Novembre 25th, 2020 Riccardo Fucile
IL SONDAGGIO SWG: PER IL 5% IL COVID-19 NON ESISTE
Il coronavirus? È stato creato in laboratorio e diffuso appositamente per modificare gli equilibri geopolitici mondiali. Sì, lo sappiamo, è una bufala inventata nei primi mesi della pandemia ma ancora oggi, sebbene non sia mai stata trovata una prova a sostegno di questa tesi, è a questo che credono moltissime persone in Italia.
È quanto emerge da uno studio condotto dalla società di monitoraggio Swg relativo alla settimana dal 16 al 22 novembre. Il 25% del campione intervistato è convinto che il virus sia frutto di un complotto, dato in aumento del 6% rispetto al 19% della rilevazione dello scorso 19 settembre.
Più nel dettaglio, il 20% degli intervistati sostiene che il virus sia stato creato in laboratorio e diffuso di proposito per modificare gli equilibri mondiali, mentre il 5% ritiene che venga utilizzato per controllare le persone e l’economia, ma che di fatto non esista.
Tra i cospirazionisti, inoltre, è del 33 la percentuale di chi ritiene che si tratti di un virus creato dai cinesi per indebolire gli altri Paesi. Il 21% ritiene che sia stato, invece, creato dalle multinazionali del web per arricchirsi, mentre il 20% degli intervistati punta il dito contro le èlite mondiali e una presunta volontà di instaurare una dittatura sanitaria.
Infine, dallo studio Swg, emerge che il 16% pensa che il virus sia stato creato dalle mafie per arricchirsi e ampliare il proprio potere.
Secondo il 53% degli intervistati la versione sull’epidemia offerta dai media e dalle istituzioni è veritiera, mentre il 21% ritiene che sia esagerata e che, in realtà , la situazione sia decisamente meno grave. In particolare il 32% degli scettici dichiara di votare per il centrodestra, e il 27% ha un’età compresa tra i 25 e i 34 anni.
Dalla statistica emerge inoltre che per il 20% la situazione raccontata da giornali e istituzioni sia invece sottostimata mentre sarebbe in realtà molto più grave.
Quanto al vaccino la diffidenza è più alta se venisse prodotto in Paesi come Cina e Russia. Dal sondaggio Swg emerge che il 71% degli intervistati non si fiderebbe di un vaccino prodotto in quei due paesi; la fiducia sale, invece, al 75% se il vaccino fosse prodotto in Italia, del 67% se provenisse da altri Paesi europei e del 57% se prodotto negli Usa.
Invece che porsi la domanda se il vaccino sia efficace o meno, pensano a fare gli utili patridioti.
(da agenzie)
argomento: denuncia | Commenta »
Novembre 25th, 2020 Riccardo Fucile
PAROLE A CASO, SENZA FRENI E CONTRADDITTORIO: MA I GIORNALISTI COSA CI STANNO A FARE? A SCODINZOLARE DI FRONTE A UN BALLISTA?
La classica lista della spesa, a cui si aggiunge una bufala (ma non parliamo di mozzarella). La
dialettica di Matteo Salvini, ormai, è arcinota. Quando si tratta di affrontare qualsiasi tipo di tematica, il leader della Lega inizia a sciorinare parole a mo’ di elenco del telefono. E nel farlo ha inserito anche una fake news.
Il tutto mentre, nel corso del suo collegamento, si stava parlando del terrorismo mediatico (e politico) sul Coronavirus e in Natale. Ed è lì che ha parlato di divieto di albero.
«Io mi auguro che il prossimo sia il Natale dei bambini e delle famiglie — ha detto Matteo Salvini in collegamento con Maurizio Costanzo Show -. Io mi rifiuto di pensare al 25 dicembre via Zoom. Ovviamente Nessuno di noi pensa ai cenoni do Natale con duecento persone, però poter rivedere mamma, papà , cugini e fratelli e poter tornare a casa anche lontano dalla propria regione, con cautela, ritengo che si possa fare».
E qui arriva l’apoteosi. Mentre anche Maurizio Costanzo invita i medici e gli esperti a non fare terrorismo sulla situazione Covid in Italia, Matteo Salvini inizia un nuovo elenco della spesa: «Io invito chi va in televisione a non seminare disperazione dicendo ‘niente Natale, niente famiglia, niente albero e niente Natale’».
Ovviamente nessun esperto ha mai parlato di divieto di albero, ma — come fatto dal Comitato Tecnico-Scientifico anche nella giornata di ieri, si sottolinea come una limitazione delle interazioni nei prossimi giorni di festa sia un sacrificio per rallentare i contagi, evitare un nuovo picco e — soprattutto — salvaguardare noi stessi e gli altri. Compresi nonni e genitori, magari quelli in là con l’età che — lo dicono i numeri — sono quelli più a rischio.
(da agenzie)
argomento: denuncia | Commenta »
Novembre 25th, 2020 Riccardo Fucile
ORA IN POLE CI SAREBBE MIOZZO CHE “CI STA PENSANDO”
Arriverà sul nome di Agostino Miozzo la quadratura del cerchio sulla scelta del nuovo commissario alla Sanità della Calabria? Il coordinatore del Comitato tecnico scientifico deciderà in giornata.
Al massimo in serata dovrebbe comunicare la sua decisione al presidente del Consiglio, Giuseppe Conte. Il Governo glielo ha chiesto e lui, Miozzo, sta valutando la proposta. Raggiunto al telefono da HuffPost, risponde con la consueta cortesia ma non scioglie la riserva: “Per ora no comment”.
Intervenendo a 24Mattino, ha poi rassicurato sulla disponibilità della moglie a trasferirsi a Catanzaro: “Mi ha terrorizzato dicendomi ‘non ti permettere di dire che ho qualcosa contro la Calabria’, quindi nel caso lei sarebbe d’accordo” ha ironizzato Miozzo, con riferimento alla rinuncia di Eugenio Gaudio per motivi personali legati proprio alla contrarietà della moglie al trasferimento in Calabria.
Medico di sessantasette anni, originario di Camposampiero – poco più di dodicimila abitanti in provincia di Padova – sposato, tre figli, alle spalle una lunga esperienza nella cooperazione nazionale nel mondo, dalla fine di gennaio del 2020 è stato nominato coordinatore del Cts, che sta supportando il Governo nelle decisioni da assumere per la gestione dell’epidemia.
Il primo ottobre è arrivata la pensione, “ma – ha spiegato lui ad HuffPost – il presidente del Consiglio e il ministro della Salute mi hanno chiesto di continuare a coordinare il Comitato fino alla fine dello stato di emergenza (fissato per ora al 31 gennaio 2021, ndr)”.
Adesso, però, Miozzo potrebbe andare a guidare la struttura commissariale in Calabria. Sul suo nome, infatti, potrebbero convergere sia Pd che Cinque Stelle. Ritrovando l’intesa saltata ieri sera in un Consiglio dei ministri descritto da chi c’era come “infuocato”, sul nome del direttore dell’Asl Roma 6, Narciso Mostarda.
E mettendo fine a una querelle, quella della nomina del commissario alla Sanità della Calabria, apertasi con la cacciata di Saverio Cotticelli e le dimissioni, a stretto giro dalla nomina, degli altri due commissari nominati dal Governo, Giuseppe Zuccatelli e Eugenio Gaudio.
Ieri sera, quando la soluzione sembrava ormai a portata di mano e l’accordo vicino sul nome di Mostarda, l’ennesima fumata nera. Oggi potrebbe arrivare quella bianca. Sul nome di Miozzo.
(da “Huffingtonpost”)
argomento: denuncia | Commenta »
Novembre 25th, 2020 Riccardo Fucile
“PROFONDAMENTE DELUSO DALLA SANITA’ LOMBARDA” …. “HA RAGIONE CRISANTI, I DATI DEVONO ESSERE RESI PUBBLICI, SIAMO FERMI AI COMUNICATI STAMPA DELLE AZIENDE”
A 92 anni il fondatore dell’Istituto di ricerche farmacologiche “Mario Negri” è riuscito solo pochi
giorni fa ad avere accesso all’anti-influenzale. «In lista d’attesa con migliaia di pensionati senza dosi»
Profondamente deluso. Il professor Silvio Garattini, 92 anni, non usa parole dolci quando viene chiamato a descrivere la gestione del Coronavirus da parte della sanità lombarda. Medico e farmacologo, è il fondatore nel 1963 e attualmente presidente dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri.
Uno scienziato di lungo corso, che dopo ormai mesi di lotta al virus, non risparmia dure valutazioni su quella che, come ha ribadito al Corriere, «dovrebbe essere la punta di diamante del Paese» e che invece «ha fatto una figuraccia».
Il riferimento è alla Regione Lombardia e alla mancata capacità , secondo il professore, «di dare una linea». Medici lasciati troppo soli nelle trincee, ritardi inspiegabili e un vaccino anti-influenzale che non basta.
«L’ho fatto lunedì», dice Garantini, «ma sono tra i fortunati. Ero in lista d’attesa come migliaia di altri pensionati, il mio medico ha ricevuto le dosi, ma non bastano per tutti i richiedenti».
La figuraccia di cui parla lo scienziato è racchiusa in questa descrizione. Alle fasce più a rischio non viene attualmente garantita la possibilità dell’anti-influenzale e il timore è che i ritardi possano verificarsi anche per le dosi dei vaccini anti Covid in arrivo.
«Che gli Stati richiedano i dati sui vaccini»
A questo proposito Garattini si associa alle invocazioni, arrivate negli ultimi giorni da parte di altri colleghi, sulla diffusione dei dati riguardanti i vaccini più prossimi alla validazione. «Dobbiamo fare in modo che i dati sui risultati vengano resi pubblici» ha detto lo scienziato, «senza trasparenza siamo fermi ai comunicati stampa».
Il compito di richiedere i dati spetterebbe ai governi e «agli Stati che hanno finanziato in parte le ricerche», un modo secondo il professore anche per «non alimentare il margine di chi dichiara di non volersi vaccinare».
Il massimo auspicabile sarebbe poi anche l’idea di togliere il brevetto alle singole azienda, «affinchè non si faccia business con la salute», ma questa per il professore rimane una possibilità «piuttosto difficile» da vedere realizzata.
In quanto ai prossimi mesi sarà necessario per Garattini essere consapevole di come il vaccino non potrà essere certo panacea di tutti i mali. «Sarebbe un cattivo messaggio quello di lasciar credere che non ci saranno più regole da rispettare e che con il vaccino si possa risolvere tutto», ribadisce. Un’attenzione che lo scienziato chiede anche alle istituzioni. «Dovrà essere il tempo di una rivoluzione del sistema sanitario e culturale del Paese», continua, che porti all’idea della scienza «come educazione alla vita» e non come «argomento da bar».
«Un esercito in campo per garantire la pace»
Pochi posti nelle terapie intensive, scarsa medicina sul territorio, tagli agli ospedali pubblici, poche risorse per la ricerca. Questi i punti deboli che secondo Garattini «ci hanno fatto trovare impreparati» alla pandemia e che potranno farlo ancora. Lo scenario futuro nella proposta del professore è quello di trattare il ministero della Salute come quello alla Difesa. «Sulla Sanità bisogna ragionare in termini di riserva disponibile», spiega, «a che cosa servono corazzate, aerei, armi, caserme? Sono un deterrente, una misura preventiva per evitare la guerra come si fa con la Difesa: ora serve un esercito in campo per garantire la pace».
(da agenzie)
argomento: denuncia | Commenta »
Novembre 25th, 2020 Riccardo Fucile
LA “SPESA SEXY” DELLA RAGAZZA CON TACCHI A SPILLO, MINIGONNA E ISTRUZIONI SU COME ALZARE UNA GAMBA MENTRE SI RIMANE APPESE A UNO SCAFFALE… CI MANCAVA LA “DONNA OGGETTO” NEL GIORNO IN CUI SI DENUNCIA LA VIOLENZA
Martedì 24 novembre, a ridosso della giornata dedicata a combattere la violenza contro le donne, Rai 2 ha proposto al pubblico di Detto Fatto un tutorial per insegnare alle donne come fare la spesa al supermercato, utilizzando per lo scopo l’immagine di una ragazza attraente
Tacchi a spillo adattissimi per le code esterne dovute alle entrate contingentate, minigonna da discoteca e frasi accattivanti tipo “le corsie del supermercato diventano il mio palcoscenico”, o ancora “eppure c’è chi anche al supermercato porta i tacchi, perchè al supermercato si cucca”.
Consigliando poi di sollevare la gamba, come una vera massaia sexy, quando si sta appese a uno scaffale. Tutto questo per dare un tocco più intrigante a chi osserva la scena, ricordiamoci, non è la corsia di un supermercato, ma un palcoscenico.
Tutto ciò senza mascherina, almeno poteva esserci qualcosa da salvare, ma manco quella. Perchè una dovrebbe andare a rimorchiare alla Coop non è dato saperlo, nè perchè lì debba apparire sexy, nè perchè per gli uomini non valga la stessa regola, non so, anche le cassiere hanno diritto a rifarsi gli occhi invece di assistere al via vai di personaggi pantofolati e trasandati.
La donna oggetto, ogni tanto va riproposta. Giustamente sono trascorsi anni da quella famosa pubblicità di una vernice, dove c’era la moglie che dipingeva in terrazza, vestita di bianco e con un giro di perle, in compagnia della sua cameriera che stava issata su una scala con calze nere e tacchi a spillo con la telecamera che la riprendeva da sotto.
Comunque, con cinque minuti di questa idiozia, la Rai è stata capace di gettare al rogo tonnellate di mimose e migliaia di container contenenti scarpe rosse, anche se credo sia ormai una tradizione,
L’anno scorso, sempre sulla Rai, nel programma “La prova del cuoco”, in occasione della stessa giornata dedicata alle donne, una concorrente rivelò a Elisa Isoardi (e quindi al pubblico) di aver partecipato alla trasmissione grazie all’autorizzazione del marito molto geloso, ringraziandolo per questo pubblicamente.
Manco l’avesse autorizzata ad andare a “Colpo Grosso”, stava lì a preparare un gateau di patate davanti a milioni di spettatori che, oltre alle ricette, assimilano come spugne pure le idiozie medioevali pronunciate da chiunque abbia un microfono.
Chissà l’anno prossimo cosa ci proporranno, ballerine perizomate prese a frustate da un presentatore?
Potrebbero assumere Vittorio Feltri nell’ufficio creativo, perchè al primo posto della settimana in fatto di misoginia c’è ancora lui, malgrado questo tentativo.
(da agenzie)
argomento: denuncia | Commenta »
Novembre 25th, 2020 Riccardo Fucile
HA CAPITO COSA VUOL DIRE AMMALARSI DI COVID DOPO AVERLO PROVATO SULLA PROPRIA PELLE
«Chi rifiuta di riconoscere l’esistenza del virus va in giro senza mascherina. Bene, chi si ammala
resti a casa sua e non vada a intasare gli ospedali».
Il messaggio duro e diretto ai negazionisti non arriva da una persona qualunque. Le parole contro chi rischia di vanificare gli sforzi per contrastare l’epidemia di Coronavirus arrivano da un uomo che ha capito cosa è COVID-19 solo dopo averlo provato sulla propria pelle.
Il suo appello, così simile a quello di Michela Isca, l’infermiera di Pescara che ha smontato le bufale dei negazionisti, è contenuto in un’intervista al Messaggero:
«Credevo fosse un’esagerazione, una malattia sopravvalutata. Seguivo le notizie e pensavo che la diffusione del virus non si sarebbe mai trasformata in una pandemia così grave. Ma poi mi sono ammalato anch’io, ed è cambiato tutto».
Alessandro ha 35 anni, vive e lavora ad Ostia, la sua mamma e il suocero sono stati i primi ad ammalarsi di Covid, quindi è toccato a lui. Da quel momento la prospettiva è cambiata.
«Mi sono ammalato e dopo qualche giorno mi sono spaventato davvero. Io sono giovane, forte, non ho problemi fisici, però ho avuto una febbre devastante. Per oltre due settimane tra 39 e 42 e mezzo, avevo l’ossigenazione attorno a 89-90. Di quel periodo non ricordo molto perchè non ero lucido, stavo molto male, figurarsi cosa può succedere a una persona di settant’anni. Sono guarito e fortunatamente anche mia madre, che è paziente oncologica. Abbiamo trascorso più di due mesi d’inferno, la paura è stata molta. E ho capito davvero cos’è il Covid. Prima ero uno scettico.Mi sono ricreduto»
(da agenzie)
argomento: denuncia | Commenta »
Novembre 25th, 2020 Riccardo Fucile
IDENTIFICATO DA CONOSCENTI E AMICHE VIENE SUBISSATO DA CRITICHE E INSULTI… ORA HA PAURA: QUANDO AI BULLI COMINCIA A BRUCIARE IL CULO DIVENTANO AGNELLI
Il suo video, pubblicato come storia su Instagram e poi cancellato, è diventato virale per la violenza e la stupidità del messaggio che lanciava. Anche Selvaggia Lucarelli lo ha ripubblicato sul suo profilo Facebook. Ora il Corriere Fiorentino fa il suo nome e spiega che si è molto spaventato dopo le minacce che sono arrivate a lui e alla sua famiglia. “Ho fatto una cazzata”, spiega in un secondo video in cui si è scusato
«Avete mai provato una stuprata? Col vostro fisico di merd… se trovate uno come me, vi stupro… smettiamo di mettere tutte queste fotine per piacere…». È steso sul letto della sua camera, si dice malato, alterato e molto scocciato dalle foto che le ragazzine seminude pubblicano sui social. Ha 21 anni, Federico Grazzini, parla con fare supponente e sul suo profilo instagram, proprio sotto il nome, c’è scritto «maschilista».
Un video squallido, pochi minuti, che istiga alla violenza sulle donne: lui stesso giustifica azioni come lo stupro «perchè provocate da vestiti succinti o foto osè».
E lo dice a chiare lettere. Troppo per chiunque ma soprattutto per le coetanee, le «amiche», le persone con cui è cresciuto insieme e che hanno deciso di denunciare, sempre tramite i social, il suo comportamento. Ognuna ha detto la sua.
Sì, perchè da lunedì sera quando è stato pubblicato, il video è diventato virale, soprattutto dopo la condivisione della giornalista e blogger Selvaggia Lucarelli che commenta il video con una frase: «È tutto molto preoccupante».
Il sindaco Sandra Scarpellini ha chiamato i genitori, molto conosciuti in paese, titolari di uno storico ristorante. E lui nel pomeriggio di ieri è tornato in video chiedendo scusa a tutte le ragazze del mondo, difendendo i genitori che al momento sono sotto la lente di ingrandimento. Giustificandosi che era ubriaco e depresso, molto depresso: «Non sto bene con me stesso, non ho dato peso alle parole che ho detto. Ho fatto una cazz… e ne affronto le conseguenze. Però la mia famiglia non c’entra. No alle minacce di morte»
(da agenzie)
argomento: violenza sulle donne | Commenta »
Novembre 25th, 2020 Riccardo Fucile
E’ DIVENTATO IL COVO SICURO DOVE CONDIVIDONO MATERIALE PORNO NON CONSENSUALE
Non solo revenge porn, il social network è diventato il «covo sicuro» dove gli italiani condividono
materiale pornografico non consensuale. L’indagine dell’associazione PermessoNegato
La «Giornata contro la violenza sulle donne» venne istituita dall’Onu nel 1999, ma all’epoca non avevano idea di come si sarebbe evoluta la tecnologia e soprattutto il mondo dei social. Nel 2013 due russi, Nikolaj e Pavel Durov, fondano e finanziano il servizio gratuito di messaggistica istantanea Telegram che, nel tempo, è diventato il «covo sicuro» di fenomeni come il «Revenge Porn» che la giornata di oggi, 25 novembre, cerca di contrastare.
Ci siamo, purtroppo, abituati a parlare e soprattutto a comprendere il significato di «Revenge Porn», che identifica le «vendette di relazione», ma dobbiamo essere consapevoli che si tratta di un tassello di un fenomeno molto più vasto chiamato «Pornografia Non-Consensuale» (NCP). L’associazione no-profit PermessoNegato APS, nata nel 2019 per supportare a livello tecnologico e legale le vittime di NCP, pubblica oggi un report di questo fenomeno radicato nel Telegram italiano.
Il branco italiano
PermessoNegato ci racconta, attraverso il suo report, lo «Stato dell’Arte del Revenge» attraverso le analisi svolte su Telegram in Italia. Parliamo di 89 gruppi e canali italiani attivi nella condivisione di Pornografia Non Consensuale (NCP) dove il più seguito annovera oltre 997 mila utenti unici iscritti. Il totale degli iscritti a questi 89 gruppi e canali supera di gran lunga la somma dei 6 milioni di account non unici.
La Pandemia Covid19 ha, purtroppo, portato a una crescita del fenomeno. Nel solo mese di febbraio 2020 i gruppi e canali rilevati erano 17 per un totale di oltre un milione di account non univoci. Due mesi dopo, i gruppi erano 29 e c’erano canali per oltre 2 milioni di account. Ad aumentare la crescita e la nascita di nuove realtà sono soprattutto i fatti di cronaca, spesso veicolati dai media che forniscono al pubblico gli elementi che permettono una facile individuazione dei contenuti online e attraverso social come Telegram.
L’operazione della Polizia Postale contro tre canali Telegram che, purtroppo, non collabora: per individuare i proprietari dei canali si sfruttano altre strategie che hanno portato all’arresto di un 29enne bergamasco per Revenge Porn nei confronti della sua ex
Il fenomeno della Pornografia Non-Consensuale non esclude classi sociali o demografica, molti sono gli adolescenti come adulti, cittadini semplici o personaggi noti, o ancora che fanno parte delle Istituzioni. Il materiale diffuso varia: dalle immagini destinate a rimanere private e riprese consensualmente durante il rapporto sessuale a foto rubate da telecamere nascoste o rubate dai dispositivi delle vittime. Purtroppo, non mancano le immagini di stupro riprese durante il corso della violenza sessuale
PermessoNegato spiega che questi gruppi e chat si auto-alimentano, attraverso l’incoraggiamento degli iscritti a caricare video e immagini pornografiche con i loro attuali o ex partner affinchè vengano «valutati» all’interno della community. Una sorta di «gara al miglior fornitore», dove nella peggiore delle ipotesi è la cospicua abitudine di corredare questi contenuti con nome, cognome o collegamenti ai profili social delle vittime. In alcuni casi vengono fornite le email delle vittime o addirittura i loro numeri di cellulare.
Un altro lato oscuro si nasconde dietro queste realtà , la pedopornografia dove i minori vengono contattati tramite messaggi privati e convinti in cambio di denaro, o costretti tramite forti pressioni, a diffondere materiale porno che riguarda loro o i loro coetanei.
Il ruolo dei social e dei media
Sono oltre i 400 casi seguiti da PermessoNegato in Italia durante questo primo anno di attività , ma a differenza di Facebook con la sua «tolleranza zero», la piattaforma Telegram «fa orecchie da mercante» evitando di collaborare con le autorità , la Polizia Postale, e rendendosi complice delle violenze che le vittime subiscono all’interno della loro piattaforma 24 ore su 24, sette giorni su sette e per tutto l’anno. I media hanno un ruolo importante nella tutela delle vittime di violenza, di Revenge Porn e di tutte le altre forme di Pornografia Non-Consensuale. Basta una notizia in cui vengano rilasciati dettagli come il nome della vittima o la sua attività lavorativa legata ad altre parole chiave come il luogo di residenza e parte la caccia al video, alla foto, a quel contenuto da fornire al branco affamato nei gruppi e nelle chat Telegram.
Un altro punto dolente riguarda certi media e personaggi influenti che, anzichè tutelare le vittime, le dipingono come «colpevoli» della violenza subita attraverso le formule narrative del tipo «se l’è cercata» o «è stata ingenua», mettendo in secondo piano il focus sul carnefice e fornendo una giustificazione morale a coloro che poi diffondono i contenuti pornografici all’interno delle loro community. L’esempio più classico? «È colpa sua, poteva evitare e non è colpa nostra se circola online».
La mossa di Facebook
Facebook, al contrario di Telegram, è intenzionato a combattere il fenomeno e lo fa attraverso un Programma pilota sulle immagini intime condivise senza autorizzazione che coinvolge diverse realtà nazionali di diverse parti del mondo — in Italia troviamo proprio PermessoNegato — con l’obbiettivo di tutelare le persone che temono la diffusione senza il loro consenso delle proprie immagini intime. In che maniera? Inviandone una copia in modo sicuro e protetto per impedire che questi contenuti vengano condivisi sul social, su Messenger e Instagram.
La persona che si sente minacciata può contattare l’organizzazione partner di Facebook del proprio Paese affinchè possa segnalare l’eventuale rischio e definire l’assistenza per partecipare al progetto pilota. Una volta compilati gli appositi moduli, la persona denunciante riceverà un link monouso dove poter caricare e inviare le immagini e i video compromettenti in proprio possesso a Facebook.
Un team dedicato di dipendenti Facebook esaminerà personalmente i contenuti che, se soddisfatti determinati criteri, ricorrerà alle proprie tecnologie capaci di scovare la corrispondenza dei video e delle immagini per bloccarne la condivisione su Facebook, Messenger e Instagram. In questo modo, se una persona estranea cerca di condividere il contenuto su una delle tre piattaforme sarà impossibilitato a farlo.
(da Open)
argomento: violenza sulle donne | Commenta »
Novembre 25th, 2020 Riccardo Fucile
AVVOCATI ROMANI: “NORME GIUSTE, GIUSTIZIA LENTA LE DEPOTENZIA”
Ottanta condanne, quasi 4mila procedimenti in corso. Mille di questi riguardano il revenge porn, denunciato quasi da tre persone al giorno.
E, ancora, molte inchieste partite dopo le denunce di donne che hanno subito maltrattamenti in famiglia durante il lockdown.
Quando mentre i reati di violenza sessuale di gruppo e stalking diminuivano, tra le mura di casa tante donne subivano abusi.
§A poco più di un anno dall’entrata in vigore del Codice Rosso, e alla vigilia della giornata contro la violenza sulle donne, il ministro Alfonso Bonafede ha presentato un rapporto sull’applicazione del pacchetto di norme varato a luglio 2019. Erano i tempi del primo governo Conte e la legge fu fortemente voluta, oltre che dal Guardasigilli, anche da Giulia Bongiorno, già ministro della PA e avvocato.
La normativa prevede una “corsia preferenziale” riservata alle donne che denunciano le violenze subito. L’obiettivo è assicurare priorità nella trattazione di questi casi, facendo in modo che le donne siano ascoltate dal pm entro tre giorni dall’apertura del fascicolo. Con lo stesso provvedimento sono state innalzate le pene per stalking, violenza sessuale e maltrattamenti.
Ma quanto è efficace questa nuova legge che ha previsto, tra l’altro, quattro nuovi reati? I numeri, aggiornati al 31 luglio 2020, ci dicono che la macchina un po’ si è messa in moto. I mesi della prima ondata di Covid hanno inevitabilmente rallentato tutti i processi, non le denunce. O almeno non in tutti i casi.
Le segnalazioni alle forze dell’ordine per maltrattamenti in famiglia sono aumentate dell′11%, “trend che può essere imputato alle misure di contenimento da lockdown che hanno portato a situazioni di convivenza forzata”, ha spiegato Alfonso Bonafede. Diminuite, invece, nello stesso periodo – e verosimilmente per lo stesso motivo – le denunce per gli altri reati che vedono le donne come vittime: violenza sessuale -4%, corruzione di minorenne -10%, violenza sessuale di gruppo -17%, stalking -4%.
Quanto ai provvedimenti del giudice, da quando il Codice Rosso è legge novanta sono state le sentenze di primo grado per i reati introdotti dal provvedimento, 80 di queste sono di condanna: “Altri 120 processi sono tuttora in corso in fase di dibattimentale”, spiega il Guardasigilli.
Le indagini avviate sono 3.932, 686 in tutto le richieste di rinvio a giudizio. Più di un quarto (1081) dei procedimenti riguarda il revenge porn, il reato che punisce la ‘diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti’.
La maggior parte delle denunce riguardano poi il mancato rispetto del provvedimento che vieta l’avvicinamento alla persona offesa: sono 2.735. Per 350 è stata chiesta l’archiviazione, per 527 il rinvio a giudizio. Tra i casi arrivati già a sentenza solo due assoluzioni e un proscioglimento, mentre sono 74 provvedimenti di condanna e patteggiamento.
Molte di meno le inchieste aperte dopo la denuncia di donne che sono state ferite al volto: sono 82. Ancora poche le sentenze sul tema: per ora ci sono state tre condanne e due assoluzioni.
Quanto al reato di ‘costrizione o induzione al matrimonio’, anche questo introdotto con il Codice Rosso, le inchieste aperte sono 32, con 3 richieste di rinvio a giudizio e 7 di archiviazione, mentre sono 2 i processi in corso di svolgimento in tribunale.
Il Codice Rosso è un contributo alla lotta contro violenza di genere, ma certamente non è sufficiente da solo. E il governo sa che c’è tanta strada ancora da fare: “Alcuni dati mostrano che qualcosa comincia a funzionare meglio che in passato ma siamo consapevoli che il Codice Rosso non è la panacea. I dati sui femminicidi ci dicono che il percorso da fare è ancora lungo”, ha detto il premier Giuseppe Conte in un messaggio per la presentazione del rapporto. “Il Codice è solo un tassello fondamentale importantissimo che riguarda il momento in cui la violenza è già avvenuta: non basta. Un intervento serio richiede tempo, un approccio sinergico e la consapevolezza che la strada per invertire darà i suoi frutti nel tempo ed è questa la strada che come governo, insieme ai ministri, ci impegniamo a percorrere”.
Il monitoraggio presentato oggi, ha precisato il ministro Bonafede: “La strada è ancora lunga e richiede un impegno corale di tutte le istituzioniserve anche e forse soprattutto, a individuare i punti critici dell’applicazione della legge e quindi le aree sulle quali bisogna ancora intervenire, in maniera trasversale, raccogliendo e facendo tesoro di tutte le sollecitazioni che arrivano non soltanto dagli uffici giudiziari, ma anche ad esempio dai centri antiviolenza e dalle associazioni di volontariato che operano in questo settore”, con una “una strategia a 360 gradi”. Il report può “rappresentare una base di lavoro utile per gli interventi che vorrà fare il Parlamento”. Per la ministra Elena Bonetti, che ha mandato un contributo all’evento, è necessaria una “strategia nazionale per il contrasto alla violenza contro le donne”
Sull’applicazione del Codice Rosso era arrivato ieri l’allarme degli avvocati romani, che hanno annoverato la recente legge tra gli strumenti “sulla carta utilissimi” che però “i ritardi della giustizia rischiano di depotenziare gravemente”. Ritardi resi ancora più complessi ed evidenti dalla pandemia. Il presidente del Consiglio dell’ordine degli avvocati di Roma, Antonino spiega: “Inasprire le pene nei confronti di chi pratica la violenza di genere, sia essa di qualunque tipo, fisica o morale, è stata indubbiamente una necessità e un’operazione lodevole ma serve a poco se poi le pene restano sulla carta, se la lentezza dei procedimenti, aggravata dalla pandemia, manda i reati in prescrizione. Reati peraltro che spesso restano nell’ombra, se è vero che, come denunziato dagli ultimi studi in argomento, durante l’emergenza sanitaria molte convivenze forzate dai lockdown si sono trasformate in maltrattamenti e violenze che le vittime non sempre hanno denunciato, con la prospettiva di restare confinate in casa con il proprio aguzzino”.
(da “Huffingtonpost”)
argomento: violenza sulle donne | Commenta »