MACRON: “SIAMO A UNA FRATTURA DEL CAPITALISMO, L’UE DEVE CAMBIARE”
“ONU INEFFICACE, SERVE UN’EUROPA SOVRANA, MOLTO PIU’ FORTE, CON UNA SUA DIFESA”
Dinanzi alle crisi e alle sfide degli ultimi mesi e anni, l’Europa deve cambiare registro e “collaborare” per fronteggiare la pandemia di Covid-19, ma anche il terrorismo islamista che ha colpito con forza il Vecchio Continente, in particolare la Francia, ma anche l’Africa.
Questa la posizione espressa da Emmanuel Macron in una lunga intervista concessa a tre giovani studiosi di politica internazionale, redattori della rivista “Le Grand Continent”, pubblicata oggi sul Corriere della Sera.
“Siamo in un momento di frattura del capitalismo, che deve pensare alle diseguaglianze e al cambiamento climatico” spiega il presidente francese.
“Dobbiamo collaborare. Non riusciremo a sconfiggere l’epidemia e questo virus se non collaboriamo. Oltre a ciò, in questo momento ritengo che un’ulteriore rotta da seguire sia anche l’importanza – e l’uno per me è complementare all’altro – di rafforzare e strutturare un’Europa politica. (…) Ciò presuppone che si prenda atto del fatto che gli ambiti della cooperazione multilaterale oggi sono diventati fragili, perchè sono bloccati: non posso far altro che constatare che il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, oggi, non produce più soluzioni utili; siamo tutti corresponsabili quando alcuni diventano ostaggio delle crisi del multilateralismo, come l’OMS. (…) Se cerco di guardare oltre il breve termine, direi quindi che dobbiamo avere due assi forti: ritrovare le modalità per una cooperazione internazionale utile che eviti la guerra, ma che consenta di rispondere alle sfide contemporanee; costruire un’Europa molto più forte, che possa far valere la sua forza, mantenendo i suoi principi, in uno scenario così rifondato”.
Macron vede un “punto di rottura” rispetto al quadro multilaterale del 1945, “il relativismo contemporaneo che sta emergendo segna davvero una frattura e fa il gioco di potenze che non sono a proprio agio nell’ambito dei diritti umani delle Nazioni Unite. Su questo tema è evidente il gioco portato avanti dalla Cina e dalla Russia, che promuovono un relativismo dei valori e dei principi”. Non solo la rottura avviene anche “rispetto al post-1989.
“Le generazioni nate dopo il 1989 non hanno vissuto l’ultima grande lotta che ha strutturato la vita intellettuale occidentale e le nostre relazioni: l’anti-totalitarismo. (…) Tutti questi elementi producono fratture molto profonde nella nostra vita, nella vita delle nostre società e nello spirito che è emerso in queste date di riferimento. Ed è per questo che voglio lanciare quello che potremmo chiamare il “Consenso di Parigi”, che però sarà il consenso di tutti, che consiste nel superare questi momenti storici importanti per mettere in discussione l’elemento di concretizzazione del cosiddetto Washington Consensus: diminuzione del ruolo dello Stato, privatizzazioni, riforme strutturali, apertura delle economie attraverso il commercio, finanziarizzazione delle nostre economie, il tutto all’interno di una logica piuttosto monolitica basata sulla creazione di profitti. (…) Il funzionamento dell’economia di mercato centrata sulla finanza ha permesso l’innovazione e una via d’uscita dalla povertà in alcuni Paesi, ma ha aumentato le disuguaglianze nei nostri. Le nostre classi medie in particolare, e una parte delle nostre classi popolari, sono state la variabile di aggiustamento della globalizzazione; e questo è insostenibile. È insostenibile, e l’abbiamo indubbiamente sottovalutato. (…) Siamo in un momento di frattura del sistema capitalistico, che deve pensare allo stesso tempo alle disuguaglianze e al cambiamento climatico. A questo si aggiunge un fatto nuovo, ma che si sta strutturando in modo perverso: i social network e Internet. (…) L’ultimo punto di svolta è il cambiamento demografico, che spesso tendiamo a dimenticare. Abbiamo una popolazione che continua a crescere ad una velocità folle. (…) Non credo ci sia mai stato un periodo della storia che abbia concentrato così tanti elementi di frattura”.
Un’Europa politica più forte, a partire dalla difesa, è la via indicata da Macron.
“Sono sicuro di una cosa: non siamo gli Stati Uniti d’America. Sono i nostri alleati storici, abbiamo a cuore come loro la libertà e i diritti umani, abbiamo dei legami profondi, ma abbiamo, per esempio, una preferenza per l’uguaglianza che non c’è negli Stati Uniti d’America. I nostri valori non sono esattamente gli stessi. Abbiamo un attaccamento alla socialdemocrazia, a una maggiore uguaglianza, e le nostre reazioni non sono le stesse. Credo anche che da noi la cultura sia più importante, molto di più. Infine, siamo proiettati in un altro immaginario, legato all’Africa, al Vicino e Medio Oriente, e abbiamo un’altra geografia, che può disallineare i nostri interessi. La nostra politica di vicinato con l’Africa, con il Vicino e Medio Oriente, con la Russia, non è una politica di vicinato per gli Stati Uniti d’America. È quindi insostenibile che la nostra politica internazionale dipenda da loro o che segua le loro orme”.
Dura bordata di Macron, nei confronti della ministra tedesca della Difesa, Annegret Kramp-Karrenbauer, che in in’intervista a Politico.eu aveva esposto la sua visione del legame transatlantico dicendo che “le illusioni di una autonomia strategica europea devono cessare”.
Macron risponde per le rime:
“La domanda, per essere diretti, è questa: il cambiamento di amministrazione americana (con l’arrivo di Joe Biden) rallenterà le iniziative europee? Sono profondamente in disaccordo, per esempio, con l’editoriale su Politico firmato dal Ministro della Difesa tedesco. Penso che si tratti di un controsenso storico. Per fortuna, la Cancelliera non è sulla stessa linea, se ho capito bene. Ma gli Stati Uniti ci rispetteranno come alleati solo se rimarremo seri con noi stessi e se saremo sovrani con la nostra stessa difesa. Quindi penso che, al contrario, il cambiamento di amministrazione americana sia un’opportunità per continuare in modo totalmente pacifico e sereno quello che degli alleati devono capire: dobbiamo continuare a costruire la nostra autonomia per noi stessi, come gli Stati Uniti fanno per loro, e come la Cina fa per sè”.
La seconda sfida d’Europa riguarda i valori.
La lotta contro il terrorismo e l’islamismo radicale è una lotta europea, ed è una lotta alla nostra altezza: credo che, in fondo, la lotta contemporanea sia contro la barbarie e l’oscurantismo.
La terza sfida è il “cambiamento di prospettiva nei confronti dell’Africa e la reinvenzione dell’asse afro-europeo. È la lotta di una generazione, ma credo che sia fondamentale per noi”.
Altra sfida, il cambiamento climatico.
“Penso che la lotta contro il cambiamento climatico e quella per la biodiversità sia centrale nelle scelte politiche che dobbiamo fare. (…) Allo stesso modo, prendiamo l’esempio di una famiglia francese, che ha fatto tutto quello che le è stato chiesto per trent’anni. Le è stato detto: “devi trovare un lavoro” – ha trovato un lavoro. Le abbiamo detto: “Devi comprare una casa” – ma una casa è troppo costosa nella grande città , così l’ha comprata a 40, 50, 60 chilometri dalla grande città . Le è stato detto: “Il modello del successo è avere ciascuno la propria auto” – ha comprato due auto. Le è stato detto: “Se siete una famiglia degna di questo nome, dovete crescere bene i vostri figli, devono andare a musica e poi al club sportivo”. Così, il sabato, facevano quattro viaggi per portare in giro i loro figli. A questa famiglia, poi dite: “Siete grandi inquinatori, avete una casa mal isolata, avete una macchina e la guidate per 80, 100, 150 chilometri. Il nuovo mondo non vi ama”. La gente impazzisce! Dicono: “Ma ho fatto tutto bene! Compreso il fatto che il governo francese per decenni mi ha chiesto di comprare il diesel, e io ho comprato il diesel!”. Ho fatto l’esempio di questa famiglia perchè è esattamente così che mi hanno visto alla fine del 2018: come il tizio che all’improvviso ha detto, “tutto quello che fate ogni giorno, seguendo i nostri consigli, ora diventa di colpo cattivo”. Ma mi sono reso conto che abbiamo commesso un errore. Dobbiamo coinvolgere le nostre società in questo cambiamento. Quando dicevamo “cambieremo le cose in meglio”, come il commercio, hanno perso il lavoro. Se ora diciamo loro: “la transizione climatica è una cosa veramente buona perchè i vostri figli potranno respirare, ma sarete comunque voi a pagare il prezzo perchè saranno il vostro lavoro e la vostra vita a cambiare. Ma non la vita dei potenti, perchè loro vivono nei quartieri alti, non guidano mai un’auto e potranno continuare a prendere l’aereo per andare dall’altra parte del mondo”, non funzionerà ”.
(da agenzie)
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