Destra di Popolo.net

PERCHE’ I RITARDI DEL RECOVERY MINACCIANO I CONTI PUBBLICI

Novembre 27th, 2020 Riccardo Fucile

LE PREVISIONI DI MAGGIORE ENTRATE FISCALI DIPENDONO DAL REALE FLUSSO DI DENARO DALLA UE

C’è un meccanismo con qualche dose di rischio per i conti pubblici nella catena che lega il Recovery Plan, la crescita e i conti pubblici. I ritardi cumulati a causa della contesa politica su chi gestirà  le risorse e come saranno articolati i 209 miliardi del NextGeneration Eu hanno indotto il ministro dell’Economia Gualtieri e gli uomini della Ragioneria generale dello Stato, a dare vita ad un piano B contabile: all’interno della legge di Bilancio è stato creato un Fondo di rotazione di 34,7 miliardi per il prossimo anno dal quale si potrà  attingere per attivare fin dal 1° gennaio del 2021 quanto serve per finanziare gli interventi del Recovery Fund in attesa che arrivino le risorse europee.
Fin qui tutto bene ma nella recente audizione sulla legge di Bilancio, il presidente dell’Upb, l’autorità  sui conti pubblici, Giuseppe Pisauro, ha segnalato un crepa nella costruzione evocando la mancanza di una “chiara esplicitazione” e di “informazioni sufficienti”.
Qual è il punto? E’ tecnico nella sua conformazione ma piuttosto semplice da capire quanto agli effetti.
Il Fondo per anticipare nel prossimo anno gli incassi dei soldi europei è stato contabilizzato nel cosiddetto “saldo netto da finanziare” ma non è stato considerato nelle colonne accanto che rappresentano il fabbisogno e il deficit e di conseguenza non è stato contabilizzato il suo effetto sulla crescita del debito e del deficit.
Dunque se il Recovery dovesse ancora tardare, e le risorse manifestarsi dopo la metà  del prossimo anno, il Fondo si tramuterebbe in una sorta di promessa mancata: dovrebbe essere alimentato con nuove emissioni con i 77 miliardi della Tesoreria ma rimarrebbe a secco dalle risorse europee.
Servizio Bilancio del Parlamento nel suo dossier sulla manovra non si è fatto sfuggire la questione e ha osservato che il Fondo di rotazione potrebbe non produrre effetti su fabbisogno e deficit – come emerge dal testo della manovra –   solo se “per l’attuazione delle misure si determini la medesima tempistica nell’acquisizione e nell’erogazione delle risorse”.
In altre parole il Fondo può evitare di essere contabilizzato per 34,7 miliardi in debito e deficit solo se si è sicuri che il prossimo anno a fronte di ogni spesa sarà  pronto il finanziamento del Recovery.
A dire il vero c’è una via d’uscita, ma incerta: cioè la possibilità  che il governo conti, soprattutto nel 2021, di attingere dalla parte sovvenzioni a fondo perduto del Recovery plan e in questo caso il transito nel deficit e nel debito non sarebbero necessari in quanto trattasi di grant o doni.
Ma possiamo esserne sicuri? Finchè il piano non sarà  formalizzato con Bruxelles rischiamo una coltre di incertezza sui conti pubblici.
La catena di causa-effetto che parte dal Recovery va ad impattare su un secondo problema, anche questo ben segnalato dall’Upb.
Agli investimenti del Recovery Fund viene attribuito un effetto importante sul quadro economico, pari a poco meno di un punto nel 2022 e nel 2023: questa crescita – per quello che i tecnici chiamano effetto di retroazione – dovrebbe garantire coperture (definite “inusuali” dall’Upb) in termini di Irpef e contributi per 12,9 miliardi nel 2022 e 20,5 l’anno successivo.
Nessuna paura per il prossimo anno e il Tesoro assicura, come per i rilievi della Commissione sullo stesso tema, che non ci sono problemi perchè le entrate in questione riguardano il biennio successivo quando presumibilmente gli effetti del Recovery si saranno verificati. Ma certamente il rischio c’è e la soluzione sta nelle mani del governo: accelerare sul Recovery Plan.

(da “La Repubblica”)

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ORA INIZIERA’ LA GUERRA PER L’EREDITA’ DI MARADONA

Novembre 27th, 2020 Riccardo Fucile

SUL CONTO SOLO 100.000 DOLLARI, UN PATRIMONIO TRA 70 E 100 MILIONI, MA ANCHE TANTI DEBITI E TROPPI AVVOLTOI

Ora che Diego Armando Maradona — scomparso il 25 novembre — è stato sepolto nel cimitero di Jardin de Bella Vista, inizia la caccia all’eredità . Una leggenda del calcio che, chi ha avuto modo di conoscere bene, ha descritto come un uomo generoso, anche troppo, che nell’ultimo periodo si sarebbe circondato di approfittatori, di persone che avrebbero voluto (o forse hanno) approfittato delle sue debolezze.
E, infatti, sul conto corrente della leggenda del calcio ci sarebbero appena 100 mila dollari: pochi per un uomo come Maradona che, nella sua carriera, ha guadagnato milioni e milioni.
Secondo il giornalista argentino Luis Ventura, intervistato nel corso del programma tv Fantino a la tarde, Maradona sarebbe «morto povero» con tutti i suoi soldi sperperati «un po’ per le sua mani bucate un po’ per la gente che lo circondava».
Anche perchè, oltre ai 100 mila dollari sul conto, ci sarebbero anche milioni di debiti. Ma come è stato possibile? Dove sono finiti i soldi guadagnati da allenatore a Dubai o da da presidente onorario della Dinamo Brest?
Il timore è che in tanti ne abbiano approfittato al punto che, come denunciato dai suoi familiari, nell’ultimo periodo anche parlargli era diventato impossibile.
La figlia Giannina si era lasciata andare, tempo fa, a una dichiarazione molto forte: «Lo stanno ammazzando». E il riferimento era al suo avvocato di fiducia, a tutti i manager, i consulenti e i presunti amici da cui Maradona non si separava mai.
Un affetto disinteressato o con un obiettivo ben preciso: sottrargli tutto il possibile facendo leva sulla sua instabilità  fisica e psichica?
Una cosa è certa: Maradona non lascia solo i 100mila dollari sul conto corrente ma anche gioielli, terreni, appartamenti nel centro di Buenos Aires, sei auto di lusso tra cui Bmw, Audi e Rolls Royce, investimenti a Cuba e in Italia e scuole calcio in Cina. Un patrimonio stimato tra 70 e 100 milioni. A contenderselo ci sono l’ex moglie, i figli, le sorelle, i fratelli e i nipoti.

(da agenzie)

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NAVALNYJ AL PARLAMENTO UE: “IN RUSSIA AL POTERE UNA BANDA DI CRIMINALI”

Novembre 27th, 2020 Riccardo Fucile

“L’EUROPA NON RESTI IN SILENZIO”

“Non sono il primo a subire un attacco del genere e non sarò neppure l’ultimo a subire un avvelenamento”. Aleksej Navalnyj esordisce così di fronte agli eurodeputati della commissione Esteri del Parlamento europeo.
Collegato in video, il principale oppositore di Vladimir Putin, scampato a un tentato omicidio, definisce Putin e la sua cerchia “un gruppo di criminali” che temporaneamente ha il potere in Russia.
Per questo, aggiunge, “è importante per i cittadini russi sappiano che l’Unione e il Parlamento europeo non resteranno in silenzio”.
Navalnyj spiega che ora “il mio piano è di riprendermi, guarire e poi tornare in Russia per ricominciare ad agire dall’interno del Paese”. Nella speranza di trovare una via per portare la Russia “verso l’Unione europea, l’unico modo perchè il Paese si sviluppi”.
Secondo il più forte oppositore del Cremlino, l’Europa dovrebbe cambiare la sua strategia sulle sanzioni perchè non funziona limitarsi a colpire “coloro che tecnicamente fanno qualcosa di sbagliato, come la gente che ordina un avvelenamento”.
Un riferimento alle misure Ue che hanno colpito diversi esponenti politici vicini al presidente russo considerati responsabili dell’avvelenamento della scorsa estate.
Per Navalnyj, invece, le ritorsioni dell’Unione ora “dovrebbero puntare al denaro degli oligarchi del circolo di Vladimir Putin” come “Roman Abramovic o Arkadij Rotenberg” perchè “finchè gli yacht rimangono attraccati a Monaco o a Barcellona, nessuno prenderà  le sanzioni sul serio”.
E ancora, “è venuto il momento di mettere su una nuova strategia per vedere come comunicare con la Russia: ci dovrebbe essere una linea divisoria molto chiara, da una parte la popolazione russa che deve essere trattata in modo caloroso e dall’altra lo Stato russo che invece deve essere trattato come un gruppo di criminali che stanno tenendo il potere nelle loro mani”.

(da agenzie)

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REGGIO CALABRIA, L’INFORMATIVA CHE SVELA GLI AFFARI DEI CLAN PER 500 MILIARDI DI EURO

Novembre 27th, 2020 Riccardo Fucile

UN IMPRENDITORE COME TERMINALE FINANZIARIO: INDAGATO PER RICICLAGGIO PER CONTO DELLE MAFIE

Un’operazione di maxiriciclaggio da 136 miliardi di euro, di cui “36 miliardi già  pronti, cash”. È l’affare a cui stava lavorando Roberto Recordare, imprenditore indagato per riciclaggio dalla procura antimafia di Reggio Calabria.
Per i magistrati è lui la mente economico-finanziaria di un cartello di clan calabresi, siciliani e campani, che grazie a lui avrebbe riciclato miliardi.
A svelarlo un’informativa depositata agli atti del processo “Euphemos”, nel febbraio scorso è costato i domiciliari al consigliere regionale appena eletto Domenico Creazzo, riportata oggi dal quotidiano Domani.
Ma le carte dell’inchiesta che Repubblica ha avuto modo di leggere vanno oltre, svelano che Recordare per i clan aveva gestito fondi per 500 miliardi e si poteva permettere il lusso di “buttare nel cestino un bond da 100 miliardi”.
Numeri da capogiro, superiori alla somma delle manovre finanziarie annuali degli Stati di mezza Unione Europea.
Non è la prima volta che Recordare inciampa in un’inchiesta della procura antimafia di Reggio Calabria.
In passato, la sua voce era stata intercettata dagli investigatori che lavoravano sui contatti del clan Gullace fra Calabria e Liguria, dove il consulente viene pizzicato – emerge dalle intercettazioni – mentre organizza un incontro d’affari con Sofio, arrestato come braccio destro di Carmelo Gullace nell’operazione Alchemia, ma assolto nel processo che ne è scaturito.
Da quell’inchiesta, apparentemente Recordare non è stato neanche sfiorato, sebbene dalle intercettazioni pare si sia prodigato per tentare di “aggiustare” la posizione processuale di Candeloro Gagliostro, che contro l’arresto ha fatto ricorso fino in Cassazione.
Ma la procura evidentemente su di lui ha continuato a lavorare. Ufficialmente imprenditore attivo nel settore dell’informatica, in realtà  – spiegano le indagini – è un professionista che i soldi sa farli girare fino a far perdere qualsiasi traccia della loro reale origine, muovendosi con disinvoltura fra Germania, Turchia, Malesia, Afghanistan, Dubai, Tagikistan. E che si muove in mondo di professionisti che fanno abitualmente la medesima cosa.
“Riferiva – annotano gli investigatori –   di avere conosciuto un soggetto, senza specificare la sua identità , il   quale aveva aperto un conto corrente in ‘”Liechtenstein” a favore di Matteo Renzi, proprio il giorno successivo alla sua (di Renzi) nomina a Presidente del Consiglio”. Uno dei suoi più stretti collaboratori, Giovanni D’Urso invece raccontava “che dieci giorni prima si era recato all’Hotel Nettuno (ndr. di Catania) per incontrare Roberto Lagalla (ex assessore regionale alla sanità  per Cuffaro) il quale si doveva candidare insieme a Musumeci salvo poi cambiare idea
Giovanni D’Urso aggiungeva che era presente anche un Ministro e che nella stessa circostanza erano presenti anche Cesa (si potrebbe trattare di Lorenzo Cesa attuale segretario del partito “Unione di Centro”) e un tale di nome Muccini” non identificato.
Nel portafoglio clienti di Recordare, per quel che fino adesso è stato rivelato,   non c’erano politici, ma un cartello mafioso che mette insieme il clan   Parrello-Gagliostro di Palmi e lo storico casato degli Alvaro di Sinopoli,   imprenditori catanesi in passato finiti tra le maglie di un’operazione antimafia e i camorristi del clan Iarunese di Casal di Principe, tutti rappresentati da 12 faccendieri, metà  italiani e metà  stranieri.
Una rete finanziaria mondiale al servizio delle mafie, secondo gli investigatori, in grado di far fondi per 500 miliardi di euro, tutti nascosti su conti fantasma perchè privi di iban, ma “rientranti nel patrimonio degli istituti bancari”, accessibili e monetizzabili tramite chiavi elettroniche   in mano a Recordare e tutti intestati a prestanome, alcuni dei quali deceduti. Uno si chiamava Dimitri Verchtl, nato in Russia e deceduto nell’87 a Oslo, ma fino a qualche tempo fa attivissimo nello spostare soldi da un conto all’altro in tutto il mondo. In realtà  era proprio Recordare a vestire identità  fittizie per far girare il denaro nel labirinto finanziario che aveva strutturato.
Alla base della rete, un conto madre alla Banca nazionale di Danimarca. Ad alimentarli, soldi sporchi – ipotizzano gli investigatori – “riciclati nel tempo, presumibilmente provento di traffici illeciti quali il traffico di armi e stupefacenti, senza escludere i proventi di estorsioni, usura e altre condotte delittuose”.
E che si trattasse di affari illeciti, Recordare lo sapeva perfettamente. Lo “confessa” lui stesso, intercettato, quando racconta di aver dovuto buttare in un cestino dell’aeroporto di Roma la busta contenente i codici di accesso, certificati bancari e documenti relativi a prodotti finanziari del valore di cento miliardi di euro. “Ho detto ‘va, dopo che mi lasciano torno e la prendo’. Se la prendevano diventava… perchè avevo il bond da trentasei miliardi”. Un’atra intercettazione, captata in ambientale, mostra l’assoluta nonchalance dell’imprenditore, che senza mezzi termini chiede ad un ingegnere, considerato di fiducia, di far passare sui propri conti un bonifico da 30milioni di euro e la disponibilità  a farli sparire subito dopo.
A Recordare però piace giocare con il fuoco. Ha capito di avere il fiato sul collo degli investigatori, anzi che ci sono addirittura “tre servizi segreti che ci stanno addosso”.
Ma si sentiva convinto di poterne uscire indenne, anche grazie ad una rete di contatti e relazioni che andavano dal “governo della Malesia e la Banca Centrale” a tecnici di grandi istituti bancari come la Deutsche bank, disponibili ad operazioni delicatissime e che in pochi al mondo hanno chiavi e competenze per fare.
Uno “specializzato abilitato a operare nel dodicesimo livello”, dunque in grado di far arrivare un flusso di capitali su una banca malese, per poi girarli su un conto del Tagikistan. Giravolte finanziarie di cui Recordare era esperto e che sperava di aver reso invisibili. Ma non lo sono state per la procura antimafia di Reggio Calabria.

(da agenzie)

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SARA’ IL PREFETTO GUIDO LONGO IL NUOVO COMMISSARIO ALLA SANITA’ IN CALABRIA, FINALMENTE UNA SCELTA GIUSTA

Novembre 27th, 2020 Riccardo Fucile

UOMO DELLE ISTITUZIONI, UNA CARRIERA IN PRIMA LINEA CONTRO MAFIA E ‘NDRANGHETA, DALLA SQUADRA MOBILE ALLA DDIA FINO A QUESTORE DI CASERTA E PALERMO

Il cdm ha deciso. Sarà  Guido Longo, ex prefetto di Vibo Valentia, il nuovo commissario della sanità  della Calabria. Dopo una lunga serie di rifiuti, gaffe e imbarazzi, il caso sembra arrivato ad una svolta alle fine di un Consiglio dei ministri durato appena 15 minuti.   L’ultimo colpo di scena in mattinata, quando è tramontata l’ipotesi di Miozzo, coordinatore del Cts .
“Un uomo delle istituzioni, che ha già  operato in Calabria, sempre a difesa della legalità “, ha twittato il premier Giuseppe Conte subito dopo la nomina di Longo.
Guido Longo – 68 anni, nato a Catania –   ha lavorato a lungo a Palermo, come investigatore della squadra mobile, addetto alle sezioni Narcotici e Omicidi. Era la fine degli anni Ottanta, la stagione dell’aggressione dei corleonesi di Riina e Provenzano. Longo è stato poi alla Direzione investigativa antimafia, dove ha indagato sull’attentato a Giovanni Falcone, del 23 maggio 1992.
Nel 2009, è stato nominato questore di Caserta, poi ha ricoperto lo stesso incarico a Palermo. È stato prefetto a Vibo Valentia (era già  stato in Calabria, a Reggio, come dirigente della locale squadra mobile). Gli è rimasta la fama di essere un superpoliziotto, “sbirro vecchia maniera – come ama definirsi lui – sempre in strada, a contatto con la gente, che va ascoltata”.

(da agenzie)

argomento: governo | Commenta »

IL VESCOVO DI MONREALE: “LA MESSA DI NATALE PUO’ ESSERE CELEBRATA PRIMA, COME GIA’ AVVIENE OVUNQUE”

Novembre 27th, 2020 Riccardo Fucile

“IL PROBLEMA NON E’ L’ORARIO MA IL RISPETTO DELLE REGOLE”

“Non c’è nulla di strano ad anticipare la messa di Natale di due ore. Vorrei dire che il problema non è l’orario, ma semmai il rispetto delle regole. E noi le regole le rispettiamo. Già  in Vaticano il Papa celebra due ore prima, e la vigilia di Natale nelle parrocchie c’è già  chi celebra la sera alle diciotto. Dov’è il problema? Non ne farei un dramma”.
Michele Pennisi è vescovo di Monreale. A causa del Covid-19 ha dovuto ridurre momentaneamente l’orario dei dipendenti dell’importante museo diocesano. Le sue parrocchie celebrano con pochi fedeli. Nel Duomo al posto dei 400 posti a sedere ne vengono occupati 150.
Gesù può nascere due ore prima, come ha detto il ministro Boccia?
“Al di là  delle battute, la messa sì, può essere celebrata prima come già  avviene ovunque”.
Pensa che la Cei sia d’accordo?
“Mi sento di dire che se il governo avanzasse questa richiesta la Cei non avrebbe problema a recepirla. Ripeto: la messa di mezzanotte non è un tabù intoccabile”.
Come vive la sua diocesi questa fase?
“Il Covid-19 facendoci scoprire le nostre false sicurezze, ci aiuta a comprendere che abbiamo bisogno di qualcuno che dia un senso profondo alla nostra vita. Per la Chiesa salvare il Natale è diverso da quello che pensano tante persone per le quali le feste natalizie coincidono con la frenesia del consumismo. Rimane il rischio di celebrare una festa dimenticando il Festeggiato. Quest’anno bisognerà  anticipare la messa di mezzanotte come avviene in Vaticano a San Pietro, ma sarà  possibile partecipare alle celebrazioni eucaristiche nel rispetto delle norme sanitarie. Nel fare i regali non possiamo dimenticare le persone più bisognose. Facendo un regalo a loro si fa un dono a Gesù bambino mettendo in pratica la mistica della fraternità  di cui parla Papa Francesco”.

(da agenzie)

argomento: Chiesa | Commenta »

MELONI “MAMMA E CRISTIANA” E’ MAI ANDATA ALLA “MESSA DI MEZZANOTTE” DI NATALE?

Novembre 27th, 2020 Riccardo Fucile

SU TWITTER STRILLA CHE “IL GOVERNO VUOLE ANTICIPARE DI DUE ORE LA MESSA DI MEZZANOTTE”… QUALCUNO LA AVVISI CHE IN VATICANO IL PAPA LA CELEBRA ALLE 21,30 E IN GRAN PARTE D’ITALIA ALLE 22

Non è una regola scolpita nella pietra quella della messa di Natale a mezzanotte.
L’orario messa Natale, infatti, è sempre stato piuttosto variabile e, in molte diocesi, c’è già  chi — in anni passati e senza nessuna pandemia all’orizzonte — ha anticipato la celebrazione, per le motivazioni più varie.
La stessa messa della vigilia di Natale nella Basilica di San Pietro è sempre stata celebrata alle 21.30
Eppure sui social network — dove è molto difficile trovare frequentatori abituali di chiese e parrocchie — è subito partita la polemica dopo le parole del ministro degli Affari Regionali Francesco Boccia che ha affermato che non ci sarà  alcun dramma se Gesù Bambino nascerà  prima di mezzanotte quest’anno.
La frase, ovviamente estrapolata dal contesto, era troppo golosa per non scatenare un vero e proprio fuoco di fila su Facebook e Twitter (alimentato anche da alcuni titoloni di giornali, che hanno addirittura fatto riferimento a un Gesù Bambino che «nascerà  prematuro»: campioni della tradizione cristiana, ma al limite della blasfemia).
Ovviamente, la forza dell’hashtag ha attratto chi — dal punto di vista della comunicazione politica — agli hashtag è molto attento. È il caso di Giorgia Meloni che si è subito inserita nella polemica twittando: «”Fare nascere Gesù Bambino due ore prima non è un’eresia” (Ministro Boccia). Già  che ci siamo perchè non festeggiare Capodanno spostando le lancette dell’orologio avanti come in un film di Fantozzi? Governo sempre più imbarazzante!».
Ricorderete tutti il tormentone dell’anno scorso con Giorgia Meloni che — dal palco di un comizio — aveva pronunciato la frase «sono Giorgia, sono una madre, sono cristiana», rivendicando le sue radici e la sua fede.
Tuttavia, l’ultimo tweet si scontra con la prassi del cattolico frequentante, che ben sa che gli orari della messa di Natale non sono mai stati così rigidi e scolpiti nella pietra.
Non c’è nessun comandamento che impone alla celebrazione del 24 notte di iniziare a mezzanotte. Proprio come ha detto, in modo colorito, il ministro Boccia.

(da agenzie)

argomento: Costume | Commenta »

GIORGETTI E GIANNI LETTA, LE DUE EMINENZE CHE HANNO FREDDATO GLI ISTINTI ALLO SFASCIO DEL CENTRODESTRA

Novembre 27th, 2020 Riccardo Fucile

HANNO VINTO ENTRAMBI

In fondo, Giancarlo Giorgetti è considerato il Gianni Letta di Matteo Salvini, e nella partita notturna che ha portato il centrodestra a votare a favore dello scostamento di bilancio hanno giocato sia lui che l’originale. E hanno vinto entrambi.
Letta, classe 1935, è l’eterna Eminenza Azzurrina, il Richelieu dell’impero berlusconiano, il capo delle “colombe” a prescindere, colui il cui nome spunta invariabilmente quando si parla di nomine, tele da tessere, rapporti (assolutamente bipartisan) da riattivare.
Al momento di tutelare gli interessi aziendali, familiari, politici in senso ampio del Cavaliere, il “dottor Letta” c’è.
Come di prammatica per la quintessenza del potere, Letta è sullo sfondo, non parla ma lascia parlare gli aneddoti: preferisce l’onomastico al compleanno ma non dimentica mai di mandare un bigliettino per le ricorrenze; moltiplica gli appuntamenti e li accorcia; evita che gli ospiti si incontrino; dà  sempre del lei.
Letta, della politica salviniana degli stop and go, condita dall’atteggiamento euro-aggressivo e ondivago con gli Usa, non è convinto.
E dopo le recenti tensioni con il “giovanotto” ha avvisato Berlusconi: “Se non dai un segnale, finisci sbranato”. Non basta: ha costruito un’impalcatura che interloquisse con la maggioranza, evitasse l’esplosione di Forza Italia, non umiliasse gli alleati. E la mattina dopo, il segnale è stato dato.
Giorgetti, 54 anni, in Parlamento con la Lega già  a trenta, bocconiano e aspeniano, eterno numero due del Carroccio, grande tessitore di incarichi e strategie da Bossi in poi, ha navigato indenne lungo tutti gli avvicendamenti in segreteria.
Ex “saggio” per le riforme voluto da Giorgio Napolitano, auspica la rielezione di Mattarella nel 2023. Apprezza Trump, ma è il primo a dire che con Biden alla Casa Bianca, “per noi non cambia nulla”.
E’ il volto moderato della Lega, la grisaglia poco carismatica ma utile che resetta il perimetro dentro il no all’uscita dall’euro, la scelta filo-atlantica e un canale con il Vaticano. Anche su di lui fioccano gli aneddoti: coltiva l’orto in funzione anti-stress, non risponde mai agli sms, sogna un (improbabile) futuro da allenatore di calcio.
Raccontano che tra mercoledì e giovedì abbia placato l’irritazione di “Matteo” in nome del primato della politica, quella che il Senatùr ha sempre praticato con disinvoltura. E che implica la capacità  di fare buon viso a cattivo gioco.
Perchè chi rompe paga, e anche se i cocci sono suoi non sempre ne vale la pena.
Così è andata. Giorgia Meloni l’ha capito da sola in anticipo. Salvini, che del resto è il “centravanti”, ha scelto di portare pazienza.
Per una notte Letta e Giorgetti (che si stimano) si sono ritrovati sulla stessa sponda. Quella della “vecchia politica”, tornata per mano berlusconiana al centro della ribalta. Per cui, contro i pronostici (e il principio di realtà ), il leader di un partito con percentuali a una cifra ha dato la linea agli alleati con il doppio e il triplo dei suoi numeri politici (e la metà  dei suoi anni).   Il seguito è da scrivere.
Perchè è vero che una cosa è vincere le elezioni, un’altra governare. Ma anche, come ripete spesso Giorgetti, che Bossi stava al governo con la Lega al 4%. Ed era l’ago della bilancia.

(da “Huffingtonpost”)

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“SALVINI? L’HA PRESA MALISSIMO”: I RETROSCENA DEL BLITZ DI BERLUSCONI CHE HA INCASTRATO GLI ALLEATI

Novembre 27th, 2020 Riccardo Fucile

FONTI DI FORZA ITALIA: “SALVINI NON DIVENTERA’ MAI PREMIER, LO SA BENE ANCHE GIORGETTI”… I TRE CHE SONO PASSATI ALLA LEGA? “VENDUTI PER UN PUGNO DI COLLEGI SICURI”

Berlusconi alla fine c’è riuscito, la linea del centrodestra l’ha dettata lui e l’ha dettata dando uno “schiaffo agli alleati”. Secondo fonti interne a Forza Italia, la decisione dell’ex Cavaliere di dare il voto favorevole allo scostamento di bilancio è arrivata nella serata di mercoledì, quando ha parlato con il ministro Gualtieri: “Meloni e Salvini pensavano di averlo convinto, credevano che Berlusconi avesse abbandonato la propria linea, in nome dell’unità  del centrodestra”, ma poi qualcosa è cambiato. “Berlusconi ha chiamato Gualtieri — sottolinea un forzista a TPI — e dopo ha comunicato la decisione alle capigruppo Gelmini e Bernini”, dando l’ordine di votare a favore dello scostamento di Bilancio.
In Forza Italia sanno benissimo che i due alleati non l’hanno presa bene: “Salvini soprattutto l’ha vissuta malissimo, ma ha dovuto accettare la situazione solo per evitare che il merito delle proposte passate nella manovra fossero intestabile unicamente a Berlusconi”.
Certo è che nella stessa Forza Italia le incertezze su un aiuto al governo e al Pd erano molte, soprattutto da parte dell’area più filo-leghista del partito: “Ronzulli, Ghedini ma anche Bernini non appoggiavano la linea del Cavaliere”, dicono alcuni forzisti.
Ma una cosa la sanno tutti gli azzurri: “Molti hanno capito che Salvini sarà  sempre fuori dal cosiddetto arco costituzionale”. In poche parole il leader leghista non arriverà  mai a Palazzo Chigi: “Lo pensa anche Giorgetti…” fanno sapere da Forza Italia.
Per i fedelissimi di Berlusconi, quindi, la partita è stata vinta e poco importa dei tre parlamentari persi per strada e passati alla Lega.
Addirittura li chiamano le povere anime in pena: “Sono andati verso Salvini solo per calcolo personale — rivela un parlamentare di Forza Italia a TPI — con l’obiettivo di far estinguere Forza Italia, consegnare le spoglie a Salvini e avere, dal leader leghista, un pugno di collegi sicuri”.
In particolare su Maurizio Carrara i forzisti dicono: “Prima si è avvicinato a Mara Carfagna poi ha corteggiato molto Carlo Calenda, dicendo che Forza Italia era troppo sotto schiaffo di Salvini”.
Insomma per Forza Italia la vittoria c’è stata e sul possibile rimpasto di governo, agognato da molti, le nostre fonti dicono: “Parlatene con il Pd. I primi a voler far fuori Conte sono proprio loro”. Quel che è certo è che tutti aspettano al varco i grillini e vogliono capire se nel M5s ci sarà  davvero una scissione.

(da TPI)

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