Giugno 19th, 2021 Riccardo Fucile
FALLITO L’OBIETTIVO MINIMO DI 5.000 PARTECIPANTI PER LANCIARE LA CAMPAGNA ELETTORALE DI MICHETTI
Un anno fa, era il 4 luglio, in piazza contro il governo Conte. Oggi di nuovo in piazza non come opposizione ma come partito della maggioranza del governo Draghi. Un evento per “ripartire”.
E proprio di ripartenze, dopo un anno e mezzo segnato dal Covid tra restrizioni e dolore, ha parlato Matteo Salvini: in piazza Bocca della Verità a Roma davanti a circa 3mila sostenitori, (fallito l’obiettivo di 5mila degli organizzatori), il leader della Lega ha ringraziato Draghi che “ha chiesto un parere al Cts” sulle mascherine all’aperto “e mi auguro che arrivi il prima possibile”.
È poi tornato sulla sua proposta di creare una federazione del centrodestra perché “dopo il Covid la politica ha il dovere di essere unita, veloce, concreta, efficace. Gli italiani ci chiedono questo, non divisioni e litigi. Io insisto e arriverò all’obiettivo perché sono un testone, a chiedere a tutti gli amici del centrodestra di metterci insieme per aiutare l’Italia e gli italiani, di lasciar da parte gelosie, egoismi, divisioni e di unirci” con “una carta fondativa di valori comuni” con al centro “soprattutto la libertà”.
Un nuovo appello ai partiti della coalizione ad unirsi con la promessa che “presto vedrà Berlusconi”, come riferiscono dal partito di via Bellerio.
Oggi sul palco azzurro della manifestazione della Lega con lo slogan ‘Prima l’Italia. bella, libera, giusta’, tra palloncini tricolore ancorati alle transenne, bandiere, striscioni e banchetti per la flat tax, si è discusso anche delle prossime amministrative e dei referendum sulla giustizia promossi da Lega e Partito Radicale.
(da agenzie)
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Giugno 19th, 2021 Riccardo Fucile
L’EX ASSESSORA LOMBARDA ACCUSA CENTEMERO NELLA VICENDA FONDI NERI
Dietro la nomina di Alberto Di Rubba a presidente della Lombardia film commission ci
sarebbe l’attuale tesoriere del Carroccio, Giulio Centemero.
A rivelarlo, nell’ultima udienza del processo sulla compravendita gonfiata dell’immobile di Cormano da parte della fondazione in orbita leghista, è l’ex assessore alla cultura lombarda durante la giunta di Roberto Maroni, Cristina Cappellini.
La donna, convocata in Aula dalla Procura di Milano in qualità di teste al processo con rito immediato in cui è imputato l’imprenditore bergamasco Francesco Barachetti, a cui viene contestato il peculato in concorso e l’emissione di fatture per operazioni inesistenti, ha rivelato che la nomina di Di Rubba “fu sponsorizzata da Centemero che lo indicò come la persona giusta al posto giusto”.
L’ex assessore ha spiegato che all’epoca dei fatti “non lo conoscevo personalmente” e “l’ho fatto solamente quando si è insediato” sottolineando di essersi “fidata anche del parere di altre persone”.
Rispondendo alle domande del pubblico ministero Stefano Civardi, la Cappellini ha messo in fila tutte le puntate che hanno portato alla nomina alla guida dell’ente di Di Rubba spiegando che, a suo dire, “non cercavano un esperto di cinema” in quanto “l’identikit che avevamo in mente era quello di qualcuno capace di mettere a posto i conti” dato che “Lombardia film commission veniva da una gestione complessa e conflittuale”.
Una struttura “con costi fissi molto alti e con vari problemi come quello della sede e la necessità di risparmiare il più possibile” per i quali, prosegue la donna durante l’audizione, “era necessario contenere i costi, una gestione più oculata”. Proprio per questo, ha riferito in aula l’ex assessore, Di Rubba “sembrava l’identikit corrispondente alla figura che cercavamo”. Un intervento lungo e in cui è stato affrontato anche il tema del contributo straordinario da un milione di euro assegnato nel novembre 2015 a Lombardia film commission dalla Regione Lombardia, all’epoca presieduta da Maroni.
Di questi, come noto, 800 mila euro sono stati utilizzati proprio per l’acquisto dell’immobile di Cormano e a tal proposito, ha raccontato in aula la Cappellini: “Ricordo che in diverse riunioni si valutò la possibilità di utilizzare questi fondi aggiuntivi. Ci furono varie interlocuzioni tra Lombardia film commission e i tecnici del mio assessorato” e “alla fine si decise di stanziare quel tipo di contributo ma senza una finalità specifica, in quanto allora non si parlava ancora dell’ipotesi di acquistare un immobile. Almeno non con me”.
IL PROCEDIMENTO
Stando all’impianto accusatorio Di Rubba e il suo socio di studio Andrea Manzoni, rispettivamente già condannati in abbreviato a cinque anni e a quattro anni e quattro mesi, avrebbero spartito con un altro commercialista, Michele Scillieri (il quale ha già patteggiato 3 anni e 4 mesi), circa la metà degli 800 mila euro spesi dalla fondazione per la sede a Cormano attraverso un giro di società e prestanome. Un affare reso possibile, secondo i magistrati di Milano, da Barachetti che, infatti, negli atti dell’inchiesta viene ribattezzato “l’elettricista della Lega” perché ritenuto dai pm “molto vicino al Carroccio”.
Secondo i pm, l’imprenditore è “il principale artefice di una complessa architettura contrattuale” che, attraverso l’incremento dei costi di una ristrutturazione effettuata solo sulla carta, avrebbe gonfiato il prezzo del capannone di Cormano. In questo modo, secondo l’accusa, l’imprenditore avrebbe intascato la bellezza di 201mila euro.
(da agenzie)
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Giugno 19th, 2021 Riccardo Fucile
PRESENTATO IL PARTITO DI ROSSI: “VOGLIAMO DISGREGARE L’ATTUALE CENTRODESTRA ALLONTANANDOLO DAI SOVRANISTI”… “MAI CON ORBAN”… “LE VITE VANNO SEMPRE SALVATE”…” “A ROMA VOTIAMO CALENDA”
Una destra liberale, a distanza di sicurezza dalle scorciatoie demagogiche e populiste, che accetti la sfida della complessità su fenomeni come immigrazione, diritti civili e collocazione europea dell’Italia.
A riprendere in mano il progetto di una scommessa da sempre ambiziosa quanto incompiuta, questa volta è Filippo Rossi, che muovendo dal suo libro “La Buona Destra”, pubblicato di recente, ha pensato di dare forma e organizzazione concreta al progetto, tanto da farne un partito che sarà presentato ufficialmente a Roma venerdì 25 giugno, prima dell’Assemblea costituente, prevista per il 21 novembre.
Mesi di lavoro “sottotraccia”, che permettono al nascituro partito della Buona Destra di contare già con 150 comitati sparsi in tutta Italia e cinquemila aderenti.
Nessuna operazione nostalgica o ripresa di progetti che fanno ormai parte del passato (il pensiero, in questo senso, corre alla parabola breve del finiano Futuro e Libertà), ma la determinazione di coprire uno spazio che, nel perimetro della destra italiana, dominata dal tandem sovranista Meloni-Salvini, non è più presidiato da tempo.
Un progetto che si contrappone, come recita il manifesto della Buona Destra, alla “cosa populista ed estremista” e alla “politica delle falsità e delle fake news di Giorgia Meloni e Matteo Salvini e nato dal libro di Filippo Rossi, una formazione “patriottica ma non nazionalista, autorevole ma non autoritario, che rifiuta ogni proposta assolutistica di ‘pieni poteri’ sul modello sovversivo di quel Viktor Orban tanto caro ai populisti”.
Tanto per fare un esempio su alcuni temi caldi, come quello dei migranti, la Buona Destra è a favore “del garantire la vita umana nel rispetto delle leggi e delle convenzioni internazionali, soccorrendo sempre e comunque i migranti in pericolo di vita, rifiutando di ricorrere a forme disumane di chiusura o respingimento e prestando l’assistenza necessaria”.
Top secret, per il momento, l’organigramma del partito, in vista della presentazione ufficiale che inaugurerà l’ambizioso percorso con vista sulle prossime Politiche.
(da agenzie)
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Giugno 19th, 2021 Riccardo Fucile
CI MANCAVA PURE IL RIFERIMENTO AL PLURI-INQUISITO PER CORRUZIONE NEGLI USA
Il suo riferimento è uno dei personaggi più squalificati del trumpismo, ossia l’avvocato
che ha alimentato le false voci sulle elezioni truccate che sono costate l’assalto di Capitol Hill con tanto di morti e feriti.
“Io non sono il candidato di Roma: di Letta, Conte o Speranza. Seguo un metodo opposto. Parto dalla mia esperienza civica e sono aperto a dialogare sui programmi. Una convergenza ci sarà se i partiti accetteranno di contribuire alla soluzione dei problemi in netta discontinuità con gli ultimi 30 anni di amministrazione fallimentare della città”.
Parole di Catello Maresca, che ha momentaneamente deposto la toga per candidarsi a sindaco di Napoli, in un’intervista al quotidiano ‘Il Corriere della Sera’.
Maresca è il candidato di Salvini, Meloni e Berlusconi ma fa di tutto per arrarire neutrale e indipendente.
“A noi interessa la sostanza del progetto civico di cambiamento di Napoli. Non ci appendiamo ai simboli. – aggiunge Maresca – Se chi aderisce vorrà portare insegne, valuteremo. Ad oggi mi interessano i programmi non le ideologie”.
E alla domanda su chi ha votato alle ultime elezioni politiche, Maresca risponde “non ricordo. Comunque non ho votato in maniera convinta”.
Sul patto per Napoli di Speranza, Letta e Conte, Maresca afferma: ”Abbiamo idee opposte. Loro pensano a una bad company, in cui far confluire i debiti del Comune, affidata a un commissario. Noi cercheremo di ridurre la spesa corrente con interventi di manutenzione da imputare in conto capitale”.
E come modello di sindaco Maresca sceglie “Rudolph Giuliani, per l’idea di coniugare decoro urbano e sicurezza”.
(da agenzie)
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Giugno 19th, 2021 Riccardo Fucile
IV CERCA DI POSIZIONARSI, MAGARI CON BASSOLINO
La novità arriva da Napoli: secondo gli ultimi sondaggi commissionati dai Verdi a Euromedia Research, l’ex ministro dell’Università Gaetano Manfredi è il candidato nella corsa a sindaco di Napoli che al momento riscuote maggiore fiducia.
Secondo il sondaggio, svolto su un campione di mille interviste tra il 7 e l’8 giugno, il candidato della coalizione giallorossa ottiene il 54,9% in quanto a fiducia.
Secondo, ma distaccato al 47,9%, c’è il pm antimafia in aspettativa Catello Maresca: candidato di centrodestra, ma che al momento non vuole correre con i simboli di Lega, Fdi e Fi (creando non pochi malumori nella coalizione).
Terzo Antonio Bassolino col 36,9% e quarta Alessandra Clemente al 34%. Secondo Euromedia Research poi la fiducia nel consigliere dei Verdi Francesco Emilio Borrelli sarebbe al 49,5%, dietro Manfredi. Mentre per l’eventuale candidato Fdi Sergio Rastrelli sarebbe al 24,8%.
La rilevazione mostra che l’asse Pd-M5s sia visto con favore dagli elettori. Non solo: primo partito risulta il M5s con il 19,1% dei consensi, mentre il Pd è subito dietro con il 17,9%.
Un segnale interessante per le due forze politiche che proprio su Napoli sono riuscite a trovare un candidato unitario, a differenza di altre città come Roma e Torino. Il 15 giugno scorso in città è arrivato anche il leader in pectore del Movimento 5 stelle Giuseppe Conte (leggi l’articolo), segno che sulla competizione il Movimento cinque stelle intende puntare. Ma anche per i dem il banco di prova è importante per valutare gli equilibri interni alla coalizione.
A mettere i bastoni tra le ruote – questi perlomeno sono i rumors – potrebbe essere Italia Viva. Non è un mistero che il partito di Matteo Renzi abbia giocato a lungo per ostacolare un’eventuale intesa tra Pd e Movimento sul nome del candidato.
Lo stesso Manfredi non ha riscosso particolarmente successo, tanto che nelle settimane scorse era stato avanzato prepotentemente il nome di Gennaro Migliore. Una candidatura, però, di cui sembrerebbe che si siano perse le tracce. Scomparsa.
“Perché probabilmente nessuno se l’è filata…”, dice a mezza bocca e non senza un filo di lieve cattiveria un parlamentare campano dei Cinque stelle. Non sarebbe un caso allora che proprio ieri Ettore Rosato ha annunciato – alla presenza tra gli altri proprio di Migliore – che “Italia Viva sarà presente con il proprio simbolo alle prossime elezioni amministrative di Napoli”.
Ma i renziani hanno aggiunto anche un altro dettaglio che lascia capire come il partito abbia buttato i remi in barca: “Stiamo lavorando, con il contributo importante dei comitati, per definire il profilo politico, programmatico e organizzativo che sottoporremo al candidato sindaco Manfredi”, spiegano gli esponenti di Italia Viva. Che è come dire: rinunciamo a Migliore e vediamo cosa dice Manfredi, provando a fare la voce grossa. C’è chi però non crede nella bontà di Italia viva.
Voci sotterranee insistono su un presunto accordo tra renziani e Bassolino. “Il pericolo è che il programma a cui Iv sta lavorando sia solo un pretesto per rompere con Manfredi, per poi virare con Bassolino scaricando ogni tipo di responsabilità sul candidato di centrosinistra e soprattutto sul Movimento cinque stelle”.
Questa la tesi preponderante tra gli attivisti pentastellati della città di Napoli. Una voce che è arrivata anche a Roma e che trova non pochi parlamentari campani concordi. Vedremo cosa accadrà nei prossimi giorni.
(da La Notizia)
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Giugno 19th, 2021 Riccardo Fucile
BATTISTON: “LA SOGLIA SALE ALL’88% DI VACCINATI”
Con l’avanzare della variante Delta la percentuale utile a raggiungere l’immunità di
gregge dal Covid «sale all’88 per cento».
Questa la soglia da raggiugnere attraverso la somministrazione di un ciclo vaccinale completo secondo il fisico Roberto Battiston, coordinatore dell’Osservatorio dei dati epidemiologici.
«La variante Delta è circa il 60 per cento più contagiosa rispetto alla variante Alfa», spiega lo scienziato, «è necessario raggiungere una percentuale più alta di vaccinati così, se a settembre la Delta dovesse essere dominante, non sarà pericolosa per la sanità pubblica». Le stime di Battiston arrivano anche in base ai dati provenienti dal Regno Unito, dove la Delta sta impattando sulla popolazione, che in gran parte ha ricevuto una sola dose del vaccino in primavera.
«Il completamento del ciclo probabilmente sarà una corsa contro il tempo, come è stata quella, vinta, che ci ha permesso di contenere la variante Alfa, dominante da fine febbraio-inizi di marzo», osserva Battison, che sottolinea come sia «inevitabile la comparsa di focolai». Tuttavia, il fisico ribadisce l’importanza di gestire la comparsa di nuovi cluster in un quadro epidemiologico con Rt al di sotto di 1. «Guai a rallentare la campagna vaccinale, dobbiamo puntare all’immunità di gregge perché questa permetterà di contenere gli eventuali focolai in modo che non riescano a far sviluppare l’incendio di un’ulteriore ondata. È necessario», conclude, »proteggere il maggior numero di persone con il vaccino, comprese le persone più giovani, circa 9 milioni in Italia tra 0 e 19 anni».
(da agenzie)
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Giugno 19th, 2021 Riccardo Fucile
BUCCI: “QUALI SONO E DOVE SONO I DATI?”
La scelta di sospendere la vaccinazione anti Covid19 agli under 60 con la seconda dose di AstraZeneca e di procedere con una somministrazione eterologa è stata ampiamente criticata quanto sostenuta da diversi soggetti.
Abbiamo posto alcune domande a Enrico Bucci, adjunct professor alla Temple University ed esperto nel revisionare di studi scientifici.ù
Nota: questa intervista si è svolta prima delle recenti decisioni da parte del Governo Draghi in merito alla libertà di scelta per la seconda dose.
Come mai c’è questo scontro tra chi sostiene che ci siano pochi dati e chi, invece, sostiene che i dati ci siano, che bastino e avanzino senza bisogno di una peer-review, una revisione paritaria, ossia un controllo dello studio da parte di specialisti aventi competenze analoghe a quelle di chi ha prodotto l’opera)?
«Per il principio dell’onere della prova, chi sostiene una tesi deve presentare i dati e le analisi di questi dati. Non è possibile esprimere una dichiarazione di certezza o di sicurezza in assenza di un’analisi statistica che permetta di raggiungere un determinato livello di confidenza come è avvenuto in passato con la vaccinazione eterologa contro l’Ebola. Un livello di confidenza che viene sostenuto in Russia, ad esempio, con il vaccino Sputnik V che utilizza due prodotti e due adenovirus diversi».
Dati che, per quanto riguarda Sputnik V, non sono disponibili.
«Bisogna sempre chiedere quali sono e dove sono i dati. Non possiamo basare una certezza riportando determinate citazioni da 5 studi diversi, dove chiunque potrebbe citare soltanto quelle che convengono nel sostenere una tesi escludendo tutto il resto. Quello che ci deve interessare è una dimostrazione formale basata sui numeri che ci fornisca una certa confidenza».
Come si ottiene questa confidenza?
«Non basta considerare un campione sufficientemente ampio di partecipanti, c’è bisogno di presentare uno studio in cieco controllato (uno studio dove la metà del gruppo di partecipanti riceve il principio attivo, mentre l’altra metà un prodotto senza ndr). Chi propone un cambio di regime vaccinale ha il dovere di presentare sia i dati, sia l’analisi corrispondente di uno studio che soddisfi questi criteri».
Qualcuno ha presentato tutto ciò?
«Fino ad oggi sono stati citati degli studi in assenza di un’analisi che dimostrasse il valore statistico dei dati. Pare che stiamo assistendo a un fenomeno dove conta confermare una tesi sulla base dell’esperienza pregressa. Per comprendere quanto sia pericoloso abbandonare il metodo dell’analisi quantitativa, possiamo citare il recente esempio del vaccino CureVac basato sulla stessa tecnologia di altri due prodotti che stanno funzionando, ossia quelli di Pfizer e Moderna. Nessuno si sarebbe sognato di somministrare alla popolazione il vaccino tedesco solo perché simile agli altri e senza un’adeguata sperimentazione, la quale ha dimostrato un’efficacia non soddisfacente contro il virus e alcune sue varianti. Ecco la differenza tra un’aspettativa e la misura solida sui dati».
La medicina può basarsi anche su delle scommesse?
«La medicina non è in grado di fare delle previsioni. Può fornire delle opinioni informate, ma bisogna affrontare la realtà e la statistica. La medicina non può basarsi sull’ennesimo enunciato da parte dell’autorità di turno o di un esperto qualunque, nonostante il suo curriculum, e non può “scommettere” un risultato basato sul comune sentire. Servono i dati»
C’è una ragione per giustificare questo cambio sulle somministrazioni del vaccino AstraZeneca?
«Se c’è, questa deve essere illustrata in maniera chiara e in presenza di un’analisi rischi-benefici che giustifichi la scelta. Sulla base delle analisi a disposizione, l’EMA non suggerisce questo “cambio in corsa” sul vaccino AstraZeneca così come non sostiene la sicurezza della vaccinazione eterologa. La scienza deve basarsi sui numeri, dati che potremmo avere tra pochi mesi: per quale motivo siamo costretti a porre la nostra fiducia su un cambio non richiesto dall’attuale situazione?».
Non conta il nome di chi dice una cosa o l’altra?
«Non conta nemmeno il curriculum o quante persone di alto livello sostengano una tesi o l’altra, non è una competizione. Lo ripeto: bisogna confrontarsi sui dati, non sulle dichiarazioni, le presunte certezze o gli avverbi».
La questione della certezza. Alcuni dicono che ci sono degli studi, ma non c’è niente di certo.
«A sostenere questa incertezza sono gli stessi autori degli studi citati, i quali riconoscono nel loro lavoro un’analisi preliminare basata su un piccolo campione».
Ho letto delle dichiarazioni da parte di esperti dove parlano di «studi eleganti» o affermano che se più studi sostengono la stessa cosa non ci sia bisogno di una peer-review. Queste “prassi” mi sembrano molto strane.
«Uno studio non deve essere «elegante», ma solido. Il favorire “sexy science” da parte delle riviste è peraltro riconosciuto come uno dei maggiori fattori di distorsione».
Cioè?
«In Cina sono stati pubblicati diversi studi basati su piccoli campioni, a volte composti da soli due individui, per sostenere una tesi. Dovessimo seguire questo principio potremmo sostenere che la clorochina sia efficace contro la Covid. Possono esserci migliaia di studi, basati su piccoli campioni, che sostengano una tesi, ma se non sono svolti in cieco e se presentano diversi problemi metodologici è un problema».
Vengono citati degli studi svolti in Germania, Spagna e Regno Unito. Hanno delle debolezze oltre ai numeri risicati di soggetti?
«In Italia stiamo proponendo la vaccinazione eterologa agli under 60, ma lo studio britannico riporta dei dati basati sugli over 50. Lo studio spagnolo risulta essere osservazionale e in assenza di un confronto diretto con la doppia dose omologa. Non sono studi sviluppati per fornirci una risposta adeguata riguardo all’efficacia e alla sicurezza della vaccinazione eterologa negli under 60, per questo dovremo aspettare ulteriori studi».
In Spagna molti cittadini sono stati vaccinati con entrambe le dosi di AstraZeneca. Se nello studio spagnolo non sono presenti questi soggetti, non possono essere presi per confrontarli con coloro che sono stati sottoposti alla vaccinazione eterologa?
«Bisognerebbe garantire che l’analisi venga fatta in cieco. Oltre al rischio posto dal bias di selezione dei soggetti che hanno ricevuto entrambe le dosi di AstraZeneca, l’analista non deve sapere se un soggetto sia stato sottoposto alla vaccinazione eterologa o a quella omologa. Bisogna seguire un metodo preciso, altrimenti rimane un semplice studio osservazionale».
Siamo i primi a decidere questa autorizzazione della vaccinazione eterologa rispetto ad altri Paesi?
«Peggio! È stato deciso l’obbligo nei confronti di una certa fetta della popolazione, nonostante questa abbia firmato l’accettazione di una somministrazione basata su dati clinici chiari e con un protocollo noto».
Se un altro Paese ha intrapreso la vaccinazione eterologa su milioni di soggetti, non possiamo prenderlo a esempio per approvarla anche noi?
«C’è chi ha abbandonato AstraZeneca, ma senza interrompere o negare la seconda dose e senza procedere con la vaccinazione eterologa. Ci sono alcune esperienze, come quelle in corso in Canada, ma mancano i dati. Domandiamoci come mai l’EMA non abbia autorizzato il vaccino Sputnik V nonostante sia stato somministrato su milioni di soggetti».
Ad esempio, come accennava anche lei, se dovessimo considerare dati incompleti e studi non appropriati a questo punto vale tutto e dare ragione a Donald Trump sull’idrossiclorochina.
«Questo metodo non è nuovo. In passato il Parlamento italiano aveva autorizzato le sperimentazioni a seguito della pressione popolare, e mi riferisco al caso Stamina. Esistono dei percorsi regolatori che devono essere rispettati da tutti, politici e scienziati. Gli enti regolatori non possono e non devono piegarsi alla politica o all’opinione pubblica».
Torniamo ad AstraZeneca e i presunti casi di trombosi. Gli unici dati che, in Italia, abbiamo sono quelli diffusi dall’Aifa.
«Al momento parliamo di una percentuale pari allo 0,9 per milione e su alcune fasce di età, numeri che risultano essere estremamente inferiori a seguito della seconda dose. Questa è la probabilità che ci interessa, non l’incidenza totale».
L’inserimento di questo evento avverso nei cosiddetti bugiardini è significativo per sostenere che ci sia un nesso causale confermato?
«No. Ci vorrà del tempo per individuare una causalità, mentre viene posta una possibile correlazione. Se qualcuno ci domanda se siamo disposti a mettere a rischio la vita di una giovane donna su un milione somministrandole la seconda dose di AstraZeneca, perché questa persona non chiede il ritiro dal mercato degli anticoncezionali che risultano avere un’incidenza maggiore di trombosi?».
Nell’intervista a Open, il professor Sergio Abrignani citava un articolo pubblicato su Lancet, ma senza che questo sia stato sottoposto a una «peer-review». Risulta corretto sostenere che tale pubblicazione, ossia una «correspondence» come definisce la rivista, venga prima approvata e pubblicata a seguito di un controllo da parte del board interno?
«Certamente, questo avviene e in particolare su Lancet. Risulta altrettanto vero che ciò che viene riportato, in quanto di interesse pubblico, non viene affatto garantito. Qualunque lavoro venga pubblicato in una rivista scientifica non è garanzia di verità, ma è l’inizio della valutazione di parte della comunità scientifica. Non possiamo disconoscere il valore della peer-review»
Teniamo conto che il tutto venga fatto per evitare i casi di trombosi citati. Con la vaccinazione eterologa non rischiamo di sottoporre un soggetto anche ai rischi associati all’altro vaccino?
«Gli studi sono stati effettuati osservando un numero ristretto di partecipanti. Non sappiamo che cosa potremo riscontrare su un campione sufficientemente più grande, come nel caso degli studi di fase 3. Potrei ritenermi “fortunato” di non aver riscontrato reazioni negative dopo la prima dose di AstraZeneca, ma chi mi garantisce che con la seconda dose di Pfizer non accada?»
(da Open)
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Giugno 19th, 2021 Riccardo Fucile
MA NESSUN LEADER SOVRANISTA IN QUESTO CASO SI INDIGNA
Stupratore seriale e carabiniere. 
La sentenza di condanna è diventata definitiva e quindi si sono spalancate le porte del carcere per Dino Maglio, originario del Salento, già in servizio nella stazione di Teolo, in provincia di Padova.
La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso presentato contro le sentenze di primo e secondo grado che avevano inflitto una pena di 9 anni e 8 mesi per aver stuprato cinque ragazze straniere e per averne intontite con la droga altre nove.
Le aveva attirate nel bed & breakfast e lì aveva abusato di loro. Ma era accusato anche di tentata concussione perché aveva abusato del proprio ruolo militare per indurre tre delle vittime a tacere.
Secondo quanto è stato ricostruito dalle indagini, trovando conferma nel processo, Maglio adescava le ragazze on line, attraverso il sito di couchsurfing, dove veniva pubblicizzato il bed&breakfast che gestiva nel quartiere padovano dell’Arcella. In primo grado la condanna era stata di 12 anni e 8 mesi, poi la Corte d’appello di Venezia l’aveva ridotta, con uno sconto di tre anni. É questa la sentenza diventata definitiva.
Maglio ha atteso la sentenza ai domiciliari, ma è previsto il trasferimento nel carcere di Santa Maria Capua Vetere.
Nel suo passato un precedente specifico. Nel 2015 era stato condannato per stupro di una liceale australiana a sei anni e sei mesi. Da quella vicenda erano scaturiti gli altri episodi, avvenuti tra il 2013 e il 2014. Maglio utilizzava lo schermo dell’attività di affittacamere per entrare in contatto con le ragazze, scelte tra studentesse straniere in vacanza in Italia. A mettere in fila i diversi episodi ha contribuito un sito di giornalisti investigativi, l’Irpi, che nel 2014 aveva scovato nel web i racconti di ragazze che avevano raccontato l’esperienza di cui erano state vittime nel b&b in Italia.
I giornalisti avevano raccolto un dossier di cui si è poi occupato il sostituto procuratore Giorgio Falcone.
Il magistrato ha rintracciato le ragazze, ordinando accertamenti in Polonia, Canada, Portogallo, Usa, Repubblica Ceca e Germania. Soltanto cinque di loro avevano ricordato la violenza subita. Le altre, invece, rammentavano il vino offerto da Maglio, che le aveva fatte addormentare. All’interno aveva diluito del benzodiazepine.
In Tribunale a Padova aveva detto: “Non sono un mostro. Le ragazze si sono influenzate tra loro attraverso una chat. La verità è che si sono ubriacate da sole. Su di me hanno realizzato anche un cartone animato”.
In Corte d’appello l’ammissione che gli è valsa uno sconto di tre anni: “Mi scuso per quello che ho fatto, ero in un periodo difficile perché ero stato appena lasciato dalla mia ragazza”.
(da agenzie)
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Giugno 19th, 2021 Riccardo Fucile
MA NESSUNA ISTITUZIONE HA MAI PENSATO DI VERIFICARE LE CONDIZIONI DI LAVORO?
Il corpo del sindacalista marocchino del SI Cobas, Adil Belakhdim, è appena stato portato via. Di fronte ai cancelli del centro logistico Lidl di Biandrate in provincia di Novara, a terra, rimane della segatura. Intorno, colleghi e amici del sindacato lo piangono, organizzano le ore a venire, si preparano a raggiungere la prefettura, a dividersi per non lasciare sguarniti gli ingressi dei magazzini.
E quando un dipendente si affaccia dall’interno si alza la tensione, gli gridano “assassino”. “Perché l‘azienda poteva e doveva evitare tutto questo, nessuno sarebbe morto se la dirigenza non avesse rifiutato più volte un incontro con i rappresentanti Cobas”.
Un tavolo per verificare i contratti dei lavoratori, questo chiedevano Adil insieme ai lavoratori presenti al mattino presto.
Fino alla tragedia, al camionista che non ha sentito ragioni e per uscire dai cancelli ha travolto alcuni di loro, uccidendo Adil. “Come si lavora qui dentro? Di merda, siamo schiavi”, rispondono alcuni dipendenti Lidl.
“L’80 per cento è straniero, così oltre ai ricatti dell’azienda subisce quello dello Stato, attraverso la legge Bossi Fini sul permesso di soggiorno”.
La maggior parte dei contratti sono part-time, cinque ore al giorno per arrivare a 800 euro al mese. “Il resto lo fai con gli straordinari, ma gli straordinari vengono assegnati come fossero un premio, per chi corre come un matto e non fa storie, abbassa la testa”.
Salvo poi che i conti non tornano. “Ho smesso di fare straordinari, perché non si capisce mai cosa ti pagano”. E un altro: “Pagano come vogliono, quello che vogliono, e se protesti, porti la busta paga per verificare, hai finito di fare straordinari”.
Un altro ragazzo africano, da anni dipendente Lidl, racconta: “No, non ce la faccio con questo stipendio, per questo stamattina ero qui accanto a Adil a protestare. E non mi spiego perché debba trattarci così, l’azienda sponsor della nazionale italiana. Quando vedo la pubblicità in tv non ce la faccio, cambio canale”.
(da Il Fatto Quotidiano)
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