SOTTO DE VITO, NIENTE: FORZA ITALIA ROMANA PUNTA SULL’EX GRILLINO PER RIMANERE IN VITA
NEI SONDAGGI IL PARTITO A ROMA E’ INTORNO AL 3%
Parafrasando un vecchio film dei Vanzina: sotto De Vito, niente. L’operazione per condurre l’ex mister preferenze grillino a Roma tra le braccia di Forza Italia ha dietro la più semplice delle spiegazioni: ad accoglierlo c’è il vuoto.
Il partito azzurro capitolino è accreditato nei sondaggi in vista delle amministrative di una forchetta tra il 3 e il 6% mentre a livello nazionale ondeggia tra il 6 e il 9%.
Ma nel 2016 prese il 4,7% eleggendo un solo consigliere comunale, Davide Bordoni, quando Forza Italia veleggiava intorno al 15%.
Da quel momento in poi, nel Lazio è stato il tracollo: oltre a Bordoni, hanno lasciato il partito 9 consiglieri municipali su 11 e 5 consiglieri regionali su 6 (con però una new entry). Un esodo.
Con questi chiari di luna, è stato Maurizio Gasparri a convincere Antonio Tajani a metterlo in campo: le 6500 preferenze di De Vito, per quanto oggi dimezzate, rappresentano la soglia minima per aspirare a un seggio nell’assemblea (Bordoni fu eletto appunto con 3mila consensi) ed evitare il dissolvimento.
Di qui la conferenza stampa con cui l’attuale presidente dell’assemblea capitolina, tuttora implicato in una vicenda di corruzione che nel 2019 lo ha portato in carcere, è stato presentato urbi et orbi.
Ma di qui anche il gelo con cui è stato accolto nel partito: la candidatura di De Vito mette una pesante ipoteca sull’unico possibile seggio per gli azzurri. Dove i mugugni sono già cominciati: “Gli hanno regalato il seggio. Va bene, ma così sarà difficile anche riempire le liste per i municipi”.
Il rischio è il fuggi fuggi finale. Inasprito da una campagna elettorale alla fratelli-coltelli. A fine 2019, Bordoni, coordinatore romano, è passato alla Lega dopo 25 anni di militanza tra gli azzurri azzerandone di fatto la presenza nel consiglio comunale: “E’ una questione generazionale, con Salvini siamo coetanei”.
Inesausto uomo macchina, coordinatore della campagna di Tajani alle Europee, Bordoni è cresciuto a pane e Berlusconi. E adesso, gli ex compagni di partito temono che gli elettori di centrodestra tra lui e De Vito (che a quel mondo in passato non ha risparmiato critiche) non abbiano dubbi.
Fatto sta che la mossa di Gasparri ha un senso politico. Lo stesso della sua candidatura di bandiera a sindaco di Roma, rilanciata da Tajani in ogni intervista: salvare il salvabile. Fare da traino. Perché i numeri, messi in fila sono impietosi.
Dei 10 consiglieri municipali eletti alla scorsa tornata solo due, Antonio Derenti e Patrizio Di Tursi non hanno cambiato bandiera. Viceversa: Giuseppe Mocci (eletto con Marchini e poi passato con Fi), Sandro Toti, Piero Cucunato e da poco Simone Foglio (ex recordman di preferenze, 23 anni in Fi) sono passati con la Lega.
Mentre Maria Cristina Masi di Ostia, Daniele Calzetta, Riccardo Graceffa e Gianni De Lucia (a marzo scorso, dopo 20 anni di militanza azzurra) hanno trovato nuova casa nel partito di Giorgia Meloni. A dicembre anche Dino Bacchetti se ne è andato un direzione Pd: “Dopo 23 anni lascio, partito desertificato e linea schizofrenica”.
Un’emorragia di classe dirigente locale esperta e consolidata, non semplice da rimpiazzare. Che si è ripetuta, in modo minore, alla Pisana. Dove il vicepresidente del consiglio regionale Pino Cangemi è migrato nella Lega; stessa scelta fatta da Laura Cartaginese e da Pasquale Ciaccarelli. Antonello Aurigemma è passato già nel 2019 con FdI, Adriano Palozzi poche settimane fa ha scelto il movimento di Toti e Brugnaro. La pattuglia azzurra si era ridotta a Giuseppe Simeone da Formia, salvo rimpinguarsi con Enrico Cavallari, ex assessore d Alemanno, eletto con la Lega e poi passato con i renziani, infine accolto a braccia aperte da Tajani e Gasparri.
Adesso, per molti azzurri, si tratterà di nuotare tra Scilla e Cariddi: approfittare della “zattera” che De Vito potrebbe offrire, in primis a se stesso, oppure migrare anche loro verso lidi più ospitali.
(da Huffingtonpost)
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