Destra di Popolo.net

INCHIESTA DELL’ANTIMAFIA SULLE REGIONALI: “PRONTO UN MILIONE DI EURO PER COMPRARE I VOTI”

Marzo 7th, 2021 Riccardo Fucile

IL SUPERTESTE ACCUSA L’ATTUALE CAPOGRUPPO DELLA LEGA IN REGIONE LAZIO, ANGELO TRIPODI… I VERBALI DI INTERROGATORIO E L’INCONTRO NELL’INCHIESTA “RESET”

Accuse a Giorgia Meloni e non solo. Dagli atti d’indagine dell’inchiesta “Reset”, che a Latina venti giorni fa ha portato all’arresto di 19 esponenti del clan di origine nomade Travali, emergono anche altre dichiarazioni fatte dal pentito Agostino Riccardo sui big della politica.
Il collaboratore di giustizia, le cui rivelazioni da tre anni sono al centro di delicate inchieste, arresti, processi e condanne per quella che viene considerata la mafia pontina legata ai Casamonica di Roma, ha sostenuto di aver incontrato la leader di Fratelli d’Italia insieme all’ex deputato Pasquale Maietta, di aver avuto 35mila euro da quest’ultima, tramite un uomo di fiducia, per la campagna elettorale che portò all’elezione alla Camera dello stesso Maietta, ma ha anche parlato dell’attuale capogruppo della Lega in Regione, Angelo Tripodi.
Il pentito ha riferito ai magistrati della Dda di Roma di un faccia a faccia con l’esponente del partito di Matteo Salvini dopo le elezioni comunali del 2016 nel capoluogo pontino, quando l’attuale consigliere regionale, candidato a sindaco con Forza Nuova, La Destra e alcune civiche, venne sconfitto.
“Tripodi puntava al consiglio regionale del Lazio – ha affermato Riccardo – dicendo che aveva un milione di euro da destinare all’acquisto dei voti ” .
Il pentito ha poi assicurato: “Lo disse a me nel 2016 dopo che perse le elezioni comunali”. Già  nell’inchiesta antimafia denominata ” Alba Pontina”, relativa al clan Di Silvio, era spuntato fuori il nome di Tripodi.
Era emerso che alcuni esponenti delle famiglie di origine nomade, in occasione delle comunali 2016, avrebbero acquistato voti per lui, chiedendo agli elettori di indicare come preferenza quella per il capolista di una delle civiche che lo sostenevano, Roberto Bergamo.
Su quest’ultima vicenda il giudice Angelo Giannetti ha rinviato a giudizio Angelo Morelli, detto Calo, esponente dell’omonima famiglia di origine nomade, lo stesso imprenditore Bergamo, e uno straniero, Ismail El Ghayesh. Bergamo e Morelli, secondo l’Antimafia, avrebbero promesso agli elettori 30 euro per ogni voto, che sarebbe andato tanto all’imprenditore quanto all’attuale esponente della Lega.
El Ghayesh avrebbe invece cercato di estorcere denaro a un giovane a cui aveva venduto cocaina e lo avrebbe costretto, accompagnandolo al seggio, a votare per Tripodi e a esprimere la preferenza per Bergamo.
” In alcuni casi – ha sostenuto sempre Riccardo all’Antimafia – i voti venivano procurati a titolo di pagamento di debiti per droga. Se qualcuno aveva un debito di droga, invece di pagare in contanti procurava voti per noi in quel periodo”.
E ha infine dichiarato che nel 2016, in occasione delle comunali a Latina, il clan acquistò voti anche per un candidato di Cuori Italiani, Andrea Fanti, da cui ricevettero 5mila euro, e per un candidato di Forza Italia, in cambio di 8mila euro: ” Non volle che ci occupassimo dei manifesti ma solo dei voti”.
Quest’ultimo candidato viene indicato in Giorgio Ialongo, eletto “con circa mille voti”. E tra i consiglieri eletti c’è Ialongo, ottenne poco più di mille voti, di recente passato a FdI.

(da “LaRepubblica”)

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MINACCE E INSULTI AL GIORNALISTA CHE HA PUBBLICATO I VERBALI IN CUI UN COLLABORATORE DI GIUSTIZIA ACCUSA GIORGIA MELONI DI AVER PAGATO 35.000 EURO A UN CLAN MAFIOSO PER IL SOSTEGNO ALLA CAMPAGNA ELETTORALE A LATINA

Marzo 7th, 2021 Riccardo Fucile

I GIORNALISTI PUBBLICANO NOTIZIE E DOCUMENTI, SE A QUALCUNO NON PIACE CHIEDA LA CITTADINANZA UNGHERESE DOVE C’E’ LA CENSURA   CHE TANTO PIACE AI SOVRANISTI

E’ successo di nuovo: è bastato riportare con precisione e rigore professionale gli atti di una scottante inchiesta sul clan nomade di Latina per scatenare gli istinti peggiori della rete.
Questa volta ad essere preso di mira è il giornalista di Repubblica Clemente Pistilli, autore ieri mattina di un’inchiesta scoop sui contatti tra il leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni e il clan nomade di Latina.
L’articolo riassume le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Agostino Riccardo, pentito del clan Di Silvio; alcuni dei suoi verbali sono allegati agli atti dell’inchiesta “Reset” che pochi giorni fa ha portato all’arresto di numerosi esponenti del sodalizio criminale locale e messo nuovamente in luce le anomalie della campagna elettorale per le amministrative del 2016 a Latina.
“Tu, piccolo pezzo di fango inutile, non puoi che scrivere per Repubblica, un giornale che è paragonabile ad una montagna di merda; voi inutili schiavi siete convinti di essere al di sopra del giudizio popolare; vi fate scudo del consenso di quei quattro minkioni che ancora leggono la fogna di giornale per cui scrivi, atteggiandovi a giornalisti; e invece siete solo una manica di falliti…!!!”
“Ma che giornalista (minuscolo) sei? Ma riprenditi”
“Come non ti vergogni non lo so. Sei un giornalaio. Ma non ti preoccupare, presto arriverà  anche il tuo conto da pagare, tempo è galantuomo”.
Queste sono solo alcune delle molte frasi di insulti e minacce apparse sul profilo Facebook di Clemente Pistilli sotto al post che riprende l’articolo uscito sull’edizione on line di Repubblica.
“In passato queste frasi le leggevi sotto ai post di notizie sulla criminalità  comune o giù di lì,   adesso capita sempre più spesso quando scrivi di politica, specie se in riferimento a indagini giudiziarie. — dice Pistilli — Succede che si apre subito una gogna social, con insulti molto pesanti e minacce; vengono sfruttati tutti i canali possibili e sembra che sia proprio una batteria organizzata. Ciò ovviamente sempre condito dall’annuncio di querela da parte del politico interessato. Un automatismo che si unisce al tifo di quella parte politica”.
Il comitato di redazione e tutti i giornalisti di Repubblica respingono al mittente con fermezza e indignazione le minacce e gli insulti che hanno preso di mira il nostro cronista Clemente Pistilli, autore dello scoop sulle dichiarazioni del collaboratore di giustizia del clan Di Silvio, Agostino Riccardo, riguardanti presunti contatti fra esponenti del clan di Latina e la leader di Fratelli d’italia, Giorgia Meloni. Il Cdr esprime a Clemente la solidarietà  convinta di tutti noi e ricorda che nessuna intimidazione potrà  fermare il rigoroso lavoro di ricerca e racconto dei fatti che caratterizza da sempre Repubblica e i suoi giornalisti.

(da agenzie)

argomento: criminalità | Commenta »

ZINGARETTI AL BIVIO: “SERVE CHIAREZZA”. E PER LA SUCCESSIONE SPUNTA LETTA

Marzo 7th, 2021 Riccardo Fucile

QUALCUNO SPERA IN UN SUO RIPENSAMENTO, I BIG STANNO ORGANIZZANDO L’ALTERNATIVA

«Preside’ hai fatto bene ad andartene». «Preside’ troppo hai resistito in quel covo di vipere». Nicola Zingaretti si è appena congedato da Sergio Mattarella, cui ha fatto da Cicerone nella Nuvola di Fuksas trasformata dalla sua Regione in un grande hub vaccinale. Mancano pochi minuti alle 11, per le strade dell’Eur c’è poca gente e l’ormai ex segretario Pd sta andando a prendere il   caffè in un bar lì vicino.
Nonostante la mascherina, in tanti lo riconoscono, dai finestrini abbassati gli urlano parole di incoraggiamento. Un calore mai avvertito, neanche dopo aver vinto le primarie, che ricompensa l’amarezza delle ultime settimane, culminata nel clamoroso «mi vergogno» pronunciato per annunciare le dimissioni.
Non ci ha ripensato, Zingaretti. O almeno «non ancora», confidano i suoi, tuttora fiduciosi di fargli cambiare idea. Convinti che il pressing dei circoli, gli appelli delle federazioni regionali, la marea di militanti che scrivono o chiamano per chiedergli di restare possano prima o poi aprire una breccia.
Far vacillare il muro che per adesso sembra resistere a ogni sollecitazione: «Io ho fatto il mio, ora tocca a voi», ha risposto il governatore del Lazio ai tanti che anche ieri hanno provato a sondarlo.
Non solo per la spericolatezza della manovra: a dieci giorni dall’addio dovrebbe farsi confermare o farsi eleggere in assemblea, come se nulla fosse successo, col rischio di perdere la faccia dopo il pesante j’accuse che ha accompagnato la sua uscita di scena.
Il problema è pure che lo stato maggiore del partito non l’ha presa bene: dipingere il Pd come una sentina di veleni, popolato da dirigenti che pensano soltanto alle poltrone, ha fatto calare il gelo intorno a lui. Rendendo complicato un eventuale ritorno. Contro il quale, però, viste le difficoltà  del momento, nessuno opporrebbe resistenza, anzi. «Sarebbe una cosa positiva, forse la soluzione migliore», spiega uno fra i più autorevoli avversari interni.
Una delle poche strade per evitare il caos, lo scontro fra correnti che si sta già  materializzando nei primi pour parler per individuare il successore.
L’assemblea nazionale, che salvo rinvio si terrà  sabato e domenica, ha difatti solo due opzioni davanti: eleggere il segretario che guiderà  il Pd sino al 2023; oppure indire il congresso, che tuttavia la pandemia rende impraticabile.
Precluso per lo meno fino alla prossima primavera: a ottobre ci sono le amministrative, nel febbraio successivo si elegge il presidente della Repubblica. Avviare un confronto di 4-5 mesi (tanto quando dura l’iter che porta alle primarie) a cavallo di scadenze tanto importanti è giudicato da tutti una follia.
Non resta dunque che concentrarsi sul post-Zingaretti, sempre che lui non decida di rientrare in campo. Come i suoi sperano, tanto da aver già  predisposto una strategia per l’assemblea: proporre in apertura un ordine del giorno per chiedere al segretario di tornare. Se l’80-90% voterà  a favore, lui non potrebbe tirarsi indietro.
Presenterebbe un documento politico di rottura. E nessuno potrebbe obiettare nulla. Lo dice chiaro l’ex ministro Boccia: «Ora decide l’assemblea, non quattro capicorrente». E lo lascia intendere lo stesso Zingaretti, a margine di una visita a Termini: «Nel Pd da mesi sentiamo una voglia di dibattito che però si è risolta in un martellamento quotidiano. Mi auguro che questo momento aiuterà  a fare chiarezza».
In attesa di capire come finirà , i big del Pd stanno tuttavia organizzando un’alternativa. D’accordo sul fatto che il prossimo leader non potrà  essere debole nè di transizione, ma una figura autorevole, capace di parlare con Draghi, fare il controcanto a Salvini, reggere la competizione con Conte.
Pescare fra le seconde file sarebbe un suicidio. Spiega infatti Dario Franceschini ai suoi: «Non possiamo pensare a soluzioni ballerine, provvisorie, serve un segretario forte, con la maggioranza più larga possibile, che guidi il partito almeno per un anno». Meglio ancora «se condiviso», aggiungono da Base riformista. Identikit che per molti corrisponde a quello di Enrico Letta. Il quale avrebbe un’unica controindicazione: non è una donna, come i più vorrebbero.

(da “La Repubblica”)

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RENZI TORNA DAGLI SCEICCHI: IERI NUOVO VIAGGIO A DUBAI

Marzo 7th, 2021 Riccardo Fucile

MISTERO SULLA MISSIONE, ALLOGGIA NELL’HOTEL PIU’ LUSSUOSO DEL MONDO

Ci risiamo. A poco più di un mese dalla contestata missione in Arabia Saudita, Matteo Renzi ci ricasca. Il leader di Italia Viva è tornato dagli sceicchi: questa volta negli Emirati Arabi
Secondo quanto scrive Niccolò Carratelli sul quotidiano La Stampa, Renzi da ieri, sabato 6 marzo 2021, si trova a Dubai. Il motivo della visita, questa volta, è sconosciuto.
Si sa solo che alloggia al Burj Al Arab Jumeirah, considerato l’hotel più lussuoso del mondo, nonchè simbolo di Dubai con la sua forma a vela gigante, costruito su un’isola privata artificiale in mezzo al mare.
Non è la prima volta che Renzi visita gli Emirati Arabi. Due anni fa, a marzo 2019, l’allora senatore del Pd aveva partecipato a Dubai al “Global education and skills Forum”, importante congresso mondiale sull’educazione organizzato dalla Varkey Foundation, ente di beneficenza vicino alla monarchia emiratina.
Da segnalare anche che — come rivelato nei giorni scorsi da Giovanni Tizian sul quotidiano Domani — tra il 2014 e il 2016 la Fondazione Open, notoriamente renziana, ha ricevuto donazioni per 75mila euro complessivi da parte dalla holding Mataar Holding, che ha sede proprio a Dubai.
La stessa holding partecipa alla quota di maggioranza della società  Aeroporti Toscana, il cui presidente è il finanziere Marco Carrai, vicinissimo a Renzi nonchè membro del direttivo di Fondazione Open.
Il ritorno di Renzi in Medio Oriente, a circa un mese dalla missione in Arabia Saudita, ripropone l’urgenza di un chiarimento da parte del senatore fiorentino circa i suoi rapporti con l’autoritaria monarchia di Riad.
Il leader di Italia Viva, per il momento, si è limitato a rispondere a interrogativi formulati da lui stesso.

(da TPI)

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PERCHE’ NON PARLI?

Marzo 7th, 2021 Riccardo Fucile

DRAGHI NON PRESIEDE UN CDA, HA IL DOVERE DI RENDERE CONTO AGLI ITALIANI DELL’USO CHE FA DEL DENARO PUBBLICO

Non siamo così ingenui da meravigliarci se il governo Draghi assolda alcune multinazionali, tra cui l’americana McKinsey, per farsi assistere sul Recovery Plan.
E non siamo neppure così sprovveduti da stupirci se i partiti che ieri accusavano Conte di “aggirare il Parlamento” (con la cabina di regia chiesta dall’Ue per monitorare spese e lavori, non per la stesura del Piano) e “sostituire i ministeri e le Camere con task force e consulenti” (dopo che il Parlamento aveva approvato la prima bozza e ricevuto la seconda) e oggi non muovono un sopracciglio sulla privatizzazione del Next Generation Eu.
Lo stupore l’abbiamo esaurito e diamo tutto per scontato: anche il doppiopesismo della grande stampa, passata dall’imputare una “gestione personalistica e autoritaria” all’unico premier che parlamentarizzava il Recovery (tutto scritto dai suoi ministri) all’osannare il nuovo premier che “riscrive il Piano tutto da solo” e ora si scopre che si fa dare una mano da consulenti privati e stranieri, come se fosse ancora a Bankitalia o alla Bce.
Draghi però è persona seria e uomo di mondo, ergo deve conoscere il significato di “trasparenza”. O, per dirla più chic, “accountability”: il dovere di chi amministra la cosa pubblica e il denaro pubblico di render conto dell’uso che ne fa.
Ora, per rendere conto, bisogna per forza parlare. Draghi non l’ha fatto sul suo primo Dpcm, mandando avanti Speranza e financo la Gelmini.
Ma ora dovrà  farlo su McKinsey&C., possibilmente in Parlamento dove — come gli ha ricordato l’ex sottosegretario Pd Antonio Misiani — aveva assicurato che “la governance è incardinata nel Mef in strettissima collaborazione coi ministeri competenti”.
Ora si scopre che ci sono pure McKinsey e altre multinazionali ancora ignote. Contrattualizzate e retribuite con denaro pubblico.
Chi le ha scelte? Con quali criteri? Perchè quelle e non altre? A quali informazioni strategiche hanno accesso?. Perchè non usare le strutture tecniche dei ministeri, della PA e delle partecipate di Stato (da Cdp a Invitalia)? Perchè non fare un bando di gara per far emergere i migliori? È un caso che il ministro Colao venga da McKinsey?
Perchè nessuno l’ha comunicato al Consiglio dei ministri e al Parlamento, che l’hanno appreso da Fatto e da Radio Popolare, e solo dopo il Mef s’è affrettato a precisare l’incarico a McKinsey da 25mila euro (sotto la soglia per le gare), senza dire una parola sulle altre tre società  ingaggiate?
È vero, come dice il Mef, che McKinsey ha già  studiato i Recovery Plan di altri Paesi Ue. Ma, come non dice il Mef, ha redatto pure il piano Saudi Vision 2030 di Bin Salman, quello del Nuovo Rinascimento renziano.
Tutto normale?

(da Il Fatto Quotidiano)

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TRE MOTIVI PER CUI LA CONSULENZA A MCKINSEY E’ TUTTO FUORCHE’ ININFLUENTE

Marzo 7th, 2021 Riccardo Fucile

SE E’ IL GOVERNO DEI MIGLIORI CHE CI PENSINO LORO INVECE CHE APPALTARE A UNA SOCIETA’ ESTERNA… UN PAESE SOVRANO CHE DELEGA A PRIVATI? QUALI INTERESSI PUBBLICI POTREBBE MAI PERSEGUIRE UNA SOCIETA’ PRIVATA?

La notizia della consulenza McKinsey, commissionata dal Governo Draghi senza che opinione pubblica e parlamento fossero formalmente informati, ha monopolizzato il dibattito nell’intera giornata di ieri.
Chi diceva fosse una bufala, chi la considerava una paranoia cospirativa. Alla fine, però, in un comunicato ufficiale, dopo una apparente smentita, è arrivata la conferma del Ministero dell’Economia. La società  privata McKinsey è consulente del governo per lo studio e il monitoraggio del Recovery Plan.
Molte altre società  svolgono consulenze per conto di governi e istituzioni ovunque nel mondo, non solo quello italiano, ma in questo caso il fatto che il Presidente del Consiglio Mario Draghi non parli agli italiani, ed è anzi asserragliato a palazzo o alla Pieve, nel pieno di una pandemia che colpisce il paese con una terza ondata micidiale e mezza Italia in zona rossa, rischia di amplificare una vicenda che è già  rilevante per almeno 3 motivi.
Ecco quali:
1. Se un cosiddetto governo tecnico delega a una società  esterna quello per cui è chiamato a fare, non capisco cosa ci stia a fare: a quel punto avremmo fatto prima a delegare direttamente il parlamento e l’esecutivo a una multinazionale. Qui invece un paese sovrano è reso cliente di una società  privata (che sia per 5 euro o per 25mila euro + Iva, come in questo caso), ovvero di una serie di consulenti privati in capo a una società  privata.
Che: a. chi sono, b. quali interessi pubblici perseguono, essendo dipendenti di una compagnia privata? Cosa vuol dire “Supporto tecnico operativo di project management per il monitoraggio dei diversi filoni di lavoro per la finalizzazione del Piano”? Non è un tema ininfluente così come non lo saranno le valutazioni, marginali o meno, che compierà  questa società .
2. È evidente che esistano già  contratti tra società  di consulenza e governi/istituzioni, in alcuni casi sono stati anche un flop (vedi la Francia e il piano vaccini), ma qui parliamo del più importante piano di ripresa economico dal secondo dopoguerra a oggi.
Ci si è stretti intorno al governo dei migliori per attuare il Recovery e salvare il paese dalla pandemia. Cosa c’entra una società  di consulenza privata? A me non sembra una cosa di poco conto. Ci siamo affidati ai tecnici migliori, che ci pensino loro. Senza l’influenza minima o parziale di una società  privata.
O al limite, se sei in ritardo con i tempi e serve un aiuto esterno di validi professionisti perchè la classe di tecnici che hai chiamato con te al governo non basta, forse allora meglio assumere in seno alla amministrazione pubblica italiana i professionisti di cui hai bisogno.
3. La task force che avrebbe dovuto valutare la gestione e l’indirizzo nonchè i punti di caduta delle risorse del Recovery è stato il casus belli da cui si è iniziato a discutere e che ha fatto cadere il governo precedente, a cui tra l’altro avremmo chiesto conto delle stesse cose esattamente allo stesso modo di come lo stiamo facendo con questo fossero sussistite le medesime condizioni.
Il problema era la task force del governo e ora la consulenza McKinsey va bene a tutti senza che si ritenga persino necessario porre domande sulla natura di questa collaborazione?
Questo governo di politico ha quasi nulla, non ha certo un’anima e un’identità , ma ha una forte e marcata politica economica che di collettivo e comunitario, nella gestione del più grande e importante piano di ripresa economico dal Secondo Dopoguerra, oggi ha ben poco.

(da TPI)

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GLI ESPERTI CHIEDONO UN LOCKDOWN NAZIONALE: “CHIUDIAMO TUTTO E VACCINIAMOCI TUTTI”. DRAGHI SVEGLIA !

Marzo 7th, 2021 Riccardo Fucile

SI FA SEMPRE PIU’ STRADA L’IPOTESI DI UN LOCKDOWN NAZIONALE, QUELLO CHE AVREMMO DOVUTO FARE A NOVEMBRE … IL GOVERNO VALUTA ZONA ROSSA PER 3-4 SETTIMANE O UNA SERRATA SOLO NEL FINE SETTIMANA… MA SE NON CHIUDI REALMENTE TUTTO (COMPRESE SCUOLE, AZIENDA, STUDI) NON SERVE A NULLA

«Chiudiamo per l’ultima volta e utilizziamo questa chiusura per vaccinarci tutti dal Covid», così Enrico Bucci, professore di Biologia alla Temple University di Philadelphia, a Repubblica. La sua “ricetta” vincente sarebbe quella di «combinare un lockdown rigoroso con una campagna vaccinale massiccia».
Dovrebbe durare «un mese, forse due», spiega.
Gli italiani difficilmente lo accetterebbero anche se, continua lui, «sono sicuro che se si dicesse loro con chiarezza “vi chiudiamo per l’ultima volta e durante questo periodo vi vacciniamo in maniera massiccia” accetterebbero piuttosto che vivere in balia di decisioni diverse da una settimana all’altra».
Il problema, però, sono prima di tutto i danni economici oltre al fatto che le dosi vaccinali «non vengono ancora usate con efficienza nè fornite con regolarità ». In altre parole, il rischio è che non ci sarebbero vaccini per tutti e il lockdown si rivelerebbe un flop.
«Il sistema a colori non funziona più»
A pensarla così anche Alessandro Vergallo, presidente del sindacato dei medici anestesisti e rianimatori Aaroi-Emac, secondo cui «il sistema a colori non funziona più con questi numeri».
«Se la diffusione — spiega Vergallo — aumenta è chiaro che si dovrà  pensare a un lockdown nazionale che avremmo davvero voluto evitare». Per un lockdown totale si schiera anche Walter Riccardi, consigliere del ministro della Salute, secondo cui basterebbero anche due, tre o quattro settimane di stop, «dipende quando si raggiunge l’obiettivo».
«Ora siamo nei guai, serve un lockdown duro»
Per Nino Cartabellotta, presidente della fondazione Gimbe, per abbattere la curva dei contagi servirebbe un lockdown di 2-3 settimane così da riprendere il tracciamento. Preoccupato anche il professor Andrea Crisanti, ordinario di microbiologia all’Università  di Padova. A La Stampa spiega che «bisognava fare il lockdown a dicembre».
«Ora siamo nei guai. Serve un lockdown duro subito — continua Crisanti — per evitare che la variante inglese diventi prevalente e per impedire che abbia effetti devastanti come in Inghilterra, Portogallo e Israele. E neanche zone arancioni, va chiuso tutto e va lanciato un programma nazionale di monitoraggio delle varianti».
«Il lockdown nazionale, che non piace a nessuno, ha un pregio e un limite. Il pregio è quello di far crollare le infezioni, il limite è che quando riapri, se le situazioni non vengono contenute, sei punto a capo. Però ora abbiamo il vaccino», aggiunge, invece, Massimo Galli, direttore di Malattie infettive dell’ospedale Sacco di Milano, ad Agorà .
Il Cts chiede misure più dure
Più cauto il Comitato tecnico scientifico che, pur esprimendo «grande preoccupazione» per l’evoluzione della pandemia, «non ha suggerito al governo alcun lockdown» ma solo un innalzamento delle misure su tutto il territorio nazionale e la conseguente riduzione delle interazioni fisiche e della mobilità . Intanto, come è emerso nelle ultime ore, gran parte degli studenti italiani già  dai prossimi giorni rimarrà  a casa. Altro che didattica in presenza, si riparte con quella a distanza. Le stime parlano di 9 studenti su 10: un dramma per i ragazzi costretti a stare a casa, da soli e davanti un pc.
Cosa sta facendo il governo Draghi
Il governo si è dato sette giorni di tempo per decidere. Le ipotesi sul tavolo sono diverse: zona rossa nazionale di tre o quattro settimane, zona arancione rafforzata nazionale, zona rossa solo nel fine settimana, zona arancione sempre solo nel weekend e coprifuoco anticipato alle 19 o alle 20.
La stretta potrebbe arrivare già  dalla metà  del mese di marzo ma se ne inizierà  a discutere soltanto tra l’8 e il 9 marzo in un vertice tra esecutivo e Cts, come anticipato da Repubblica.
Tutto dipenderà  non solo dal numero di contagi giornalieri ma anche dalle proiezioni dell’occupazione dei posti in terapia intensiva e dei ricoveri ordinari.

(da “La Repubblica”)

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OSPEDALI AL COLLASSO IN TUTTA ITALIA: IN NOVE REGIONI LE TERAPIE INTENSIVE SONO OLTRE LA SOGLIA CRITICA

Marzo 7th, 2021 Riccardo Fucile

IL TASSO DI OCCUPAZIONE E’ SALITO AL 26%

Domani, 8 marzo, entrerà  in vigore il nuovo Dpcm, ma presto potrebbero arrivare ulteriori modifiche alle restrizioni per limitare il contagio da Coronavirus se la curva dei contagi continuerà  a peggiorare.
Il governo si è dato sette giorni mentre il Cts ha già  inviato le sue raccomandazioni. Tra gli scenari possibili c’è quello di un lockdown totale di tre settimane per tutto il Paese. Una ipotesi che fa capire quanto la situazione sia grave, soprattutto negli ospedali.
Ieri, l’allarme lanciato da Giovanni Lombardi, sindaco-rianimatore del Cotugno di Napoli dopo un turno di 12 ore in pronto soccorso «L’assistenza sanitaria non è più garantita».
In Piemonte, invece, sono state sospese tutte le visite non urgenti e «a breve pronto soccorso ed ospedali saranno nuovamente al collasso», ha fatto sapere in un comunicato Anaao Assomed, l’associazione dei Medici e dei Dirigenti Sanitari, chiedendo l’immediata riapertura dell’ospedale in fiera di Torino Esposizione.
La situazione è critica anche nelle March
L’ospedale Torrette di Ancona ha chiesto aiuto agli ospedali della Regione, primo fra tutti quello di Pesaro, per poter trasferire i pazienti gravi che necessitano di essere intubati e ricoverati in terapia intensiva. Già  venerdì, nel suo report settimanale sull’andamento dell’epidemia in Italia, l’Istituto superiore di Sanità  osservava come in una settimana l’occupazione delle unità  più critiche è passata dal 24% al 26%. In 9 regioni il tasso di occupazione ha già  raggiunto, e in alcune superato, la soglia critica del 30%. Nell’ultima settimana si è visto infatti un aumento del numero di persone ricoverate in terapia intensiva: da 2.146 a 2.327. Parallelamente, è cresciuto anche il dato sui ricoveri ordinari: da 18.295 a 19.570.

(da Open)

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SPERANZA: “SERVONO MISURE PIU’ RIGOROSE, LA SECONDA ONDATA NON E’ MAI FINITA”

Marzo 7th, 2021 Riccardo Fucile

“SONO RIGORISTA PERCHE’ SONO REALISTA”

“La seconda ondata non è mai finita, assistiamo a una ripresa molto forte dovuta all’impatto delle varianti, che ci sta portando a misure sempre più restrittive sui territori”. Lo dice il ministro della Salute, Roberto Speranza, che in un’intervista al ‘Corriere della sera’, spiega: “Abbiamo confermato il modello per fasce perchè ci sono situazioni geografiche molto diverse. E’ chiaro che monitoreremo giorno per giorno l’evoluzione epidemiologica, adattando le misure alla luce delle varianti”.
Speranza chiarisce: “Io sono rigorista perchè sono realista. Ricevo chiamate preoccupate dei governatori, che stanno firmando ordinanze restrittive anche da zone rosse. Gelmini è molto consapevole della serietà  della situazione”.
Sui vaccini, sostiene il ministro, “I nostri numeri sono in linea con Germania e Francia”

(da agenzie)

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