Novembre 16th, 2020 Riccardo Fucile
MA C’E’ ANCHE CHI PASSEGGIA NONOSTANTE SIA POSITIVO AL COVID E CHI ORGANIZZA FESTE SENZA DISTANZIAMENTO
A Bologna una donna è entrata in farmacia senza mascherina e quando è stata invitata ad indossarla ha
sputato verso il farmacista colpendo il pannello di protezione in plexiglass montato sul bancone.
Protagonista della vicenda — accaduta l’altroieri intorno alle 12 in via Emilia Levante a Bologna — una 52enne, già nota alle forze dell’ordine.
La donna trovata poco distante dall’esercizio in evidente stato di alterazione alcolica, è stata sanzionata dalla Polizia, intervenuta sul posto, per ubriachezza e per la violazione della normativa anti-Covid e denunciata per resistenza e oltraggio a pubblico ufficiale: accompagnata in Questura per accertamenti, infatti, ha dato in escandescenza e ha colpito i poliziotti offendendoli più volte.
Repubblica Bologna racconta che i Carabinieri hanno sanzionato anche altre persone che hanno violato le regole anti covid:
Ieri i militari hanno segnalato sette persone che avevano deciso di celebrare il superamento di un esame universitario con una festa in un’area vicina a un’abitazione di Sasso Marconi, nel Bolognese, senza indossare la mascherina e rispettare la distanza interpersonale.
Oltre a loro l’Arma ha segnalato a vario titolo altre 23 persone, tra cui 9 per il mancato uso della mascherina. Denunciata inoltre una coppia di bolognesi conviventi di 46 e 33 anni, sorpresi a camminare su via Gagarin senza giustificato motivo, benchè positivi al Covid 19. Sanzionato il titolare di un locale nel centro di Bologna per il mancato distanziamento tra i tavoli fuori dal suo negozio
(da agenzie)
argomento: denuncia | Commenta »
Novembre 16th, 2020 Riccardo Fucile
LA DECADENZA DELL’UOMO OCCIDENTALE
Potremo fare il pranzo di Natale e il cenone di Capodanno? E, se sì, in quanti? Solo con i parenti o anche con gli amici? E, se solo con i parenti, fino a che grado? Potremo invitare gli zii e i cugini per le lenticchie e il cotechino dopo un’interminabile sequenza di calici e portate? E i nonni? I nonni potranno venire? E ancora: sotto l’albero ci saranno i regali da scartare? Potremo andare a fare shopping qualche giorno prima e comprare il nuovo Iphone, la borsetta più trendy, la playstation e la bottiglia costosa? O anche solamente la classica sciarpa e l’orribile quanto inevitabile pigiama di flanella?
Da qualche giorno il dibattito nazionale sembra avvitarsi su se e come si potrà festeggiare Natale e feste limitrofe.
E la politica — che come al solito segue i trending topic popolari e ne liscia il pelo — si è prontamente sintonizzata sulla lunghezza d’onda, cercando di mandare messaggi tranquillizzanti del tipo “se fate i bravi, possiamo passare un Natale sereno, senza coprifuoco, con la famiglia e il panettone”.
Prova ne è la trovata comunicativa del premier Conte che fa sapere alla nazione intera di aver ricevuto la mail di un bambino di 5 anni preoccupato per le restrizioni anti-Covid che mettono a rischio la consueta ed efficiente attività di delivery di Babbo Natale.
Ma forse è ancora più esplicativa la quanto meno prematura discussione fra lo stesso Conte e i ministri — almeno stando a quanto riportano le cronache da palazzo Chigi — su cosa consentire e cosa no dal 23 dicembre in poi con l’immancabile divisione fra i rigoristi delle chiusure e i permissivisti delle riaperture.
Un dibattito, questo, sia nel paese che nei palazzi, che stride in modo spiazzante con la cronaca quotidiana dalle trincee del Covid. C’è un evidente e disturbante sfasamento con la sconfortante messe giornaliera di morti, contagiati, ricoveri e terapie intensive.
C’è un disallineamento sensoriale con le immagini dei letti improvvisati montati nelle chiese, dei pazienti attaccati alle bombole di ossigeno nelle proprie auto ferme in fila nei parcheggi degli ospedali, dei malati Covid abbandonati morti nei bagni dei pronto soccorso.
Insomma, si sorbiscono conversazioni da salotto e da palazzo completamente fuori sincrono con la realtà , che tradiscono un’inconscia quanto irrefrenabile voglia di negazione di quello che succede là fuori.
Un istinto ancestrale, che porta a rifugiarsi e ancorarsi al piccolo e rassicurante mondo antico dei riti consumistici natalizi. Inquietante segno di un paese che preferisce discettare della giusta mantecatura del risotto piuttosto che del nuovo mondo che sarà durante e dopo la pandemia.
Perchè quello che viene rimosso o non è ancora ben chiaro nella coscienza collettiva è quanto l’avvento inaspettato del Covid sia il classico cigno nero da cui non si può più tornare indietro. Gli storici lo definiscono evento periodizzante, uno spartiacque cui c’era un prima e ci sarà un dopo, come successo ad esempio con la Rivoluzione francese nel Settecento, con la Rivoluzione industriale nell’Ottocento, con le due guerre mondiali nel Novecento.
Nell’epoca post Covid c’è quindi da ridiscutere – o quanto meno aggiornare – gli schemi e paradigmi che fin qui hanno funzionato e hanno portato benessere e prosperità , dal sistema di produzione economico all’architettura delle relazioni sociali.
E invece ci si attacca a come salvare il Natale, dei consumi e del piacere, proprio come a maggio dopo il lockdown si è pensato principalmente al Ferragosto, finendo però per gettare le basi di un ritorno recrudescente del virus malgrado gli allarmi (inascoltati) di tanti virologi cassandre.
Questa coazione a ritornare al passato, a non ammettere ancora che qualcosa è cambiato, non solo è pericoloso perchè, come visto, agevola la diffusione del virus. Ma è soprattutto un segno di grande debolezza e di decadenza di un popolo, laddove il popolo non è solo quello italiano, spagnolo, francese, europeo o americano ma quello occidentale. L’Occidente vive il più grande e lungo periodo di pace e di benessere economico degli ultimi secoli, sono ormai passati 75 anni dall’ultima grande guerra, il che significa che ormai quelle tracce sono sparite quasi del tutto dalla memoria collettiva.
Tracce che quanto mai oggi sarebbero necessarie per rammentare il senso del sacrificio e della resilienza di fronte ai grandi eventi della Storia, quella appunto con la s maiuscola. Invece l’uomo occidentale del 2020 non vuole mollare neanche una briciola del proprio livello di piacere e soddisfazione edonistica — e questo è perfettamente comprensibile, anzi salutare — ma soprattutto non vuole mollarlo neanche per un mese, una stagione, un anno. Quando forse basterebbe passare un Natale 2020 un po’ più sobrio e intimo per mettere le basi di un dicembre 2021 più allegro e festoso.
Un sacrificio oggi per una lauta ricompensa domani. Ma ormai per il suddetto uomo occidentale l’ansia da futuro è stata scalzata dall’ansia da vaccino, qui e subito.
In tutto ciò si avverte un senso di decadenza, neanche tanto vago. Un senso che descrisse benissimo nel 1941 il filosofo rumeno Emil Cioran nel suo saggio “Sulla Francia”. Ritraendo un paese appena invaso dai nazisti e appena privato dell’onore e della libertà , ha immortalato meglio di ogni altro quella condizione d’animo che avvolge un popolo che preferisce l’inerzia e l’edonismo alla capacità di reagire e alla fermezza di spirito.
Un libro che parla della Francia di allora ma le cui parole sembrano raccontare l’Occidente di oggi, perduto davanti al virus e al ritorno del terrorismo islamista.
“Dell’individualismo e del culto della libertà per i quali, un tempo, aveva versato il suo sangue, (la Francia, ndr) ha conservato, nella sua forma crepuscolare, solo il denaro e il piacere. (…) Quando non si crede più a niente, i sensi diventano religione. E lo stomaco finalità . Il fenomeno della decadenza è inseparabile dalla gastronomia”. E infatti il problema principale, oggi, è il cenone.
(da “Huffingtonpost”)
argomento: denuncia | Commenta »
Novembre 16th, 2020 Riccardo Fucile
“ONU INEFFICACE, SERVE UN’EUROPA SOVRANA, MOLTO PIU’ FORTE, CON UNA SUA DIFESA”
Dinanzi alle crisi e alle sfide degli ultimi mesi e anni, l’Europa deve cambiare registro e “collaborare”
per fronteggiare la pandemia di Covid-19, ma anche il terrorismo islamista che ha colpito con forza il Vecchio Continente, in particolare la Francia, ma anche l’Africa.
Questa la posizione espressa da Emmanuel Macron in una lunga intervista concessa a tre giovani studiosi di politica internazionale, redattori della rivista “Le Grand Continent”, pubblicata oggi sul Corriere della Sera.
“Siamo in un momento di frattura del capitalismo, che deve pensare alle diseguaglianze e al cambiamento climatico” spiega il presidente francese.
“Dobbiamo collaborare. Non riusciremo a sconfiggere l’epidemia e questo virus se non collaboriamo. Oltre a ciò, in questo momento ritengo che un’ulteriore rotta da seguire sia anche l’importanza – e l’uno per me è complementare all’altro – di rafforzare e strutturare un’Europa politica. (…) Ciò presuppone che si prenda atto del fatto che gli ambiti della cooperazione multilaterale oggi sono diventati fragili, perchè sono bloccati: non posso far altro che constatare che il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, oggi, non produce più soluzioni utili; siamo tutti corresponsabili quando alcuni diventano ostaggio delle crisi del multilateralismo, come l’OMS. (…) Se cerco di guardare oltre il breve termine, direi quindi che dobbiamo avere due assi forti: ritrovare le modalità per una cooperazione internazionale utile che eviti la guerra, ma che consenta di rispondere alle sfide contemporanee; costruire un’Europa molto più forte, che possa far valere la sua forza, mantenendo i suoi principi, in uno scenario così rifondato”.
Macron vede un “punto di rottura” rispetto al quadro multilaterale del 1945, “il relativismo contemporaneo che sta emergendo segna davvero una frattura e fa il gioco di potenze che non sono a proprio agio nell’ambito dei diritti umani delle Nazioni Unite. Su questo tema è evidente il gioco portato avanti dalla Cina e dalla Russia, che promuovono un relativismo dei valori e dei principi”. Non solo la rottura avviene anche “rispetto al post-1989.
“Le generazioni nate dopo il 1989 non hanno vissuto l’ultima grande lotta che ha strutturato la vita intellettuale occidentale e le nostre relazioni: l’anti-totalitarismo. (…) Tutti questi elementi producono fratture molto profonde nella nostra vita, nella vita delle nostre società e nello spirito che è emerso in queste date di riferimento. Ed è per questo che voglio lanciare quello che potremmo chiamare il “Consenso di Parigi”, che però sarà il consenso di tutti, che consiste nel superare questi momenti storici importanti per mettere in discussione l’elemento di concretizzazione del cosiddetto Washington Consensus: diminuzione del ruolo dello Stato, privatizzazioni, riforme strutturali, apertura delle economie attraverso il commercio, finanziarizzazione delle nostre economie, il tutto all’interno di una logica piuttosto monolitica basata sulla creazione di profitti. (…) Il funzionamento dell’economia di mercato centrata sulla finanza ha permesso l’innovazione e una via d’uscita dalla povertà in alcuni Paesi, ma ha aumentato le disuguaglianze nei nostri. Le nostre classi medie in particolare, e una parte delle nostre classi popolari, sono state la variabile di aggiustamento della globalizzazione; e questo è insostenibile. È insostenibile, e l’abbiamo indubbiamente sottovalutato. (…) Siamo in un momento di frattura del sistema capitalistico, che deve pensare allo stesso tempo alle disuguaglianze e al cambiamento climatico. A questo si aggiunge un fatto nuovo, ma che si sta strutturando in modo perverso: i social network e Internet. (…) L’ultimo punto di svolta è il cambiamento demografico, che spesso tendiamo a dimenticare. Abbiamo una popolazione che continua a crescere ad una velocità folle. (…) Non credo ci sia mai stato un periodo della storia che abbia concentrato così tanti elementi di frattura”.
Un’Europa politica più forte, a partire dalla difesa, è la via indicata da Macron.
“Sono sicuro di una cosa: non siamo gli Stati Uniti d’America. Sono i nostri alleati storici, abbiamo a cuore come loro la libertà e i diritti umani, abbiamo dei legami profondi, ma abbiamo, per esempio, una preferenza per l’uguaglianza che non c’è negli Stati Uniti d’America. I nostri valori non sono esattamente gli stessi. Abbiamo un attaccamento alla socialdemocrazia, a una maggiore uguaglianza, e le nostre reazioni non sono le stesse. Credo anche che da noi la cultura sia più importante, molto di più. Infine, siamo proiettati in un altro immaginario, legato all’Africa, al Vicino e Medio Oriente, e abbiamo un’altra geografia, che può disallineare i nostri interessi. La nostra politica di vicinato con l’Africa, con il Vicino e Medio Oriente, con la Russia, non è una politica di vicinato per gli Stati Uniti d’America. È quindi insostenibile che la nostra politica internazionale dipenda da loro o che segua le loro orme”.
Dura bordata di Macron, nei confronti della ministra tedesca della Difesa, Annegret Kramp-Karrenbauer, che in in’intervista a Politico.eu aveva esposto la sua visione del legame transatlantico dicendo che “le illusioni di una autonomia strategica europea devono cessare”.
Macron risponde per le rime:
“La domanda, per essere diretti, è questa: il cambiamento di amministrazione americana (con l’arrivo di Joe Biden) rallenterà le iniziative europee? Sono profondamente in disaccordo, per esempio, con l’editoriale su Politico firmato dal Ministro della Difesa tedesco. Penso che si tratti di un controsenso storico. Per fortuna, la Cancelliera non è sulla stessa linea, se ho capito bene. Ma gli Stati Uniti ci rispetteranno come alleati solo se rimarremo seri con noi stessi e se saremo sovrani con la nostra stessa difesa. Quindi penso che, al contrario, il cambiamento di amministrazione americana sia un’opportunità per continuare in modo totalmente pacifico e sereno quello che degli alleati devono capire: dobbiamo continuare a costruire la nostra autonomia per noi stessi, come gli Stati Uniti fanno per loro, e come la Cina fa per sè”.
La seconda sfida d’Europa riguarda i valori.
La lotta contro il terrorismo e l’islamismo radicale è una lotta europea, ed è una lotta alla nostra altezza: credo che, in fondo, la lotta contemporanea sia contro la barbarie e l’oscurantismo.
La terza sfida è il “cambiamento di prospettiva nei confronti dell’Africa e la reinvenzione dell’asse afro-europeo. È la lotta di una generazione, ma credo che sia fondamentale per noi”.
Altra sfida, il cambiamento climatico.
“Penso che la lotta contro il cambiamento climatico e quella per la biodiversità sia centrale nelle scelte politiche che dobbiamo fare. (…) Allo stesso modo, prendiamo l’esempio di una famiglia francese, che ha fatto tutto quello che le è stato chiesto per trent’anni. Le è stato detto: “devi trovare un lavoro” – ha trovato un lavoro. Le abbiamo detto: “Devi comprare una casa” – ma una casa è troppo costosa nella grande città , così l’ha comprata a 40, 50, 60 chilometri dalla grande città . Le è stato detto: “Il modello del successo è avere ciascuno la propria auto” – ha comprato due auto. Le è stato detto: “Se siete una famiglia degna di questo nome, dovete crescere bene i vostri figli, devono andare a musica e poi al club sportivo”. Così, il sabato, facevano quattro viaggi per portare in giro i loro figli. A questa famiglia, poi dite: “Siete grandi inquinatori, avete una casa mal isolata, avete una macchina e la guidate per 80, 100, 150 chilometri. Il nuovo mondo non vi ama”. La gente impazzisce! Dicono: “Ma ho fatto tutto bene! Compreso il fatto che il governo francese per decenni mi ha chiesto di comprare il diesel, e io ho comprato il diesel!”. Ho fatto l’esempio di questa famiglia perchè è esattamente così che mi hanno visto alla fine del 2018: come il tizio che all’improvviso ha detto, “tutto quello che fate ogni giorno, seguendo i nostri consigli, ora diventa di colpo cattivo”. Ma mi sono reso conto che abbiamo commesso un errore. Dobbiamo coinvolgere le nostre società in questo cambiamento. Quando dicevamo “cambieremo le cose in meglio”, come il commercio, hanno perso il lavoro. Se ora diciamo loro: “la transizione climatica è una cosa veramente buona perchè i vostri figli potranno respirare, ma sarete comunque voi a pagare il prezzo perchè saranno il vostro lavoro e la vostra vita a cambiare. Ma non la vita dei potenti, perchè loro vivono nei quartieri alti, non guidano mai un’auto e potranno continuare a prendere l’aereo per andare dall’altra parte del mondo”, non funzionerà ”.
(da agenzie)
argomento: Europa | Commenta »