Agosto 21st, 2020 Riccardo Fucile
SOLO UN RESPONSABILE FINORA E’ STATO ARRESTATO… MANIFESTAZIONI DI PROTESTA IN PIAZZA
Israele è sotto shock per un’agghiacciante aggressione avvenuta nei giorni scorsi a Eilat, la località di villeggiatura israeliana sulle rive del Mar Rosso. Il 14 agosto, una sedicenne ha denunciato una violenza sessuale di gruppo, avvenuta due giorni prima nella stanza di un hotel della città all’estremo sud d’Israele.
Secondo indiscrezioni dalle indagini in corso, si tratterebbe di 30 uomini. La notizia è stata diffusa solo mercoledì sera con l’arresto di un primo sospettato. Ma il nome della ragazza è uscito sui social media e i servizi sociali hanno chiesto di trasferire la giovane in un posto sicuro “per evitare che possa essere minacciata dagli aggressori o loro famigliari”.
Ieri sera, un migliaio di manifestanti si è radunato in sedici presidi sparsi per tutto il Paese. A Gerusalemme qualche centinaio di partecipanti hanno presenziato al raduno spontaneo, donne e uomini che hanno gridato il loro dolore e la loro solidarietà con le vittime della violenza sessuale.
“Siamo con te, non sei sola”; “Nuda o vestita, il corpo è mio e non tuo”; “Governo svegliati! Vogliamo fatti non parole” sono alcuni degli slogan intonati dai manifestanti. “Siamo qui anche per condannare quella cultura di connivenza verso gli aggressori che consente ancora di pronunciare frasi raccapriccianti come ‘era ubriaca’, ‘aveva la gonna cortissima’, ‘se l’è cercata’: è un fenomeno sociale che dobbiamo sradicare”, ci dice Diklà , che ha letto del raduno su Facebook e ha voluto esprimere la propria vicinanza.
“L’85% delle denunce presentate alla polizia viene chiuso dalla procura e solo il 3% si risolve in una condanna”, dice Revital, attivista di lunga data per i diritti delle vittime di abusi sessuali. “Poi ci si chiede perchè le donne non denuncino. Non c’è fiducia nel sistema! È fondamentale aumentare i fondi per questa battaglia, garantire che in ogni ospedale ci sia almeno un’unità competente per gestire le vittime di violenze sessuali, investire nella loro riabilitazione, sociale e psicologica”.
Stando alla ricostruzione dei fatti finora, la giovane si trovava al Red Sea Hotel, ospite di alcuni amici. Si è recata in una delle camere per usufruire del bagno e lì sarebbe avvenuto il brutale stupro da parte del branco. Un primo sospettato di 27 anni — con cui la giovane si era scambiata degli sms, nei quali l’uomo accennava all’esistenza di video dell’atto criminale — è stato arrestato mercoledì. E’ lui che avrebbe fornito la versione dei 30 uomini e, secondo fonti vicine all’inchiesta, esiste il sospetto che il numero sia gonfiato per fare apparentemente ricadere la colpa su altri soggetti, sviando le indagini.
E’ comunque comprovato che si trattasse di un gruppo nutrito, come risulta dalle videocamere di sicurezza dell’hotel sequestrate dalla polizia, che testimoniano un accalcamento di più persone all’entrata di una delle camere. Tuttavia, la proprietaria dell’hotel nega che l’aggressione sia avvenuta lì e attende “i risultati delle indagini”. L’albergo è noto per ospitare molti minorenni che fanno uso di alcolici in modo illecito e incontrollato.
(da agenzie)
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Agosto 21st, 2020 Riccardo Fucile
PER LORO NON C’E’ TRACCIA DI VELENO, MA SE LO TRASFERISCONO EMERGEREBBERO LE BALLE CHE RACCONTANO… QUESTA SI CHIAMA ASSOCIAZIONE A DELINQUERE
Aleksej Navalnyj è ancora in coma, stabile ma in gravi condizioni. Pronto per essere
trasferito insieme alla moglie in Germania appena i medici lo consentiranno. L’eliambulanza partita nella notte dalla Germania arrivata da Berlino e offerta da un’Ong tedesca, è atterrata a Omsk con un team di medici a bordo. Ma i medici non stanno autorizzando il trasferimento.
Il presidente Russo Vladimir Putin avrebbe nel frattempo rassicurato il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel: “Navalnyj sta ricevendo ottime cure”.
Il vice direttore dell’ospedale siberiano Anatoly Kalinichenko ha dichiarato che i medici “non hanno trovato tracce di veleno nel corpo di Navalnyj”. Aggiungendo che “stanno lottando ancora per salvargli la vita”. Trasferirlo ora sarebbe impossibile.
Al momento le analisi non hanno riscontrato nessuna presenza o traccia di veleni nel sangue o nelle urine. Non pensiamo che il paziente sia stato avvelenato
Secondo quanto riporta il sito della Tass, i medici che stanno curando Navalnyj hanno fatto una diagnosi che è stata comunicata alla moglie e al fratello del paziente ma non sarà riferita ai media.
La dichiarazione contraddice quanto confermato dalla polizia dei Trasporti. Secondo quanto ha detto dall’ospedale Ivan Zhdanov, direttore del Fondo anticorruzione messo in piedi da Navalnyj, la polizia “riferito ai medici del ritrovamento della sostanza con cui è stato avvelenato” l’oppositore russo ma “rifiuta di rivelarne il nome” alla moglie Julija e ai suoi collaboratori dicendo che “è in corso un’indagine segreta”.
Secondo le autorità la sostanza “è di pericolo mortale non solo per Aleksej ma anche per coloro che lo circondano, tanto che devono indossare tute protettive”.
La moglie dell’attivista, Julija Navalnaya arrivata ieri da Mosca, ha poi riferito che “solo due ore fa, i dottori stavano preparando i documenti per il trasporto” del marito all’estero, poi non più autorizzato.
“Crediamo che lo abbiano fatto per aspettare che sparisca la sostanza chimica che è nel corpo di Aleksej”, ha detto la donna, “non possiamo fidarci di questo ospedale e pretendiamo che ce lo consegnino”.
Anche la portavoce di Navalnyj Kira Yarmysh continua a chiedere aiuto e su Twitter si appella ai giornalisti:
Fate domande precise, chiedete a Peshkov perchè non trasferiscono Aleksej! Ieri aveva promesso che le autorità avrebbero aiutato e concesso lo spostamento. Stiamo aspettando una dichiarazione inequivocabile
Il portavoce del Cremlino, Dmitrij Peshkov, aveva assicurato che il ministero della Sanità russo era disposto ad autorizzare il trasferimento se fosse stata presentata una richiesta in questo senso. Ma ora, denuncia Yarmysh, è “lo staff medico a rifiutarsi di approvarlo”. Yarmysh punta il dito sui medici russi che, pressati dal Cremlino, stanno negando l’autorizzazione al trasferimento: “Inoltre il capo della terapia intensiva” dell’ospedale dove da ieri Navalnyj è ricoverato “non vuole prendersi la responsabilità ” di autorizzare il trasferimento.
“L’aereo che abbiamo organizzato per il trasferimento di Aleksej” è atterrato, “il divieto di trasferimento è un attentato contro la sua vita”, ha twittato
Sui social Leonid Volkov chiede l’aiuto di tutti: “È necessario chiedere con forza, sia sui social che nelle piazze, che rilascino Navalnyj” scrive invitando i sostenitori dell’oppositore a manifestare. Nel suo twett, Volkov rilancia lo slogan delleproteste in Russia: #UnoPerTuttiTuttiPerUno.
L’oppositore si trova in “coma profondo”, ma ancora non c’è una diagnosi ufficiale. Il suo braccio destro, Leonid Volkov, su Twitter ha denunciato: “Al Cremlino non importa niente della vita e della salute di Aleksei. La cosa importante per loro è che le prove che sia stato avvelenato non diventino di dominio pubblico”. “Il motivo per cui non danno l’autorizzazione è chiara”, ha twittato Nadia Tolokonnikova, membro del gruppo Pussy Riot, “dopo tre giorni tutte le tossine saranno rimosse dall’organismo e non ci saranno le prove dell’avvelenamento”.
(da agenzie)
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