Novembre 2nd, 2021 Riccardo Fucile
L’AUDIO DEL TITOLARE DI UN’OFFICINA CHE PAGAVA L’OPERAIO 15 EURO PER 12 ORE DI LAVORO: COSI’ CERTI IMPRENDITORI ITALIANI SFRUTTANO GLI IMMIGRATI
«Sei un negro, rimarrai schiavo a vita, devi fare solo il negro nella tua vita come lo
fate tutti quanti, perciò siete negri di… Se ti acchiappo ti mando all’ospedale».
Gli insulti, e poi la minaccia. Parole aggressive, cariche di odio, recapitate attraverso un messaggio vocale su WhatsApp.
Così il titolare di un’officina meccanica del rione Materdei, a Napoli, avrebbe replicato alla richiesta di un giusto compenso avanzata da un 34enne della Costa d’Avorio. «Fin quando lavoravo dodici ore al giorno e mi stavo zitto con i 15 euro che prendevo andava tutto bene, ma quando ho chiesto un contratto e una giusta retribuzione», racconta il giovane immigrato, «lui mi ha cacciato offendendomi per il colore della pelle». E non solo.
«Ora mi cerca per farmi male perché non vuole che vada a lavorare da altre parti», aggiunge. Il lavoratore, richiedente asilo, meccanico ma anche elettrauto e gommista, è arrivato in Italia nel dicembre 2017 ed è attualmente ospite di un centro di accoglienza del Casertano. Sebbene intimorito, e infatti preferisce non mostrare il suo volto, ha deciso di interrompere la spirale di sopraffazione presentando una denuncia.
L’audio choc
Ed è nelle carte della denuncia che finirà il messaggio vocale inviatogli ieri sera dal suo ormai ex datore di lavoro. Ad assistere l’ivoriano è il legale Hilarry Sedu, avvocato italiano di origine nigeriana che segue le vicende di sfruttamento lavorativo di numerosi richiedenti asilo. «Il comportamento di questo indecoroso imprenditore», afferma Sedu, «offende, oltre alla persona di pelle nera, anche tutte le persone che legittimamente chiedono la giusta retribuzione, ma soprattutto che chiedono di voler lavorare in condizioni di legalità. Il razzismo non è da sottovalutare: può essere la mina che farà saltare le fondamenta della nostra democrazia».
(da Fanpage)
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Novembre 2nd, 2021 Riccardo Fucile
NOI NON STRINGIAMO MANI SPORCHE DI SANGUE DI INNOCENTI
Dice Salvini che si scusa “a nome del popolo italiano” in difesa di Jair Bolsonaro, il pessimo presidente del Brasile che oggi è in gita in Italia, a Pistoia, per commemorare i caduti brasiliani durante il secondo conflitto mondiale dopo esse stato miseramente trattato durante l’ultimo G20.
Salvini del resto ha una strana idea del “popolo”, ritiene di poter parlare a nome di tutti nonostante un gradimento ovviamente parziale, peraltro in crollo da mesi. Ma, caro Salvini, non scusarti a nome mio, no, non disturbarti, facciamo da soli
Facciamo da soli perché noi sappiamo benissimo che Bolsonaro è quello stesso politico favorevole alla tortura e alla pena di morte, estremista al limite della caricatura (seppur pericolosissima) che negava la pandemia e che nega i cambiamenti climatici.
Dovresti, caro Salvini, chiedere ai brasiliani cosa ne pensano di un presidente che ha negato l’esistenza del Covid fin dal principio, osteggiato dalle piazze piene contro di lui mentre in Brasile morivano 608mila persone ufficiali (solo gli USA sono riusciti a fare peggio) senza tenere conto dei morti che non rientrano nelle statistiche: quelli delle favelas, periferie del mondo.
Dovresti sapere, caro Salvini, che quel presidente a cui hai stretto le mani insanguinate teorizza che i vaccini provochino l’insorgenza dell’AIDS, costringendo perfino Facebook a rimuovere il video in cui declamava questa assurdità.
Bolsonaro del resto, lo sai Salvini?, è quello che ha testato un farmaco rivenduto come miracoloso contro il Covid (che poi è curioso annunciare al mondo di avere trovato un farmaco di cui si nega l’esistenza, vero Salvini?) e che è stato testato su 645 persone: 200 sono morte e un’indagine è tutt’ora in corso.
Avresti dovuto leggere, caro Salvini, le conclusioni dei lavori di una commissione d’inchiesta che ha portato il congresso brasiliano a chiedere che Bolsonaro fosse perseguito per “crimini contro l’umanità” ritrovando 9 reati legati alla sua gestione dell’emergenza Covid, tra cui “prevaricazione”, “ciarlataneria” e “istigazione a delinquere”.
Oppure, caro Salvini, potresti leggerti anche la relazione dell’istituto di ricerca sull’ambiente Imazon, che certifica come tra l’agosto del 2020 e il luglio 2021 la foresta pluviale brasiliana abbia perso a causa del disboscamento e dello sfruttamento illegale 10476 chilometri quadrati di estensione, una superficie pari a quella di tredici New York. È il peggior dato dal 2012, con un calo del 57% rispetto all’anno precedente.
E sai Salvini che ha risposto il tuo amico Bolsonaro? Che l’Amazzonia non brucia perché è una foresta umida. Ha detto proprio così. Eppure nel 2019, anno in cui Bolsonaro era già al potere, è stato il periodo peggiore per l’Amazzonia, con 9.178 chilometri quadrati di vegetazione distrutti dal fuoco.
E una benedetta volta sarebbe il caso di sapere cosa ne pensa anche il presidente Draghi, che qualche volta potrebbe fare politica oltre a far di conto, poiché Salvini è un importante membro della maggioranza che sostiene il suo governo.
Una cosa è certa, caro Salvini: quando ti scusi con Bolsonaro non lo fai a nome “del popolo italiano” ma lo fai a nome tuo e dei tuoi sgherri (nemmeno tutti, visto che ti stanno lasciando pure quelli).
E ti basterebbe fare un salto in Brasile per sapere cosa ne pensi il popolo brasiliano del tuo amichetto del cuore, l’ennesimo sovranista in cui ti specchi cercando affannosamente un’identità che non funziona più.
(da TPI)
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Novembre 2nd, 2021 Riccardo Fucile
COSTEREBBE MENO INDIVIDUARE I RESPONSABILI E NON SOTTRARRE AGENTI AL SERVIZIO PUBBLICO… PER BANALI MINACCE DEL GENERE DOVREBBERO AVERE LA SCORTA MIGLIAIA DI ITALIANI
Dopo le recenti minacce e “dopo una valutazione approfondita” il Comitato per
l’ordine e la sicurezza ha disposto la scorta per il governatore Giovanni Toti.
La decisione è emersa oggi e arriva in seguito ad una serie di minacce rivolte al presidente della Liguria, tra cui alcune arrivate via web.
Inoltre, c’è l’episodio della scritta, risalente ad alcuni mesi fa, apparsa sui muri del quartiere di Oregina a Genova per la quale lunedì diversi esponenti della politica ligure avevano espresso solidarietà nei confronti del governatore.
La decisione è stata presa non solo a causa delle minacce scritte sui muri, ma anche per quelle costanti che arrivano da internet e dai social network.
Ma non si faceva prima a individuare i responsabili, visto che esistono telecamere ovunque e la polizia postale, invece che distogliere diversi agenti dal servizio?
Su questo metro di giudizio quanti italiani potrebbero reclamare il diritto a una scorta? A cominciare da giornalisti, medici, omosessuali, donne minacciate da ex?
Ci saremmo aspettati da Toti un “bel gesto”: rinunciare alla scorta.
Ma noi apparteniamo a una generazione diversa, dove ci si difendeva da soli.
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Novembre 2nd, 2021 Riccardo Fucile
RESPINTO IL RICORSO DELLA SCUOLA
A distanza di sette anni la vicenda è stata chiusa definitivamente. E a mettere la parola fine è stata la Cassazione.
La corte Suprema è intervenuta difatti sulla vicenda di una docente trentina, la quale aveva avviato una causa nei confronti di un istituto cattolico ritenendo che, nel 2014, non le fosse stato rinnovato il contratto per sospetti sul suo orientamento sessuale.
La sezione Lavoro della Suprema Corte, con un’ordinanza depositata oggi, ha quindi respinto il ricorso presentato dallo stesso istituto contro la sentenza, emessa il 7 marzo 2017, della Corte di appello di Trento, che lo aveva condannato a risarcire all’insegnante un danno “da discriminazione” per 30mila euro a titolo di danno morale e per 13.329 euro a titolo di danno patrimoniale.
A rendere nota la decisione della Cassazione è stato l’avvocato Alexander Schuster, legale della docente, sottolineando che “la sezione lavoro ha ritenuto che la libertà d’insegnamento di un ente religioso non costituisca carta bianca per discriminare apertamente le persone”.
(da agenzie)
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Novembre 2nd, 2021 Riccardo Fucile
A QUEL PUNTO IN PENSIONE IN ANTICIPO NON CI ANDRA’ PIU’ NESSUNO
Dopo quota 102 il piano dell’esecutivo è quello di estendere le uscite flessibili dal
lavoro a tutti. Ma con il contributivo che permetterebbe di mantenere in ordine i conti
Uscita dal lavoro anticipata per tutti ma assegno con il contributivo.
È questa l’ipotesi di riforma della legge Fornero che il governo Draghi vuole proporre ai sindacati. Dopo quota 102 quindi il piano dell’esecutivo è quello di estendere le uscite flessibili dal lavoro a tutti. Ma con il contributivo che permetterebbe di mantenere in ordine i conti dell’Inps.
Il paragone più calzante è quello che fa oggi Repubblica, spiegando che la nuova norma somiglierebbe a Opzione Donna. Che in questi anni ha permesso il pensionamento con 58 o 59 anni di età e 35 di contributi. Ma con un taglio del 33% dell’assegno.
Tanto che il governo l’ha rinnovata per un anno alzando l’età a 60 anni per le dipendenti e 61 per le autonome. E che potrebbe cambiare durante l’iter parlamentare della Legge di Bilancio.
L’idea del governo, spiega il quotidiano, parte da un presupposto: gli scenari rispetto alla Fornero sono mutati.
Nel 2022 l’85% dei pensionati si troverà in quello che viene chiamato il sistema misto. Che paga una quota retributiva sempre più piccola maturata fino al 1995 e poi tutto contributivo.
Per un assegno che viene calcolato per il 65% con il metodo contributivo. Ovvero in base ai contributi versati e non agli stipendi presi. Per questo il taglio sarebbe sempre più modesto. Secondo l’Inps sono quasi 300 mila i lavoratori nel retributivo al 31 dicembre 2020: hanno tra 57 e 67 anni e almeno 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995, prima della riforma Dini. I sindacati puntano ad altre ipotesi. Che però somigliano a quella del governo. Per esempio l’uscita a 64 anni di età con 20 di contributi ma con ricalcolo contributivo dell’assegno.
Con quella che Repubblica chiama “Opzione Tutti” si concede libertà di scelta – “esco quando voglio, ma prendo quanto versato” – e si pesa sui conti solo come anticipo di cassa. Per questo la proposta avrebbe un senso. E non sarebbe dispendiosa più di tanto. Era stata chiamata “Ape contributiva” dall’Inps e prevedeva la possibilità per un lavoratore di «63 o 64 anni» di prendere la sua pensione (a patto che sia 1,2 volte sopra il minimo, cioè almeno 618 euro al mese) in due tempi: una parte subito e un’altra parte dopo 3-4 anni. Ovvero al compimento dell’età della pensione di vecchiaia (67 anni).
Nell’ipotesi dell’istituto guidato da Pasquale Tridico il primo pezzo corrispondeva alla quota contributiva, per cui la spesa per lo Stato è zero: il lavoratore la incassava subito in base ai contributi versati. Il secondo pezzo equivaleva alla quota retributiva, parametrata agli ultimi stipendi: sarebbe arrivato a 67 anni. Nel frattempo il prepensionato avrebbe potuto continuare a lavorare.
(da agenzie)
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Novembre 2nd, 2021 Riccardo Fucile
DALL’AFGHANISTAN PER SFUGGIRE AI TALEBANI E L’EUROPA (CHE A PAROLE CONDANNA I TALEBANI) LI RESPINGE
Il game ricomincia, S. non vede l’ora di partire da Bihac. Ha 22 anni, è scappato dall’Afghanistan tre mesi fa. La sua lotteria per entrare in Europa, il gioco della fortuna per sopravvivere varcando le frontiere, è cominciata che ancora era estate.
Lui faceva, da tre anni, il poliziotto per il governo defenestrato. I talebani gli avrebbero tagliato la testa e lui non ci ha pensato due volte ed è scappato. “No English”, dice prima. Poi ci riflette, accende una sigaretta e accetta di raccontare qualcosa. Vuole anche riguardarsi, dopo. “Ora lo mandi alla polizia croata?”, ride. “A quella italiana”, rispondo. “Loro non sono cattivi”.
A guardarla da fuori, senza sentirla, sembrerebbe una conversazione spensierata. Ma a venti chilometri di distanza c’è il confine con la Croazia e basta quel pensiero a spegnere i sorrisi.
I morti nel game sulla rotta balcanica dei migranti
Non c’è ancora la neve ma fa già freddo. C’è un sole gelido, in Bosnia-Erzegovina. Il cielo è limpido ma fanno due gradi e dentro a un mostro di cemento armato di sembianze post belliche non si può più rimanere.
Meglio tentarla adesso la sorte, che con le prime gelate. Da una apertura stretta escono fuori a uno a uno una ventina di uomini, la maggior parte giovani. Afghanistan, Pakistan, Bangladesh. Zaini, giubbotti, scarpe. Prima di partire riempiono le bottigliette d’acqua al rubinetto del cimitero lì accanto. Tra i lotti di lapidi di marmo, giù in fondo ce n’è uno di lapidi di legno dipinte di verde. Su molte c’è scritto solo NN. No Name. Alcune altre lapidi denunciano, invece, la crudeltà del game – la grande scommessa per entrare in Europa – a suon di date: 1996 – 2021. È morto sulla rotta balcanica delle migrazioni a 25 anni. Tre in più di S. che è ancora fresco di tentativi ed energico, e scherza pure, fa lo spaccone.
Il gruppo viaggia insieme. Per la legge dei grandi numeri, se a qualcuno va male a qualcun altro va bene. Su una ventina di persone, almeno un paio sperano di riuscirci stavolta, con l’aiuto di Allah. Si inginocchiano per la preghiera, uno di loro resta in piedi e comincia a intonarla. Appena finisce, S. prende la parola e aggiunge qualche battuta: io non parlo l’arabo, ma i nomi delle nazioni sono chiari: Croazia, Slovenia e – Inshallah, col volere di dio – Italia. Il suo obiettivo, però, è la Germania: suo fratello vive già lì, i soldi non sono un problema, dice lui, ma stavolta vuole studiare. Finire un istituto professionale e fare un altro mestiere.
La partenza per l’Europa
Alcuni partono leggeri, senza neanche uno zaino. Alcuni altri portano con sé almeno i tappetini di gomma per provare a stendercisi sopra. “Mi hai fatto un video?”. “Sì” “Per favore, lo mandi a mio padre? Su WhatsApp va bene. Tieni il numero. Così sa che sono vivo” “Dov’è tuo padre?” “Lui è rimasto a casa, in Pakistan”. È una buona idea, lo imitano in molti. È complicato trovare i profili Facebook, la tastiera non ha i caratteri in farsi, ma dalla schermata «Tutti gli amici» si riesce a trovare un profilo dopo l’altro. “Per favore non scordarlo”. È importante. Un punto fermo.
Fino alla fine di ottobre erano tutti lì, tutti vivi. Senza documenti, picchiati più volte, feriti, plurideportati ma pronti a ritentare. “Non ci fermeremo mai”, interviene A. Vuole fare l’infermiere, anche lui punta alla Germania. “Ci riempiono di botte e sono veramente troppo forti. Anche la polizia slovena fa lo stesso. Ma noi tenteremo sempre”.
(da agenzie)
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Novembre 2nd, 2021 Riccardo Fucile
500 EURO AL MESE IN CAMBIO DI CORSI DI FORMAZIONE
Il presidente annuncia un sussidio per chi ha meno di 25 anni, è disoccupato e
non segue attività di formazione.
In cambio si dovranno accettare le offerte di lavoro
Il presidente della Francia Emmanuel Macron ha annunciato un “Contratto di impegno per i giovani” destinato a chi ha meno di 25 anni, è disoccupato e non segue attività di formazione. Chi si trova in questa categoria riceverà fino a 500 euro al mese per seguire ogni settimana corsi di formazione della durata di 15 o 20 ore settimanali oppure se accetterà di ricevere assistenza per l’ingresso nel mondo del lavoro. L’iniziativa era stata annunciata il 12 luglio scorso dallo stesso Macron.
Su Facebook il presidente ha spiegato che l’obiettivo aiutare i giovani «senza risorse e senza prospettive». Dal primo marzo, ha annunciato il presidente, tutti i giovani che si iscriveranno «potranno beneficiare di un sostegno di 15/20 ore settimanali per trovare una nuova professione, formarsi, raggiungere un contratto d’apprendistato o un lavoro». L’indennità da 500 euro mensili è subordinata al reddito, alla frequenza dei corsi e all’accettazione delle offerte di attività presentate. «Centinaia di posti di lavoro sono disponibili in tutta la Francia», ha chiosato il presidente, «Stato, aziende, comunità e associazioni: con il Contract Engagement Jeune tutti si mobiliteranno per consentirvi di accedere.
(da agenzie)
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Novembre 2nd, 2021 Riccardo Fucile
“IL PROBLEMA NON SONO IO CHE UNA CREDIBILITA’ INTERNAZIONALE L’HO HA TEMPO, MATTEO DEVE FARE DELLE SCELTE, I FILM WESTERN STANNO PASSANDO DI MODA”
Mentre Matteo Salvini vede il presidente sovranista del Brasile Jair Bolsonaro il ministro dello Sviluppo economico, poco prima del voto, aveva già espresso i suoi malumori che però erano stati ridimensionati e smentiti dai vertici. Ora, nelle anticipazioni del libro di Bruno Vespa “Perché Mussolini rovinò l’Italia” in uscita il 4 novembre per Mondadori Rai Libri, la posizione di Giorgetti si rivela ancora più pesante.
Il tutto mentre il leader del Carroccio si è presentato ad accogliere Bolsonaro a Pistoia, prendendo le sue difese di fronte alle tante proteste di questi giorni: il presidente, in Italia per il G20, è stato fortemente contestato ovunque si è presentato (a partire da Padova).
Quelle del numero due del Carroccio sono parole molto dure nei confronti del segretario. Che confermano il clima già molto teso nel partito. “Il problema non è Giorgetti, che una sua credibilità internazionale se l’era creata da tempo”, ha detto Giorgetti. “Il problema è se Salvini vuole sposare una nuova linea o starne fuori. Questa scelta non è ancora avvenuta perché, secondo me, non ha ancora interpretato la parte fino in fondo. Matteo è abituato a essere un campione d’incassi nei film western. Io gli ho proposto di essere attore non protagonista in un film drammatico candidato agli Oscar. È difficile mettere nello stesso film Bud Spencer e Meryl Streep. E non so che cosa abbia deciso”.
E ancora: “Se vuole istituzionalizzarsi in modo definitivo, Salvini deve fare una scelta precisa. Capisco la gratitudine verso la Le Pen, che dieci anni fa lo accolse nel suo Gruppo. Ma l’alleanza con l’Afd non ha una ragione”. E il riferimento è sia alla recente telefonata di Matteo Salvini alla convention di Marin Le Pen, sia all’alleanza con il partito di estrema destra tedesco Afd in Europa.
“Il leader del Carroccio “ha certamente cambiato linguaggio. Ma qualche volta dice alcune cose e ne fa altre. Può fare cose decisive e non le fa”. Il cammino verso il Partito popolare europeo è ancora lento, osserva Vespa “è un’ipotesi che regge se la Cdu non si sposta a sinistra. Armin Laschet, il candidato sconfitto alle elezioni, è un’espressione della nomenklatura del partito. C’è fermento, gli elettori chiedono una partecipazione dal basso, ci si aspetta che si guardi a destra più che a sinistra. La Cdu deve ricrearsi una natura liberale, moderata e conservatrice. Anche guardando al Partito popolare europeo“.
Giorgetti ha in mente una Lega nel Ppe, “perché io non ho bisogno di un nuovo posto. Io voglio portare la Lega in un altro posto”. Quanto ai rapporti con Giorgia Meloni e Fratelli d’Italia e la concorrenza con la Lega, “i western stanno passando di moda. Secondo me, sono finiti con ‘Balla coi lupi’. Adesso in America sono molto rivalutati gli indiani nativi”. Una posizione, quella di Giorgetti, che sembra al momento lontanissima dalla posizione di Salvini. Che infatti proprio stamattina ha visto Bolsonaro.
Giorgetti ha anche parlato dell’ipotesi, che si fa sempre più concreta dell’elezione di Mario Draghi al Quirinale. Parole che acquistano sempre più peso, soprattutto alla luce del fatto che nelle scorse ore è arrivato il via libera sia di Conte che di Salvini. Il sottosegretario è andato oltre: “Draghi potrebbe guidare il convoglio anche dal Quirinale”, ha detto. “Già nell’autunno del 2020 dissi che la soluzione sarebbe stata confermare Mattarella ancora per un anno. Se questo non è possibile, va bene Draghi”, che rispetto al governo “potrebbe guidare il convoglio anche da fuori. Sarebbe un semipresidenzialismo de facto, in cui il Presidente della Repubblica allarga le sue funzioni approfittando di una politica debole”.
(da Il Fatto Quotidiano)
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Novembre 2nd, 2021 Riccardo Fucile
FDI 20,3%, PD 20,1%, LEGA 19%, M5S 16,3%, FORZA ITALIA 7,2%
Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni è la prima forza politica italiana con il 20.3%, ma
in calo dello 0,4%. È quanto risulta dai sondaggi politici Swg commissionati da La7.
Insegue il Partito Democratico di Enrico Letta al 20.1% che dopo il sorpasso sulla Lega punta al primo posto e registra un aumento dello 0,4%
Seguono più staccati la Lega di Matteo Salvini, in calo dello 0,2% e ferma al 19%, e il Movimento 5 Stelle che perde lo 0,3% e si attesta al 16,3%.
Chi invece fa registrare una crescita, pur rimanendo ben distante dai primi quattro principali partiti italiani, è Forza Italia che guadagna lo 0,4% e sale dal 6,8% al 7,2%. Stabili Azione di Carlo Calenda (4,1%) e Mdp Articolo 1 (al 2,5%), così come la Sinistra Italiana che perde solo lo 0,1% (2,3%) e i Verdi (+0,2% al 2,1%)
(da agenzie)
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