia. A Di Maio, a Vito Crimi e in generale a tutti i colonnelli M5s non dispiace l’idea avanzata dal sindaco di Pesaro Matteo Ricci: un tandem che preveda il Dem Maurizio Mangialardi correre come presidente e il grillino Gianni Mercorelli quale suo vice. Un’ipotesi che non piace ai quadri locali dei 5 stelle, ma sul quale in questi giorni è in forte pressing la dirigenza romana: “Mangialardi non è uno di struttura – spiega un deputato che lavora da settimane al dossier – è un nome nuovo. Non capisco i nostri: da soli prendiamo percentuali da prefisso telefonico, insieme possiamo vincere”. E’ una vera è propria corsa contro il tempo, considerato che il 20 vanno presentate le liste.
Il senso del cambiamento che sta avvenendo in queste ore è dato dalla Puglia.
E’ in corso un tentativo estremo per convergere su Michele Emiliano. Osteggiato più dai parlamentari pugliesi che non dai leader nazionali, da Crimi in giù.
Da par suo Francesco Boccia le sta tentando tutte: con i 5 stelle nelle liste del governatore uscente una riconferma sarebbe molto più probabile.
E sottotraccia continuano a muoversi sia Giuseppe Conte sia il suo braccio destro, il sottosegretario pugliese Mario Turco. “Difficile che si chiuda – ragiona un dirigente M5s – ma dopo il voto su Rousseau lo scenario è cambiato, ci stiamo provando”.
Raccontano che quello di Casaleggio sia stato un tentativo figlio più di una voglia di affermare il suo potere all’interno del Movimento che di una convinzione politica.
Ma che si sia rivelato sostanzialmente un boomerang. Da un lato alienandogli ancor più tutti quelli che già mal digerivano il suo ruolo nel partito, dall’altro fornendo un assist ai progressisti che da tempo spingono in direzione del centrosinistra.
Un vuoto in cui si è inserito Di Maio. Che parla constantemente con il capo delegazione del Pd al governo, Dario Franceschini, e che continua a mandare segnali a Nicola Zingaretti, sia sulla legge elettorale sia (anche se più ondivaghi), sui migranti.
In Sardegna è stato benedetto il simbolo comune per le suppletive che dovranno eleggere un senatore vacante, due baffi, uno rosso e uno giallo, sotto il nome del candidato pentastellato, un’operazione comune per cercare di puntellare i numeri a Palazzo Madama. E continua il lavorio per trovare un’intesa in una serie di comuni dell’hinterland napoletano chiamati al voto.
C’è in ballo Pomigliano D’Arco, paese natale del ministro degli Esteri, insieme a Giugliano, Marigliano e Caivano. Un risiko dal valore simbolico più che empirico, che tra strappi e frenate potrebbe arrivare a una soluzione nel giro di brevissimo tempo.
Ma l’operazione che Di Maio sta mettendo in piedi, d’intesa con Grillo, ha un respiro più lungo. C’è già chi la definisce il Patto delle cinque città .
Nella consapevolezza che sulla tornata settembrina si rischia di arrivare fuori tempo massimo, in queste settimane si stanno ponendo le basi per un dialogo sulle cinque comunali più importanti dell’anno prossimo: Roma, Milano, Torino, Napoli e Bologna.
Le incognite sono infinite, ma se si vuole sbrogliare la matasse occorre partire da subito. C’è già chi parla di uno schema: Milano, Torino e Bologna al Pd, Roma e Napoli a M5s. L’incontro tra Grillo e Beppe Sala è stato il primo mattoncino, e le vesti non stracciate in casa grillina in caso di un passo indietro di Chiara Appendino, che deciderà tra settembre e ottobre, il secondo.
A Bologna lo scenario più semplice, a Napoli l’incognita Luigi De Magistris. Ma il nodo più difficile da sciogliere è l’auto-ricandidatura di Virginia Raggi a Roma.
“Al momento è un candidato debole – si ragiona in casa pentastellata – ma un anno è lungo, e se arriva al ballottaggio può succedere di tutto”.
La sensazione è che, se il Patto delle cinque città maturasse, chiederle un passo indietro non sarebbe fantascienza. Se son rose, fioriranno. A meno di non venir dissanguati prima dalla marea di spine sul cammino.
(da “Huffingtonpost”)
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Agosto 17th, 2020 Riccardo Fucile
AIUTI PER 11 MILIONI DEL VIMINALE ALLA TUNISIA PER TECNOLOGIE ADEGUATE A MONITORE LE COSTE E AUMENTO DEI RIMPATRI… OTTIENE QUELLO CHE DI MAIO AVREBBE DOVUTO FARE TRE MESI FA
Undici milioni di euro subito sbloccati a disposizione del prossimo Governo tunisino, che dovrebbe insediarsi entro la fine di questa settimana, per controllare le coste e le frontiere rallentando il flusso migratorio verso l’Italia e l’Europa.
Li ha portati in dote la ministra dell’Interno Luciana Lamorgese stamattina al vertice di Tunisi, con già la firma del Mef sul documento: sono fondi nella titolarità del Viminale, risparmiati sul budget per l’accoglienza.
Non solo: l’Italia metterà a disposizione anche la propria strumentazione, radar e alta tecnologia, dotazione logistica, in modo che l’allarme per la marina tunisina possa scattare in modo più efficiente e prevenire le partenze di migranti irregolari.
In cambio però, chiede maggiore attenzione proprio sulle partenze — con monitoraggio e vigilanza delle spiagge e delle acque territoriali – e un tetto ai rimpatri più alto di quello attuale — che si ferma a 80 a settimana.
Altri dieci milioni di euro dovrebbero essere sbloccati in tempi rapidi dall’Unione Europea, venendo incontro alle invocazioni delle autorità tunisine che lamentano pochi fondi e pochi mezzi per contrastare l’immigrazione illegale.
Il tutto nel quadro della promessa di un rafforzamento della cooperazione e del partenariato tra Ue e Tunisia, con un occhio attento alla crisi economica e alla necessità di riforme del Paese nord-africano.
Stamattina a Tunisi sono volati la ministra dell’Interno Luciana Lamorgese e il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, accompagnati dai due commissari europei titolari della gestione dell’immigrazione – l’ungherese Oliver Varhelyi all’Allargamento e Vicinato e la svedese Ylva Johansson agli Affari Interni — per un vertice con il presidente della Repubblica Kais Saied, il premier incaricato Hichem Michichi, che nel precedente governo era ministro degli Interni, e con la ministra degli Esteri Selma Ennaifer.
Prima di decollare per il Nord Africa, i quattro politici europei hanno avuto un lungo briefing nella saletta riservata dell’aeroporto romano di Ciampino in modo da concordare una strategia comune.
L’obiettivo, nell’estate degli sbarchi moltiplicati con in più lo spauracchio del “coronavirus di importazione”, è evidente.
Ridurre le partenze dalla Tunisia e aumentare i rimpatri dall’Italia. Del resto, Tunisi vive una situazione di grave instabilità : alla crisi economica e all’instabilità politica, si è aggiunta la pandemia che ha praticamente azzerato il turismo estero, principale componente del Pil nazionale.
Così, sono tantissimi i tunisini che cercano altrove un destino migliore. Sui circa 15mila arrivi via mare di luglio e agosto — quasi il quadruplo del 2019 — 6500 sono di nazionalità tunisina.
La titolare del Viminale era già stata a Tunisi meno di un mese fa, e mantiene uno stretto rapporto con il prossimo premier Michichi. Questa volta era accompagnata dal capo della polizia Franco Gabrielli.
Si dice “assolutamente soddisfatta” dell’esito dei colloqui di oggi, pur consapevole che si tratta della tappa di un percorso e che i problemi non si sono magicamente risolti. Tuttavia, da due anni gli esponenti della Commissione Europea non mettevano piede in Tunisia, e il governo rivendica il merito di aver favorito questo passo.
Alle autorità tunisine Lamorgese ha anche espresso preoccupazione per il fatto che le partenze, leggermente diminuite da Sfax, sono aumentate verso i confini con la Libia. E il rischio è che i due flussi finiscano per saldarsi.
Da parte loro, il presidente Saied e il premier Michichi sostengono di non avere uomini e mezzi per pattugliare tutte le coste. In sostanza: dall’Europa promesse tante, ma soldi pochi.
Serve “maggiore cooperazione per affrontare alla radice le cause della migrazione” ha ribadito Saied. La commissaria Johannson ha messo l’accento sui “percorsi legali” per chi vuole venire dall’Africa a lavorare nell’Ue in modo da poter gestire il fenomeno “in modo ordinato”.
Mentre l’eurocommissario Varhelyi ha commentato gli incontri con una nota: “Siamo pronti a sviluppare ulteriormente il nostro partenariato a vantaggio sia della Tunisia che dell’Ue. Siamo al fianco del Paese nella lotta contro la pandemia, fornendo fondi considerevoli oltre alla nostra regolare assistenza bilaterale da 300 milioni di euro all’anno. Le riforme strutturali saranno fondamentali per una ripresa economica di successo e siamo pronti a sostenerle. Stiamo anche discutendo con i nostri partner tunisini su come rafforzare la nostra lotta contro la migrazione illegale”.
(da agenzie)
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Agosto 17th, 2020 Riccardo Fucile
OBIETTIVO TOGLIERGLI POTERE E I SOLDI DEGLI ELETTI
Annalisa Cuzzocrea su Repubblica oggi racconta l’attacco finale del MoVimento 5 Stelle a Davide
Casaleggio attraverso una legge che dovrebbe archiviare il potere “ereditario” che il figlio di Gianroberto si è portato a casa
Racconta il senatore Emanuele Dessì, definendo Casaleggio un “principe ereditario senza qualità ”, che nel 2014, quando era candidato sindaco a Frascati, aveva chiesto di poter contattare gli iscritti del luogo per informarli delle sue iniziative.
«Ti faccio una concessione — gli rispose il giovane Casaleggio — te li faccio raggiungere, ma mando io le e mail».
Nessuno, a parte i soci di Rousseau, ha accesso a quegli elenchi. Neanche il capo politico, i probiviri o il comitato di garanzia.
È su questa anomalia che un gruppo ristretto di persone — non Dessì, nè i più rumorosi tra i malpancisti — sta lavorando.
Con un piano che sa di rivoluzione, se si pensa a cos’ha significato il quartier generale di via Morone, a Milano, nella vita dei 5 stelle: togliere a Casaleggio il suo potere per legge. Addirittura, con un emendamento che i più frettolosi avrebbero voluto inserire già nel decreto semplificazioni.
«Basta sancire un principio — racconta un deputato — e cioè che la tutela della privacy dei dati forniti dagli iscritti ai partiti deve essere garantita dagli organi statutari». Non da un’associazione esterna che fornisce una piattaforma web.
Questo strapperebbe al figlio del cofondatore M5S il centro del suo potere. Smettere di alimentare Rousseau con gli stipendi degli eletti farebbe il resto.
Per evitare la guerra, Casaleggio dovrebbe avere dalla sua i big del Movimento, com’è stato finora. Ma come non è più.
A restare dalla sua parte, in nome della difesa delle origini, è Alessandro Di Battista. Gli è ancora fedele Max Bugani, che gli porta in dote l’appoggio di Virginia Raggi.
Tra i parlamentari annovera la senatrice Barbara Floridia. Basta così, però.
Perchè negli ultimi mesi è riuscito a mettersi contro quasi tutti gli altri. Il capo politico pro tempore Vito Crimi lo blandisce ancora, ma non ha gradito la sua voglia di togliergli la reggenza prima del tempo. Paola Taverna è convinta che il Movimento per sopravvivere debba rivedere molte delle sue rigidità e — in questo — è in linea con Di Maio.
Roberto Fico non gli ha mai dato troppa importanza. Un’ex fedelissima come Roberta Lombardi si è allontanata per via della visione “prepolitica”, da movimento d’opinione, del capo di Rousseau.
Il ministro dello Sviluppo Stefano Patuanelli, un tempo suo amico, è stato oggetto di dichiarazioni velenose per aver espresso la sua idea di un Movimento che guarda al campo riformista, alternativo alle destre.
Al manager restano così i soci, Enrica Sabatini e Pietro Dettori, ma non i territori.
Gli attivisti rimasti preferirebbero poter avere risorse da gestire in proprio, che dover correre a iscriversi agli eventi calati da Milano (il prossimo, lanciato per il 4 ottobre per decidere i nuovi cambiamenti da fare, ha creato altri malumori perchè sembra voler sostituire quegli Stati generali che si stentano a organizzare).
«Per la prima volta contro di lui vedo un fronte organizzato», dice il senatore M5S Primo Di Nicola, uno dei primi, in questa legislatura, a denunciare il deficit di democrazia del Movimento.
Non mancano di attaccarlo, nelle assemblee alla Camera, esponenti di spicco come Riccardo Ricciardi o Francesco Silvestri, che per l’ultimo evento Rousseau di fine luglio — a Milano — non hanno voluto concedere neanche il supporto dello staff comunicazione, com’era un tempo.
(da “NextQuotidiano”)
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Agosto 17th, 2020 Riccardo Fucile
ORA DECINE DI GIOVANI SONO BLOCCATI NELL’ISOLA
Il Messaggero racconta di una festa a Porto Rotondo in Sardegna che ha portato a un focolaio di coronavirus tra alcuni ragazzi di Roma Nord. Ora decine di giovani sono bloccati sull’isola:
Le autorità sanitarie sarde hanno già rintracciato una cinquantina di ragazzi, tutti di Roma nord, tutti tra i 20 e i 30 anni, che il 9 agosto hanno partecipato a una serata nella discoteca Country club, di Porto Rotondo, dove si esibiva il dj romano Lorenzo Palazzi. Ora nella rete di contatti del gruppo o di chi ha partecipato alla serata sta crescendo la paura. E molti ragazzi romani sono bloccati in Sardegna, in attesa del tampone (ne sono già stati eseguiti una cinquantina) e comunque in quarantena.
«Ma non si può parlare di un’unica serata — racconta uno dei ragazzi del gruppo — perchè da inizio agosto nella zona di Porto Rotondo e Porto Cervo siamo stati anche in altri locali, in feste private, in cene».
Le prime due ragazze romane positive erano arrivate in Sardegna dopo essere state a Ibiza. Un’amica che era con loro alle Baleari le ha avvertite di avere scoperto di essere stata contagiata. Anche loro sono corse a fare il tampone e di lì l’allarme è scattato tra Roma Nord e Sardegna.
Cosa è successo? La festa il 9 agosto al Country Club a Porto Rotondo, in Sardegna. Discoteca esclusiva, in una delle più rinomate mete turistiche. Un evento di musica house in un locale della Costa Smeralda si trasforma in un acceleratore di contagi per il Covid-19 per molti ragazzi della Capitale.
Alla console si alternano tre dj, su tutti Lorenzo Palazzi, romano ventenne punto di riferimento, per la sua musica, per molti coetanei di Roma Nord. Ecco, allora che un gruppo di 50 amici lo raggiunge per il fine settimana.
Si muovono da Ibiza, dalla Grecia, dalla Capitale. Successivamente, prima di sapere che alcuni di loro erano positivi, tornano a Roma, si spostano in Toscana, a Sabaudia, altri restano in Costa Smeralda.
Un intreccio che renderà arduo il compito di chi fa contact tracing. All’ingresso della discoteca all’aperto gli addetti alla sicurezza misurano la febbre. Tutti i protocolli vengono rispettati, assicurano i gestori. Nessuno supera i 37 gradi e mezzo. Probabile quindi che il “primo positivo”, ammesso che si tratti solo di una persona, sia asintomatico.Ma intanto sui cellulari dei ragazzi era iniziato a diffondersi un altro contagio, quello della paura. Paolo (nome di fantasia) ha 22 anni, e a quella festa del 9 agosto c’era. “Ero partito per la Sardegna con 6 amici per passare lì una settimana, dal 7 al 14 di agosto – racconta oggi all’ANSA – quella sera ho partecipato alla festa nel locale. La discoteca era all’aperto: al chiuso non possono proprio aprire. All’ingresso ci hanno misurato la temperatura, e c’era l’obbligo della mascherina. La gente ballava con la mascherina addosso. Tutto legale, insomma”. In pista tanti ragazzi di Roma, oltre ai suoi cinque amici.
“Un giro allargato”, lo definisce Paolo, in cui però naturalmente non tutti conoscono personalmente tutti.
Sta di fatto che qualche giorno dopo lo chiama un amico e gli dice che due ragazze di Roma che erano a Porto Rotondo sono positive al Coronavirus. Non sono della sua comitiva ristretta e lui, infatti, non le conosce: “Neanche ricordo i nomi – spiega – nè potrei essere davvero sicuro che quella sera fossero alla festa”. In ogni caso lui e i suoi amici decidono di farsi tutti il tampone.
Paolo, in particolare, lo esegue al San Filippo Neri, un ospedale di Roma Nord: “Volevo essere sicuro”. E’ in attesa del risultato che dovrebbe arrivare domani. Ha fatto in fretta nonostante il Ferragosto, racconta, “perchè il mio medico di base è stato molto efficiente e mi ha inviato subito la ricetta elettronica”.
Nell’attesa, insieme a due dei sei del suo gruppetto, si è auto-quarantenato per ridurre i potenziali contagi: “Un nostro amico aveva una casa libera – racconta al telefono – e ci siamo chiusi in tre qua dentro. Non volevo far rischiare la mia famiglia”. Altri sono a casa loro, isolati. Con la paura che quella vacanza in Sardegna che doveva essere indimenticabile finisca per diventarlo per tutt’altro motivo.
(da agenzie)
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Agosto 17th, 2020 Riccardo Fucile
NON HANNO ALCUNA AUTORIZZAZIONE, ALTO IL RISCHIO CONTAGIO
Senza mascherina, senza distanziamento e senza autorizzazione: sono circa 1.500 i ragazzi che il 14 di
agosto si sono dati appuntamento per partecipare a un rave party, non autorizzato, che va avanti da allora a Spino d’Adda, in provincia di Cremona, fra le rive del fiume Adda e le cascine Gamello e Ca’ Nova.
Spino d’Adda è un paese nella provincia di Cremona e conta poco meno di 7mila abitanti. Nonostante si trovi in Lombardia, la Regione più colpita in Italia dal Coronavirus, è riuscito ad attraversare la pandemia quasi indenne: negli scorsi mesi i casi registrati sono stati solo 40.
Nonostante questo, un evento delle ultime ore ha cominciato a sollevare la preoccupazione dei cittadini. La notte di Ferragosto è cominciato nel paese un rave party al quale hanno preso parte oltre 1.500 persone. E che è ancora in corso.
A confermare i dati a Open è Luigi Poli, sindaco del paese: «Ovviamente è solo una stima e riguarda principalmente i primi giorni, quando c’erano più persone. Il rave continua dalla notte di Ferragosto e non si è ancora fermato anche se, dalla mattina del 17 agosto, molti stanno già andando via».
I giovani presenti non sono di Spino d’Adda. Molti provengono da altre Regioni, alcuni anche dall’estero. Non tutti però sono stati identificati: «Le persone fermate non sono di qui. Venivano tutte da fuori. Adesso valuteremo se identificare quelle rimaste».
Il rave party è cominciato all’improvviso, senza che nessuno sul territorio si accorgesse di quello che stava per succedere.
A spiegarlo è sempre il sindaco Poli: «È la prima volta che un evento del genere si verifica sul nostro territorio. Ci siamo accorti la notte di Ferragosto, quando ha cominciato a sentirsi il rumore. Loro poi non erano in centro al paese, hanno scelto una zona di campagna». Una cascina poco lontana dal centro abitato.
Dalle prime segnalazioni però è passato del tempo e la Prefettura, almeno formalmente, non è intervenuta: «Non so esattamente perchè. Noi avevamo contattato il 112 ed erano presenti pattuglie della polizia di Stato e dei carabinieri. Abbiamo sollecitato qualche intervento. Ora penseremo a cosa fare per verificare eventuali contagi».
Più duro il vicesindaco Enzo Galbiati che, come riporta il quotidiano locale Il Giorno, ha dichiarato: «Sconcertante la decisione della Prefettura che ha ordinato di non intervenire. Sono preccupato per quel che può succedere dopo questo assembramento».
(da agenzie)
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Agosto 17th, 2020 Riccardo Fucile
LA LETTERA DI UNA MAMMA
Selvaggia Lucarelli oggi pubblica sul Fatto Quotidiano una lettera di una madre che racconta del figlio partito in vacanza dopo la maturità e tornato positivo al Coronavirus:
Cara Selvaggia,
sono la mamma di uno di quei ragazzi tornati dalle vacanze all’estero con il Covid. Cercherò di essere vaga su alcuni passaggi, scusami, ma non voglio creare problemi a mio figlio che già ne ha parecchi. Mio figlio si è diplomato con le difficoltà tipiche della didattica a distanza.
Una maturità monca, che ricorderà per ragioni diverse da quelle per cui la ricordiamo noi, ma fa nulla. Chi non ha figli diplomati nel 2020 non coglie certi dettagli: come quel misto di tenerezza e dispiacere per l’ultima prova così anomala.
Comunque, il punto è che quando si è tornati ad una parvenza di quasi normalità , e mio figlio mi parlava di andare fuori dall’Italia con gli amici per festeggiare la maturità , non sono riuscita a dire no. Ero profondamente contraria, ma la mia contrarietà è rimasta nascosta nel profondo.
Ho espresso qualche dubbio, gli ho fatto delle propose alternative e generose per dissuaderlo, ma quando due dei suoi amici più cari hanno deciso di partire, mi dispiaceva troppo non lasciarlo andare.
Quando era lì mi diceva che metteva la mascherina, che stava attento, che era andato in discoteca solo una volta. Poi ho scoperto che a ballare era andato sette sere su sette: che ci vuoi fare, hanno 18 anni e mezzo, le bugie le abbiamo dette tutti a quell ‘età .
Il Covid l’abbiamo scoperto al ritorno, in modo rocambolesco e non posso darti dettagli. Io stessa ora sono in quarantena. Lo stanno massacrando. Qui in città , sui giornali, sul web.
Non lui, perchè il nome non è uscito, ma lui in quanto parte di quel gruppetto che in discoteca all’estero non si metteva le mascherine. Lungi da me giustificarlo, ma la domanda è: i ragazzi che vanno in discoteca in Italia se la mettono la mascherina? No. Quindi che ha fatto di male, mio figlio più degli altri?
La risposta di Lucarelli:
La mia idea è che quest’estate i ragazzi avrebbero potuto e dovuto trovare un modo più responsabile per divertirsi. Quel modo avrebbe aiutato gli stessi non tanto a non ammalarsi, ma a crescere
(da agenzie)
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Agosto 17th, 2020 Riccardo Fucile
IL PREMIER HA DEVOLUTO PERSONALMENTE 500 EURO PER RIMBORSARE IN PARTE I DUE GIOVANI IN VIAGGIO DI NOZZE
“Resti pure in attesa, le passiamo il presidente Conte”. Pensava si trattasse di uno scherzo, poi il
foggiano Francesco Ferrazzano ha riconosciuto la voce del premier, suo conterraneo.
“Non ci posso ancora credere”, racconta all’Ansa Francesco che, insieme alla moglie Grazia, sta ospitando una coppia di sposi in luna di miele nel Gargano, Zdeneck e Camilla, a cui il 6 agosto sconosciuti hanno rubato soldi e documenti.
I due stranieri, originari della Repubblica Ceca, stavano scattando alcune fotografie al tramonto a Torre Mileto, stazione balneare di San Nicandro Garganico (Foggia), quando si sono accorti che dalla loro auto erano stati rubati un borsone contenente 1900 euro e gli effetti personali.
I documenti sono stati ritrovati e restituiti alla coppia di sposini. Zdeneck e Camilla ripartiranno giovedì, 20 agosto.
“Con il presidente Conte siamo stati al telefono oltre 30 minuti, mi ha messo da subito a mio agio. Mi ha ringraziato per aver dato, con il mio gesto, lustro alla nostra terra”, racconta Francesco Ferrazzano rivelando che il premier Conte ha devoluto, di tasca propria, anche 500 euro per aiutare la giovane coppia a tornare a casa .
Con gli sposini il premier ha anche parlato al telefono per pochi minuti. Infine Conte si è fatto promettere da Francesco che porterà Zdeneck e Camilla a San Giovanni Rotondo a pregare sulla tomba di San Pio. “Andremo domani, è una promessa”, assicura Francesco.
(da agenzie)
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Agosto 17th, 2020 Riccardo Fucile
“PUTIN NON E’ INTERESSATO A TENERLO AL POTERE”
Le proteste in Bielorussia proseguono e la situazione nel Paese guidato da Alexsandr Lukashenko sembra più incerta che mai.
A spiegare cosa c’è di diverso rispetto al passato e cosa potrebbe cambiare ora è Eleonora Tafuro Ambrosetti (ricercatrice Ispi esperta dell’area russa, caucasica e dell’Asia centrale), che intervistata da Fanpage.it traccia il quadro della situazione dopo le ultime elezioni e le conseguenti proteste.
Partendo dal ruolo avuto dall’emergenza dettata dal Covid-19 sulla rabbia dei cittadini contro Lukashenko.
Ma le differenze rispetto alle proteste del passato riguardano anche il diverso rapporto tra il dittatore bielorusso e la Russia di Vladimir Putin. Che, spiega Tafuro, “non ha interesse a mantenere Lukashenko” e potrebbe non schierarsi più di tanto al suo fianco. Quantomeno non con “azioni plateali”.
A cambiare è anche il ruolo di Lukashenko, sempre più in bilico e indebolito: “Penso che si renda conto che è abbastanza finito”. Dopo aver perso “gran parte del supporto di cui godeva”, Lukashenko potrebbe anche prestarsi a guidare il Paese in una fase di transizione soft chiudendo l’era del regime bielorusso
Cosa è cambiato in Bielorussia rispetto agli anni precedenti e alle precedenti proteste?
Non si tratta solo della longevità del regime. Se dobbiamo tracciare le differenze rispetto al passato guarderei alle differenze con i grandi movimenti di protesta del passato. Penso al 2010, ma anche al 2006 in seguito ad elezioni controverse. Nel 2010, in seguito all’incarcerazione del candidato Andrei Sannikov, l’Ue aveva già imposto delle sanzioni che poi aveva tolto in seguito, nel 2016, a dei segnali di compromesso del regime, che aveva liberato alcuni oppositori politici. Questa volta cosa c’è di diverso? La situazione economica interna e sanitaria: quando si parla del Covid-19 non è mai una questione solamente interna, si intrecciano piani regionali, internazionali. Dal punto di vista interno la gestione della pandemia ha lasciato molto a desiderare. Lukashenko aveva raccomandato di bere vodka e andare alla sauna. I cittadini erano molto scontenti per questa gestione poca seria e bisognava organizzarsi tra loro per sopperire alla mancanza del governo. Poi la situazione economica ha risentito della pandemia e della crisi economica che investe la Russia, da cui il Paese è fortemente dipendente. Se guardiamo al Pil bielorusso vediamo una decrescita già dal 2019, riflettendo la diminuzione della domanda russa. In generale, riflette le relazioni molto tese tra Russia e Bielorussia. Altro elemento di diversità rispetto al passato è il ruolo di Putin. Fino a poco tempo fa sembrava esserci una relazione solida, invece già da parecchi mesi c’erano state delle tensioni, legate anche alla volontà di chiudere un po’ i rubinetti. Tanto che Lukashenko aveva accusato la Russia di interferenze, aveva arrestato dei mercenari.
Che ruolo può avere la Russia: ci saranno ingerenze?
È facile, quando si parla di queste rivoluzioni colorate, pensare all’esempio dell’Ucraina e temere un coinvolgimento militare della Russia. Però queste proteste non hanno carattere geo-politico, questa è una forte differenza rispetto al caso ucraino. La Russia ha interesse a mantenere lo Stato bielorusso nel suo stato di influenza, non ha interesse in Lukashenko in quanto tale. Finchè queste proteste non hanno un carattere geo-politico, come in Ucraina, la situazione rimarrà grosso modo gestibile. La Russia non ha nessun interesse ad annettere la Bielorussia, anche perchè si scontrerebbe con la popolazione. La Bielorussia non è la Crimea. E non credo che la Russia possa fare delle azioni plateali a sostegno di Lukashenko. L’importante è che non segua l’esempio della Ucraina.
Quindi la Russia potrebbe anche intervenire contro Lukashenko?
Sì, non credo che Putin abbia particolare interesse a mantenere Lukashenko, che si è dimostrato un alleato molto volubile e non ha esitato a giocare la carta dell’occidente. Non è un alleato fedele, quindi non credo che ci sia un interesse nella Russia a mantenerlo, poi non sappiamo cosa abbia promesso lui a Putin, ma non credo che le sue promesse abbiano credibilità .
Che ruolo sta giocando l’Europa? Interverrà in modo più netto?
Secondo me l’Europa non deve muoversi in maniera eccessiva. L’esempio dell’Ucraina, anche se ci sono notevoli differenze, deve essere sempre fresco nella memoria degli ufficiali dell’Ue. La situazione è molto fragile, il rischio di un nuovo fronte con la Russia è altissimo. Non può rimanere silente di fronte agli abusi, ha fatto bene con le sanzioni, ma non ampie ed economiche come alcuni avrebbero voluto. Ma solo rivolte a determinati individui ritenuti responsabili, e in questo non poteva esimersi anche per una questione di reputazione. Però deve agire con estrema cautela, perchè una posizione troppo netta, offrire troppo alla Bielorussia, potrebbe anche irritare Mosca e fare di questa crisi una crisi geo-politica, quindi torneremmo allo scenario ucraino.
Quindi non dovrebbe intervenire nessun attore internazionale?
Non bisogna nemmeno essere ingenui, la Russia, la Polonia e la Lituania sono lì e appoggiano i gruppi più vicini. Un’azione plateale potrebbe essere controproducente.
Qual è, in questo proteste, il peso della leader dell’opposizione Tikhanovskaya? Può essere una figura realmente decisiva?
Lei è un bel personaggio, se pensiamo ai trend avvenuti negli ultimi anni vediamo che c’è un interesse maggiore a coinvolgere gli outsider della politica, lei era una casalinga e non era esperta. Il suo programma politico è estremamente semplice: vuole il rilascio dei prigionieri politici, che si eliminino i risultati del referendum nel 1996, quando si erano eliminati i limiti di mandato al presidente, e il terzo grande punto era indire nuove elezioni entro sei mesi. Il suo programma era semplice, non c’era nessun punto che fosse particolarmente sensibile dal punto di vista geo-politico, non era in discussione la Russia.
Lukashenko, intanto, ha aperto alla possibilità di nuove elezioni: sta cambiando anche il suo atteggiamento e la sua risposta alle proteste?
Penso che si renda conto che è abbastanza finito. Quando anche i dipendenti della tv di Stato entrano in sciopero, vuol dire che la base del supporto comincia a scricchiolare. Parliamo di un’area dove le sorprese e i colpi di scena sono all’ordine del giorno, ma mi sembra evidente che di fronte a quelle folle, ai rischi di un intervento europeo più forte a livello sanzionatorio, di fronte a un supporto più blando della Russia, penso che non sia stupido. Potrebbe ripetersi uno scenario come quello successo in Polonia, con il primo presidente della Polonia libera che era l’ex dittatore, che poi è andato in pensione dopo una fase di transizione da lui guidata in modo leggero.
È questa l’ipotesi più probabile secondo le sue previsioni?
È molto difficile da prevedere. Dobbiamo restare incollati agli schermi, ma secondo me sì, è un’ipotesi molto plausibile perchè si rende conto di aver perso gran parte del supporto di cui godeva.
(da Fanpage)
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Agosto 17th, 2020 Riccardo Fucile
SOLIDALE CON LUI ANCHE L’ALLENATORE DELLA SQUADRA RUSSA: “LA POLIZIA DOVREBBE PROTEGGERE LE PERSONE, NON PICCHIARE IL PROPRIO POPOLO”
L’attaccante bielorusso del CSKA Mosca Ilya Shkurin non giocherà più nella sua nazionale fino a
quando il presidente Alexander Lukashenko non si dimetterà .
“Mi rifiuto di rappresentare gli interessi della selezione finchè il regime di Lukashenko sarà al potere. Lunga vita alla Bielorussia!” ha scritto il 21enne su Instagram.
Shkurin, ex Enerhetyk-BDU Minsk, è stato capocannoniere del campionato 2019-2020 con 19 gol e nel gennaio scorso ha firmato un ricco contratto con il CSKA Mosca per quattro anni e mezzo.
Anche l’allenatore bielorusso del CSKA, Viktor Goncharenko, ha fortemente criticato il suo governo per la violenza della polizia contro manifestanti pacifici dopo le elezioni. “Penso che questo sia inaccettabile”, ha detto Goncharenko. “Mi sono fermamente opposto al pestaggio del nostro pacifico e meraviglioso popolo bielorusso. La polizia, la polizia antisommossa e l’esercito dovrebbero proteggere le persone, non picchiarle “. Le partite del campionato sono state rinviate per un periodo imprecisato a causa della crisi seguita alla rielezione di Lukashenko, al governo del paese post-sovietico da 26 anni.
(da agenzie)
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