Giugno 3rd, 2021 Riccardo Fucile
“UNA CHIARA VISIONE DEL MONDO LA MELONI NON CE L’HA”… “LA LEGA NELLE GRANDI METROPOLI COME MILANO DI VOTI NE PRENDE POCHI, VUOLE EVITARE BRUTTE FIGURE E PREFERISCE PROPORRE UN CIVICO”… “IN EUROPA OGNUNO E’ SOVRANISTA A CASA SUA, DIFFICILE UN COORDINAMENTO”
“FdI oggi è paragonabile solo in parte al M5S del 2013: ha storia breve e genealogia lunga, ed è composto non da gente comune ma da politici di professione. Se mancano candidati sindaci di spicco, però, non dipende solo dalla qualità politica della classe dirigente ancora da dimostrare. È il frutto di una ostilità di lunga data degli ambienti di élites verso tutto ciò che non sta a sinistra del centro. La colpa delle destre consiste nel non aver mai voluto tentare un’azione contro-egemonica”.
È l’analisi di Marco Tarchi, politologo e professore di Scienza Politica all’università di Firenze, che ha studiato i fenomeni all’origine dalla “nuova destra”, del populismo e del sovranismo.
Professore, Galli Della Loggia sul “Corriere” paragona FdI di oggi, che cresce vertiginosamente nei consensi, al M5S del 2013: si definiscono forza di rinnovamento ma scontano improvvisazione, gaffe, assenza di rapporti internazionali e industriali, classe dirigente non all’altezza. È un’analisi che condivide?
Solo in parte. Fratelli d’Italia ha una storia breve, ma una genealogia lunga. E non è composto da “gente comune”, com’era il M5S, ma da politici di professione o aspiranti tali. A quelli che aveva in partenza, provenienti da Alleanza Nazionale, ne sta aggiungendo, sull’onda dei sondaggi, parecchi altri che provengono dalla frantumazione di Forza Italia o di altre formazioni minori di centrodestra.
Cosa non va, allora?
I problemi sono, semmai, quelli della qualità di questo personale politico – che è in buona parte da dimostrare – e, soprattutto, della possibilità di coordinarne le ambizioni, ora che i posti elettivi si prospettano in vertiginosa crescita, e i futuri comportamenti, in parlamento o nei governi locali. Quanto ai rapporti internazionali, mi pare che Meloni li stia curando da tempo negli ambienti conservatori, che sono molto meno demonizzati di quelli nazionalpopulisti e potrebbero servire da tramite per altri agganci.
Anche l’Espresso dedica alla Meloni un articolo di Susanna Turco intitolato: “Io sono Vaga”. Per governare non basta un’autobiografia pop, servono programmi solidi, uomini in gamba e visione del mondo. La leader FdI ce li ha?
Per il momento, non direi. Ci sono documenti, proposte più o meno generiche, ma di una chiara visione del mondo non parlerei. Ma è una carenza molto diffusa nella politica italiana, dove di identità solide e coerenti è raro trovare traccia. A partire dal Pd. Rimasti orfani delle ideologie, i partiti si accontentano di slogan o, tutt’al più, di scelte politiche dettate dalle circostanze.
Possibile che per Roma – dove in passato si sono candidati Fini e Alemanno – il nome più credibile sia il semi-sconosciuto Michetti, “tribuno della plebe” promosso da Meloni a Mister Wolf della capitale?
A quanto pare, sì. E qui si vede la difficoltà di FdI, ma direi di tutti i partiti connotati più o meno a destra, di trovare persone di qualità disposte ad abbandonare carriere di spicco nei rispettivi ambienti professionali per candidarsi sotto le loro insegne. Va detto però che questo è il frutto di una ostilità degli ambienti di élites verso tutto ciò che non sta a sinistra del centro che è di lunga data.
Colpa – anche – delle èlites se a destra latitano i nomi di spicco?
Questa ostilità spesso è degenerata nella demonizzazione e nell’emarginazione – ogni riferimento agli ambienti accademici, editoriali, giudiziari è voluto, fondato e ampiamente documentabile. La colpa delle destre consiste nel non aver mai voluto tentare un’azione contro-egemonica, e anzi di aver ironizzato sui pochissimi tentativi avviati in quella direzione, ostacolandoli.
A Milano la Lega, partito radicato e strutturato, ha lo stesso problema. Elites a parte, non si trovano i nomi perché i sindaci hanno pochi soldi e molte grane? O piuttosto si cercano i civici perché in caso di (probabile) sconfitta non sono ascrivibili a nessuno e poi ci si conta nelle liste di partito nella contesa per la leadership del centrodestra?
La Lega si è radicata e strutturata in realtà minori o medie; nelle metropoli, anche nel Nord, non ha mai sfondato. Il caso di Formentini sindaco di Milano è l’eccezione che conferma la regola, e poi per lui contò molto l’ascendenza socialista. È comprensibile che, specialmente in questa fase, Salvini non voglia rischiare brutte figure. E magari dare altre frecce all’arco di Giorgetti, l’alleato/collaboratore meno affidabile, per lui, che si possa immaginare.
Se si virasse sui politici i nomi che girano sono Gasparri, Storace, Lupi. Perché non puntare piuttosto su un volto nuovo come la giovane consigliera regionale Chiara Colosimo? Perché è così difficile promuovere un vero ricambio della classe dirigente?
In grandi città, è difficile nell’arco di una campagna elettorale far conoscere volti e nomi nuovi agli elettori, a meno che non appartengano ad una formazione politica inedita e in ascesa com’era, anni fa, il M5S. Puntare su personaggi che hanno alle spalle migliaia di ore di talk show e citazioni nei telegiornali facilita le cose.
Galli della Loggia invita Meloni a radicarsi in ambienti, studi, uffici e persino nei vituperati salotti. Insomma con i poteri forti, piaccia o no, bisogna interloquire. E’ il fallimento della politica dei social, dei clic, degli annunci su Twitter e delle campagne della Bestia?
Non credo che l’invito di Galli della Loggia si addica alla destinataria – e non direi che lo si possa interpretare come un segno di benevolenza. È semmai l’indicazione di dove l’editorialista del “Corriere” vorrebbe indirizzare una forza politica di cui – lo scrive – dà per probabile l’ascesa al governo ma verosimilmente teme ed avversa alcune potenziali scelte future. Se FdI diventasse una replica improvvisata di Forza Italia, consumerebbe rapidamente le carte a disposizione e si impantanerebbe.
Quindi, fa bene la leader Fd a porsi come partito anti-Deep State, nemico giurato delle rendite di posizione?
Ai poteri forti occorre mostrare un volto tutt’altro che accondiscendente, se non si è nei loro favori. È l’unico modo per poter giungere a compromessi accettabili. Altrimenti se ne viene fagocitati. Meloni avrà la forza e le capacità per reggere questa sfida? Ad oggi, il dubbio è lecito.
Anche in Europa non vede un riverbero della stessa confusione? Meloni nei Conservatori, Salvini in ID, i seggi di Orban in palio, il dibattito se gruppo unico o federazione. È l’effetto Draghi anche lì o c’è una direzione di marcia?
Sbaglia chi fa d’ogni erba un fascio e giudica questi movimenti e personaggi come pressoché identici e si stupisce delle loro divisioni. Ognuno di essi, per le caratteristiche nazionaliste e/o populiste che lo contraddistinguono, guarda essenzialmente al proprio paese, al proprio popolo, alle proprie frontiere. Il resto conta poco, o molto meno. I tentativi di coordinamento hanno poca speranza di successo, perché basta che si aprano, o si chiudano, prospettive di accesso al governo in un determinato contesto nazionale e i singoli partiti possono cambiare rotta, almeno tatticamente, e prendere le distanze da alleati improvvisamente diventati scomodi. Anche gli accordi su votazioni comuni al parlamento europeo non sono né semplici né scontate. Ciò non esclude che su alcune grandi questioni che attraversano l’intero continente europeo possano profilarsi prese di posizione e campagne comuni, che in alcuni casi potrebbero aprire spazi (limitati) a convergenze con destre moderate e centristi.
(da Huffingtonpost)
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Giugno 3rd, 2021 Riccardo Fucile
SECONDO LA MELONI LE DONNE IN QUANTO TALI DOVREBBERO ESSERE FELICI SE LEI DIVENTASSE PREMIER… COME SE CONTASSE IL SESSO DEL PREMIER, NON LE IDEE DEMENZIALI DI CUI E’ PORTATRICE
Giorgia Meloni vive in un mondo fantastico (inteso come “di fantasia) dove ogni
contendente dovrebbe fare il tifo per il proprio avversario.
Come se un tifoso della Lazio facesse il tifo per la Roma (e viceversa).
Una pretesa forzata che, però, è stata spostata dalla leader di Fratelli d’Italia anche sul piano politico. Ed è così che è nato il battibecco social a distanza Boschi Meloni, con la ragione che – questa volta – non può stare nel mezzo.
Tutto è partito da una dichiarazione fatta dalla deputata di Italia Viva (e capogruppo alla Camera del partito di Matteo Renzi) sulle voci di un possibile futuro di Giorgia Meloni a Palazzo Chigi. A domanda fatta a L’Aria Che Tira, Maria Elena Boschi ha risposto così.
“Preferisco che non ci sia un Presidente del Consiglio sovranista, che guida un partito che ci avrebbe negato i fondi del Recovery Fund. Non chiedo sconti e non faccio sconti come donna, credo che sia giusto che uomini e donne competano sulla stessa linea”. Parole che hanno fatto innervosire (immotivatamente) Giorgia Meloni che ha dedicato un post social a questa dichiarazione di Maria Elena Boschi, commentando: “La sinistra ha paura di vedermi Presidente del Consiglio? Un’ulteriore conferma che siamo sulla strada giusta”.
Ma quale sarebbe la pretesa della leader di Fratelli d’Italia? Vorrebbe un endorsement e un applauso, con tanto di festoni, dalle opposizioni in caso di sua elezione a Palazzo Chigi?
Eppure questo è quello che traspare da questa polemica inutile fondata sul nulla e su un futuro ancora tutto da scrivere (dato che anche nel Centrodestra già hanno frenato e hanno rimandato qualsiasi tipo di discorso alle prossime elezioni Politiche, nel 2023). Eppure lo scontro Boschi Meloni si è consumato lo stesso, con tanto di contro-replica da parte della deputata di Italia Viva.
“E di cosa ti stupisci Giorgia? Lo ripeto a voce alta: non vorrò mai una premier come te, sovranista, anti europeista, contro Draghi. Bene la solidarietà femminile sul piano personale. Ma sul piano politico io sono orgogliosamente dalla parte opposta alla tua”
(da agenzie)
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Giugno 3rd, 2021 Riccardo Fucile
IL PARTITO VUOLE DISTRIBUIRLO IN TRE ISTITUTI SUPERIORI, IL COMUNE SI OPPONE: “SI E’ PASSATO OGNI LIMITE, CHE SIA DELLA MELONI O DI LETTA, LA PROPAGANDA POLITICA DEVE RESTARE FUORI DALLA SCUOLA”
Fratelli d’Italia regala “Io sono Giorgia” agli studenti delle scuole superiori di Verbania e il Comune promette battaglia.
Il gruppo dei giovani del partito di Giorgia Meloni ha deciso di consegnare in dono alcune copie del libro della leader di Fdi alle biblioteche delle tre scuole superiori del capoluogo del Verbano-Cusio-Ossola “per dare la possibilità ai giovani di scegliere di leggere un libro nuovo, appena pubblicato, che racconta l’ultimo ventennio di storia politica italiana visto con gli occhi di una grande patriota”, spiegano.
“Grande patriota” fa già sbellicare dalle risate, forse intendevano “patriota ungherese”
L’iniziativa coinvolge circa 3500 studenti dell’istituto Cobianchi, del liceo Cavallieri, dell’istituto Ferrini-Franzosini. Il Comune però è pronto a opporsi.
“La proposta che arriva dalla sezione giovanile di Fratelli d’Italia di donare il libro di Giorgia Meloni alle biblioteche scolastiche degli istituti superiori del territorio è un atto di provocazione politica che supera ogni limite” sostiene Riccardo Brezza, assessore alla Cultura e Istruzione del Comune di Verbania, in un post su Facebook.
“Che i giovani facciano politica e si occupino della cosa pubblica è senz’altro una buona notizia – aggiunge l’assessore – ma strumentalizzare la scuola pubblica per fini politici di parte è quanto di più scorretto si possa fare. Il mio ruolo amministrativo mi impone di scindere il giudizio politico da quello istituzionale, ma questo non mi impedisce di esprimere tutta la mia contrarietà verso questa proposta che non ha alcuna possibilità di essere realizzata. Gli studenti e le studentesse leggono e leggeranno ciò che vogliono, ma non saranno i partiti politici a decidere cosa. Quindi, per quanto di mia competenza, la biografia di Giorgia Meloni continuerà a rimanere fuori dalle scuole verbanesi”.
L’assessore Brezza ha contattato i dirigenti degli istituti per capire a che punto fosse l’iniziativa. “Formalmente le scuole, per il momento, non hanno ricevuto alcuna comunicazione di questa donazione – spiega Brezza – e mi pare di capire che anche dai dirigenti ci siano perplessità sulla possibilità di accettare i libri. Fatta salva l’autonomia scolastica, ritengo che iniziative di questo tipo siano strumentali, e sarebbe la stessa cosa se i giovani del Pd regalassero alle scuole il libro di Enrico Letta”.
(da agenzie)
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Giugno 3rd, 2021 Riccardo Fucile
IL DRAMMA DELLA MADRE: “NON SI RENDONO CONTO DEL DANNO CHE HANNO FATTO A MIO FIGLIO”
È uscito di casa dopo tre anni per la prima volta, ma un gruppo di bulli l’ha
sbefeggiato e gli ha lanciato due uova.
Siamo a Villaggio Prenestino, periferia est di Roma, per Matteo e sua madre Sara mercoledì è stata una serata da dimenticare. “Non si rendono conto del danno che hanno fatto a mio figlio” ha detto sua mamma raccontando l’accaduto, in attesa che gli autori del gesto chiedano scusa a entrambi.
Matteo è un ragazzone dagli occhi chiari e dallo sguardo intenso, è il simbolo della lotta all’autismo e testimonial di una organizzazione che porta il suo nome ‘I colori di Matteo’, fondata da mamma Sara, una donna minuta ma forte e determinata che, puntando sullo sport e sull’inclusione, vuole dimostrare come l’autismo non debba essere mai visto come un ostacolo: dal 2019 promuove progetti di sport e socialità, come ‘Diamo un calcio all’autismo’ creato in collaborazione con ASD Ponte di Nona.
Mercoledì sera, Sara e Matteo stavano percorrendo il vialetto di casa fino alla strada: “Non esce di casa da tre anni, da qualche settimana riesco però a portarlo almeno lungo la stradina di casa, arriva in fondo, controlla che la sua auto sia a posto e rientriamo in casa. Ieri sera (mercoledì sera ndr) mentre eravamo in strada è passata un’auto con a bordo tre ragazzi che appena ci hanno visto hanno iniziato a ridere. Hanno girato quattro o cinque volte e hanno lanciato qualcosa” ha raccontato Sara che all’indomani dell’accaduto è ancora molto provata.
“A questa scena mi sono messa davanti a mio figlio, come uno scudo per proteggerlo e l’ho riportato verso casa – ha aggiunto – In questo frangente, i ragazzi sono passati ancora e hanno gridato “’a obeso!” a Matteo. So che mio figlio è robusto ma loro non sanno che dietro il suo peso, purtroppo, c’è anche altro: l’autismo”.
All’indomani dell’episodio Sara è ritornata in strada e ha trovato anche un altro uovo. Quello che chiede per lei e per suo figlio è che gli autori del gesto chiedano scusa ad entrambi.
“Matteo adesso è spaventato, non ha dormito e non so se e quando sarà ancora possibile farlo uscire di casa – ha concluso mamma Sara – Non si rendono conto del danno che hanno fatto. È facile fare i bulli quando si è in gruppo, Che ne sanno di cosa sia l’autismo? Che vengano qui a scusarsi con lui e con me”.
Infine: “Sono commossa per la solidarietà che sto ricevendo, mi ha molto colpito leggere un messaggio che recitava ‘hanno toccato Matteo, hanno toccato il figlio di tutti noi’”. C’e’ un video estrapolato dalla telecamera di un palazzo che ha ripreso l’auto. Il video ora è nelle mani dei carabinieri.
(da agenzie)
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Giugno 3rd, 2021 Riccardo Fucile
LA RETRIBUZIONE MEDIA DEGLI AMMINISTRATORI DELEGATI DI GRANDI AZIENDE E AUMENTATA DEL 5 %
Nel 2020 la retribuzione media degli amministratori delegati di grandi aziende ha raggiunto i 13,4 milioni di dollari: è il quinto record annuale consecutivo, ma questa volta la cifra è stata toccata in un anno in cui le imprese e i loro leader hanno dovuto affrontare una pandemia.
La maggior parte dei CEO di S&P 500 ha ottenuto aumenti di circa il 5% o più poiché le loro società hanno registrato rendimenti annuali per gli azionisti di circa l’8%, secondo un’analisi dei dati del Wall Street Journal di MyLogIQ.
Il fondatore di Paycom Software Inc. Chad Richison, il cui pacchetto retributivo è stato valutato a più di 200 milioni di dollari, è stato il CEO più pagato nell’analisi del Journal. Lo scorso anno sette CEO hanno ricevuto compensi per un valore di oltre 50 milioni di dollari, rispetto a due nel 2019 e tre nel 2018.
La maggior parte dei pacchetti retributivi degli amministratori delegati sono prevalentemente azioni o stock option vincolate, poiché i consigli di amministrazione continuano a enfatizzare le strutture retributive intese a legare la retribuzione dei dirigenti alle fortune degli azionisti in generale.
Di conseguenza, con l’aumento dei prezzi delle azioni, i pacchetti retributivi possono gonfiarsi oltre le cifre riportate: il CEO di General Electric Co. Larry Culp ha ricevuto sovvenzioni azionarie nel 2020 originariamente valutate a circa 57 milioni di dollari che sono aumentate a 100 milioni a fine anno.
GE ha detto che il signor Culp non riceverà nessuna delle sue stock grant di agosto fino al 2024, e solo se gli obiettivi di performance saranno raggiunti. Il primo di questi obiettivi è stato raggiunto a dicembre e il secondo è stato raggiunto a maggio.
Paycom ha affermato che l’azienda deve ottenere significativi guadagni operativi e di mercato affinché Richison possa realizzare la maggior parte della sua retribuzione e ha notato che non potrà beneficiare di ulteriori sovvenzioni azionarie per cinque anni.
Il principale direttore indipendente di Activision Blizzard, Robert Morgado, ha affermato che la retribuzione di Kotick è stata guadagnata in quattro anni e riflette più di 30 anni di creazione di valore per gli azionisti.
Regeneron ha detto che la retribuzione dell’amministratore delegato Leonard Schleifer è aumentata a causa di una sovvenzione azionaria anticipata destinata a sostituire cinque anni di premi, segnalando la fiducia del consiglio nella sua leadership.
DaVita Inc., una società di dialisi, ha detto che la paga del suo amministratore delegato avrebbe dovuto sostituire cinque anni di sovvenzioni azionarie. La società ha affermato che il suo consiglio ha fissato la quota azionaria del pacchetto retributivo nel mezzo di un importante cambiamento strategico e che un forte aumento del prezzo delle azioni della società ha aumentato il suo valore prima che gli azionisti lo approvassero.
Ventiquattro CEO dell’S&P 500 hanno guadagnato meno di 5 milioni di dollari l’anno scorso, passando da 28 a 33 negli ultimi anni. Il co-fondatore di Twitter Inc., Jack Dorsey, ha guadagnato 1,40 dollari – un centesimo per ogni carattere del limite originale di 140 caratteri della piattaforma di messaggistica sociale – e Steven Kean, proprietario del gasdotto Kinder Morgan Inc., ha guadagnato 1 dollaro.
Il Ceo pagato meno di tutti, almeno per quanto riguarda il risarcimento riportato, è stato quello di Tesla, Elon Musk , uno dei dirigenti più ricchi del mondo. Ha riportato zero retribuzioni per il 2020, anche se ha rastrellato opzioni su azioni per un valore di 32 miliardi di dollari con il suo storico pacchetto retributivo del 2018.
Twitter ha rifiutato di commentare. Una portavoce di Kinder Morgan ha detto che il signor Kean rimborsa l’azienda per il costo della sua copertura sanitaria. Tesla non ha risposto alle richieste di commento.
Tutte e cinque le società che producono i migliori rendimenti per gli azionisti di un anno hanno riportato pacchetti retributivi del CEO ben al di sotto della media. Undici delle 25 aziende più performanti erano aziende tecnologiche: 12 se si considera Tesla, che è classificata da S&P come una casa automobilistica. Quattro aziende con le migliori prestazioni erano nel settore sanitario. Il rendimento totale per gli azionisti riflette la variazione del prezzo delle azioni più i dividendi.
Le aziende con le prestazioni peggiori del 2020 tendevano a trovarsi in settori duramente colpiti dalla pandemia, come le compagnie di crociera e le compagnie energetiche. Quindici delle 25 aziende peggiori erano nel settore energetico. Uno, la Hewlett Packard Enterprises Co., con un rendimento annuo del 45% circa negativo, era nel settore tecnologico.
Ventidue donne hanno gestito le società S&P 500 per l’intero anno nel 2020, rimanendo vicino ai minimi recenti. La loro paga media era in linea con quella degli uomini, a 13,6 milioni di dollari contro i 13,4 milioni di dollari.
Marillyn Hewson di Lockheed Martin Corp., spesso tra le donne più pagate dell’indice S&P 500, si è dimessa durante l’anno, guadagnando 28,5 milioni di dollari.
Diverse donne sono state recentemente selezionate per gestire le società S&P 500 e non hanno effettuato l’analisi , tra cui Jane Fraser di Citigroup Inc. e Roz Brewer di Walgreens Boots Alliance Inc.
Advanced Micro Devices Inc., General Motors Co., Northrop Grumman Corp., Hershey Co. e General Dynamics Corp. hanno rifiutato di commentare.
(da Wall Street Journal)
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Giugno 3rd, 2021 Riccardo Fucile
IL SINDACO KARACSONY INTITOLA A HONG KONG E UIGURI LE VIE DELL’AREA CHE OSPITERA’ IL MAXI-PROGETTO E LANCIA LA SFIDA A ORBAN SULLE PRESIDENZIALI DEL PROSSIMO ANNO
Budapest rinomina le strade nell’area che dovrebbe ospitare la maxi-università
cinese come forma di contestazione nei confronti del progetto voluto dal Governo di Viktor Orban. Strade intitolate a Hong Kong libera, ai martiri degli uiguri, al Dalai Lama e al vescovo Xie Shiguang.
“Speriamo ancora che il progetto non si realizzi, ma se si farà dovrà fare i conti con questi nomi” ha detto il sindaco della capitale, Gergely Karacsony, nel corso di una conferenza stampa.
La Fudan University è il primo campus europeo che sorgerà in un complesso di 500.000 metri quadri entro il 2024, secondo un accordo siglato tra l’Ungheria e il presidente dell’ateneo di Shanghai.
Per realizzarlo, è previsto che la Cina presti 1,3 miliardi di euro all’Ungheria per coprire grandissima parte dei costi, stimati in 1,5 miliardi.
I sondaggi mostrano che la maggioranza dei cittadini di Budapest si oppongono al progetto. Il sindaco Karacsony si candida a guidare una maxi-alleanza fra le opposizioni che sfidano Orban alle elezioni generali di inizio 2022, le primarie per individuare il candidato premier si terranno a settembre.
(da agenzie)
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Giugno 3rd, 2021 Riccardo Fucile
UNA LEGGE SCONCIA E ILLEGALE CHE DIVENTERA’ “MODELLO” PER LA FOGNA SOVRANISTA EUROPEA
La Danimarca vuole diventare il primo paese dell’Unione europea a processare le richieste di asilo al di fuori dell’Europa.
La proposta del governo di centrosinistra della premier Mette Frederiksen è stata approvata giovedì dal parlamento, suscitando l’indignazione dei sostenitori dei diritti umani.
La legge permetterà di inviare i richiedenti asilo presenti sul suolo danese in un paese terzo – molto probabilmente in Africa – e da lì valutare le loro richieste. In questo modo, Copenhagen non dovrà prendersi cura dei richiedenti asilo durante il periodo di elaborazione della richiesta, e non dovrà più prendere in considerazione il fatto che durante il vaglio della domanda il richiedente si è ambientato nel paese.
L’Alto Commissariato dell’Onu per i rifugiati ha denunciato la legge come una «spaventosa corsa al ribasso», contraria ai principi della cooperazione internazionale in materia di asilo.
Amnesty International ha avvertito che qualsiasi tentativo della Danimarca di inviare richiedenti asilo in un paese terzo sarebbe «non solo è irragionevole, ma illegale».
La Commissione europea ha espresso preoccupazione per il voto e le sue implicazioni, affermando che qualsiasi mossa per esternalizzare le richieste di asilo non è compatibile con le leggi dell’Ue.
«Il trattamento in un paese terzo delle domande di asilo solleva questioni fondamentali, sia sull’accesso alle procedure di asilo che sull’effettivo accesso alla protezione. Non è possibile secondo le norme esistenti», ha detto il portavoce Adalbert Jahnz.
A gennaio la premier Frederiksen aveva ribadito la promessa della campagna elettorale di avere «zero richiedenti asilo» in Danimarca.
I socialdemocratici sostengono che il loro approccio scoraggerà i migranti dal mettersi nelle mani dei trafficanti di esseri umani per cercare di attraversare il Mediterraneo, mettendo a rischio la loro vita.
Tuttavia, in base a questa legge i migranti avranno solo cura di stare alla larga dal suolo danese.
La Danimarca, paese Ue da 5,7 milioni di abitanti, negli ultimi anni si è guadagnata la reputazione di Stato membro con alcune delle posizioni più dure sull’immigrazione, portate avanti dal ministro dell’immigrazione e integrazione Mattias Tesfaye, un 40enne socialdemocratico figlio di un immigrato etiope.
Recentemente Copenhagen ha fatto scalpore quando ha dichiarato la capitale siriana Damasco «sicura per il ritorno dei rifugiati».
La Siria è devastata dalla guerra civile, molti dei siriani presenti in Danimarca sono malvisti dal regime di Bashar al-Assad – appena rieletto con il 95% dei voti – e non hanno più una casa in cui tornare.
Il governo danese ha anche adottato dure misure interne, compresi gli sgomberi forzati nei quartieri degli immigrati «non occidentali» per impedire la formazione di quelli che definisce dei «ghetti».
Nel 2016 il governo di centrodestra aveva approvato, con l’appoggio dell’opposizione di centrosinistra, una legge che autorizzava le autorità a sequestrare gioielli e altri beni dei rifugiati, per aiutare le autorità a finanziare i costi di accoglienza. Anche se quella legge è stata messa effettivamente in pratica solo qualche volta, era indicativa della sensibilità della politica danese nei confronti dell’immigrazione.
Come funziona la nuova legge
Secondo il nuovo sistema, i richiedenti asilo che arrivano in Danimarca verranno trasportati (o deportati, secondo i più critici) in un paese terzo, dove resteranno per tutto il periodo in cui sarà esaminata la domanda.
In caso di successo, il rifugiato sarà autorizzato a rimanere nel paese terzo o, in caso di rifiuto dello status di rifugiato, sarà espulso anche da lì.
Detta più semplicemente, nelle intenzioni di Copenhagen nessun migrante avrà il diritto di restare in Danimarca.
Il paese terzo a cui dovrebbe rivolgersi il governo danese sembra essere il Ruanda. Ad aprile il ministro Tesfaye si è recato nel paese africano per firmare un memorandum d’intesa su asilo e migrazione. Il governo ruandese ha detto che l’accordo non include niente del genere, ma il Ruanda ha una tradizione nell’accoglienza dei rifugiati (attualmente ne ospita circa 130.000 provenienti dai paesi vicini) e nel 2018 aveva progettato insieme a Israele un meccanismo simile, poi fallito.
Il tema dell’immigrazione tornerà a dettare l’agenda politica
Quello della Danimarca è solo l’ultimo tentativo dei paesi europei di allestire campi di asilo in Africa per esternalizzare le richieste di asilo, il primo a proporre un sistema del genere è stato l’allora premier britannico Tony Blair, che nel 2004 provò a convincere la Tanzania a fare da paese terzo in cui trasfere i migranti durante l’esame delle richieste, senza riuscirci.
Il sistema danese potrebbe essere replicato da altri paesi europei – come Polonia e Ungheria – e diventare un modello per tutti i partiti delle estreme destre europee, a partire dalle campagne elettorali per le elezioni tedesche (settembre 2021) e francesi (aprile 2022).
Considerando che siamo all’inizio della stagione estiva con l’inevitabile aumento degli sbarchi, l’eco della legge danese si farà sentire anche in Italia
(da Open)
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Giugno 3rd, 2021 Riccardo Fucile
“VOGLIO VEDERE COME ANDRA’ A FINIRE QUEST’INCHIESTA”: OGGI HA VISTO COME E’ ANDATA A FINIRE
Nonostante le intercettazioni e le inchieste portate avanti da Report, per Matteo
Salvini i commercialisti della Lega agli arresti domiciliari nell’ambito dell’inchiesta sulla Lombardia Film Commission erano “persone oneste e perbene”.
“Voglio vedere come andrà a finire quest’inchiesta” aveva aggiunto a ottobre 2020, continuando: “Ognuno con i suoi soldi può comprarsi la casa dove vuole o sul lago di Garda”, aveva detto ancora Salvini parlando delle due villette di Desenzano del Garda sequestrate dalla Guardia di Finanza ai commercialisti Alberto Di Rubba e Andrea Manzoni (oggi sequestrate definitivamente)
Oggi la condanna.
Alberto Di Rubba a 5 anni e Andrea Manzoni a 4 anni e 4 mesi, imputati a Milano per il caso della compravendita del capannone di Cormano, acquistato dalla Lombardia Film Commission, con la quale sarebbero stati drenati 800mila euro di fondi pubblici. Lo ha deciso il gup Guido Salvini al termine del processo che si è svolto con rito abbreviato.
Accolto in toto l’impianto accusatorio della procura: il procuratore aggiunto Eugenio Fusco e il pm Stefano Civardi avevano chiesto 4 anni e 8 mesi per Di Rubba e 4 anni per Manzoni, entrambi imputati per turbativa d’asta e peculato.
I due revisori contabili dovranno anche versare in solido un risarcimento danni di 150mila euro a Lombardia Film Commission, fondazione partecipata dalla Regione e dal Comune di Milano e parte civile nel processo in abbreviato per il caso della compravendita del capannone di Cormano. Disposto un risarcimento di 25 mila euro per il Comune.
Comminata inoltre l’interdizione perpetua dai pubblici uffici ed in stato di interdizione legale durante l’esecuzione della pena.
(da Globalist)
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Giugno 3rd, 2021 Riccardo Fucile
CONFISCATE ANCHE DUE VILLE A DESENZANO DEL GARDA AI DUE CONDANNATI PER PECULATO
Cinque anni ad Alberto Di Rubba. Quattro anni e quattro mesi ad Andrea Manzoni.
Pene più dure di quanto chiesto dall’accusa per gli ex revisori contabili della Lega in Parlamento, condannati dal gup di Milano Guido Salvini al termine del processo con rito abbreviato sull’affare Lombardia film commission.
Accolto in toto l’impianto accusatorio della procura, che con il procuratore aggiunto Eugenio Fusco e il pm Stefano Civardi avevano chiesto quattro anni e otto mesi per Di Rubba e quattro anni per Manzoni.
I due professionisti erano imputati per turbativa d’asta e peculato, accusati di aver pilotato la compravendita sull’immobile di Cormano, grazie alla quale hanno distratto 800mila euro di fondi pubblici stanziati dalla Regione Lombardia.
Il giudice ha disposto inoltre un primo parziale risarcimento di 150mila euro per la fondazione Lombardia Film Commission e di 25mila euro Per il Comune di Milano. Per i due è stata decisa anche l’interdizione perpetua dai pubblici uffici e dalla professione di commercialista per i prossimi 4 anni.
Disposta anche la confisca delle due ville a Desenzano sul Garda, sul lago di Garda, che erano stata acquistate nel 2017 con i soldi della compravendita come ricostruito dalle indagine dei militari del Nucleo di polizia economico finanziaria della Guardia di Finanza di Milano.
(da agenzie)
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