Giugno 11th, 2021 Riccardo Fucile
LA SCELTA DEL CENTRODESTRA A ROMA E’ SEGNO DEI TEMPI, MA PARTE DAL 40%
Vasto programma “restituire a Roma l’orgoglio di Caput Mundi”. Perché Roma “era tutto”, Roma è Roma, come si dice nei bar, allo stadio, nello spazio eterno del luogo comune che si nutre del mito.
Già, il discreto fascino dell’Impero che è sempre piaciuto a una certa destra. Vuoi mettere: prima ancora che i treni arrivassero in orario, ai cittadini ci avevano pensato gli imperatori che “pensavano alle strade, ai punti, alle terme” mica come quei perditempo del superfluo come gli egizi che “costruivano piramidi”.
Se uno avesse gli occhi chiusi, penserebbe di assistere a un remake di SPQR, con un novello Massimo Boldi, intonacato come un imperatore, che si candida a sindaco. E invece è la conferenza stampa di presentazione del candidato sindaco del centrodestra.
Il folklore della romanità è il programma di Enrico Michetti, “folgorato” dall’incontro con la pro-sindaca Simonetta Matone, che invece qualche idea concreta di programma già la espone, e con “Matteo” e “Giorgia”, che si sente “civis romanus” come San Paolo, folgorato anch’esso sulla via di Damasco.
Candidato sindaco e prosindaco, come console e proconsole, ma che ama definirsi “tribuno”, il “massimo” che si può dire perché “rappresenta il popolo sacro e inviolabile”.
Ma Michetti non è estremista, nostalgico, missino, ce n’erano di più in giro nella giunta di Alemanno, non faceva a botte con i rossi nella Roma negli anni Settanta, non ha un passato di militanza.
E poi, “chi sono gli altri per giudicare?” dice Giorgia, già in modalità campagna elettorale se Paolo Gentiloni lo ha proposto come Cavaliere al merito per la Repubblica, e Mattarella, mica pizza e fichi, ce lo ha nominato.
È Cavaliere, avvocato, professore, certo a Cassino, non in quelle università dove incontravi Carnelutti e Cassese, ma insomma se scrive le sigle su una targa fa una certa scena, come fa mezza Italia, quelli che si sentono arrivati da qualche parte.
Come fai a darle torto, almeno su questo, nell’Italia populista dove al governo è andata gente che non ha letto un libro e il Parlamento è pieno di gente senza mestiere, e infatti è impossibile scioglierlo perché in parecchi non lo ritrovano.
Guardate che la questione è più complicata di quel che sembra, perché in giro di Petroselli e Argan non ce ne sono da nessuno parte, in fondo le stesse piazze che si affidarono ai tribuni pentastellati cinque anni fa avevano lo steso linguaggio delle radio romane di Michetti, culla del rifiuto della politica che è “tutta un magna magna” e dei partiti che pensano solo agli affari loro, a cui aggiungere, di questi tempi, un certo scetticismo su scienza, vaccini e tutto ciò che è ufficiale.
Insomma, questo per dire che il folklore non è detto che sia debolezza, magari non è neanche forza ma semplicemente il segno dei tempi – per una coalizione che parte dal 40 per cento e, a meno di clamorosi disastri, dovrebbe avere il ballottaggio in tasca. Perché, appunto, Roma è Roma, lo sanno anche loro.
La Meloni che qui si gioca la ghirba, le ambizioni, l’egemonia a destra, perché novella Caligola che ha sbattuto in pugni sul tavolo per imporre il suo cavallo, se perde, ha perso solo lei.
E infatti ha già fatto capire che ci metterà la faccia, fianco a fianco col candidato, casa per casa, porta a porta. E Salvini, che voleva candidare la pro-sindaca che Porta a Porta lo ha fatto da dieci anni, deve reggere la sfida a destra. E per questo ha precettato pure gli europarlamentari: “Candidatevi, correte e macinate voti”. Se tira uno e tira l’altro, tirano le liste con gran beneficio del candidato.
E poi attenzione al vento dei tempi, all’aria che tira, la stessa che ha incoronato reginetta di Madrid la Ayuso, in nome del diritto alla birretta che diventa più in generale diritto alla libertà, di uscire, muoversi, fare impresa, rifiuto delle regole.
Prima grande capitale ad essersi affidata nel post Covid al centrodestra, in un’Europa dove a Monaco, Berlino, Francoforte e pure Parigi, nonostante i socialisti francesi siano mal messi, governa ovunque la sinistra.
Rispetto alla destra romana, che non ha mai brillato per innovazione, cultura di governo, capacità di liberarsi dal passato, quello della Meloni è un esperimento che va oltre il ceto politico del suo partito (e questo contiene già un giudizio di valore), ma tecnicamente populista: della società civile, sceglie il più populista: il “tribuno folk”, non il classico rappresentante – Confindustria, Confcommercio, boiardo di Stato, imprenditore – riconducibile, nella sua narrazione, all’establishment.
Se la politica fosse solo arte di governo, non ci sarebbe storia, basterebbe leggere le schede di Calenda che ha già pronti i primi provvedimenti di giunta o quelle di Gualtieri, altro che chiacchiere sulla romanità.
Ma scagli la prima pietra chi non ha contribuito a quell’impoverimento della classe dirigente che ha portato alcuni studiosi a parlare di kakistocrazia, governo dei peggiori, dopo la fine dei partiti che, comunque la si veda, sono stati una grande fucina di classe dirigente.
L’ultima volta che ci siamo trovati a raccontare le amministrative, proprio il Pd ha vinto grazie a due tribuni, Emiliano e De Luca, con liste infarcite di tutto, ben oltre la destra e la sinistra. Hanno vinto, come governano è altro discorso.
(da “Huffingtonpost)
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Giugno 11th, 2021 Riccardo Fucile
NEI SONDAGGI IL PARTITO A ROMA E’ INTORNO AL 3%
Parafrasando un vecchio film dei Vanzina: sotto De Vito, niente. L’operazione per condurre l’ex mister
preferenze grillino a Roma tra le braccia di Forza Italia ha dietro la più semplice delle spiegazioni: ad accoglierlo c’è il vuoto.
Il partito azzurro capitolino è accreditato nei sondaggi in vista delle amministrative di una forchetta tra il 3 e il 6% mentre a livello nazionale ondeggia tra il 6 e il 9%.
Ma nel 2016 prese il 4,7% eleggendo un solo consigliere comunale, Davide Bordoni, quando Forza Italia veleggiava intorno al 15%.
Da quel momento in poi, nel Lazio è stato il tracollo: oltre a Bordoni, hanno lasciato il partito 9 consiglieri municipali su 11 e 5 consiglieri regionali su 6 (con però una new entry). Un esodo.
Con questi chiari di luna, è stato Maurizio Gasparri a convincere Antonio Tajani a metterlo in campo: le 6500 preferenze di De Vito, per quanto oggi dimezzate, rappresentano la soglia minima per aspirare a un seggio nell’assemblea (Bordoni fu eletto appunto con 3mila consensi) ed evitare il dissolvimento.
Di qui la conferenza stampa con cui l’attuale presidente dell’assemblea capitolina, tuttora implicato in una vicenda di corruzione che nel 2019 lo ha portato in carcere, è stato presentato urbi et orbi.
Ma di qui anche il gelo con cui è stato accolto nel partito: la candidatura di De Vito mette una pesante ipoteca sull’unico possibile seggio per gli azzurri. Dove i mugugni sono già cominciati: “Gli hanno regalato il seggio. Va bene, ma così sarà difficile anche riempire le liste per i municipi”.
Il rischio è il fuggi fuggi finale. Inasprito da una campagna elettorale alla fratelli-coltelli. A fine 2019, Bordoni, coordinatore romano, è passato alla Lega dopo 25 anni di militanza tra gli azzurri azzerandone di fatto la presenza nel consiglio comunale: “E’ una questione generazionale, con Salvini siamo coetanei”.
Inesausto uomo macchina, coordinatore della campagna di Tajani alle Europee, Bordoni è cresciuto a pane e Berlusconi. E adesso, gli ex compagni di partito temono che gli elettori di centrodestra tra lui e De Vito (che a quel mondo in passato non ha risparmiato critiche) non abbiano dubbi.
Fatto sta che la mossa di Gasparri ha un senso politico. Lo stesso della sua candidatura di bandiera a sindaco di Roma, rilanciata da Tajani in ogni intervista: salvare il salvabile. Fare da traino. Perché i numeri, messi in fila sono impietosi.
Dei 10 consiglieri municipali eletti alla scorsa tornata solo due, Antonio Derenti e Patrizio Di Tursi non hanno cambiato bandiera. Viceversa: Giuseppe Mocci (eletto con Marchini e poi passato con Fi), Sandro Toti, Piero Cucunato e da poco Simone Foglio (ex recordman di preferenze, 23 anni in Fi) sono passati con la Lega.
Mentre Maria Cristina Masi di Ostia, Daniele Calzetta, Riccardo Graceffa e Gianni De Lucia (a marzo scorso, dopo 20 anni di militanza azzurra) hanno trovato nuova casa nel partito di Giorgia Meloni. A dicembre anche Dino Bacchetti se ne è andato un direzione Pd: “Dopo 23 anni lascio, partito desertificato e linea schizofrenica”.
Un’emorragia di classe dirigente locale esperta e consolidata, non semplice da rimpiazzare. Che si è ripetuta, in modo minore, alla Pisana. Dove il vicepresidente del consiglio regionale Pino Cangemi è migrato nella Lega; stessa scelta fatta da Laura Cartaginese e da Pasquale Ciaccarelli. Antonello Aurigemma è passato già nel 2019 con FdI, Adriano Palozzi poche settimane fa ha scelto il movimento di Toti e Brugnaro. La pattuglia azzurra si era ridotta a Giuseppe Simeone da Formia, salvo rimpinguarsi con Enrico Cavallari, ex assessore d Alemanno, eletto con la Lega e poi passato con i renziani, infine accolto a braccia aperte da Tajani e Gasparri.
Adesso, per molti azzurri, si tratterà di nuotare tra Scilla e Cariddi: approfittare della “zattera” che De Vito potrebbe offrire, in primis a se stesso, oppure migrare anche loro verso lidi più ospitali.
(da Huffingtonpost)
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Giugno 11th, 2021 Riccardo Fucile
ANCHE TRA GLI ELETTORI DI LEGA E FDI
Due italiani su tre condividono le caratteristiche dalla legge d’iniziativa popolare sulla tassa patrimoniale proposta da Sinistra italiana. È questo il risultato del sondaggio di Swg su quella che è stata ribattezzata Next Generation Tax.
L’istituto di ricerca ha sottoposto a un campione di 1.200 persone alcune caratteristiche che potrebbe avere la norma proposta da Si.
Il 64% è d’accordo su un’aliquota che cresce progressivamente: sui patrimoni personali da 500.000 euro è molto ridotta e assume valori significativi solo oltre i 10 milioni di euro di patrimonio.
Il 62% è favorevole all’applicazione della tassa ai patrimoni personali superiori a 500.000 euro (somma tra immobili, saldo di conto corrente e investimenti finanziari). Solo il 61%, invece, vorrebbe che la tassa andasse a sostituire tutte quelle già esistenti sul patrimonio (Imu, bollo auto, imposte di successione, ecc.).
A domanda secca quasi la metà dei cittadini – il 47% – sarebbe d’accordo con l’eventualità di introdurre una patrimoniale di questo tipo. Il 30% sarebbe contrario, il 23 non lo sa. A dicembre alla stessa domanda solo il 29% era a favore della patrimoniale, con il 44% di contrari.
A livello di provenienza politica Swg fa notare che “non emerge una vera contrarietà tra gli elettori dei diversi partiti.
Gli elettori indecisi e senza un partito di riferimento sembrano essere i più freddi alle proposte presentate, nell’area di sinistra convince soprattutto la soglia dei 500mila euro”.
In generale sono ampiamente favorevoli alla patrimoniale gli elettori di sinistra e centrosinistra. A favore il 70% di elettori del Pd (contrari il 20), 60 dei 5 stelle (contrari il 25). Ma sono per la patrimoniale anche gli elettori di Lega e Fdi anche se la percentuale si riduce rispettivamente al 43 e al 42 percento.
Come classi sociali, invece, il 34% di quelle popolari non sa cosa rispondere (il 39 è a favore). Vogliono la patrimoniale il 51% degli appartenenti alle classi sociali medio basse, tra quelle medio alte solo il 48.
Tra chi sarebbe a favore della nuova norma, poi, si segnala che il 49% la vorrebbe “per ridurre le diseguaglianze all’interno della popolazione”. Il 45%, invece, perché “sarebbe un buon gettito e per i ricchi non cambierebbe molto”.
(da agenzie)
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Giugno 11th, 2021 Riccardo Fucile
LE STORIE DI MARCO, LETIZIA, ROBERTA, FRANCESCO
C’è un dato emblematico e preoccupante che apre la serie di racconti di cui leggerete a breve: tutte
le persone intervistate hanno richiesto l’anonimato.
Non affronteremo né casi di mafia né vicende che coinvolgono servizi segreti o importanti politici, ma parleremo di lavoro, un diritto che dovrebbe essere garantito dalla nostra Costituzione ma che oggi è per molti giovani allo stesso tempo desiderio e paura, aspettative e ricatti.
I titoli dei principali giornali italiani riportano da mesi i virgolettati di imprenditori, soprattutto del settore turismo e ristorazione, che lamentano l’eccesso di assistenzialismo e pigrizia che permea – a loro dire – la società e la conseguente impossibilità di trovare forza lavoro per la stagione.
Una narrazione che probabilmente nasconde anche uno scontro generazionale, fatto di due mondi che fanno sempre più fatica a comprendersi. Ma soprattutto una narrazione funzionale a delegittimare qualsiasi forma di sostegno al reddito e a far digerire l’idea che il lavoro sia un dono calato dall’alto per mezzo della fortuna anziché, come dovrebbe essere, un contratto tra pari firmato da due professionisti.
Abbiamo provato a raccontare la stessa storia, dunque, ma non abbiamo chiesto a Confindustria, a Matteo Salvini o ad un prestigioso economista di farci una fotografia del Paese reale. Ne abbiamo parlato con loro.
L’altra campana, quella sfruttata
Uno dei problemi principali dei lavori stagionali è la percezione di scarsa specializzazione dei suoi operatori, oltre che un’illegalità diffusa nei rapporti di lavoro che, secondo Filcams-Cgil, sfiora il 70% dei casi.
Chi serve ai tavoli e lava i piatti fa inoltre un lavoro considerato umile e di conseguenza, almeno secondo i datori di lavoro, anche lo stipendio deve restare basso.
“Ho fatto il cameriere per oltre dieci anni”, racconta Marco M, 30 anni di Verona. “Ho studiato in Italia e all’estero per migliorare la mia conoscenza di vini, gestione sala e di abbinamenti. Ho lavorato in ristoranti stellati, ho dato il massimo di me e ho sacrificato tanti momenti importanti della mia vita. Agli occhi di molti ristoratori questo non conta, o ti vanno bene le loro condizioni o troveranno manovalanza a basso costo tra chi è più giovane e bisognoso”.
“Stiamo parlando di un lavoro importantissimo. Il cliente valuta l’esperienza anche in merito al servizio che il cameriere è in grado di offrire, ma, nonostante questo, l’impegno non è per nulla valorizzato. Oltre tredici ore di lavoro in piedi, in orari spezzati, sai quando inizi e non sai quando finisci. Tanti hanno gettato la spugna. Tanti altri si sono gettati nell’alcol e nelle droghe, diffusissimi nel nostro settore a causa dello stress e della poca soddisfazione”.
Conti alla mano stipendio nel comparto ristorazione è basso, anzi bassissimo: “Millecento euro al mese senza alloggio significa spenderne due terzi in affitto se lavori in una grande città o in una località turistica”, spiega Letizia, di Bologna.
“L’ho fatto, ma sono arrivata a pensare che non ne valga più la pena. Se sei fortunata hai metà delle ore in busta, il resto in nero. Sindacati e controlli? Non sono attori di questo settore. Non prendo il reddito di cittadinanza, semplicemente non voglio farmi schiacciare per una presunta etica del lavoro in cui non mi riconosco”.
Anche tra chi ha in mano il famoso pezzo di carta le cose non vanno meglio: “Fresco di laurea in comunicazione avrò consegnato qualcosa come centocinquanta curriculum”, spiega Francesco C., di Napoli. “Ho fatto qualche colloquio e non è andata bene: 2,34 euro l’ora con contratto full time co.co.co. Ovvero 2,34 euro lordi, dovrei anche pagarci i contributi. Dicono che serve a fare esperienza, onestamente non ho bisogno di mettere nel curriculum che ho fatto lo schiavo”.
“Per non parlare degli annunci truffa: ti presenti per lavorare in un front office e ti ritrovi a fare porta a porta. Stipendio? Ti dicono ‘Poi vediamo, forse’. Quando ero ragazzino facevo il cameriere, 4 euro all’ora in nero, ora non lo accetterei più, non lo trovo giusto. Ma nessuno sembra volerti pagare per quello che vali”.
C’è poi Roberta M., che lavora in nero in un bar pasticceria in Sicilia. “Ieri volevo chiedere di regolarizzare il mio contratto, non ne ho avuto il coraggio. Faccio questo lavoro perché ne ho bisogno ma non c’è nulla di edificante. Gli orari mi vengono detti il giorno prima e lo stipendio non è dignitoso, 700 euro al mese per un full time, e dato che devo aiutare in casa con le spese anche un piccolo sfizio come un gelato si trasforma in un dilemma”.
“Sento di essere trattata come uno straccio. Se chiedo un permesso me lo fanno pesare, se vado in bagno ed entra un cliente il titolare viene a bussare alla porta per mettermi pressione. Passa la voglia, mi sento quotidianamente umiliata e mi vergogno”.
L’ambizione di leccare il pavimento
C’è un concetto che forse non è chiaro ad alcuni datori (per carità, non a tutti): non si può definire un lavoro dignitoso se è precario. La condizione lavorativa precaria e non tutelata è lesiva della dignità delle persone ed è una delle cause più diffuse di stati di depressione e ansia tra i giovani.
Benché negli anni le istituzioni abbiano edulcorato la precarietà elogiando la flessibilità, la competitività e l’asta al ribasso sulla manodopera, sono sempre più evidenti gli effetti negativi dell’insicurezza occupazionale.
Precarietà significa non avere alcun controllo sulle proprie condizioni di vita e sulle proprie condizioni di reddito. La precarietà, spacciata per lavoro, rende le sfere dell’esistenza più importanti revocabili in ogni momento. L’etimologia di precario significa esattamente questo: qualcosa che può essere tolto in qualsiasi momento perché ottenuto “per mezzo della preghiera” e non grazie ad un diritto.
I costi della precarietà li paga la collettività, non c’è alcun risparmio. La pandemia non ha peggiorato le condizioni di lavoro ma ha evidenziato la spaccatura, anche generazionale, tra i giovani e il mondo del lavoro.
Come diceva il regista Silvano Agosti, è accettabile, con un mitra puntato alla testa, leccare il pavimento. Ma che leccare il pavimento diventi un’ambizione è sbagliato. E certi imprenditori semplicemente non accettano più questo: la corda si è spezzata e c’è chi dice no, c’è chi non ci sta più.
“Mancano lavori dignitosi, non lavoratori o lavoratrici”
Secondo gli intervistati è necessario un ribaltamento concettuale: mancano lavori dignitosi, non lavoratori. Storie come quella di Marco, Letizia, Roberta o Francesco ne esistono a migliaia e forse l’inganno sta proprio nella quantità: sono talmente tanti da essere diventati una normalità.
Come è diventato normale pensare che, dato che il lavoro scarseggia, qualsiasi condizione sia accettabile. E anche tra alcuni lavoratori questa mentalità prende piede. Si chiama solidarietà negativa: dato che io sopporto condizioni di lavoro non dignitose, ritengo che anche gli altri debbano fare lo stesso.
Si tratta di un circolo vizioso perché si traduce in un’asta al ribasso dove chi gode di diritti minimi viene visto come un privilegiato. Ma non funziona, perché c’è un limite sotto al quale alcune persone non sono più disposte ad andare. E qui nasce la frattura.
“Manca un sindacato che rappresenti davvero chi è precario”, lamenta uno degli intervistati. “E manca lo Stato, che dovrebbe vigilare. Siamo stufi di essere dipinti come pigri e svogliati, ci è stato raccontato che il lavoro sarebbe stato lo strumento per vivere una vita dignitosa. E di dignitoso, nel mondo del lavoro, in questo Paese c’è rimasto veramente poco”.
(da TPI)
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Giugno 11th, 2021 Riccardo Fucile
HA DOVUTO SPORGERE DENUNCIA PER LA QUANTITA’ DI INSULTI E MINACCE
Alessandra Laterza, la libraia di Tor Bella Monaca che, un mese fa ha annunciato che non venderà “Io sono Giorgia”, l’autobiografia di Giorgia Meloni, è finita sotto vigilanza da parte del Prefetto in seguito all’ondata spaventosa di minacce e insulti ricevuti dagli hater.
Lo ha annunciato lei stessa in un lungo post su Facebook nel quale racconta la paura costante, quotidiana, di vivere sotto la pressione degli odiatori del web (e non solo) solo per aver deciso liberamente quali libri vendere nella propria libreria indipendente, da anni un presidio culturale coraggioso nel cuore della periferia romana.
“Sono giorni difficili. Non pensavo che esprimere le mie idee diventasse un problema. L’ho sperimentato a mie spese dal 9 maggio, giorno in cui ho manifestato sui social la mia contrarietà a commercializzare il libro della leader di Fratelli d’Italia. Da quel momento ne sono successe di tutti i colori” ha scritto Laterza.
“Minacce, insulti, ogni tipo di ingiuria, a me e a chi ha provato ad esprimere la mia stessa idea o semplicemente ha provato a difendermi” ha proseguito Laterza. “Tutto questo non è concepibile. Per questo ho sporto querela presso il commissariato casilino, presso la Polizia postale di viale Trastevere e due giorni fa sono stata invitata a recarmi negli uffici della Questura, nella sezione della DIGOS, per relazionare su tutto questo odio da tastiera, ma non solo.
D’ufficio, da parte del Prefetto, è stata predisposta una misura di vigilanza circostanziata ( VCR) perché secondo le forze dell’ordine “è meglio prevenire che curare”.
Ringrazio tutte le persone impegnate in questa procedura, in modo particolare il Dirigente della DIGOS di Roma, Giampiero Leonetti, che mi ha espresso parole di vicinanza e di solidarietà, sia come cittadino che come uomo delle istituzioni. Io andrò avanti, manifestando le mie idee in libreria e non solo; lo farò da donna libera ed impegnata nei valori della giustizia sociale. Perché scrivo questo post? Perché vi chiedo di FERMARVI. La misura è colma; voglio sentirmi libera nel luogo in cui lavoro, nel mio municipio e nella mia città, senza dover scomodare le forze dell’ordine che hanno cose più urgenti, che occuparsi di me, soprattutto sul VI municipio.”
(da agenzie)
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Giugno 11th, 2021 Riccardo Fucile
NEL DISASTRO OPEN DAY ASTRAZENECA SPARISCE DALLE CRONACHE IL NOME DEL COMMISSARIO CHE INCENTIVATO LE SOMMINISTRAZIONI
Il generale Francesco Paolo Figliuolo, commissario straordinario all’emergenza Covid è stato
costretto, sotto l’infuriare delle polemiche, a precisare: “Oggi noi sappiamo che questo tipo di vaccini sono consigliati agli over 60, dopodiché possono essere usati per tutte le classi di età. È bene fare un’anamnesi molto approfondita, ma ovviamente le riflessioni le devono fare gli scienziati. E io sono sempre pronto a recepire qualsiasi riflessione che venga fatta in ambito ufficiale, quindi le raccomandazioni che poi daranno sono da applicare”.
Il motivo del contendere gli Open Day Astrazeneca organizzati da vari governatori
Il fatto è che Figliuolo, nei giorni scorsi, aveva incentivato le vaccinazioni giovanili scavalcando sia i governatori che il Cts. Aveva infatti dichiarato: “Dobbiamo impiegare tutto ciò che abbiamo altrimenti il ritmo della campagna vaccinale non raggiungerà gli obiettivi previsti”.
Il problema è che Astrazeneca non è molto popolare e così le dosi vanno smerciate, ma non ai giovani per cui sono noti gli effetti collaterali avversi. Se lo avesse fatto Domenico Arcuri i giornaloni e giornalini sarebbero insorti. Invece il nome di Figliuolo neppure viene citato.
(da La Notizia)
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Giugno 11th, 2021 Riccardo Fucile
“SONO MESI CHE DICO CHE QUEL VACCINO NON VA SOMMINISTRATO ALLE DONNE GIOVANI”
Dopo la morte della 18enne di Sestri Levante in seguito alla somministrazione del vaccino AstraZeneca, molti esperti stanno sconsigliando di sottoporsi alla seconda dose.
Tra questi Antonella Viola, che va dritta al punto: “Per favore non fate la seconda dose di AstraZeneca”
“Vogliamo dire basta allarmismi? No, questa volta non me lo sento. Questa volta voglio dire di non fare la seconda dose AstraZeneca. Perché se è vero che non ci sono dati su trombosi nella seconda somministrazione, è anche vero che ci sono pochissimi dati visto che in pochi hanno ricevuto due volte il siero”.
L’immunologa poco prima si era mostrata affranta dalla notizia della morte della ragazza: “Per me oggi è una giornata difficile. Io sono mesi che dico che il vaccino AstraZeneca non va somministrato alle donne giovani e oggi, con la morte della 18enne di Genova, per me è un fallimento personale. Bisogna avere il coraggio di dire che serve fare un altro vaccino e non AstraZeneca se si ha meno di 60 anni. Anche gli open day vanno aboliti”.
Antonella Viola non vuole fare facile allarmismo. Le sue affermazioni si basano su studi scientifici: “Per non aver dubbi – aveva detto qualche giorno fa – basta leggere un lavoro uscito sulla rivista Science dove si spiega come man mano che si scende con l’età i rischi di ricevere questi vaccini superano ampiamente i benefici. Nei più giovani il pericolo di avere conseguenze gravi a causa del Covid è invece molto basso. Ecco perché la Francia ha stabilito di limitare i due vaccini a vettore virale agli over 55”
(da agenzie)
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Giugno 11th, 2021 Riccardo Fucile
SESTRI LEVANTE PIANGE UNA RAGAZZA SOLARE
“Sempre con noi bomber“, questo il messaggio condiviso su Facebook dallo staff della squadra di
volley Casarza ligure, di cui fino all’anno scorso faceva parte anche Camilla Canepa, la 18enne di Sestri Levante morta per una trombosi celebrale dopo aver preso il vaccino AstraZeneca in uno degli Open Day regionali.
“Grazie a lei lo scorso anno abbiamo ottenuto la promozione in seconda divisione e quest’anno ci stiamo giocando un nuovo passaggio di categoria”, ha raccontato al Corriere della Sera Federico Galdolfo, il dirigente della Vbc Casarza ligure.
Camilla amava tutto lo sport, anche il calcio. Aveva conosciuto Pippo Inzaghi, che oggi ha pubblicato un suo ricordo : una foto scattata insieme e la scritta “Riposa in pace”.
Quello appena trascorso per la giovane pallavolista era stato un anno sabbatico: si era presa una pausa dallo sport proprio per via del Covid-19 e perché voleva concentrasi sugli esami di maturità, per cui stava già studiando.
“Seria e motivata come sempre”: l’avevano vista così i professori il 5 giugno scorso, quando dopo la festa di fine anno all’istituto tecnico “In memoria dei morti per la patria” di Chiavari Camilla aveva iniziato ad avvertire i primi sintomi di trombosi, un forte mal di testa e un “fastidio insopportabile alla luce”.
Nessuno si immaginava che l’epilogo della vicenda sarebbe stata la sua scomparsa all’Ospedale San Martino di Genova, dove quel giorno era stata subito ricoverata.
Era felice di aver fatto il vaccino 10 giorni prima, il 25 maggio, assicurano gli amici. Pensava alle vacanze e a quando finalmente sarebbe tornata sul campo di pallavolo, amava la libertà, ricordano i compagni di scuola.
Forse anche per questo aveva aderito volontariamente alla campagna vaccinale. Oltre alla pallavolo e allo studio la 18enne frequentava anche l’oratorio.
Oggi a Sestri Levante si dovevano giocare i play-off di seconda divisione, ma la sindaca ha annullato la partita insieme all’Andersen Festival, un concorso di favole e letture dedicato ai ragazzi: tutto il paese è in lutto. La famiglia ha deciso di donare cinque organi vitali della figlia a chi ne ha bisogno. Camilla aveva fatto il vaccino “per sé e per gli altri”.
(da agenzie)
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Giugno 11th, 2021 Riccardo Fucile
LA VARIANTE INDIANA FA RICRESCERE I CONTAGI: OLTRE 7.500 IN 24 ORE
Nel paese che più in Europa ha vaccinato, avviando una campagna di immunizzazione che è diventata prototipo virtuoso a livello mondiale per rapidità e capillarità, oggi a preoccupare è la variante Delta (cioè indiana).
Se nei giorni scorsi il ministro della Salute britannico Matt Hancock aveva dichiarato che era “del 40% più trasmissibile” rispetto a quella inglese, oggi quel dato viene rivisto da Public Health England (Phe), che alza il tasso al 60%.
Lo stesso istituto conferma anche che il 90% dei nuovi casi in Inghilterra sia dovuto alla mutazione Delta: nel Regno Unito finora sono stati diagnosticati 42.323 casi, con un aumento di 29.892 infezioni rispetto a una settimana fa, secondo dati del sistema sanitario inglese.
E nelle ultime 24 ore le infezioni sono risalite a 8.125 rispetto ai 7.393 di ieri, il livello più alto da febbraio. I morti sono 17 contro i 7 di ieri.
La British Medical Association – riporta il Guardian – ha lanciato un appello a ritardare l’allentamento delle ultime restrizioni ancora in vigore, che il governo prevedeva di rimuovere il 21 giugno, a causa del “rapido incremento” dei casi.
I decessi causati dalla variante Delta – Phe ritiene tuttavia “incoraggiante” che questo aumento dei contagi non sia accompagnato da un proporzionale aumento dei ricoveri nelle stesse proporzioni.
Da registrare però che nella sola Inghilterra finora sono morte in totale 42 persone per la variante indiana e di queste 12 avevano ricevuto doppia dose di vaccino da almeno 14 giorni. Quanto agli altri, 23 non erano vaccinati e sette avevano ricevuto la prima dose da almeno 21 giorni.
Il tasso di crescita dei casi ‘Delta’
È in aumento in tutte le zone del Paese, e conta 39.061 casi in Inghilterra, 3.035 in Scozia, 184 nel Galles e 43 nell’Irlanda del Nord
Secondo uno studio epidemiologico, citato dal Financial Times, i casi di Covid-19 nel Regno Unito sono più che raddoppiati nell’ultima settimana. Tim Spector, del King’s College di Londra, autore principale dello studio, attribuisce la crescita delle infezioni all’aumento dei contatti sociali e alla variante Delta altamente trasmissibile, ora appunto ceppo dominante nel Regno Unito. L’esperto evidenzia che Covid-19 è diventato “un’epidemia tra le popolazioni non vaccinate e parzialmente vaccinate”, aggiungendo che le persone completamente vaccinate hanno “una protezione molto maggiore”.
(da agenzie)
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