Giugno 10th, 2021 Riccardo Fucile
MA COME? SE L’ECONOMIA RIPARTE NON DOVREBBERO AUMENTARE I POSTI DI LAVORO? A CHE SERVONO I LICENZIAMENTI?… LA VOGLIA DI LAVORARE C’E’: LA SAMMONTANA A EMPOLI CERCA 350 STAGIONALI E SI SONO PRESENTATI IN 2.500
Ieri un’altra piccola perla: Repubblica spreme tutta la fantasia che ha per intossicare la narrazione e spara un titolo che è una visione del mondo, raccontandoci che “i posti di lavoro ci sono” ma “mancano i lavoratori” e che quelli che “si sentono” sfruttati rinunciano.
La scelta delle parole è un capolavoro di manipolazione e, oltre alla solita manfrina degli sfruttatori che si lamentano perché non trovano schiavi, ora si aggiunge la novità dello sfruttamento percepito (come avviene per la temperatura).
E il meccanismo è perfetto per vittimizzare gli sfruttati, mica lo sfruttamento.
Matteo Salvini, un fannullone che non ha mai lavorato in vita sua (lo stabilisce un giudice del tribunale di Bergamo) ha avuto l’ardire di dire che i ragazzi non vogliono fare i camerieri quest’estate per 600 euro al mese perché preferiscono prendersi il reddito di cittadinanza e guardarsi gli Europei sdraiati sul divano.
Altra narrazione tossica: un fannullone che guadagna 15mila euro al mese (per molti politici la politica è un reddito di cittadinanza esageratamente ricco) invita i ragazzi a lavorare da stagionali per uno stipendio da fame.
Nessuno slancio su reddito, su tutele, su futuro. Non sia mai.
Del resto, siamo lo stesso Paese che si è reso ridicolo per mesi con la favola dei rider felici e straricchi contrapposti agli sfigati pelandroni che non hanno voglia di lavorare. Peccato che, subito dopo, si sia scoperto che i rider sono schiavi.
Stesso giochetto sullo sblocco dei licenziamenti: Confindustria e pezzi di governo ci ripetono a reti unificate che siamo di fronte a un “miracolo economico” (l’hanno chiamato così, come i piazzisti che in effetti sono) ma aggiungono che per renderlo possibile hanno bisogno di licenziare.
Ma come? Ma se l’economia riparte non dovrebbero aumentare i posti di lavoro? A che servono i licenziamenti?
Poi, volendo essere un po’ perfidi, si potrebbe anche chiedere che senso abbia avuto sostenere le aziende con soldi pubblici (i soldi quando vanno alle aziende, notatelo, non sono più “sussidi” ma magicamente diventano “investimenti”), se poi quelle aziende non garantiscono i propri lavoratori.
“È la crisi”, rispondono. Ma come? E il “miracolo economico”?
Intanto, a Empoli, Sammontana cerca 350 stagionali e si presentano in 2.500. È il vero “miracolo economico” che funziona e che quelli vorrebbero negare: se paghi il giusto, i lavoratori si trovano. Eppure il lamento per gli schiavi che si lamentano di essere schiavi continua.
(da TPI)
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Giugno 10th, 2021 Riccardo Fucile
LA LEGA A ROMA ARRANCA AL 10%, MA FAR PRESENTARE EURODEPUTATI E PARLAMENTARI VUOL DIRE SCONTENTARE LE SECONDE FILE (E PURE LE PRIME),,, E TUTTO FINISCE IN FARSA
L’ultima uscita di Matteo Salvini spiazza il suo partito: ha chiesto ai suoi eurodeputati, parlamentari e
consiglieri regionali eletti a Roma la “disponibilità” a candidarsi alle prossime Comunali a sostegno di Michetti. Richiesta cortese ma ferma.
Con l’impegno esplicito a dimettersi dal consiglio comunale se eletti. Solo per “trainare” le liste leghiste, che i sondaggi migliori piazzano tra il 12 e il 14%, ma che per alcune rilevazioni superano di poco il 10%.
Una “chiamata alle armi” che riguarderebbe eurodeputati come Cinzia Bonfrisco, Simona Baldassarre, Luisa Regimenti e Antonio Rinaldi, professore e volto televisivo. Poi la deputata Sara De Angelis, ex presidente del municipio Parioli, mentre senatori capitolini non ce ne sono.
E sono coinvolti anche il vicepresidente del consiglio regionale Pino Cangemi più i suoi consiglieri Daniele Giannini e Laura Corrotti.
Ma la prospettiva ha scatenato malumori nel partito.
Intanto a livello comunale, dove i tanti potenziali candidati sul territorio non hanno molta voglia di essere “azzoppati”, ovvero di fare campagna elettorale – correndo tra sagre, mercati e piazze – come “soldatini” destinati a finire secondi o terzi nelle liste guidate dai big.
I quali, a loro volta, non sono entusiasti né di doversi contare – con il rischio di sorprese spiacevoli – né di dover sommare ai già numerosi impegni una campagna a risultato zero.
La questione è spinosa e non è ancora stata risolta. Sebbene le numerose doglianze abbiano convinto il leader a una riflessione più approfondita.
Con un embrione di compromesso: trasformare la richiesta erga omnes in una faccenda volontaria.
Se la candidatura fosse facoltativa, qualcuno potrebbe farsi avanti: senza la sgradevolezza della competizione e con maggiore dedizione da parte dei colleghi di partito.
E’ il caso di Rinaldi, che nicchia ma potrebbe convincersi. O della Bonfrisco, agevolata anche dal fatto che la preferenza o è unica o è di genere: in quel caso potrebbe fare cordata proprio con Cangemi, che ha un buon bacino di voti.
Qui però sorge un altro problema: alla Pisana sono già in cantiere le prime mosse per il “dopo Zingaretti”. E nessuno ha voglia di aprire altri tavoli.
(da Huffingtonpost)
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Giugno 10th, 2021 Riccardo Fucile
L’ELENCO (INCOMPLETO) DEGLI INCARICHI DAL 2012, RARAMENTE PORTATI FINO IN FONDO
Dove c’è elezione, c’è Vittorio Sgarbi. Anche a Roma dove il deputato eletto con Forza Italia e sindaco di Sutri, è stato designato come assessore alla Cultura in pectore dell’eventuale giunta guidata da Enrico Michetti, l’amministrativista vicino a Fratelli d’Italia appena incoronato da Matteo Salvini, Giorgia Meloni e Antonio Tajani nel vertice di mercoledì.
Sgarbi si era candidato mesi fa a sindaco di Roma con il suo Partito della Rivoluzione e dice di aver “ritirato” la sua candidatura a primo cittadino ma per il posto di assessore “non temo rivali”.
Da possibile membro di giunta l’esordio è stato con i soliti insulti, questa volta alla sindaca della Capitale in carica, Virginia Raggi: “L’idea di questa pazza della Raggi di fare uno stadio con i grattacieli basterebbe per renderla inabile di fare il sindaco, è incapace di intendere e di volere”.
Michetti aveva appena finito di dire che Sgarbi “ha un profilo altissimo e il mio ruolo sarà di servizio, non di comando. Voglio essere di supporto ai miei assessori e alle loro idee nel raggiungimento degli obiettivi che ci daremo”.
Vale la pena ricordare che negli ultimi dieci anni Sgarbi è stato candidato a diverse tornate elettorali in tutta Italia e ha ricoperto numerosi incarichi politici che raramente ha mantenuto fino a fine mandato.
L’unico che resta al momento è quello di deputato: nel 2018 è stato infatti eletto alla Camera con Forza Italia grazie a un listino bloccato in Emilia, dopo che nell’uninominale aveva perso la sfida con Luigi Di Maio, nel collegio di Acerra.
Dal 2012 a oggi il critico d’arte è stato assessore a Baldissero d’Alba, a Urbino, a Cosenza, alla Regione Siciliana.
E’ stato anche candidato non eletto o ritirato a sindaco a Salemi, Milano, a presidente della Regione Siciliana, che ha lasciato per il seggio alla Camera, e a consigliere regionale dell’Emilia Romagna a cui ha dovuto rinunciare sempre per l’incompatibilità con il ruolo di deputato.
A ottobre scorso ha annunciato la candidatura a sindaco, a dicembre a presidente della Regione Calabria, di cui si è persa traccia.
Tra gli anni Novanta e i Duemila è stato tra l’altro anche sindaco di San Severino Marche (per un anno), eurodeputato e sottosegretario ai Beni culturali, nel Berlusconi II.
A Montecitorio è stato deputato in 5 diverse legislature: l’ultima volta è stato eletto nel 2018 con Forza Italia ma è uscito poco dopo dal gruppo per iscriversi al gruppo Misto. Qui dentro è iscritto al sottogruppo di centrodestra Noi con l’Italia-Usei-Rinascimento.
(da Il Fatto Quotidiano)
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Giugno 10th, 2021 Riccardo Fucile
CON LA REGOLA DEI DUE MANDATI PUNTA SUL RICAMBIO GENERAZIONALE… GLI STRALI DI DI BATTISTA
Chi pensava che con il partito di Giuseppe Conte Beppe Grillo cogliesse l’occasione per andare in
pensione si dovrà ricredere.
La “carta bianca” che è stata concessa all’ex premier è appuntata dai paletti del fondatore, che ha affidato le chiavi di una macchina che continua a considerare sua a quello che ritiene il miglior conducente possibile, ma che non ha nessuna intenzione di mollare: “Vorrei vedere un po’ di gente nuova, gente fresca, che ci dia un po’ di energia, abbiamo fatto quella regola proprio perché la politica non diventasse una professione per i nostri”, il senso del ragionamento sul limite dei due mandati che in queste settimane e in questi giorni ha fatto a chi lo ha sentito. Con la consegna dei dati degli iscritti da parte di Rousseau la nuova creatura disegnata dal professore pugliese è pronta a levare gli ormeggi, ma i nodi sul tavolo sono tanti e la strada ancora più difficoltosa del previsto.
Si prenda l’aprire o meno alla possibilità del terzo mandato, la questione potenzialmente più esplosiva per gli equilibri interni.
Il premier ha spiegato che la questione verrà affrontata più in là, che non sarà nel nuovo Statuto. C’è bisogno di tempo per far decantare le tensioni, e far esplodere il tema adesso significherebbe inimicarsi l’altra metà del cielo, a seconda della scelta presa.
L’ex premier vorrebbe una mediazione, un punto di caduta a metà tra il mantenimento della regola tout court e l’abolizione, un sistema di deroghe per salvaguardare meriti e competenze.
Ma è proprio il fondatore, che mantiene salda la golden share sul partito, a non voler fare un passo indietro sulla questione. Parlando con le persone che gli sono più vicine in questo momento di travaglio personale, Grillo avrebbe manifestato la voglia di “cambiare” la classe dirigente, di procedere a un rinnovamento profondo dei vertici di un Movimento che per quanto continui a guidare ad intermittenza non sente più suo.
“Beppe si è man mano scollato da quello che succede a Roma”, racconta uno dei pochi ad avere cognizione di quel che succede a Genova.
E continua: “Lui non ha mai capito le logiche del Palazzo, e per quanto abbia indirizzato il Movimento nei momenti decisivi non capisce fino in fondo la trasformazione che hanno subito tanti dei nostri maneggiando il potere”.
Rimane fisso sull’idea che la politica non debba diventare una professione, ritiene che per tanti, troppi, lo sia diventata, lo raccontano infastidito dalla valanga di messaggi che gli arrivano da Roma, tutti incentrati su questioni che lo appassionano poco e che ritiene lontanissime dallo spirito originale del Movimento.
“Con qualcuno ha mantenuto un buon rapporto – ci spiegano – ma per la maggior parte si è stancato dei professoroni che lo tirano per la giacca a destra o a sinistra”.
Mantenere scampoli di identità e fare un repulisti della vecchia guardia sono le motivazioni di una posizione che sta scatenando una ridda di commenti al vetriolo in Parlamento.
Gli onorevoli si danno di gomito e si scrivono: “Ma allora se è già tutto deciso e non possiamo influire minimamente su quel che diventeremo, che senso ha restare?”, la domanda che serpeggia soprattutto fra chi è al secondo mandato.
“Basta che non si vada più andare avanti con deroghe ad personam, creano solo indecisioni, confusione e malumori”, chiede Sergio Battelli.
È una sfilza di dichiarazioni per scoperchiare il vaso e spingere in direzione contraria. “Bisogna valorizzare le esperienze”, spiega Gianluca Castaldi, ex sottosegretario considerato molto vicino a Conte.
“Le competenze acquisite non vanno disperse”, dice Paolo Parentela, “Decidano gli iscritti” è la proposta di Filippo Gallinella, “È arrivato il momento di superare quel limite”, tira giù dritto Giancarlo Cancelleri.
È una rivolta in piena regola, il tema è così scottante che interviene anche Alessandro Di Battista dal Sudamerica: ”È avvilente leggere le dichiarazioni di moltissimi parlamentari del M5s che oggi, a pandemia non ancora finita, con la classe media al collasso, con Confindustria che fa il bello ed il cattivo tempo e con una crisi sociale fuori dal comune, preferiscono metter bocca sulla regola del doppio mandato ovviamente con l’obiettivo di cancellarla e poter continuare a vivacchiare nelle istituzioni”.
In mezzo Conte, che fatica a divincolarsi tra le intemerate del fondatore e il malumore dei gruppi: “A lui di chi c’è o non c’è importa poco, lui e Rocco (Casalino) pensano che il brand vincente sia il suo e basta”, spiega un deputato lasciando intendere che in fondo, se rimanesse lo stop al terzo mandato, l’ex premier avrebbe più margine di manovra per costruire il nuovo Movimento a propria immagine e somiglianza. Dall’entourage del premier smentiscono recisamente che il nuovo capo politico voglia inserire un riferimento al suo nome nel simbolo, raccontano di un Grillo contrarissimo a questa eventualità, ma il solo fatto che se ne parli dà l’idea del campo che Conte si ritroverà a dover sminare. Garante permettendo.
(da Huffingtonpost)
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Giugno 10th, 2021 Riccardo Fucile
UN’ALTRA PAGINA VERGOGNOSA PER LA SEDICENTE DESTRA ITALIANA
Un disegno di legge che per la prima volta ha accontentato tutti, perché lineare e giusto, a parte Fratelli d’Italia che continua con la linea ostruzionistica.
L’Aula del Senato ha approvato in prima lettura il ddl proposto dal M5s e appoggiato da tutta la maggioranza per l’inserimento della tutela dell’ambiente e degli animali in Costituzione.
I voti favorevoli sono stati 224, nessun contrario e 23 astenuti (tra questi i senatori di Fratelli d’Italia).
Il provvedimento passa alla Camera per la seconda delle quattro letture previste nel caso di legge costituzionale.
Il disegno di legge prevede la modifica dell’articolo 9 della Costituzione con l’aggiunta del comma in cui si precisa che “la Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio artistico della Nazione. Tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni. La legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali”.
Il provvedimento modifica, inoltre, l’articolo 41 della Carta, prevedendo che l’iniziativa economica non possa svolgersi in modo da recare danno alla salute e all’ambiente e che la legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini ambientali.
Per il M5s si tratta di “un tassello fondamentale nel grande puzzle che compone la transizione ecologica e solidale” e che “allinea la nostra carta costituzionale a quella di quasi tutti gli Stati europei”.
Plaude anche la Lega sottolineando “la positiva convergenza di tutte le forze di maggioranza”.
Per il segretario del Pd, Enrico Letta, è “un grande risultato. Avanti ora più rapidamente possibile con gli altri passaggi”.
Esulta la deputata di Forza Italia Michela Vittoria Brambilla, “da tre legislature mi batto per ottenere questo risultato” dice, e ora il Parlamento può realizzare “un grande cambiamento, di straordinaria portata, giuridica, sociale e culturale”.
Sono mancati invece i voti di Fratelli d’Italia. Astenuto anche Matteo Richetti (Misto, +Europa Azione).
Wwf: “Primo passo storico” – Il voto del Senato al disegno di legge che introduce nella Costituzione la tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi, per il Wwf “è un primo passo storico. Ora ci auguriamo che la Camera approvi il testo con altrettanta rapidità e che l’intero iter si concluda entro la fine della legislatura”.
Il Senato, osserva l’associazione ambientalista, “ha dato prova di maturità riuscendo a comprendere come questi valori siano ormai parte integrante della nostra società e non possano più essere ritenuti secondari, come confermato dalle vigenti norme europee e dalla costante giurisprudenza”.
Il riconoscimento costituzionale della tutela dell’ambiente “è una battaglia storica del Wwf, che infatti è stato chiamato a prendere parte ai lavori in Commissione Affari Costituzionali del Senato, che hanno portato alla elaborazione del testo oggi approvato a larga maggioranza”.
Ora “chiediamo che la Camera licenzi il testo con altrettanta rapidità e con un consenso ancora più ampio, affinché si possa giungere alla definitiva approvazione prima della conclusione della Legislatura”.
“Per rendere realmente concreto questo traguardo – conclude il Wwf – è però necessario che la legislazione ordinaria, statale e regionale, sia sempre più attenta alla tutela ambientale”.
(da agenzie)
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Giugno 10th, 2021 Riccardo Fucile
MANIPOLATA LA CARTELLA CLINICA DAI RUSSI: FATTA SPARIRE LA COMPONENTE DI ORGANOFOSFATI IN QUELLA UFFICIALE
Lo staff di Alexey Navalny è riuscito a ottenere prima una copia della sua cartella clinica –
fotografandola presso l’archivio dell’ospedale a Omsk, dove fu curato dopo l’avvelenamento, in modo ‘non ufficiale’ – e poi la cartella clinica ‘vera e propria’ attraverso canali ufficiali.
In questo caso manca un dato chiave, ovvero l’analisi sul livello della colinesterasi, che proverebbe l’avvelenamento da organofosfati, il gruppo a cui appartengono i composti al nervino come il Novichok.
Le prove sull’avvelenamento
“Abbiamo compilato una tabella di incongruenze in modo da sapere esattamente cosa è stato aggiunto alla versione ufficiale e cosa è stato rimosso dalla versione non ufficiale”, si legge sul sito di Navalny.
“La maggior parte dei cambiamenti sono minimi. È strano che ci siano, perché la cartella clinica è stata nell’archivio per molto tempo e dovrebbe essere già in perfette ‘condizioni finali’. In entrambe le versioni, secondo i medici, ci sono già abbastanza dati per fare una diagnosi con piena fiducia: avvelenamento da organofosfati. Tutte le conclusioni sul metabolismo, la pancreatite e altri disturbi naturali della salute sono assurde. Non è nemmeno chiaro perché vengano considerate. Ma la cosa più importante è diversa. Nella versione che ci è stata rilasciata ufficialmente manca un documento molto importante”, sostengono gli alleati di Navalny.
“Si tratta di un esame biochimico del sangue di Navalny dell’Istituto di ricerca Sklifosovsky. I truffatori di Omsk lo hanno semplicemente scartato, ce lo hanno nascosto, come se non fosse mai esistito. Ma l’analisi c’era ed è stata registrata una diminuzione critica del livello di colinesterasi. Questo, insieme ad altri sintomi descritti nella cartella clinica, conferma la diagnosi di avvelenamento con inibitori della colinesterasi nel 100% dei casi. La data delle analisi è il 25 agosto 2020. Cioè dopo che Alexey è stato dimesso e il giorno dopo che la clinica Charite di Berlino ha annunciato che Navalny era stato avvelenato. In pratica gli specialisti russi hanno condotto esattamente lo stesso studio e hanno trovato la stessa cosa”, accusa lo staff dell’oppositore in carcere.
(da agenzie)
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Giugno 10th, 2021 Riccardo Fucile
DA 14 GIORNI DECINE DI NAVI FERME IN RADA A YANTIAN, GRAVI RITARDI NELLE CONSEGNE, PREZZI ALLE STELLE
La foto, rubata da un marinaio, mostra decine di navi – in arrivo da tutto il mondo – da giorni in sosta davanti al porto di Yantian, nella Cina meridionale. Si erano dirette allo Yantian International Container Terminal, centro di smistamento delle merci tra i più avanzati del Paese, per fare il pieno di container. Ma le operazioni sono bloccate, causa coronavirus.
Casi di positività al Covid si registrano a Shenzhen, dove si trovano i porti strategici di Yantian e di Shekou, e a Guangzhou, dove c’è il porto di Nansha. Non sono molti, ma la severità dei cinesi nei controlli è ormai nota.
Tamponi sono in corso a tappeto anche tra il personale del porto di Yantian, dove pure c’è qualche positivo. Il contagio da variante Delta, molto insidioso, sta allarmando le autorità sanitarie.
L’attività portuale risente molto del problema. Con effetto domino, il blocco del porto di Yantian si è presto riverberato sugli scali cinesi satelliti. Ma l’intero sistema mondiale delle consegne comincia a risentire della crisi cinese. Al punto che la situazione sembra più grave rispetto a quella di Suez a marzo 2021, quando il traffico fu bloccato dall’avaria alla portacontainer Ever Given.
Camion automatici senza pilota caricano i container a Yantian
In un messaggio via LinkedIn, il danese Lars Jensen, esperto di trasporto marittimo, sostiene che i container fermi nei porti della Cina meridionale (tra cui Yantian) hanno già superato quelli del Canale di Suez dopo l’incidente alla nave Ever Given. In 14 giorni di crisi cinese, non hanno viaggiato circa 357.000 teu (il teu è l’unità di misura del trasporto dei container). La Ever Given fermò 55.000 teu al giorno, per solo sei giorni.
E le cose minacciano di peggiorare. Scrive il Corriere Marittimo che la compagnia di trasporto danese Maersk ha fermato 40 sue imbarcazioni già dirette a Yantian, dirottandole verso porti agibili, con ritardi ulteriori nelle consegne. E la stessa strategia viene messa in campo ormai dai trasportatori giapponesi della Ocean Network Express e dalla OOCL, compagnia di Hong Kong.
In questo scenario, il costo del trasporto marittimo sta volando alle stelle. La domanda, quella è forte perché tanti Paesi vivono una ripresa economica dopo l’uragano Covid, a partire dagli Stati Uniti. Nello stesso tempo, molti porti continuano a lavorare a basso regime, anche perché colpiti periodicamente da quarantene. Nel gioco tra domanda (alta) e offerta (bassa), a farne le spese sono i prezzi del trasporto, sempre più proibitivi.
(da agenzie)
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Giugno 10th, 2021 Riccardo Fucile
“IO AVREI SATURATO TUTTI GLI OVER 60 PRIMA DI CREARE ALLARMISMI”… “L’ITALIA, ALLE PRIME AVVISAGLIE, DOVEVA FARE CONTRATTI MASSICCI PER ALTRI VACCINI”
Nuovo caos sul vaccino AstraZeneca: l’Italia intera è in attesa di un’indicazione
sull’uso per gli under 40, le Regioni si muovono a macchia di leopardo e la Campania interrompe addirittura gli open day, le reazioni di trombosi riecheggiano sui giornali, nonostante siano casi rarissimi.
Per fare chiarezza abbiamo intervistato Luca Pani, 60 anni, cagliaritano, ex direttore generale dell’Aifa (2011-2016), ordinario di farmacologia e farmacologia clinica all’Università di Modena e Reggio Emilia e all’università di Miami.
Professore, il Cts italiano oggi deciderà rispetto alle limitazioni di AstraZeneca per i giovani…
“La interrompo subito. È già qui che è tutto ribaltato. Ma per caso sono cambiate le leggi in Italia? Per cui adesso le decisioni regolatorie le prende il Cts? Ma chi è il Cts rispetto ad Aifa, che ha tutti i dati in mano? Non è per fare polemica, ma mi sembra assurdo…”
Quindi, secondo lei, la scelta spetta all’Aifa? O al ministero della Salute? Glielo chiedo perché qui è partito lo scarica barile…
“Solo e soltanto all’Aifa. Come sono spettate solo all’Aifa tutte le decisioni fino a questo momento. Ovviamente l’Aifa deve ascoltare tutti, e l’Ema vede e sa tutto. Ma poi sono i dati scientifici a parlare. E non c’è Oms che tenga, ministero che tenga o Cts che tenga. Poi si può parlare di quanto è vincolato il direttore generale dell’Aifa, ma questa è un’altra storia…”
Ma soprattutto: se ci sarà solo un’indicazione e non un diktat cosa bisogna dire agli under 40 e ancora di più alle giovani donne? Devono farlo o no?
“Quando si è davanti a un’autorizzazione emergenziale e non a una approvazione le regole sono diverse. Se vengono fuori dei dati sui potenziali rischi, non bisogna somministrarlo”
Oggi l’ex direttore esecutivo dell’Ema Guido Rasi ha detto che oggi non vaccinerebbe sua figlia con AstraZeneca. Lei ha figlie? Oggi le farebbe vaccinare? E nei mesi scorsi le avrebbe fatte vaccinare?
“Sottoscrivo quello che dice Rasi. Mia figlia 23 anni ha già fatto Pfizer da tempo qui negli Stati Uniti. AstraZeneneca qui non è autorizzato”.
E se fosse in Italia?
“In Italia non glielo farei fare. In questo momento nei luoghi a bassa circolazione del virus e nelle persone non a rischio per il Covid e a rischio remotissimo per un evento avverso da AstraZeneca conviene fare un vaccino a mRNA, ma sono casi isolati e rari”.
E chi ha già fatto la prima dose deve stare in allarme o no?
“No, perché – ripeto – gli eventi avversi sono molto rari”.
I casi di trombosi sono in effetti 1 ogni 100mila. È il quadro ad essere cambiato. Come TPI aveva già spiegato nella rubrica “Parole chiare in medicina”, in Italia adesso il virus circola molto meno e secondo le tabelle dell’Ema, “con meno di 50 contagi settimanali ogni100mila abitanti il rapporto rischi/benefici con AstraZeneca non è più cosi favorevole sotto i 40 anni”.
Insomma, a questo punto della storia della pandemia fare AstraZeneca non vale più la pena?
“Certo, questo è un punto un po’ tecnico, ma fondamentale. In questo momento la circolazione del virus è ridotta, ho meno persone in ospedale, quindi non vedo perché devo correre un rischio anche minimo se posso fare altri vaccini. Ma la domanda è un’altra: bastano gli altri vaccini oggi in Italia? Li state usando, li state iniettando?”.
L’ultima raccomandazione solo per gli over 60, nei fatti, non è stata rispettata. Non era meglio vietarlo in toto ai giovani?
“Queste sono delle strategie di health policy. Se il Paese aveva un sufficiente numero di dosi alternative, se aveva la certezza di coprire comunque la campagna vaccinale per gli over 60…Allora sì, poteva interrompere”.
Sembra esserci un effetto a cascata dello stop a Astrazeneca ai giovani anche sugli anziani. Tra gli over 60 infatti gli scettici sull’utilità di vaccinarsi sono ancora più di 3 milioni (non si sono fatti somministrare nemmeno la prima dose!). In quel caso che si fa? Meglio trovare più dosi di Pfizer per tutti?
“Ecco l’enorme problema nel comunicare i rischi sui giovani ancora prima di aver vaccinato tutti gli over 60. Stiamo parlando di una barba finta e chi potrebbe utilizzarlo in quanto categoria a rischio, sopra i 60 anni non lo sfrutta più al massimo!”
Con gli open day ai giovani le Regioni hanno sbagliato? È stata una corsa a chi vaccinava di più senza guardare ai potenziali rischi?
“Questo è stato il de profundis per il titolo V sulla salute. Ovviamente non succederà niente, ancora una volta. Non si riuscirà neanche questa volta a togliere alle Regioni il potere sulla salute. Le Regioni hanno vaccinato senza calcolare i rischi e si sono mosse da sole, come gli pareva”.
Ma secondo lei deve esserci un preciso e chiaro diktat, ovvero una decisione ferma e precisa dell’Ema?
“Attenzione, l’Ema è fatta dagli Stati membri. Quindi è sempre in collegamento con le agenzie statali. E sì, serve dare una linea”.
Fin dall’inizio AstraZeneca ha avuto problemi. L’Italia e l’Europa l’hanno gestita bene secondo lei, che conosce così bene questo mondo?
“La negoziazione nazionale sarebbe stata disastrosa rispetto a quella europea. Certo, bisognava mandarci delle persone esperte nella negoziazione dei farmaci. Perché dall’altra parte avevi degli avvocati da 50mila dollari a consulenza, spietati e che fanno i loro interessi. Però noi ce la giocavamo per milioni di abitanti, quindi non era male come potere negoziale”.
Quindi vuole dire che ci siamo fatti trovare impreparati?
“Sì, siamo andati lì impreparati. La differenza che si è notata chiara tra Stati Uniti e Europa è che i primi hanno inserito la strategia sui vaccini all’interno del word speed in una strategia di investimento globale, pubblico-privato tra l’altro. Quando loro hanno scoperto che la proteina spike poteva essere quella da colpire, per lo sviluppo del vaccino sono andati da chi faceva vaccini a Rna e sono andati da Moderna. Lo stesso hanno fatto Pfizer e Biontech, dove Biontech aveva anche i finanziamenti del governo tedesco. AstraZeneca aveva i finanziamenti di Oxford. Ma è mancato, a livello europeo e ancora manca, il concetto del valore del farmaco come valore di investimento, non come costo. E questo cambia le negoziazioni globali”.
Anche questa volta, come nel blocco di marzo, c’è dietro un decisionismo politico?
“Sì, è così”.
C’entra in qualche modo il fatto che AstraZeneca è il vaccino che costa di meno?
“Io spero che non sia stato questo il processo che ha determinato le scelte. Ma potrebbe aver contato. Costava di meno e quindi doveva essere più utile. Bisogna usare come parametro sempre la scienza, non l’economia”.
Sembra entrarci anche l’economia in questo caso. Per esempio, perché nel Regno Unito è andato tutto liscio con AstraZeneca?
“Questo dà la misura di quanti pochi siano i casi avversi. Globalmente non va male AstraZeneca e il Regno Unito è stato un esempio positivo, lì è andato tutto liscio. Le decisioni politiche, di strategia, di comunicazione – purtoppo – contano”.
Le faccio una di quelle domande impossibili: se fosse ancora lei il direttore dell’Aifa che decisione prenderebbe sullo stop ai giovani?
“Inanzitutto mi sarei premurato, perché la cosa si sa da mesi, di aver chiuso altri contratti per altri vaccini. Contratti massicci, intendo. Cosa che avrei potuto tranquillamente fare. Anche perché abbiamo un sistema sanitario ampiamente digitalizzato e quindi si poteva fare come Pfizer ha fatto con Israele”.
E perché non ci hanno pensato anche i suoi colleghi?
“Non lo so. Questo dipende dagli uomini e dalle donne che prendono decisioni”.
E poi?
“Poi avrei spinto al massimo per tutte le categorie a rischio per cui fare AstraZeneca vale la pena. Cosa che non è successa in Italia. Perché il panico è stato tanto e i furbetti di AstraZeneca, quelli che lo hanno rifiutato, sono stati troppi. Quindi io avrei prima saturato quelli sopra i 60 anni e poi preso una decisione sui giovani. Il compito dell’Aifa è capire anche, con visione, rischi e benefici per l’intera popolazione”.
Quindi, per capirci, avrebbe dato lo stop per i giovani o no?
“Sì, con la circolazione attuale del virus il gioco non vale la candela”.
Andando oltre Astrazeneca, è sempre più concreta la possibilità del bisogno di una terza dose di vaccino. L’Ema aveva fatto male i conti?
“Non è quello il tema. Il problema è che per esempio se servirà fare la terza dose e negli Stati Uniti si ritroveranno stretti, non daranno più i vaccini agli altri Paesi”.
Ci sono ancora parti del mondo dove la maggior parte della popolazione non ha fatto neanche la prima dose. In questo modo saremo in balia delle varianti?
“Il rischio è quello. Più circola, più varia. Quindi bisogna fare una strategia a livello mondiale su quanto sia conveniente fare la terza dose in alcuni posti, o almeno la prima in altri. Vi ricordo che la prima, dopo 10 giorni copre circa al 40-50 per cento. Che è già qualcosa. L’altra cosa da fare in maniera massiva è sequenziare, sequenziare, sequenziare le varianti. Dovresti sequenziare almeno il 15 per cento del totale dei tamponi giornalieri. Che però richiede un investimento e delle risorse umane non indifferenti. Questo servirà ad anticipare il futuro”.
E allora perché secondo lei è “strategicamente sbagliato” cancellare i brevetti?
“Io non sono preoccupato tanto per le aziende farmaceutiche. Quelle sono ricche sfondate e va bene così. Ma eliminare i brevetti toglie al ricercatore, sono esseri umani quelli che inventano i vaccini! Sono persone che hanno lavorato tutta la vita su un sogno, spesso un progetto di vita totale, per cui hanno sacrificato tutto. Ecco, possono scegliere liberamente se regalare il brevetto all’umanità, e spesso lo fanno. Ma lo devono fare loro! Il rischio è che viene meno la spinta individuale (e anche quella delle aziende). L’altro rischio, di cui si parla meno, è che le cose importanti non verranno nemmeno brevettate”.
Cioè?
“Cioè significa che resteranno un segreto industriale. Nessuno lo dirà. E sarà ancora peggio, perché da ogni brevetto deriva l’avanzamento della conoscenza umana. I problemi non sono i brevetti, ma le competenze per produrre i vaccini su scala industriale. E, ve lo dico, al momento in Italia nessuno potrebbe produrli. Figuriamoci in altri Paesi”.
(da TPI)
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Giugno 10th, 2021 Riccardo Fucile
POCHE SETTIMANE FA AVEVA DETTO: “I GIOVANI DEVONO STARE TRANQUILLI, GLI EFFETTI COLLATERALI SONO MINIMI”
“Visto l’impatto degli enormi errori di comunicazione sia dell’Aifa che del Ministero della Salute sull’opinione pubblica italiana, si decida da domani se il vaccino AstraZeneca non si deve più usare e ci si attrezzi per fare solo vaccini a mRna”: così Lo l’infettivologo genovese Matteo Bassetti in un post su Facebook in cui ha invitato il Cts a seguire le decisioni assunte da Norvegia, Danimarca e Austria sulla somministrazione del siero di Oxford, sulla cui somministrazione agli under 60 si dibatte da mesi.
“Non serve limitarlo ad alcune età, a questo punto andrebbe stoppato in tutte le età chiedendo scusa agli italiani per la comunicazione errata e antiscientifica su questo vaccino. Si punti quindi unicamente sui vaccini di Pfizer, Moderna e poi su CureVac. Ma deve essere una scelta politica”, ha aggiunto l’infettivologo direttore della Clinica di Malattie Infettive dell’Ospedale San Martino di Genova.
“L’opinione pubblica è inferocita sul vaccino AstraZeneca, le istituzioni non possono lasciare da soli i medici e le Regioni a difenderli”, aggiunge Bassetti, mostrando di aver fatto marcia indietro rispetto a poche settimane fa, quando affermava: “i ragazzi devono stare tranquilli”.
“In tutto il mondo i giovani sono stati sottoposti al vaccino e gli effetti collaterali sono stati minimi”, aveva osservato Bassetti.
(da TPI)
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