Novembre 14th, 2021 Riccardo Fucile
IL SOVRANISTA ANCORA A PIEDE LIBERO MANIFESTERA’ CONTRO I VESCOVI AMERICANI, SI TEMONO VIOLENZE
Allarme rosso a Baltimora. Al grido di “Quando è troppo è troppo “, la destra
sovranista americana capitanata dall’ex consigliere di Donald Trump, Steve Bannon, manifesterà domani accanto al Baltimore Waterfront Marriott, l’hotel che ospita la Conferenza episcopale americana (che deve decidere sulla comunione al Presidente Biden) e dove l’ USCCB si riunirà per la prima volta in presenza dal 2019, dal 15 al 18 novembre.
L’incontro dell’USCCB è importante perché lì si vota su un documento sul sacramento della Comunione. Sebbene il documento dovrebbe essere meno “politico “di quanto inizialmente temuto da alcuni critici, la controversia sulla sua creazione ha attirato l’attenzione internazionale dopo che alcuni vescovi hanno spinto per negare l’Eucaristia ai politici cattolici, pur personalmente contrari, che sostengono il diritto legale all’aborto, a partire dal Presidente Joe Biden e dallo Speaker della Camera Nancy Pelosi.
Questione che è stata anche affrontata da Biden nel suo incontro in Vaticano il 29 ottobre con Papa Francesco, che lo ha autorizzato a riferire ai giornalisti che lo considera un “ buon cattolico” e lo ha incoraggiato a continuare a fare la Comunione.
Formalmente la protesta sovranista di Baltimora si autodefinisce un “raduno di preghiera” pianificato da Church Militant, una controversa organizzazione mediatica cattolico conservatrice già nota per aver sposato una retorica incendiaria e che è condannata dai critici come provocatoria, razzista e omofoba.
L’evento secondo gli organizzatori è progettato per esprimere una serie di rimostranze contro i vescovi degli Stati Uniti, a cominciare dall’insufficiente risposta alla piaga della pedofilia. Ma il vero obbiettivo è quello di supportare una decisione sull’ Eucaristia che vada contro Biden e contro Papa Francesco, che è la vera bestia nera dei sovranisti.
Tanto che ieri è tornato a farsi sentire con un’ intervista l’ex Nunzio negli Stati Uniti Carlo Maria Viganò ( che aveva benedetto la manifestazione No Vax che ha portato all’assalto alla sede Cgil di Roma e la manifestazione No Vax dei portuali di Trieste). Viganò in un’ intervista on line pubblicata ieri ha affermato: “L’asservimento di Bergoglio all’ideologia globalista è talmente scandaloso da essere compreso anche dai comuni fedeli, che in virtù del sensus fidei colgono l’indole eversiva di questo “pontificato” e si rifugiano nell’idea che Benedetto XVI sia il vero Papa. Di certo l’inquilino di Santa Marta – prosegue – si pone oggi come candidato alla presidenza della Religione Mondiale, come auspicato dalla Massoneria e pianificato dal Nuovo Ordine; o quantomeno come colui che ha introdotto nel Sacro Collegio il futuro papabile a ricoprire questo incarico.”
Church Militant, che ha sede a Detroit è che è noto anche come St. Michael’s Media, ha organizzato proteste simili fuori dal Marriott durante gli ultimi incontri dell’USCCB. Ma lo sforzo di quest’anno ha attirato ulteriore attenzione per l’inclusione tra gli di oratori di Milo Yiannopoulos, di estrema destra, e di Bannon, che venerdì 12 novembre è stato incriminato per oltraggio al Congresso per aver sfidato un mandato di comparizione del comitato della Camera che indaga sull’insurrezione del 6 gennaio con violazione di Capitol Hill (tutti ricordano l’ invasione dei manifestanti capitanati da uno di loro vestito da sciamano). Viganò benedisse anche l’assalto a Capitol Hill in un’intervista concessa proprio a Bannon pochi giorni prima.
La notizia della partecipazione di Yiannopoulos e Bannon ha suscitato preoccupazione tra i funzionari della città di Baltimora, che a settembre hanno chiesto al tribunale locale di vietare la manifestazione. Gli avvocati della città hanno citato problemi di sicurezza, notando nel loro ricorso che la violenza è scoppiata in eventi passati guidati da Yiannopoulos e che Bannon ha chiesto in passato la decapitazione di avversari politici, quali l’infettivologo Anthony Fauci e il direttore dell’FBI Christopher Wray .
Inoltre, gli avvocati della città di Baltimora hanno accusato il fondatore della Church Militant Michael Voris di lodare le persone che hanno attaccato il Campidoglio degli Stati Uniti il 6 gennaio.
Durante una trasmissione quel giorno, Voris ha definito gli insorti “patrioti americani” che erano “stanchi delle elezioni fraudolente” – un riferimento alle affermazioni ampiamente smentite di massicci brogli elettorali durante le elezioni del 2020.
Church Militant ha respinto le accuse e ha insistito sul fatto che la loro manifestazione fosse lecita, citando il loro diritto alla libertà di parola del Primo Emendamento. Un giudice federale si è pronunciato in loro favore il mese scorso, dando così il via libera alla protesta di domani.
“Siamo delusi dalla decisione della Corte e rimaniamo preoccupati per la potenziale minaccia alla sicurezza pubblica per la proprietà di Baltimora City rappresentata dalla manifestazione”, ha dichiarato in una nota Cal Harris, direttore delle comunicazioni del sindaco.
Un portavoce di Church Militant ha detto al Religion News Service che il raduno, ha lo scopo di “fornire un luogo e una voce per centinaia di migliaia di vittime degli abusi dei vescovi (fisici, finanziari, spirituali, liturgici).”
Secondo l’Associated Press, Yiannopoulos ha testimoniato di voler parlare all’evento perché è sopravvissuto ad abusi sessuali da parte di un prete e vuole incoraggiare gli altri a “affrontare i facilitatori e gli abusatori”. Sul fronte opposto, una coalizione di gruppi cattolici di orientamento liberale sta pianificando una protesta separata . Chiamando la loro manifestazione “Pane, non pietre”, gli organizzatori hanno in programma di pregare fuori dall’hotel per esprimere disapprovazione di quelli che descrivono come sforzi dei vescovi per politicizzare l’Eucaristia. Le organizzazioni che aiutano a radunare questa seconda protesta includono Catholics for Choice, Women’s Ordination Conference, DignityUSA.
(da agenzie)
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Novembre 14th, 2021 Riccardo Fucile
“ALTRO CHE AVVERTIRE PRIMA, PER LA SICUREZZA SUL LAVORO SERVONO BLITZ E AGENTI SOTTO COPERTURA”
L’effetto sorpresa è la regola aurea delle verifiche su regolarità del lavoro e sicurezza degli addetti. È grazie ai controlli non anticipati che l’Ispettorato nazionale anche l’anno scorso ha scoperto che sette aziende su dieci avevano addetti in nero o sfruttati, violavano le norme sugli orari, non erano in regola su prevenzione degli infortuni e fornitura di dispositivi di protezione.
Per questo nella sede dell’agenzia che in base al decreto fiscale coordinerà anche le attività di vigilanza delle Aslsono saltati sulla sedia quando hanno sentito l‘uscita di Renato Brunetta di fronte alla platea di Anitec-Assinform, a cui il ministro della pubblica amministrazione ha promesso che a valle del ddl delega sulla concorrenza “prima di ogni controllo ci sarà una telefonata finalizzata a programmarlo, a specificarne la natura, a individuarne i contenuti, i documenti necessari, i giorni in cui arriverà, le risorse di cui si avrà bisogno”.
I sindacati che rappresentano i lavoratori delle costruzioni, comparto che con la spinta dei bonus ha visto un’impennata di incidenti, non vogliono credere che l’intenzione sia davvero quella di preavvertire le imprese anche dei controlli sulla sicurezza. Perché vorrebbe dire avere la matematica certezza di mancare l’obiettivo di tutelare i lavoratori.
L’economista di Forza Italia, che dopo i “furbetti del cartellino” ha messo sotto tiro gli statali in telelavoro in nome dell’aumento del pil grazie alle pause pranzo, non ha chiarito a quali tipologie di controlli facesse riferimento.
Il ministero ha fatto sapere al fattoquotidiano.it che “i principi generali contenuti nella nella delega” – dalla semplificazione degli adempimenti al coordinamento e programmazione delle verifiche, previsti dalle indicazioni dell’Ocse in materia e dalle buone pratiche internazionali – “hanno la finalità di aumentare l’efficacia dei controlli routinari e non escludono assolutamente la possibilità di controlli non programmati tesi a contrastare l’illegalità, il lavoro nero e l’evasione fiscale”.
Nessuna spiegazione sulle parole del ministro, che sembrano far riferimento non alla “cornice” descritta dalla delega ma ai futuri decreti delegati con cui verrà tradotta in pratica.
Di sicuro c’è che in campo lavoristico l’avvertimento preventivo farebbe venire meno la ratio stessa degli interventi. Le fughe di notizie, spiegano gli addetti ai lavori, sono violazioni perseguibili penalmente. E l’ispettore che avverte l’ispezionato rischia il licenziamento.
Già la Convenzione sull’ispezione del lavoro dell’Organizzazione internazionale del Lavoro, datata 1947, diceva nero su bianco che gli addetti ai controlli possono “accedere liberamente senza preavviso, in ogni ora del giorno e della notte, in qualsiasi stabilimento”.
Nulla è cambiato su questo fronte con il decreto 124 del 2004 sulla riforma dei servizi ispettivi né con la direttiva Sacconi del 2008 (governo Berlusconi, alla pa ancora Brunetta), che puntava esplicitamente a un “costruttivo rapporto con gli operatori economici” e ad evitare “inutili intralci all’efficienza del sistema produttivo” attraverso una programmazione centralizzata delle ispezioni, ma sottolineava che se il datore di lavoro viene messo “in pre-allarme rispetto a una visita ispettiva” questa “non potrà mai avere la stessa efficacia”.
L’unica eccezione sono le mere verifiche documentali: per esempio quelle sulla fruizione della cig Covid oppure sul possesso di documenti che l’impresa ha dichiarato di avere prima di partecipare a una gara d’appalto.
Il segretario generale di Fillea Cgil Alessandro Genovesi, che sabato sarà in piazza con Feneal Uil e Filca Cisl per chiedere interventi più incisivi contro le morti bianche, si augura che il ministro si riferisse solo a casi di quel genere.
“Già oggi capita che segnaliamo irregolarità all’Ispettorato o alla Asl e, data la carenza di ispettori, il controllo arrivi quando il cantiere è ormai chiuso oppure dopo che la voce è arrivata all’azienda”, racconta. “Casualmente, in quei casi non si trova neanche un lavoratore in nero, i dpi sono stati distribuiti correttamente e i ponteggi sono stati rimbullonati”.
Altro che avvertire, insomma: “Oltre a rafforzare la capacità ispettiva dovremmo organizzare veri e propri blitz o prevedere, come in Francia e Germania, agenti sotto copertura anche per le violazioni lavoristiche: ispettori che si fingono operai per entrare nei cantieri”.
Un ispettore Inps che chiede di rimanere anonimo conferma che le fughe di notizie non sono rare, ma si tratta di una patologia del sistema: “A furia di razionalizzare usciamo sempre meno e controlliamo sempre meno, siamo sempre meno efficienti e meno efficaci. L’attività di vigilanza viene condivisa in commissioni e sub commissioni a carattere nazionale, regionale e sotto regionale, e così non è più un’azione efficace“, spiega. “Troppi ne sono a conoscenza e troppo lunghi sono i tempi. Viene minato l’effetto deterrente e la tempestività, altrettanto fondamentale”. Né, aggiunge, sono giustificate le parole di Brunetta sulle imprese “vessate dai controlli”: “In Inps con gli attuali ispettori (sotto i 1000) ci vorrebbero 26 anni per ispezionare tutte le aziende. E l’Inail nei primi 9 mesi del 2021 ne ha controllate meno di 6.923 su oltre 3,2 milioni assicurate. A fine anno sarà ispezionata un’azienda su 350. Come si può parlare di sovrapposizioni? Le ispezioni sono minime”.
(da Il Fatto Quotidiano)
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Novembre 14th, 2021 Riccardo Fucile
EMAIL DI AMICI CHE VOGLIONO LANCIARE UNA “NUOVA BESTIA” CONTRO GLI AVVERSARI POLITICI, SPONSORIZZAZIONI DEI POST
Lettere alla Casellati, email di amici che vogliono lanciare una nuova “bestia”
contro gli avversari politici, presunte sponsorizzazioni “fiume” su Facebook per piazzare i post.
Anche domenica i giornali si concentrano molto su Matteo Renzi.
A partire, come sempre, da Il Fatto Quotidiano, che a pagina 2 pubblica il testo di una lettera inviata dal senatore al presidente del Senato Elisabetta Casellati.
“I magistrati della Procura di Firenze depositando le conversazioni in cui era presente anche l’ex premier hanno violato le guarentigie costituzionali del parlamentare”. È con queste parole, scrive il Fatto, che il 7 ottobre scorso Renzi ha chiesto a Maria Elisabetta Alberti Casellati di “porre in essere tutte le azioni a tutela dei diritti del parlamentare”.
La presidente del Senato ha deferito la questione alla Giunta per le immunità del Senato “che proprio martedì entrerà nel vivo: dopo le 20 in Giunta, nonostante l’ora, è previsto il pienone perché si comincerà a discutere della richiesta inoltrata da Renzi a Casellati”, scrive il quotidiano. “Non si tratta di una utilizzazione parcellizzata e disconnessa dalla posizione dei parlamentari, ma di una utilizzazione che ha evidenti ed inequivocabili incidenze sulla loro posizione nell’ambito del procedimento penale e delle relative indagini”, scrive ancora Renzi nel messaggio inviato a Casellati, secondo quanto riporta il Fatto.
In attesa dell’appuntamento di martedì, il Corriere della Sera parla invece del caso della mail di Fabrizio Rondolino, allora consigliere dell’ex premier, poco dopo la sconfitta al referendum del 2016.
“Nella mail,il giornalista già portavoce di D’Alema e in quei mesi tra i consiglieri di Renzi, prospettava l’ipotesi di costituire una piccola e combattiva redazione dedita alla «character assassination», per colpire gli avversari”, scrive il Corriere della Sera. “Leader grillini soprattutto, ma anche il direttore del Fatto Quotidiano, Marco Travaglio. Il tutto su un sito costruito appositamente, con un server estero non sottoposto alla legislazione italiana e non riconducibile al Partito democratico o a Renzi. Meme, vignette, card per i social e una rete di fake perrilanciarle”.
“Macchina del fango alla renziana”: ecco i bersagli
Spiega ancora il Corriere, datando l’avvenuto il 7 gennaio 2017: “Sarebbe nato allora, con Renzi «agonizzante», un confronto su come risalire la china, fino a prospettare la costruzione di una macchina del fango, convinti di essere stati pagati in precedenza con la stessa moneta. Di qui la mail di Fabrizio Rondolino, inviata da un account criptato e intitolata «Tu scendi dalle stelle». Il sottotitolo era meno criptico: «Appunti sulla propaganda antigrillina». Due giornalisti d’inchiesta, un investigatore privato, il tutto per un costo medio-alto”.
Il Corriere della Sera fa anche i nomi di chi sarebbero dovuti essere i bersagli: “Con lo scopo di diffondere notizie, indiscrezioni, rivelazioni mirate a distruggere la reputazione e l’immagine pubblica degli avversari. Come bersaglio, indicati i nomi di Grillo, Di Maio, Di Battista, Fico, Taverna, Lombardi, Raggi, Appendino, Davide Casaleggio. Si proponevano messaggi ironici e strafottenti che ridicolizzino questa o quella proposta, dichiarazione, personaggio. Ma anche «inchieste giornalistiche documentate ovvero, secondo lo stile del Fatto, allusive e intrinsecamente diffamanti»”.
“La Bestia renziana si ispirava a Trump”
Su La Verità, invece, si sostiene che quella che viene definita “Bestia renziana” sui social si ispirasse a Trump. “Il gruppo di social media spendeva oltre duemila euro al giorno per la propaganda: a pagare era Open”. L’obiettivo era piazzare i post a un pubblico il più ampio possibile.
“Difendimi dai pm”: così Renzi chiede l’immunità alla Casellati
“Tutelami dai pm”. Martedì 1° round invoca “guarentigie parlamentari”, ma non è stato intercettato e all’epoca dei fatti non era un Senatore. La lettera del senatore. Primo round in Giunta. Martedì si discute la sua istanza alla presidente del Senato: “Guarentigie costituzionali violate”
L’articolo de Il Fatto Quotidiano
Ciò che è avvenuto per quanto riguarda le conversazioni di Matteo Renzi finite agli atti dell’inchiesta della Procura di Firenze non ha rappresentato “una utilizzazione parcellizzata e disconnessa dalla posizione dei parlamentari”, bensì una “utilizzazione che ha evidenti ed inequivocabili incidenze sulla loro posizione nell’ambito del procedimento penale”.
I magistrati della Procura di Firenze – che hanno iscritto il leader di Italia Viva con altri per concorso in finanziamento illecito – depositando le conversazioni in cui era presente anche l’ex premier hanno violato “le guarentigie costituzionali del parlamentare”. È con queste parole che il 7 ottobre scorso Renzi ha chiesto a Maria Elisabetta Alberti Casellati di “porre in essere tutte le azioni a tutela dei diritti del parlamentare”.
La presidente del Senato ha deferito la questione alla Giunta per le immunità del Senato che proprio martedì entrerà nel vivo: dopo le 20 in Giunta, nonostante l’ora, è previsto il pienone perché si comincerà a discutere della richiesta inoltrata da Renzi a Casellati. Della lettera del 7 ottobre i legali, dell’ex premier hanno informato anche la Procura di Firenze.
Già nelle scorse settimane il Fatto ha raccontato delle lettere di Renzi e di come il caso in Giunta sia stato affidato alla senatrice di Forza Italia Fiammetta Modena.
Ma cosa c’è scritto di preciso nella missiva spedita a Casellati?
Alla “Eccellentissima sig.ra Presidente” il senatore ha rappresentato anche quanto avvenuto il 4 ottobre, quando la Procura di Firenze ha dichiarato il non luogo a provvedere rispetto all’istanza dei legali di Renzi che qualche giorno prima avevano avanzato “formale intimazione al Procuratore Aggiunto, dott. Luca Turco di astenersi dallo svolgimento di qualsivoglia attività investigativa preclusa in base all’articolo 68 della Costituzione (sulle guarentigie dei parlamentari, ndr)” e dall’utilizzo di “conversazioni e corrispondenza casualmente captate (…) senza la previa autorizzazione della Camera di appartenenza”.
La richiesta è stata respinta sulla base della circostanza che l’utilizzazione dei dati processuali in questione è stata operata non già nei confronti di Renzi, ma di un altro indagato che non essendo parlamentare non poteva invocare quelle garanzie riconosciute agli eletti.
Di qui la lettera di doglianze di Renzi alla Casellati: “La lapidaria affermazione dei pm non è in alcun modo condivisibile e viola le guarentigie costituzionali del parlamentare, dal momento che volutamente trascura una circostanza di centrale rilievo. Le conversazioni oggetto dell’istanza sono, infatti, avvenute tra parlamentari e non, e sono state utilizzate dalla Procura per sostenere la propria tesi accusatoria senza la previa autorizzazione delle Camere di appartenenza”.
“Non si tratta – continua Renzi – di una utilizzazione parcellizzata e disconnessa dalla posizione dei parlamentari, ma di una utilizzazione che ha evidenti ed inequivocabili incidenze sulla loro posizione nell’ambito del procedimento penale e delle relative indagini”.
Renzi aveva già scritto alla Casellati a dicembre 2020 allegando una comunicazione con cui chiedeva conto al Procuratore aggiunto di Firenze di quanto avevano riferito i quotidiani a proposito dell’avvenuta esecuzione di intercettazioni e/o comunque captazioni di conversazioni o comunicazioni o corrispondenza dello stesso senatore e/o di altri parlamentari coindagati, nonché l’inserimento nelle chiavi di ricerca di telefoni e pc sequestrati dei nomi di parlamentari.
Una comunicazione, inoltrata per conoscenza alla Casellati, in cui Renzi auspicava una smentita da parte del Procuratore aggiunto, ritenendo che, in caso contrario, sarebbe stato “evidente il tentativo di intercettare, captare e acquisire, senza la necessaria preventiva autorizzazione, conversazioni o comunicazioni o corrispondenza del parlamentare”. Poi con la lettera del 7 ottobre Renzi punta a ottenere a una pronuncia da parte del Senato. Da martedì, la Giunta per le immunità potrà riservare tante sorprese.
(da affaritaliani.it)
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Novembre 14th, 2021 Riccardo Fucile
“STOP IMMEDIATO AI SANITARI NO VAX”
«Va chiarito agli italiani che, a 180 giorni dalla seconda dose, sei sì protetto dalle conseguenze gravi della malattia ma molto meno dall’infezione», ha detto Ricciardi, consulente del ministero della Salute
«Con la variante Delta questa pandemia è cambiata, una persona infetta ne contagia in media altre sette. Per fermarla bisogna raggiungere la vaccinazione della quasi totalità della popolazione. I casi continueranno ad aumentare».
L’avvertimento arriva da Walter Ricciardi, consulente del ministero della Salute, in un’intervista a Il Messaggero.
Il nostro Paese – ed è questa la buona notizia – comunque non ricorrerà a misure di contenimento della pandemia estreme: «Non ci sarà il lockdown», assicura. Merito, continua lui, del Green pass e del meccanismo dei colori delle regioni. Ma per evitare il peggio sarà necessario sottoporsi il prima possibile alla terza dose e cambiare l’uso della certificazione verde anti-Covid, rafforzandola.
Si parte proprio dal Green pass. Si va verso una certificazione che sia legata al vaccino (o alla guarigione dal virus) e non più al tampone. Ricciardi definisce «una buona idea» quella di consentire ai lettori ottici, quando viene mostrato il Green pass, di rispondere col colore giallo.
Una sorta di ammonizione per ricordare ai cittadini che dovranno sottoporsi alla terza dose dopo sei mesi dalla seconda. Se ci si sottrae alla terza inoculazione del vaccino, «allora va valutata l’ipotesi di sospendere la validità stessa del Green pass».
La terza dose al momento è necessaria, secondo Ricciardi, solo per operatori sanitari, anziani e per tutti coloro che «lavorano a contatto con i fragili» come gli insegnanti visto che i bambini non possono essere vaccinati. Sul tavolo anche l’ipotesi di un super Green pass solo per andare al ristorante e allo stadio (dunque una certificazione legata alla vaccinazione o alla guarigione) mantenendo, però, l’attuale sistema di Green pass coi tamponi per il lavoro. Un «compromesso intelligente», lo definisce Ricciardi.
Ma con la quarta ondata quello che più preoccupa è da una parte il possibile scetticismo degli italiani verso una terza dose di vaccino, dall’altra i medici No vax che, pur essendo pochi, «possono causare danni enormi perché dispongono di un’ampia capacità di influenzare i pazienti, loro assistiti».
Per fermarli bisogna «rendere le procedure più snelle». Insomma, bisogna sospenderli senza perdere troppo tempo. Un medico, prima di essere sospeso, spiega Ricciardi, deve passare diverse fasi: dalla verifica alla sospensione fino al ricorso presentato dallo stesso dottore che nel frattempo continua a lavorare e, dunque, «a fare danni». Per questo motivo, oggi più che mai, sarebbe necessario verificare, studio medico per studio medico, se ci sono molti non vaccinati tra gli assistiti. L’obiettivo resta quello di correre subito ai ripari. «Va chiarito agli italiani che, a 180 giorni dalla seconda dose, sei sì protetto dalle conseguenze gravi della malattia ma molto meno dall’infezione, questo ormai è assodato», ha concluso Ricciardi.
(da agenzie)
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Novembre 14th, 2021 Riccardo Fucile
A CHI NON E’ VACCINATO SARANNO VIETATI GLI SPOSTAMENTI SE NON PER NECESSITA’
Nessun ripensamento da parte del governo austriaco sul lockdown per i non
vaccinati. Anzi mai come ora, il provvedimento sembra essere inevitabile secondo il cancelliere Alexander Shallenberg, che in conferenza stampa ha annunciato la stretta in vigore da domani 15 novembre: «Dobbiamo aumentare il tasso di vaccinazione. È vergognosamente basso».
Come riporta il Guardian, l’Austria registra uno dei tassi di vaccinazione anti Covid più bassi dell’Europa occidentale. Finora infatti, solo il 65 per cento della popolazione ha completato il ciclo di due dosi: «La situazione è grave – ha tuonato il cancelliere – non facciamo questo passo a cuor leggere, ma purtroppo è necessario». Il provvedimento del governo austriaco prevede che chi ha più di 12 anni potrà uscire di casa solo per andare al lavoro, fare la spesa o una passeggiata. Il lockdown durerà dieci giorni, salvo proroghe. Già dallo scorso lunedì, in Austria è scattata la regola del cosiddetto 2G: i turisti che vogliono partecipare a eventi sportivi e manifestazioni dovranno avere un Green pass per vaccino o perché guariti da Covid. Restrizione già in vigore in precedenza in Austria, quindi con il divieto di ingresso in ristoranti, strutture ricettive, locali e negozi per la cura della persona senza essere vaccinati.
(da agenzie)
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Novembre 14th, 2021 Riccardo Fucile
LA RABBIA DEGLI OPERATORI SANITARI: “NOI BARDATI E IN EMERGENZA E ALCUNI NO VAX PURE STRAFOTTENTI”
La rabbia e la stanchezza sta tornando a prendere il sopravvento sugli operatori sanitari alle prese con i reparti di malattie infettive e le terapie infettive sempre più pieni.
Lo sconforto dei medici è legato a quello dei pazienti in cura per altre malattie, che non trovano posto in ospedale perché i posti letto sono tornati a riempirsi di malati di Covid-19, per lo più No vax.
Come il caso emerso a Genova all’ospedale Galliera, dove un malato oncologico a rischio sepsi è stato costretto alle cure domiciliari, mentre normalmente: «vengono seguiti all’interno di Malattie infettive o altri reparti – spiega a La Stampa il direttore sanitario dell’ospedale genovese, Francesco Canale – in stanze dedicate che ora sono occupate».
Sul caso si era sfogato il medico che segue il paziente, il dottor Andrea De Censi, che durante un incontro pubblico a Milano aveva denunciato che il 60 per cento dei posti letto in malattie infettive è occupato dai No vax.
Dato amaramente confermato da Canale, secondo il quale più della metà dei posti a disposizione per situazioni di media intensità è occupato da chi finora ha rifiutato il vaccino, mentre in rianimazione non ci sono più posti liberi: «E i No vax ricoverati ultimamente sono talvolta arroganti e negazionisti. Non dico tutti, talvolta è così». Rispetto ai ricoveri del passato, ora sono allettate persone più giovani, che vanno dai 45 ai 60 anni. Una situazione che rende ancora più pesante il lavoro quotidiano, dopo due anni di pandemia: «Dagli operatori No vax al Green pass – commenta Canale – al dover vivere la vita di tutti i giorni sempre bardati e sul chi va là. E fa poi rabbia l’ignoranza e la scarsa sensibilità di chi non si rende conto di come sono costretti a lavorare i professionisti in ospedale».
(da agenzie)
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Novembre 14th, 2021 Riccardo Fucile
IL DIRETTORE DEL REPARTO DEL GALLIERA DENUNCIA LA SITUAZIONE INSOSTENIBILE… MA SE HANNO UNA SEMPLICE INFLUENZA, MANDATELI A CASA E LASCINO IL POSTO A CHI E’ MALATO SERIAMENTE
Venerdì scorso, 12 novembre, parlando durante un evento organizzato a Milano
da Airc a Focus Live, il festival del sapere di Focus, il direttore di struttura complessa Oncologia medica dell’Ospedale Galliera di Genova, Andrea De Censi, lanciava un allarme: “Oggi (venerdì, ndr) ho passato una giornata alla ricerca di un posto letto per un paziente in chemioterapia, con febbre a 39 e pochissimi globuli bianchi, quindi con un’infezione con rischio di sepsi grave. E non ho potuto ricoverarlo perché nel reparto di malattie infettive c’è un’occupazione molto elevata da parte di pazienti no vax con il Covid. Siamo di fronte a un’altra ondata e nel mio ospedale il 60% almeno dei pazienti ricoverati con il Covid sono no vax e sono i più gravi”.
L’edizione odierna de La Stampa riporta questa mattina un’intervista a Francesco Canale, direttore sanitario del Galliera: “È chiaro che, normalmente, questi pazienti vengono seguiti all’interno di Malattie infettive o di altri reparti, in stanze dedicate che ora sono occupate” spiega. “Sarebbe stato più comodo e più tranquillo per tutti – aggiunge – ma, al momento, il paziente non corre rischi aggiuntivi nell’effettuare la terapia a domicilio”.
Canale ha poi confermato i dati sbandierati con frustrazione da De Censi: “I No Vax oggi ricoverati al Galliera sono il 50- 60 per cento dei ricoverati in media intensità di cure e il 100 per cento di quelli in rianimazione. E i No Vax ricoverati ultimamente sono talvolta arroganti e negazionisti. Non dico tutti, talvolta è così”.
In Liguria l’incidenza è salita a 78,8 casi ogni 100mila abitanti, dato che però non preoccupa Canale: “Certo, va tenuto osservazione, ma per evitare la quarta ondata bisogna richiamare rapidamente per la terza dose tutte le categorie a rischio, a partire dalle residenze sanitarie assistite. E vanno stimolati alla vaccinazione i 40–50enni che ancora non hanno fatto il vaccino”.
(da agenzie)
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Novembre 14th, 2021 Riccardo Fucile
LE INDAGINI DELLA MAGISTRATURA
I due cronisti di “Repubblica” Giuliano Foschini e Fabio Tonacci da mesi sono entrati in alcune chat Telegram con presenti i dirigenti di Forza Nuova provando a carpire come i vari Fiore, Castellino & Co. reclutassero gli attivisti: il risultato è una maxi inchiesta lanciata da “Rep” mettendo assieme testimonianze, ipotesi e documenti studiati da Digos e Dia dopo i fatti del 9 ottobre scorso (l’assalto alla sede Cgil di Roma durante le manifestazioni No Green Pass).
Forza Nuova avrebbe messo in pratica un piano eversivo dall’inizio della pandemia coinvolgendo “forzanovisti”, gruppi dell’estrema destra, No Vax e piazze No Pass. Addirittura nella chat “Movimento Umanità Libera” si sarebbero date informazioni per produrre “fai-da-te” di una pistola con stampante 3D.
Il “piano” secondo “Rep” durerebbe da almeno un anno e mezzo e vedrebbe i due leader oggi arrestati Fiore e Castellino in primissimo piano: i due avrebbero capito prima di altri, accusano in casa Largo Fochetti, «che le misure di contenimento della pandemia avrebbero generato un movimento scomposto ed eterogeneo di delusi – e di un metodo, che pare mutuato da quello delle cellule terroristiche nere del passato, non certo sconosciute ai vertici di Forza Nuova: nascondersi dietro sigle apparentemente apolitiche, infiltrare i gruppi, fomentarli, scovarne al loro interno gli elementi più agitati, i più estremisti, disposti allo scontro di piazza».
Secondo una fonte anonima dell’estremismo di destra, contattata da “Repubblica”, «Fin dall’inizio si materializza in Castellino e Fiore l’idea di sovvertire l’ordine democratico fomentando gli insoddisfatti, facendo proseliti, acquisendo il consenso necessario per orientare le scelte delle forze politiche nazionali».
Altro passaggio fondamentale è la provocatoria presentazione il 10 ottobre 2020 del “Governo di Liberazione Nazionale” fatto dai leader di Forza Nuova: «La Camera e il Senato vanno sciolti va cancellato il Csm e bisogna togliere il potere ai pm e alle organizzazioni politiche. Dobbiamo guidare il popolo verso la liberazione», proclamavano in piazza davanti a pochi sparuti gruppi a sostegno. Il “piano” forzanovista però prosegue, secondo le indagini compiute finora, fino a compattarsi a poco a poco con le piazze No Vax e No Pass: «Il 14 dicembre Fiore dichiara che Forza Nuova non esiste più e confluisce nella sigla “Italia Libera“, dove gravitano no mask, gilet arancioni, arrabbiati senza causa. Le bandiere spariscono dai sit-in, ma sono sempre loro, i leader di Forza Nuova, a soffiare sulla protesta».
Si spinge sul malcontento della gente per vaccini, chiusure del Governo e introduzione del Green Pass obbligatorio: nelle chat sempre più numerose si lanciano messaggi del tipo, «Ora decidete da che parte stare, se imbracciare le armi o continuare a fare le pecore. Entrate in possesso di armi idonee, poi si attuerà la grande pulizia» (fonte sempre “Repubblica”, ndr).
Finché si arriva anche a informare su come produrre un’arma con una semplice stampante 3D: il 24 gennaio scorso si legge nelle chat di Telegram «La guerra si fa con le armi in pugno. Coloro non disponibili a imbracciare le armi possono andare a fare salotto da un’altra parte». Boutade? Esagerazione? Emergenza neo-fascismo? No Pass pericolosi?
Starà alle indagini delle autorità stabilirlo a questo punto.
(da il Sussidiario)
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Novembre 14th, 2021 Riccardo Fucile
SONO IN MOLTI A VALUTARE QUANDO ABBANDONARE LA NAVE PRIMA CHE AFFONDI DEL TUTTO
Sarà come sempre il senatore di Scandicci ad aprire venerdì sera la kermesse
della Leopolda, giunta all’undicesima edizione. Nel vecchio scalo fiorentino, scelto negli anni d’oro del renzismo per raccontare l’epopea del golden boy capace di trasformare in oro qualunque cosa tocchi, potrebbe stavolta celebrarsi il suo ultimo atto.
Quello di un leader in grande difficoltà, alla guida di un partito inchiodato al 2% nei sondaggi, assediato dalle inchieste giudiziarie, inseguito dall’accusa poco nobile di farsi finanziare dai peggiori dittatori del pianeta.
Un declino che già da mesi tormenta gli eletti di Italia Viva: imprigionati in un misto di angoscia per il futuro e di disillusione politica, che il fascicolo Open ha fatto deflagrare. Gonfiando d’inquietudine la pattuglia dei fuoriusciti dem: ora almeno in parte tentati di abbandonare la nave prima che affondi del tutto. Magari virando bruscamente a destra, come il patto con Micciché in Sicilia e il dialogo sempre più fitto con Salvini farebbero presagire.
Secondo i boatos che si rincorrono in Transatlantico, sarebbero una decina (su 43) i parlamentari pronti a lasciare Renzi in caso di accordo con la Lega. Lo spartiacque sarebbe proprio la Leopolda: l’evento dopo il quale avviare la manovra di sganciamento. Da giustificare con la mancata condivisione della “nuova” linea imposta dal capo. E formalizzare alla vigilia della partita sul Quirinale, dove anche pochi voti possono fare la differenza.
È allora che i malpancisti dovrebbero consumare lo strappo. Rispettando precise regole d’ingaggio che prevedono di non parlarne, e anzi di smentire ogni indiscrezione, finché la mini-scissione non sarà compiuta.
Non a caso Gennaro Migliore, l’ex esponente di Rifondazione segnalato fra le menti della fronda, prova a glissare: “Il 90% di Iv è di centrosinistra, incluso Renzi. Nessuno di noi, incluso Renzi, passerà mai a destra. Lo dimostrano le ultime amministrative, che ci hanno visti alleati praticamente ovunque”. E allora il gruppo unico Iv-Fi varato all’Assemblea regionale siciliana in vista delle comunali di Palermo, dove si faranno liste alternative a quelle del Pd? “Per me, e non solo per me, si tratta di un’eccezione, che comunque io non approvo e che non voglio neppure immaginare possa diventare una strategia nazionale”, taglia corto il deputato napoletano.
Più esplicito il senatore umbro Leonardo Grimani, ex Pd poi trasmigrato: “Il richiamo a elezioni anticipate non può essere strumentale a un possibile avvicinamento alla destra, che a me non piace e nessuno ha deciso. La nostra linea è sempre stata un’altra: creare un’area di centro che si rifà al riformismo e al cattolicesimo democratico. È vero che il centrosinistra non ha i numeri per eleggere da solo il capo dello Stato, ma non possiamo nemmeno andare al traino del centrodestra. Se il partito scegliesse di fare un accordo con Salvini, magari per votare Berlusconi, io prenderei le distanze”.
Sanno bene, i renziani a disagio, che in questa fase bisogna muoversi a fari spenti. Che l’operazione, ad alto rischio fallimento, è complicata dall’assenza di un porto sicuro cui attraccare.
Gli abboccamenti con il Pd sono andati male: gli ultimi due italovivi che sono riusciti a tornare indietro – il deputato Vito De Filippo e il senatore Eugenio Comincini – hanno avuto la prontezza d’infilarsi nell’unica finestra lasciata aperta durante la crisi del Conte II, quando si cercava disperatamente il Ter.
Con l’avvento di Draghi quella finestra si è chiusa e, complice il taglio dei parlamentari, nessuno ha voglia di riaprirla. Stessa strategia di Calenda, presso cui in diversi sono andati a bussare. E se alcuni, con un solido patrimonio di consensi o di reddito, sono già più fuori che dentro – vedi Giacomo Portas, che alle comunali di Torino s’è permesso il lusso di escludere Iv dalla lista dei moderati a sostegno di Stefano Lo Russo – altri ci starebbero pensando.
A palazzo Madama, oltre a Grimani, anche Mauro Marino è dato in fase di riflessione. Mentre a Montecitorio sono in sofferenza Camillo D’Alessandro, Gianfranco Librandi, Massimo Ungaro (che, eletto all’estero, non avrebbe nessuna possibilità di essere riconfermato), Maria Chiara Gadda e l’ex grillino Catello Vitiello. Tutti consapevoli che, con chiunque Italia viva deciderà d’allearsi, i pochi seggi sicuri sarebbero tutti appaltati ai fedelissimi: oltre a Renzi, potrebbero tornare in Parlamento giusto Boschi, Bonifazi e Rosato, forse Faraone e Nobili. Perfino Marattin e la Bellanova sarebbero a rischio.
Avranno il coraggio di fare il grande passo? È questo il dilemma, adesso. Di sicuro, la prospettiva di confluire nel magma indistinto del gruppo Misto è tutt’altro che allettante. Ma potrebbe rappresentare l’ultima chance per sfuggire alla dissoluzione renziana. Regalando infine una sola certezza: se la fronda avrà successo, per il senatore di Rignano sarebbe un bruttissimo colpo, tale da rimpicciolire assai l’ambizione di giocare da protagonista il big match del Colle.
(da La Repubblica)
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