Giugno 30th, 2021 Riccardo Fucile
COSA FARANNO GRILLO E CONTE DOPO IL VAFFA
I tre scenari: il partito di governo guidato da Conte, il MoVimento di lotta del Padre
Padrone e il grande ritorno del figliuol prodigo Di Battista. Con un problema all’orizzonte: la fiducia da togliere (o confermare) a SuperMario
Il post con cui ieri Beppe Grillo ha mandato un vaffa alla leadership di Giuseppe Conte nel MoVimento 5 Stelle apre una serie di scenari sul futuro dei grillini.
Il primo, che appare ad oggi il più probabile, è quello di una scissione tra le anime di lotta e di governo dell’attuale M5s.
Il secondo scenario è la nascita di un nuovo partito con a capo l’ex premier, che ha già scelto lo slogan (“Insieme”) e nel quale dovrebbero confluire tutti i grillini a cui sarà impedito di candidarsi per la regola del secondo mandato.
Il terzo è quello dei Grandi Ritorni. Uno si è già consumato, visto che ieri Beppe ha chiesto a Davide Casaleggio di votare per il Comitato Direttivo su Rousseau e il figlio di Gianroberto ha detto sì. Un altro sarà quello di Alessandro Di Battista. Che però dovrà per forza scegliere tra il partito di governo di Conte e il Movimento di lotta di Grillo.
Il partito di governo di Conte prossimo venturo
La prossima mossa tocca a Conte. Che dopo la conferenza stampa al Tempio di Adriano non ha ancora risposto al post di Grillo. Ma già oggi i retroscena sui giornali ci forniscono molti indizi su cosa dirà l’ex premier: «Beppe ha fatto la sua scelta, essere il padre padrone della sua creatura», mentre quella di ieri è stata «la riprova che l’attuale statuto necessitava di un deciso salto di qualità in termini di democrazia interna», avrebbe detto l’Avvocato del Popolo ai suoi secondo il Corriere della Sera. Dalle parti di Conte si sottolinea che la scelta di riesumare Rousseau e Casaleggio potrebbe rivelarsi un boomerang per Grillo, visto che gran parte dei parlamentari era felicissima di liberarsi del figlio del co-fondatore del M5s.
Ma ora è certo che il professor Conte non tornerà ad insegnare a Firenze. Anzi, ieri in Parlamento c’era chi scommetteva sulla possibilità di presentarsi alle elezioni suppletive di Roma per un seggio alla Camera.
Il quotidiano elenca tra gli ex ministri leali a Conte Patuanelli, Bonafede, Fraccaro, Azzolina e persino Crimi. E non è un caso che la gran parte sia al secondo mandato. Perché c’è da scommettere che Grillo porterà altre divisioni quando chiederà di rispettare la regola che vieta il terzo mandato ai parlamentari.
Proprio per questo un partito di Conte potrebbe nascere: per garantire la candidatura a gran parte di loro. «Per costruire un partito forte che metta radici nei territori c’è bisogno di tempo», aveva detto nei giorni scorsi Conte ai fans che aveva trovato sotto casa. Nel caso, sarebbe una forza ecologista e moderata, radicata sul territorio
Il MoVimento di lotta con Beppe Grillo padre padrone
Le prospettive del nuovo-vecchio MoVimento di Grillo invece sono a lungo termine, visto che lui stesso nel suo post ha scritto che il programma deve guardare al 2050. Magari dimenticando l’adagio di Keynes, il quale ricordava che nel lungo periodo saremo tutti morti.
D’altro canto Beppe nel 2050 avrà appena 102 anni. Per questo è meglio cominciare a organizzare da subito quel futuro e quel Comitato Direttivo da votare su Rousseau. In corsa, spiega oggi la Repubblica, ci sono personalità del calibro di Carla Ruocco, Danilo Toninelli e Virginia Raggi. Oltre a Davide Crippa, Luigi Gallo e Dino Giarrusso. E la prima mossa del MoVimento di lotta potrebbe arrivare da Napoli.
Ma il nome che Grillo vorrebbe è quello di Luigi Di Maio. Il quale servirebbe per mantenere la barra della governabilità e, in prospettiva, per guardare a un futuro
M5s decisivo come ago della bilancia dei prossimi governi. Ma c’è un problema. Di Maio è al secondo mandato e Beppe vuole mantenere il no al terzo. E come può il ministro degli Esteri accettare di guidare un partito senza potersi candidare alle elezioni? Infine c’è il problema del governo Draghi. Che un M5s di lotta potrebbe anche decidere di non appoggiare. Magari facendo leva sul prossimo casus belli dopo il Cashback di Stato.
Ma se si lascia il governo si dovranno lasciare anche i ministeri. Ecco perché Di Maio sembra più orientato a finire con Conte invece che con Beppe.
Il ritorno di Di Battista (che vuole l’addio al governo Draghi)
Infine c’è Alessandro Di Battista. Che in questo momento si trova in Bolivia e i video che posta sulla sua pagina Facebook non sembrano tradire una gran voglia di tornare. Nei giorni scorsi Dibba, che nel MoVimento romano era soprannominato “Il sommergibile” per la sua tendenza a eclissarsi nei momenti difficili, ha preferito non schierarsi nella querelle tra Grillo e Conte.
Ma di certo i due partiti in cui il M5s rischia di scindersi se lo contenderanno fino all’ultimo visto il suo indubbio peso elettorale. E chi riuscirà a portare a casa il suo rientro avrà un maggiore appeal alle urne.
L’occasione potrebbe presentarsi già oggi con la candidatura nel Comitato direttivo evocato da Grillo. Ma già da oggi lui pone una condizione ben precisa per esserci: l’addio al governo Draghi. «Finché il M5S starà nel governo Draghi io non voglio avere nulla a che fare con il M5S, sono lineare», ha detto oggi a Il Fatto Quotidiano. E alla domanda su Conte e Grillo: «Io mi siederò al tavolo con chi mi garantirà voti in meno a questo esecutivo». Ma se quello di Conte pare il partito di governo, allora Di Battista non potrà che stare con quello di lotta evocato da Grillo.
(da Open)
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Giugno 30th, 2021 Riccardo Fucile
CHI NON SI E’ ANCORA SCHIERATO, PRESTO DOVRA’ DECIDERE
Presto la frattura tra i due leader produrrà un partito contiano e un MoVimento grillino. E i big grillini dovranno fare alcune scelte. Anche dolorose. Ecco chi si è già schierato e chi presto sarà costretto a farlo
Da una parte ci sono Stefano Patuanelli, Federico D’Incà, Paola Taverna e Alfonso Bonafede.
Dall’altra Danilo Toninelli, Carla Ruocco, Luigi Gallo e Davide Crippa.
In mezzo il ministro degli Esteri Luigi Di Maio e il presidente della Camera Roberto Fico.
Sono i nomi più noti tra i parlamentari schierati con Conte (i primi), con Grillo (i secondi) e quelli che non hanno ancora deciso cosa fare nella diaspora a 5 Stelle prossima ventura.
Ovvero quando, come ormai è molto probabile, la frattura tra Giuseppe Conte e Beppe Grillo produrrà un partito contiano un MoVimento grillino. E in molti saranno costretti a decidere da che parte stare. Ovvero se schierarsi con il M5s del “padre padrone” (copyright: Giuseppe Conte) o con l’uomo che “non ha capacità politiche né manageriali” (copyright: Beppe Grillo).
Che Grillo ormai attraversi una crisi di credibilità all’interno del MoVimento 5 Stelle lo testimoniano le parole che la Repubblica attribuisce a Roberta Lombardi: «Non condivido una virgola di quel post. Né la valutazione su Conte, né l’averci rificcato in mano a Rousseau, né il fatto che ora il Garante si svegli chiedendoci di votare il comitato direttivo quando è stato lui a cancellarlo tre mesi fa, bullandosi del risultato degli Stati generali. A questo punto bisognerebbe ribellarsi, perché al di là dell’affetto, della stima, nulla ha più senso».
Ma, in ordine sparso, tra retroscena dei giornali e post su Facebook sono in tanti quelli che già cominciano a schierarsi. Con Grillo o con Conte.
«Ragazzi, per me è finita, chiuso, siamo alla follia», scrive in chat il deputato Roberto Rossini. Mentre, racconta il Corriere della Sera, Valentina Corneli chiede la convocazione di un’assemblea e Stefano Buffagni rinvia a oggi il confronto tra i deputati e i senatori.
Anche Ettore Licheri sta con Conte, così come Giorgio Trizzino, Vincenzo Santangelo, Gabriele Lanzi, Michele Gubitosa, Luca Carabetta.
Con Grillo invece si schierano Nicola Morra, che si offre come volontario per il Comitato Direttivo, ed Elio Lannutti, che però dal M5s è stato espulso per non aver votato la fiducia al governo Draghi.
La balcanizzazione del grillismo
Poi ci sono i neutrali. Come Gianluca Perilli, che si mette in perfetto equilibrio tra i due litiganti: «Da Giuseppe Conte abbiamo ascoltato parole cariche di entusiasmo per il rilancio della nostra forza politica e una proposta organizzativa oggi indispensabile per guidare la necessaria evoluzione del Movimento, nato dalla visione e dalle intuizioni sempre innovatrici del nostro fondatore Beppe Grillo».
Ma soprattutto a rimanere allineati e coperti sono i Big. Come Luigi Di Maio. Repubblica spiega oggi che il ministro degli Esteri non è un contiano, e anzi in questi mesi il dualismo tra lui e l’ex presidente del Consiglio è emerso in più occasioni.
Per questo, mentre nessuno scommette sul suo abbandono, Grillo riflette sull’ipotesi di proporgli di tornare alla guida del MoVimento 5 Stelle. Ma la sua presenza favorirebbe sì, l’immagine di un M5s di governo, ma a questo punto salterebbe il recupero di Alessandro Di Battista. Che anche oggi ha messo come precondizione per il suo ritorno l’addio al governo Draghi.
E allora, presto o tardi, dopo aver scelto tra Grillo e Conte il MoVimento dovrà anche scegliere tra Di Battista e Di Maio.
(da Open)
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Giugno 30th, 2021 Riccardo Fucile
TUTTE LE RISPOSTE E QUALCHE DUBBIO
«Io dico, tu fai», così diceva il maestro Miyagi al giovane Daniel LaRusso poco prima
della famosa citazione «Dai la cera, togli la cera». Parafrasando con un «Dai a Rousseau, togli a Rousseau», nella realtà del Movimento 5 Stelle non troviamo un saggio maestro, vista la gestione emotiva e disastrosa sul caso del figlio Ciro, ma un guru Beppe Grillo che da un momento all’altro spiazza tutti imponendo un ritorno al voto nella piattaforma gestita da Davide Casaleggio. Il problema, per i sostenitori di Giuseppe Conte e antagonisti al figlio di Gianroberto, è che lo impone lo Statuto.
Dal sito ufficiale del Movimento 5 Stelle è possibile consultare lo Statuto dove all’articolo 1 si legge, tutt’oggi – e senza modifiche a seguito della consegna dei dati – un chiaro e inequivocabile legame con la piattaforma Rousseau come “strumento informatico” attraverso cui «l’associazione si propone di organizzare le modalità telematiche di consultazione dei propri iscritti».
A oggi, qualunque consultazione effettuata mediante il voto telematico in una piattaforma diversa da quella di Rousseau potrebbe essere contestata per le vie legali da qualunque iscritto al Movimento, il ché comporterebbe ulteriore imbarazzo e un ulteriore duro colpo nella credibilità del partito così come dei suoi rappresentanti.
Il rebus della piattaforma
Risulta che Beppe Grillo, per quanto non sia il maestro Miyagi, abbia ragione nell’identificare come piattaforma di voto telematico quella da cui sono letteralmente voluti scappare. Lo impone lo Statuto che, ad oggi, non è stato modificato. «Ho pertanto chiesto a Davide Casaleggio di consentire lo svolgimento di detta votazione sulla Piattaforma Rousseau e lui ha accettato», scrive Grillo nel suo blog confermando, da una parte, la possibilità concreta del voto; dall’altra, ammettendo di aver operato in segreto e dietro le quinte con Davide Casaleggio al fine di indire la votazione degli iscritti per l’elezione del Comitato Direttivo.
Vito Crimi, di fronte a tale decisione, si è dichiarato apertamente contrario. In un post, pubblicato sulla sua pagina Facebook personale, afferma con decisione che la votazione «non potrà avvenire sulla piattaforma Rousseau, poiché questa è inibita al trattamento dei dati degli iscritti al MoVimento».
Rousseau veniva identificato in quanto responsabile del trattamento dei dati, ma secondo la definizione fornita dal GDPR questa figura opera per conto del titolare del trattamento. In via teorica, nulla potrebbe vietare quest’ultimo di fornire a Rousseau tale responsabilità per una consultazione tra gli iscritti.
Secondo Vito Crimi, tale votazione presso la piattaforma gestita da Davide Casaleggio «violerebbe quanto disposto dal Garante della Privacy». Risulta vero che il Garante, nel provvedimento emanato il primo giugno 2021, ha ritenuto che l’Associazione Rousseau debba «astenersi da ogni ulteriore trattamento dei dati stessi», così come risulta vero che nello stesso documento venga riportata l’eccezione «tranne esplicite, specifiche richieste del Movimento».
La votazione del Comitato Direttivo
Se da una parte il voto avvenisse fuori dalla piattaforma Rousseau potrebbe essere contestato, dall’altra potrebbe esserlo anche il voto indetto da Beppe Grillo. In qualità di Garante, a tempo indeterminato e non eletto dagli iscritti (avendo mantenuto tale ruolo a seguito delle modifiche dello Statuto del 2017), poteva indire la votazione del Comitato Direttivo?
Secondo quanto si legge nello stesso Statuto all’articolo 4, le consultazioni in Rete devono essere indette dallo stesso Comitato Direttivo in carica o, «in sua assenza od inerzia», dal Garante. Vito Crimi, citando l’articolo 7 dello Statuto, si era assunto temporaneamente le veci del Comitato Direttivo in qualità di membro più anziano del Comitato di Garanzia, in attesa di una votazione che eleggesse i 5 membri previsti.
Tuttavia, l’articolo 7 prende in considerazione la situazione in cui un membro del Comitato si renda vacante, non l’intero Comitato. Tutto è contestabile, e nel conflitto legale potrebbe essere tirato in ballo un altro punto dello Statuto riportato ancora nell’articolo 7: «Il Comitato direttivo è composto da 5 membri ed è eletto mediante consultazione in Rete secondo le procedure approvate dal Comitato di Garanzia». Crimi gli altri membri dell’organo di garanzia possono contestare la decisione di Grillo? Siamo punto e a capo? L’articolo 4 dello Statuto prevede che «la consultazione in Rete è indetta con avviso sul sito internet del MoVimento 5 Stelle, con preavviso di almeno 24 ore», cosa succederà se il Comitato di Garanzia (o Vito Crimi) decidessero di non pubblicare alcunché nel sito del partito e nei tempi previsti?
Modificare lo statuto: sì, ma come?
Beppe Grillo ha indetto il voto per l’elezione del Comitato Direttivo, mentre lo Statuto rimarrebbe così com’è con l’imposizione di effettuare le votazioni online presso la piattaforma Rousseau. Per modificare lo Statuto ci vorrebbe l’Assemblea degli scritti che, potremmo dire per assurdo, può essere convocata in un luogo fisico. Lo prevede l’articolo 6 dello stesso Statuto, così come viene prevista la sua convocazione dal Comitato Direttivo o, «in assenza od inerzia», dal Presidente del Comitato di Garanzia. Risulta però impossibile convocare oltre 100 mila persone e soprattutto trovare un luogo fisico dove ospitarle e identificarle vista la situazione pandemica.
Lo Statuto può essere comunque modificato anche online, come è avvenuto già in passato, ma si dovrebbe comunque tornare sulla piattaforma Rousseau. Compito del Comitato di Garanzia indire il voto dell’Assemblea nei tempi previsti dallo Statuto, ossia con un preavviso di almeno 15 giorni. A questo punto Vito Crimi e il Comitato di Garanzia dovrebbero decidere di autorizzare l’Associazione Rousseau per l’elezione del Comitato Direttivo, così come dovrebbero indire una prossima votazione per modificare l’articolo 1 e liberarsi definitivamente del vincolo con la creatura di Davide Casaleggio. «Dai a Rousseau, togli a Rousseau».
(da Open)
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Giugno 30th, 2021 Riccardo Fucile
IL PD SI SVEGLIA: “IN UN PAESE CIVILE TUTTO CIO’ E’ VERGOGNOSO”… SALVINI STA CON CHI COMMETTE UN REATO? DA UN SEQUESTRATORE DI PERSONE NULLA DI STRANO
Il Pd chiede che la ministra della Giustizia, Marta Cartabia, riferisca in Parlamento sulla vicenda di Santa Maria Capua Vetere.
Lo afferma Piero De Luca, vicepresidente del gruppo Dem alla Camera. “Siamo profondamente indignati per le notizie che stanno emergendo sulle violenze degli agenti della polizia penitenziaria perpetrate nei confronti dei detenuti del carcere di Santa Maria Capua Vetere – dice De Luca – Sono inaccettabili e vergognose in un Paese civile.
Come appena rilevato in Aula dal collega Emanuele Fiano, il gruppo Pd chiede che la ministra Cartabia riferisca in Parlamento su quanto accaduto”.
“Queste azioni – prosegue – non hanno niente a che vedere con l’organizzazione e la gestione seria e dignitosa di una comunità carceraria. Vanno dunque condannate e stigmatizzate con forza, senza intaccare in alcun modo il grande rispetto che tutti abbiamo per la divisa e le forze dell’ordine in generale. È proprio a tutela degli agenti che ogni giorno onorano con serietà e responsabilità il proprio impegno, che questi comportamenti individuali vergognosi vanno fortemente e nettamente sanzionati perchè indegni di un Paese come l’Italia”.
Fiano stamani aveva detto in Aula: “Sono violenze che ci fanno inorridire, violenze non lecite in un Paese democratico come il nostro, con detenuti picchiati e umiliati senza motivo. Le violenze su alcuni detenuti del carcere di Santa Maria Capua a Vetere indignano profondamente la nostra coscienza civile e pretendiamo giustizia”.
Il deputato del Partito democratico ha chiesto che “la ministra della Giustizia Cartabia venga in Aula a riferire su quanto è accaduto, con una precisazione: vorremmo sapere se nessuno dei livelli superiori di quegli agenti avesse saputo o sapeva”. E a Matteo Salvini che “in questi minuti ha detto che le divise vanno sempre difese, rispondo: non dovete insegnarlo a noi”.
E su Twitter la presidente dei senatori del Pd Simona Malpezzi ha scritto: “Le immagini delle violenze nel carcere di SantaMariaCapuaVetere sono gravi e infangano il prezioso lavoro di migliaia di agenti. Si faccia chiarezza perchè in uno stato di diritto il carcere è luogo di recupero, non di abusi. Grave ambiguità e strumentalizzazione di Salvini”.
(da agenzie)
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Giugno 30th, 2021 Riccardo Fucile
PESTAGGI VIOLENTI E IMMOTIVATI ALLA BASE DELLE 52 MISURE CAUTELARI… LE PROVE NEI VIDEO… UNA DESTRA VERA STA CON LA LEGALITA’ NON CON I DELIQUENTI CHE INDOSSANO E INFANGANO UNA DIVISA
Detenuti costretti a spogliarsi e a restare nudi anche davanti agli agenti donna,
pestaggi di gruppo, ispezioni anali col manganello, e poi i “cappottoni”: reclusi costretti a passare in un corridoio umano di agenti e bersagliati di colpi fino a restare senza fiato. Leggere le oltre duemila pagine di ordinanza dell’inchiesta che ha portato all’emissione di 52 misure cautelari per agenti della Polizia Penitenziaria e funzionari del Dap è scendere nell’inferno del carcere di Santa Maria Capua Vetere (Caserta), quello che il gip che ha firmato le misure definisce “uno dei più drammatici episodi di violenza di massa perpetrato ai danni dei detenuti in uno dei più importanti istituti penitenziari della Campania” e, senza mezzi termini, “una orribile mattanza”.
Le rappresaglie dopo la protesta in carcere
“Il sistema Poggioreale”, lo chiama uno degli agenti in una chat tra colleghi, tra i messaggi scambiati prima di quella che, per gli inquirenti, è stata una rappresaglia pianificata. Tutto è avvenuto nell’aprile 2020, dopo una protesta che i detenuti avevano inscenato perché preoccupati della diffusione del coronavirus in carcere, dopo aver saputo di un caso positivo. Quella degli agenti, ritengono gli inquirenti, non fu una reazione di impulso, ma si seguì un modus operandi studiato, forse anche “di routine”, tanto da essere identificato col nome di “sistema Poggioreale”. Il pretesto erano le perquisizioni, ma il risultato era una valanga di botte.
I detenuti, hanno ricostruito gli inquirenti, erano stati portati in altre stanze, come quelle della socialità, e lì erano stati pestati selvaggiamente; costretti a tenere lo sguardo basso mentre si spostavano, a passare in corridoi di agenti e a subire un “cappottone”, e a restare faccia contro il muro perché non potessero capire da dove arrivavano i colpi ma, soprattutto, chi era stato a sferrarli. Perché non potessero, poi, puntare il dito contro un agente preciso davanti al magistrato.
Nelle immagini registrate dalle videocamere di sorveglianza (e finite negli atti dell’inchiesta) si vedono i detenuti che, impossibilitati a reagire ma anche a sottrarsi a quella gragnuola di colpi, cercano di coprirsi per quanto possibile le parti più sensibili; cercano di riparare la testa, i genitali, mentre gli agenti li costringono a strisciare e continuano a colpirli. Uno dei reclusi, ascoltato dai magistrati, racconterà di essere stato picchiato così forte insieme a un altro detenuto che entrambi si sono urinati addosso; quando il medico è passato per controllare le loro condizioni, riferisce, non li ha nemmeno visitati e li ha liquidati parlando di “lievi graffi”.
“Le guardie mi hanno urinato addosso”
Terribile il racconto fornito da uno dei detenuti, che durante il colloquio psichiatrico ha raccontato episodi che, rileva il pm nell’ordinanza, probabilmente aveva inizialmente omesso “per imbarazzo o disagio, trattandosi di vissuti mortificanti e umilianti, difficili da rievocare e raccontare”. L’uomo racconta che i detenuti sono stati picchiati perché non erano rientrati nelle celle, e che lui era stato pestato dalle 16 alle 23.
“Sono stato urinato addosso dalle guardie – dice – ero in una pozza di sangue e mi hanno urinato addosso, sono stato sputato in bocca e in faccia dalle guardie più volte, sono stato massacrato, vi farei vedere la tuta che avevo addosso quando mi hanno picchiato, è piena di sangue”.
Ispezione anale col manganello
Tra i tanti episodi raccolti nell’ordinanza c’è quello di un detenuto che ha subito una ispezione anale con un manganello. Era stato portato nella stanza della matricola e lì costretto a spogliarsi e a inginocchiarsi. Picchiato, per costringerlo a consegnare un telefono cellulare che, spiega il detenuto durante l’interrogatorio, si era procurato perché erano stati impediti i colloqui coi familiari. Lui, racconta, il telefono lo aveva consegnato, ma gli agenti erano convinti che ne avesse un secondo. E giù botte.
Era stato minacciato anche con un manganello, che era stato usato per fare pressione sull’ano, poi finalmente lo avevano controllato con “la macchinetta” e avevano constatato che in effetti non aveva un altro apparecchio nelle parti intime. Sentito dai magistrati, il detenuto ha raccontato che il manganello era stato “strisciato”.
Altri hanno invece raccontato di averlo visto sanguinante, e hanno riferito che avrebbe detto di essere stato penetrato, che sarebbe rimasto diversi giorni a letto per il dolore e che avrebbe mostrato loro le lesioni.
Detenuto sulla sedia a rotelle preso a manganellate
La furia di quelle ore non aveva risparmiato nemmeno un detenuto costretto sulla sedia a rotelle. In uno degli episodi contestati, ricostruito come gli altri soprattutto grazie alle immagini della videosorveglianza interna del carcere di Santa Maria Capua Vetere, acquisiti dai pm, si vede l’uomo che esce dalla cella e viene seguito da un agente in tenuta antisommossa; sia lui, sia il “piantone”, ovvero l’altro detenuto che spinge la carrozzella, vengono presi a manganellate per cinque o sei metri. Vengono poi posizionati entrambi con la faccia verso il muro, e lì restano fino alla fine delle “perquisizioni”.
Torture nel carcere, 52 misure cautelari
L’inchiesta ha portato all’emissione di 52 misure cautelari, eseguite ieri; 8 di custodia in carcere, 18 agli arresti domiciliari, 3 di obbligo di dimora e 23 interdittive della sospensione dell’esercizio del pubblico ufficio.
La maggioranza degli indagati sono agenti della Polizia Penitenziaria in servizio nel cercare di Santa Maria Capua Vetere o impegnati nelle squadre di Intervento e che avevano preso parte alle perquisizioni, ma figurano anche i responsabili dei reparti del carcere sammaritano e il provveditore delle carceri della Campania, Antonio Fullone, per il quale è stata disposta l’interdizione.
Per Gaetano Manganelli, ex comandante del carcere, e Pasquale Colucci, comandante del nucleo traduzioni e piantonamenti, sono stati disposti i domiciliari.
(da agenzie)
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Giugno 30th, 2021 Riccardo Fucile
DUE STRADE PER RIMANERE IN POLITICA
“Ha fatto la sua scelta, ha deciso di essere il padre padrone della sua creatura”. Questo è l’unico commento rilasciato da Giuseppe Conte dopo aver letto il post pubblicato da Beppe Grillo.
Quello che sembrava essere uno strappo (evidente, ma forse ricucibile) si è trasformato in una frattura insanabile con il MoVimento 5 Stelle che – dopo lunghi mesi di attesa – si ritrova al punto di partenza.
Adesso la fibrillazione politica si sposta sulle mosse dell’ex Presidente del Consiglio che potrebbe tentare la scalata (senza garante) ai pentastellati, oppure cercare la via (non in solitaria) del “proprio” partito.
Le parole utilizzate da Beppe Grillo nei confronti di Giuseppe Conte pesano come macigni e segnano l’addio a quell’idea di forgiare un nuovo MoVimento attorno alla figura (apprezzata nei sondaggi) dell’ex Presidente del Consiglio. E ora l’ex inquilino di Palazzo Chigi potrebbe optare per due strade, come spiega Ilario Lombardo su La Stampa, con un obiettivo unico.
“Il pensiero immediato porta subito al piano B, che fino alla fine Conte ha provato a negare: un suo partito, naturalmente ancorato al centrosinistra, ambientalista, capace di attrarre i voti moderati e da costruire sullo scheletro di un gruppo parlamentare.
Perché il dato sembra essere già tratto. Buona parte dei Parlamentari eletti con il Movimento 5 Stelle, infatti, starebbero dalla parte di Giuseppe Conte e sosterrebbero la sua leadership, chiedendo a Beppe Grillo di fare un passo indietro.
Si parla di circa 120/150 su 250 tra deputati e senatori (con numeri e peso specifico che varia in base alla Camera di riferimento). Insomma, un fronte cospicuo che potrebbe anche decidere di scindersi dal M5S per approdare nel nuovo (eventuale) partito guidato dall’ex Presidente del Consiglio.
Perché il malumore è abbondante e diffuso.
Non sono pochi i pentastellati a criticare le parole di Beppe Grillo contro Giuseppe Conte. Pensieri che sottolineano, come riporta Annalisa Cuzzocrea su La Repubblica, un’incoerenza di fondo del garante M5S che prima ha sostenuto l’ex Presidente del Consiglio (anche durante la sua avventura a Palazzo Chigi) e poi, dopo lo strappo, lo ha definito “senza visione ed esperienza”
Chi va con l’ex Premier
Adesso si tireranno le somme. Perché se da una parte ci sono i fedelissimi di Grillo, dall’altra ci sono tutti quei parlamentari che hanno scelto e sceglieranno Giuseppe Conte. Tra questi ultimi potrebbero esserci anche due attuali ministri: Stefano Patuanelli (Politiche Agricole) e Federico D’Incà (Rapporti con il Parlamento), come scrive Annalisa Cuzzocrea su Repubblica.
E con loro anche due ex capi di dicastero e da sempre voci molto ascoltate all’interno del MoVimento 5 Stelle: Alfonso Bonafede e Roberto Fraccaro. Nomi forti che hanno fatto la storia del Movimento 5 Stelle, insieme a figure come quella della vice-presidente del Senato Paola Taverna.
Il tutto in attesa della posizione ufficiale di Luigi Di Maio e Roberto Fico che, celati dietro un rumoroso silenzio, ancora sperano in una riappacificazione che sembra essere impossibile. E, anche dalla loro scelta, passerà il numero totale di chi seguirà Giuseppe Conte (nella sua scalata al MoVimento o nella sua avventura con un partito proprio) e chi sceglierà di appoggiare, ancora una volta, la linea di Grillo.
(da NextQuotidiano)
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Giugno 30th, 2021 Riccardo Fucile
REAZIONI PESANTI CONTRO “L’ELEVATO” DAGLI ISCRITTI AL M5S SUI SOCIAL
Tutto nacque con un “vaffa” di piazza e, ora, tutto rischia di finire con un “vaffa” sui
social. Il MoVimento 5 Stelle è alle prese con la più grande crisi dalla sua nascita. Il tutto è partito da una gestione della leadership (al momento mancata, o rinviata) di Giuseppe Conte e da quello strappo diventato frattura con Beppe Grillo.
E il post al vetriolo pubblicato dal comico e garante pentastellato sul suo blog ha messo in evidenza il posizionamento della base del M5S.
Sono tantissimi i “vaffa” spediti – via commento social – a Beppe Grillo. Il tutto in risposta proprio a quel post sul blog e alle accuse mosse nei confronti dell’ex Presidente del Consiglio.
In molti hanno provato a criticare razionalmente il “nuovo” posizionamento del garante penstastellato nei confronti dell’ex capo di Palazzo Chigi. In particolare, tanti hanno sottolineato come Giuseppe Conte sia l’unica figura in grado di riportare il MoVimento 5 Stelle a quell’appeal elettorale che consentì al M5S di ottenere il maggior numero di consensi alle Politiche del 2018.
Un popolo deluso. Persone, la maggior parte elettori (o ex) del MoVimento 5 Stelle che speravano in Giuseppe Conte per la rinascita pentastellata dopo il calo nei consensi degli ultimi tre anni. E la critiche mosse da Beppe Grillo nei confronti dell’ex Presidente del Consiglio sono state giudicate, a larga maggioranza, prive di contenuto e completamente avverse al principio della coerenza. E c’è spazio anche per i “vaffa” e per l’ironia
Insomma, il classico “chi di vaffa ferisce, di vaffa perisce”. Ora si attendono ulteriori scelte. La chiamata – come nel passato – su Rousseau e le decisioni future e futuribili di Giuseppe Conte che potrebbe tentare la scalata al MoVimento o scegliere di optare per un proprio partito, trascinando con sé buona parte del mondo grillino.
(da NextQuotidiano)
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Giugno 30th, 2021 Riccardo Fucile
IL DURISSIMO ATTACCO DI TRAVAGLIO A GRILLO
Ieri Beppe Grillo ha sancito, mettendo l’ultima pietra sulla tomba, la fine del Movimento 5 Stelle? Il vaffa a Conte e il venturo voto su Rousseau, con il reingaggio di Davide Casaleggio appena poche settimane dopo il suo addio, sembrano preludere alla cronaca di una morte annunciata.
Oggi Marco Travaglio, che si è speso moltissimo per l’ex presidente del Consiglio, tanto da essere definito da molti il suo ideologo, si scaglia nel suo editoriale sul Fatto contro Grillo. E rimpiange i tempi in cui l’Elevato firmava le lettere inviate al suo quotidiano siglandole “Beppe Grillo e il suo neurologo”.
Il direttore del Fatto spiega che a suo avviso Beppe ha rafforzato Conte, se il suo intento era quello di distruggerlo.
Se invece con la sua mossa voleva annientare il Movimento Travaglio è convinto che riuscirà solo a far morire definitivamente la sua figura di padre nobile del M5S:
“Basta leggere i commenti al suo ultimo post su Facebook, che lui crede visionario e invece è soltanto delirante: era da quando l’Innominabile annunciò trionfante il ritiro delle sue ministre dal governo Conte che non si riscontrava una tale unanimità di vaffanculo. Che, per un esperto del ramo, dovrebbe essere motivo di riflessione. Ma purtroppo Beppe non riflette più. Fino a qualche tempo fa, ci inviava delle lettere firmate “Beppe Grillo e il suo neurologo”. Poi, tragicamente, il suo neurologo morì. E se ne sente la mancanza. Barricato nel suo bunker, in piena sindrome di Ceausescu, l’Elevato si rimira allo specchio e si dice quanto è bravo. È come l’automobilista che imbocca l’au -tostrada in contromano e pensa che a sbagliare siano tutti gli altri”
Travaglio poi, dopo aver spiegato che il voto su Rousseau è impossibile perché Casaleggio non può violare l’ordine del Garante della Privacy di non trattare i dati degli iscritti, lancia la sua idea per neutralizzare Beppe affinché non possa nuocere più:
“Lasciandolo solo, cioè nella condizione che ormai predilige, convinto – come Cesare secondo Plutarco – che sia “meglio essere primo in un villaggio che secondo a Roma”. Ma qui il villaggio ha le dimensioni di una delle sue ville. E i padri padroni sono tali finché i figli diventano adulti, escono di casa e iniziano a camminare con le proprie gambe. Nel governo, in Parlamento, nelle Regioni, nei Comuni e fra gli iscritti ci sono decine di migliaia di figli di Grillo ormai maggiorenni che sanno cosa devono fare
(da agenzie)
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Giugno 30th, 2021 Riccardo Fucile
SERVE UNA MISSIONE DI RICERCA E SOCCORSO, NON CHIACCHIERE VILI… IL DIRITTO INTERNAZIONALE IMPONE DI INTERVENIRE, L’OMISSIONE DI SOCCORSO E’ UN REATO… IL SINDACO DI LAMPEDUSA ATTACCA L’IGNAVIA DI DRAGHI
Sono finora 7 i cadaveri recuperati nelle acque fra Lampedusa e Lampione dove si è
registrato, all’alba, il naufragio di un barcone carico di migranti.
Ma ci sarebbero ancora – stando alle testimonianze raccolte tra i 46 superstiti – altri 9 dispersi, che potrebbero essere per la maggior parte bambini, secondo la testimonianza dei superstiti. Il naufragio del barcone è avvenuto a circa 5 miglia da Lampedusa. L’imbarcazione proveniva dalla Tunisia.
Nel tratto di mare sono in corso le ricerche condotte dalla Guardia costiera e dalla Guardia di finanza. Sono tutte di donne subsahariane le 7 salme portate sul molo Favarolo dalle motovedette della Capitaneria di porto.
Le donne, secondo alcune fonti, provenivano dal Senegal. Tra di loro una in avanzato stato di gravidanza. I 46 superstiti sono stati trasferiti: 19 su una motovedetta e 27 su un’altra sempre della Guardia costiera.
La Procura di Agrigento ha aperto un fascicolo, al momento a carico di ignoti, per il naufragio. Il Procuratore Luigi Patronaggio, che coordina l’indagine, sta valutando se disporre l’autopsia sui corpi. È stato aperto un fascicolo d’inchiesta, a carico di ignoti, per naufragio, dalla Procura di Agrigento.
La Procura di Agrigento sta indagando per individuare gli scafisti dell’imbarcazione. Come apprende l’Adnkronos, si cercano anche i basisti in Tunisia. Da dove è partita due giorni fa l’imbarcazione.
“Alla vista delle motovedette della Guardia costiera, i migranti presenti sul barcone si sono sbilanciati – ha detto Patronaggio, ricostruendo per grandi linee la tragedia -. Tanti sono finiti in mare o perché mal distribuiti sul barcone o perché hanno perso l’equilibrio. Sulle salme verrà eseguito un esame esterno direttamente a Lampedusa. E poi, se dal caso, decideremo se disporre o meno autopsia”.
L’allarme, ricostruisce la Guardia Costiera, è scattato all’alba quando è arrivata una telefonata di uno dei migranti che si trovavano a bordo dell’imbarcazione, una piccola barca di 8 metri che in quel momento era a circa sette miglia dalla costa di Lampedusa. A bordo erano presenti circa 60 persone ma quando sono arrivate le due motovedette partire dall’isola, la barca si è capovolta poiché i migranti si sono tutti spostati da un lato.
Una bimba di cinque anni trovata su un barcone alla deriva sul tragitto tra l’Africa occidentale e le isole Canarie è morta nella notte mentre veniva trasportata d’urgenza in ospedale da un elicottero dell’esercito spagnolo.
Lo ha reso noto il servizio delle emergenze sanitarie regionale delle Canarie. Insieme alla bimba sono stati trasportati in elicottero anche una donna e un uomo, entrambi ricoverati. La donna è in condizioni critiche, mentre l’uomo è in condizioni gravi. Secondo fonti consultate dall’agenzia di stampa Efe, i migranti soccorsi hanno passato almeno 17 giorni sul barcone alla deriva.
Oltre al naufragio costato la vita finora a sette migranti, è stata una notte di sbarchi quella che si è registrata a Lampedusa. Sono 256 i migranti approdati sull’isola, a partire dalle 3,30, con quattro diversi barconi. Tre imbarcazioni sono state soccorse al largo, la quarta – con 6 tunisini a bordo – è invece riuscita ad arrivare, alle 7 circa, direttamente in porto. Anche ieri c’erano stati 4 sbarchi sull’isola con un totale di 136 persone
I primi 120 migranti, di varia nazionalità, sono stati intercettati a circa 14 miglia a Sud dell’isola: erano su un’imbarcazione di 8 metri. I militari della Guardia di finanza li hanno trasbordati e hanno lasciato alla deriva la “carretta”
Alle 6,30 sono giunti a molo Favarolo i 30 migranti che erano stati intercettati a 12 miglia dalla motovedetta Cp309 della Capitaneria di porto e poco dopo ne sono giunti altri 100. Altri 101 subsahariani, comprese tre donne, sono sbarcati a Lampedusa. È il sesto arrivo di migranti registrato dalla notte scorsa nell’isola.
L’imbarcazione sulla quale viaggiavano i 101 era stata intercettata, poco prima dell’alba, a 25 miglia a Sud-Est di Lampedusa da una motovedetta della Guardia di finanza. I militari hanno effettuato il trasbordo e hanno lasciato alla deriva il natante. Anche loro sono stati portati – con la scorta dei carabinieri – all’hotspot di contrada Imbriacola dove i presenti, nonostante il trasferimento di 100 persone, sono tornati ad essere 661.
“Non si vuole prendere coscienza di quello che succede nel Mediterraneo, non vale a nulla la solidarietà che, adesso, ci arriverà. Perché la solidarietà deve essere vera e concreta” ha detto il sindaco di Lampedusa e Linosa, Totò Martello, dopo l’ennesima tragedia di migranti.
“Continua il silenzio nei confronti del sindaco di Lampedusa – ha aggiunto – da parte del presidente Draghi. Sono passati 15 giorni, se non di più, da quando ho chiesto d’essere convocato per discutere di quello che avviene nel Mediterraneo. Ed essendo presente sul territorio, potrei sicuramente portare una visuale diversa sul fenomeno”. “Questa ennesima tragedia nel Mediterraneo è straziante, cos’altro deve accadere per far capire all’Italia ed all’Europa che così non si può andare avanti” si chiede Martello, che poi invoca un incontro con il premier Draghi.
“Chiedo un incontro al presidente Draghi – aggiunge – non si può continuare con la logica di una continua emergenza: bisogna affrontare il fenomeno con un approccio differente, libero dalle speculazioni,. incentrato sulla vera tutela dei diritti umani. E bisogna farlo subito perché mentre la politica continua a discutere la gente muore in mare”.
Anche l’eurodeputato e vicepresidente della Commissione Libe a Bruxelles Pietro Bartolo, ha sottolineato l’esigenza di un intervento da parte dell’Ue e del governo. ”È insopportabile leggere ancora di naufragi al largo di Lampedusa. Insopportabile perché sappiamo che queste persone continueranno ad arrivare per tutta l’estate. Insopportabile perché l’Europa può e deve porre rimedio a questa strage nota e annunciata. Insopportabile perché tutto questo avviene a pochi metri dalle spiagge di Lampedusa, stracolme di turisti, nell’indifferenza generale”.
“Almeno sette donne, non sappiamo ancora quanti siano i dispersi, sono morte – prosegue Bartolo – in un naufragio a 5 miglia da Lampedusa. Cinque miglia. Erano arrivati. Potevano essere tratte in salvo in tempo. Lo chiediamo da mesi, non smetteremo di farlo: serve una missione di ricerca e soccorso nelle acque del Mediterraneo. È immorale – conclude Bartolo – restare immobili davanti a tutto questo. Lo ripeto: serve una missione di ricerca e soccorso nelle acque del Mediterraneo. Subito”.
Sul naufragio avvenuta a Lampedusa è intervenuto il governo tedesca, tramite il portavoce di Angela Merkel, Stefflen Seibert. “Ogni perdita di vita umana che accade nel Mediterraneo, fra persone che speravano di avere in Europa un’esistenza migliore, è straziante” ha affermato sollecitato a Berlino in conferenza stampa sull’ultimo naufragio al largo di Lampedusa.
Mediterranea commenta così la tragedia: “Ancora vittime della politica europea di chiusura delle frontiere”
Erasmo Palazzotto aggiunge, sempre su Twitter: “Ennesimo colpevole naufragio. Ennesima tragedia in mare. Ennesima omissione di soccorso. Serve ripristinare un dispositivo europeo di soccorso. E serve ora. Prima che a naufragare sia la nostra civiltà”. Simile la considerazione di Open Arms: “5 inaccettabili morti davanti alle nostre coste”:
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »