Novembre 17th, 2021 Riccardo Fucile
MAGGIONI AL TG1, SANGIULIANO AL TG2, SALA AL TG3… CAMBIANO LE STAGIONI MA IL PRODOTTO NON CAMBIA
L’ex presidente Monica Maggioni alla direzione del Tg1, Simona Sala al Tg3, Gennaro Sangiuliano blindato al Tg2, Paolo Petrecca in quota FdI a RaiNews, e tutti i partiti in attesa che si riempiano le caselle finali delle 9 “super-direzioni” con pingui poteri di budget. In Rai cambiano le stagioni, ma il distillato sapiente del manuale Cencelli – si lamenta l’Usigrai, il sindacato interno – non tramonta mai. Trovato in extremis l’accordo complessivo che sblocca le nomine Rai in vista del cda di domani che dovrà ratificarle, ma che mal digerisce il metodo dei nomi usciti all’ultimo minuto.
Con i partiti più o meno contenti, ma ancora pazienti in vista della partita delle “direzioni di genere” (dove gireranno i soldi per i programmi). E il “dirigismo” rimproverato all’a.d. Fuortes per conto di Palazzo Chigi che si scontra con il sempiterno “partitone di viale Mazzini” e con le altrettanto longeve logiche della tv di Stato. Prima subendo il veto sugli esterni e poi distribuendo incarichi con il bilancino politico. Draghi però (insieme a Letta) mette nel carniere lo spazio in primo piano a tre donne: con Maggioni e Sala, viene promossa direttrice di RaiSport Sandra De Stefano.
Il borsino degli vincenti e degli sconfitti segnala che è andata bene al Pd: Andrea Vianello trasloca da RaiNews al Giornale Radio (più Radio1), da cui a sua volta Sala (gradita ai dem, apprezzata e promossa dai Cinquestelle, sintesi dello spirito giallorosso) sale sulla tolda del Tg3. Mentre Mario Orfeo passa da lì alla nuova (e ambitissima) direzione Intrattenimento, ovvero il coordinamento dei talk: una delle 9 “direzioni di genere” volute dal piano industriale di Salini, decise forse già entro fine novembre.
Attraversa gli scogli indenne la Lega, forte del patto di maggioranza che la stringe al governo. Salvini mantiene la direzione del Tg2 per Sangiuliano e lo blinda resistendo alle “pretese” di Giorgia Meloni per quella poltrona. Ma tiene anche Alessandro Casarin al TgR, la testata che coordina i notiziari regionali, preziosissima per le iniziative sul territorio care al partito del Capitano. In più, la speranza è ottenere una delle “superdirezioni” per Marcello Ciannamea.
FdI ottiene il vertice di RaiNews, ovvero la “stanza dei bottoni” da cui si diffondono le all news, proprio mentre Mediaset ha annunciato il ridisegno degli assetti dei suoi notiziari potenziando TgCom. Non è poco: una postazione strategica, destinata ad acquistare peso. Anche se Meloni avrebbe preferito la radio per Nicola Rao, su cui però non si è coagulato il consenso necessario, e ha dovuto ripiegare sulla promozione del vicedirettore di RaiNews Paolo Petrecca. Inoltre, il partito ha appena perso la strategica direzione Asset Immobiliari e Sedi Locali, con la messa “a disposizione” di Alessandro Zucca. Ed è ancora fresco lo sgarbo subìto (da Lega e Fi) con l’estromissione di Giampaolo Rossi dal cda. Tuttavia, Meloni non si scompone. Confidando, si racconta nei corridoi della tv di Stato, anche in una delle “direzioni di genere” a titolo di riparazione per l’unica forza di opposizione.
Chi viene catalogato come principale sconfitto è Giuseppe Conte, che si è opposto fino all’ultimo all’arrivo di Monica Maggioni al Tg ammiraglio, tentando di “salvare” Giuseppe Carboni, senza capire che in troppi gli avevano già voltato le spalle. Si è scontrato così non solo con i desiderata di Palazzo Chigi, ma anche con il sostanziale via libera all’ex presidente di viale Mazzini recapitato da Luigi Di Maio.
E, a cose fatte, il capo M5s attacca Rai e governo: “Noi fuori da nomine, ci chiediamo che ruolo ha giocato il governo. M5s non andrà più nei canali del servizio pubblico”. L’assenza di un’intesa, fuori e dentro un partito a due voci, fa sì che Carboni sia ancora in cerca di ricollocazione. Come Auro Bulbarelli, ex direttore di RaiSport appena sostituito dalla De Stefano. Domani il cda dovrà mettere il sigillo alle proposte dell’”uomo Fuortes”, come lo hanno ribattezzato nei corridoi aziendali, e lo farà in trasferta da Napoli. Dove il centro di produzione è agitato per timore di ridimensionamenti e dove da un quarto di secolo si gira la fortunata soap “Un posto al sole”. Quello che i partiti, alla fine, trovano sempre.
(da Huffingtonpost)
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Novembre 17th, 2021 Riccardo Fucile
FDI NON ANDRA’ ALLA RIUNIONE DI VARSAVIA, SALTA IL NUOVO GRUPPO SOVRANISTA CON ORBAN, POLONIA E LEGA
Nessun nuovo gruppo che metta insieme tutti i sovranisti d’Europa. Giorgia Meloni
non accoglie nemmeno l’appello di Marine Le Pen, che oggi in un’intervista al Corriere della Sera la invitava ad abbandonare le reticenze e acconsentire alla richiesta di formare una nuova famiglia europea di nazionalisti oltre il suo gruppo dei Conservatori e Riformisti europei (Ecr), insieme a Matteo Salvini, Viktor Orban, gli stessi lepenisti del Rassemblement National e i polacchi di Diritto e Giustizia (Pis). Oggi stesso, apprende Huffpost, Meloni ha comunicato al leader nazionalista polacco Jaroslaw Kaczynski che Fratelli d’Italia non sarà presente all’iniziativa del 3 e 4 dicembre a Varsavia dove per l’appunto gli altri sovranisti vorrebbero annunciare la nascita del nuovo gruppo europeo.
“Ribadiamo quanto deciso la settimana scorsa dalla riunione del gruppo e dall’ufficio di Presidenza del gruppo Ecr”, dice Raffaele Fitto, co-presidente del gruppo di Ecr al Parlamento Europeo. “Confermiamo la volontà di mantenere unito e rafforzare il gruppo Ecr nella seconda metà del mandato, un nuovo gruppo europeo non è all’ordine del giorno – precisa l’europarlamentare – Siamo convinti, infatti, della necessità di lavorare per rafforzare il consenso sui temi che caratterizzano la nostra azione parlamentare e per i quali crediamo ci sia bisogno di un vero cambiamento in Europa e per questo continueremo a dialogare con quelle delegazioni che al Parlamento europeo condividono le nostre idee e i nostri valori. Continueremo a essere la voce conservatrice dell’Europa, anche grazie all’autorevolezza di Giorgia Meloni come presidente dell’Ecr Party”.
Il 10 novembre scorso, in seguito alla riunione degli eurodeputati di Ecr, Fitto e l’altro co-presidente del gruppo, il polacco Ryszard Legutko del Pis, hanno diffuso una nota congiunta in cui ribadivano la volontà di non sciogliere i Conservatori e Riformisti in altre formazioni. Invece, insistevano, “inizieremo a lavorare per l’espansione del gruppo Ecr, aprendo un dialogo con delegazioni nazionali a noi affini a partire dalla delegazione Fidesz al Parlamento europeo. L’Ecr è qui per restare”.
Insomma, la risposta è sempre la stessa: se gli ungheresi orbaniani vogliono entrare in un gruppo politico, dopo l’addio al Ppe dell’inverno scorso, possono entrare in Ecr. No, invece, alla formazione di una nuova famiglia politica, ipotesi sulla quale insistono da tempo sia Orban che Salvini, che avrebbero in qualche modo convinto anche il premier polacco Mateusz Morawiecki. Ultimo, oggi, l’appello di Le Pen. Meloni resta contraria.
La conseguenza, almeno per ora, è che agli inizi di dicembre a Varsavia non nascerà alcun nuovo gruppo. Fratelli d’Italia non ci sta.
Significa che gli eletti di Fidesz potrebbero restare senza famiglia politica, con meno ‘armi’ per trattare sul rinnovo della presidenza dell’Europarlamento e delle Commissioni a fine anno per le scadenze di metà mandato.
E anche Salvini, in posizione scomoda nel gruppo di Identità e Democrazia da quando appoggia il governo Draghi, potrebbe essere destinato a lasciare i suoi eletti in questa collocazione politica.
Il leader leghista non riuscì a mettere insieme tutti i nazionalisti in un unico gruppo dopo le europee del 2019, per via delle ostilità dei polacchi contro la Lega stessa e la Le Pen, a causa dei loro legami con la Russia di Putin. Ma anche adesso che sembra sia crollato il ‘muro di Varsavia’, la nuova formazione non sembra destinata a nascere: c’è il veto di Meloni
(da Huffingtonpost)
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Novembre 17th, 2021 Riccardo Fucile
“I BIELORUSSI LI SPINGONO A ENTRARE, I POLACCHI LI RESPINGONO, CON UNA TEMPERATURA DI -3 GRADI USARE GLI IDRANTI VUOL DIRE UCCIDERLI”
“Ieri sono stato ad un funerale di un ragazzo di 19 anni che è morto in questo maledetto gioco”. C’era anche lui tra le migliaia di migranti stipati al confine tra Bielorussia e Polonia, racconta Alessandro Penso, fotoreporter di fama internazionale che ha vinto Il World Press Photo nel 2014 proprio raccontando i migranti.
Anche il giovane era davanti al filo spinato che lo divideva dall’Unione Europea, immagine simbolo che compare in ogni fotografia riguardante quelle aree. Penso ha potuto vedere queste persone dal vivo, “nella loro sofferenza per il freddo, per la fame, per la morte dei familiari, per essere stati privati di ogni bene e illusi di poter entrare nell’Ue”.
“Non è facile vedere e raccontare che cosa sta accadendo dal punto di vista umanitario, quali azioni gli agenti polacchi e bielorussi compiono nei confronti dei migranti. La Polonia ha creato una zona rossa, e non fa entrare nessuno non solo in quest’area cuscinetto, ma anche nei villaggi limitrofi. La pena è l’arresto e multe fino a 1500 euro. Io stesso sono stato bloccato e non ho potuto scattare molte foto” spiega Penso. L’unico modo per incontrare i migranti è accompagnare le persone del posto, dei villaggi circostanti, che da mesi ormai offrono un servizio di volontariato nei confronti dei migranti. “Sono riusciti a creare un servizio di call center. Hanno preso alcuni numeri di cellulare dei migranti e quando qualcuno di loro è in difficoltà, perché si ammala, si fa male o viene picchiato, può mandare un messaggio all’help center. A quel punto viene geolocalizzato e il servizio invia in soccorso i volontari più vicini”.
Grazie ai volontari il fotoreporter ha conosciuto maggiori dettagli su quello che è stato il viaggio di queste persone, per arrivare ai confini con l’Ue.
Penso racconta che i migranti, provenienti da Kurdistan, Yemen, Iraq, Iran, Siria, Afghanistan, ma anche Libia, e persino Dubai, hanno pagato fior di quattrini per riuscire ad approdare fino alla Bielorussia.
“Le persone con cui ho parlato mi hanno detto che hanno pagato tra i 2500 e i 2800 euro per i voli e i visti e per arrivare al confine con la Polonia. Per poi essere spinti in maniera brutale ad attraversarlo, mettendosi in pericolo” commenta il fotoreporter.
Sì perché la maggior parte delle persone che Penso ha incontrato hanno riferito di essere spaventate dalla polizia bielorussa, che “li forza a continuare a spingere verso il confine, ad andare avanti”. E li illude di poter entrare facilmente in Germania.
“Un migrante ad esempio mi ha riferito che gli hanno detto di andare alla dogana dove ci sarebbero gli autobus che lo portano direttamente a Berlino” aggiunge Penso. Alcuni migranti hanno raccontato che gli viene tolto anche il passaporto. “La maggior parte delle persone vuole andare in Germania perché là hanno parenti e amici”. Il fotografo sottolinea però che le notizie che arrivano dai migranti continuano ad essere tante e contrastanti, appunto perché “la polizia polacca non vuole far accedere i media all’area”.
“Ora, dalle ultime notizie che i migranti sono stati trasportati in un capannone, anche perché non è possibile stare intere notti lì fuori”. Fuori, ieri notte, la temperatura ha toccato i -3 gradi. Eppure gli agenti polacchi hanno cercato di disperdere i migranti con degli idranti d’acqua. ”È stata una decisione molto dura. Se sei completamente bagnato, in un posto in cui la sera si va anche sotto lo zero, sei morto” commenta Penso. Le autorità polacche hanno usato gas lacrimogeni e cannoni ad acqua per fermare i migranti che tentavano di entrare nel Paese e lanciavano pietre contro le guardie di frontiera. Un atto difeso dallo stesso ministro della Difesa polacco, Mariusz Błaszczak, che su Twitter ha ringraziato i militari, sostenendo come la loro risposta abbia “messo al sicuro il Paese”. Varsavia accusa Minsk di fornire granate fumogene ai migranti che cercano di attraversare il confine con l’Unione europea, rappresentata dalla Polonia.
“Non ne abbiamo intenzione ma, se necessario, saremo pronti a utilizzare le armi” ha dichiarato in conferenza stampa la portavoce delle guardie di frontiera polacche, Anna Michalska, secondo cui tra i gruppi di migranti ci sarebbero anche ufficiali bielorussi in abiti civili, fra i principali responsabili nel coordinamento dell’attacco di ieri.
Di parere opposto il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov, per il quale l’esercito polacco, usando gas lacrimogeni e cannoni ad acqua contro i migranti, “ha violato le norme del diritto umanitario internazionale”.
Respinti da ogni dove, nessuno, se non i cittadini del posto e le Ong che riescono ad operare, aiutano queste persone. Il fotografo racconta che addirittura “alcune auto con a bordo dottori che prestavano soccorso al confine sono state distrutte”.
Chi invece si adopera per portare aiuti concreti a queste persone è la Caritas, che, racconta Penso, “nei paesi locali fa un grandissimo lavoro”. Spronati ancora di più dalle parole di Papa Francesco – che ha detto che la costruzione di muri anti-migranti è un ritorno al passato – ogni domenica fanno donazioni e cercano di aiutare le Ong, anche quelle non cattoliche.
“E poi ci sono i movimenti antisovranisti e antipopulisti, più consapevoli della situazione generale. All’inizio cercavano di essere presenti per provare a mandare le persone in Polonia. Monitoravano i migranti e chiedevano che fosse rispettato il loro diritto all’asilo politico. E questo ha permesso a volte di evitare dei respingimenti” aggiunge Penso.
Verso la fine del racconto torna a parlare di gioco, Penso. Di “gioco di propaganda, in cui chi ci rimette sono solo le piccole persone”. “I bambini, tanti bambini, tantissimi. Le donne incinte, le persone con disabilità. Al di là delle sanzioni, chi risarcirà queste persone? Dei soldi rubati, dei familiari morti, delle false promesse, di ciò che hanno passato? Anche una volta tornati nei loro Paesi come potranno vivere senza avere più i loro risparmi? – si chiede il fotoreporter – Stando là ho avuto come l’impressione che sia una dichiarazione di guerra. Non è solo immigrazione. È un gioco in cui al centro ci sono le persone e tutti noi invece ci stiamo scordando di loro. Abbiamo perso il contatto con chi sono, con cosa sta succedendo nei loro paesi. Non dobbiamo scordarci che sono le persone più vulnerabili al mondo”.
Penso si fa più silenzioso. Le parole forse non bastano più. Le immagini del filo spinato e del paesaggio grigio e che evoca un’atmosfera gelida neanche. “Siamo di fronte ad una pagina tristissima, atroce, in cui servirebbe grande unità per dire basta a tutto questo” conclude.
(da Huffingtonpost)
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Novembre 17th, 2021 Riccardo Fucile
LA SVOLTA DECISA DA CAMERA E SENATO
Colpo di scena. Il Parlamento riconoscerà a deputati e senatori il diritto a ottenere la
pensione anche nel caso in cui la legislatura dovesse terminare prima dei fatidici «quattro anni sei mesi e un giorno», che è il limite fissato oggi dai regolamenti interni per riscattare la previdenza.
La svolta è dettata da due sentenze, emesse dal Consiglio di giurisdizione di Montecitorio e dal Consiglio di garanzia di Palazzo Madama: si tratta di organismi che agiscono in regime di autodichia e che — alla stregua di tribunali — regolano autonomamente i conflitti tra le Camere e i parlamentari.
Questi verdetti sono destinati per certi versi a fare giurisprudenza e potrebbero avere anche un impatto politico , visto che nel Palazzo l’eventuale ritorno alle urne l’anno prossimo viene vissuto — soprattutto dai peones di prima nomina — con grande preoccupazione. Temono di perdere la pensione.
In realtà, secondo quanto riferiscono fonti qualificate, le Amministrazioni dei due rami del Parlamento si stavano già preparando riservatamente per adeguarsi alla novità. Che poi una novità non è, almeno per gli uffici, se è vero che il verdetto depositato a Palazzo Madama dal collegio presieduto dal forzista Luigi Vitali è del novembre 2020.
In quella occasione il Consiglio di garanzia aveva risposto ad un ricorso di tre ex senatori che non avevano raggiunto i «quattro anni sei mesi e un giorno», e ai quali «in nome del popolo italiano» era stato infine riconosciuto il diritto alla pensione. A una condizione però: che pagassero tutti i contributi dei mesi mancanti, quelli a loro carico e anche quelli a carico dell’amministrazione, in modo che l’operazione fosse «a costo zero» per le casse dello Stato. La sentenza del Senato intendeva sanare la «difformità di trattamento» rispetto ai parlamentari europei e rispetto anche ai deputati della Camera.
Ed è con questo esplicito riferimento a un precedente giudizio del Consiglio di giurisdizione di Montecitorio, che si è scoperta l’altra pronuncia, avvenuta nell’ottobre 2019. Allora il collegio guidato dal democratico Alberto Losacco aveva messo in mora i regolamenti sul sistema previdenziale, accogliendo il ricorso di dieci ex deputati che erano subentrati ad altri parlamentari nel corso della legislatura e che non avevano potuto maturare la pensione, pur pagando i contributi.
Un’evidente ingiustizia, perché — come spiega il Consiglio di garanzia del Senato — il regime interno mostra «profili d’illegittimità per una irragionevole disparità di trattamento» rispetto a «istituti esterni». L’intento di equiparare i diritti di un parlamentare a quelli di un normale cittadino, è considerato dai giudicanti come un primo passo per superare la sbornia populista che ha colpito il Palazzo negli anni passati. E l’operato giuridico finisce indirettamente per produrre un altro effetto, siccome in uno dei ricorsi si sosteneva la tesi che il limite dei «quattro anni sei mesi e un giorno» finisce per condizionare l’attività di deputati e senatori, influenzandone le scelte e mettendo di fatto un vincolo al loro mandato.
Sulla base di queste pronunce tra loro separate, la politica potrà fare ora il proprio corso, con la garanzia che — anche se la legislatura dovesse terminare anticipatamente — nessuno perderebbe i propri diritti . Ai parlamentari uscenti che volessero farne richiesta — spiegano infatti fonti qualificate — basterebbe presentare un ricorso all’Amministrazione e chiedere di integrare i mesi mancanti dall’atto di proclamazione delle future Camere al settembre 2022. I più interessati sono ovviamente i peones di prima nomina. Alcuni di loro ieri in Transatlantico, avendo saputo la notizia, sono parsi sollevati. Come se potessero almeno limitare i danni. Come se stessero vivendo la fine di un’epoca: quella della scatoletta di tonno da aprire.
(da agenzie)
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Novembre 17th, 2021 Riccardo Fucile
IL PROCURATORE DI CATANZARO CRITICA LA LINEA SOFT DELLA POLIZIA SULL’ASSALTO ALLA CGIL: “BISOGNAVA IMPEDIRLO ANCHE CON 200 FERITI, COSTI QUEL CHE COSTI”
Nicola Gratteri ha fatto una panoramica su ciò che sta accadendo nel nostro Paese, con uno sguardo più attento sulle manifestazioni no vax, durante un’intervista a Otto e Mezzo di Lilli Gruber su La7.
“Io penso che quella di De Raho sia un’esagerazione. Penso che la linea soft adottata dalla Lamorgese sulle manifestazioni no vax porterà a strumentalizzazioni e infiltrazioni – afferma – Io, ad esempio, avrei impedito di toccare un simbolo come la Cgil”, con l’assalto alla sede del sindacato, “anche mettendo in conto duecento feriti. Ma costi quel che costi, tu lì non arrivi perché sennò poi i gesti di violenza vengono mitizzati”.
Quanto ai no vax, “ognuno è libero di fare ciò che vuole fino a quando non mette a rischio la libertà della collettività. E’ provato scientificamente che il 90% dei ricoverati sono no vax… Il governo è in ritardo, doveva essere presa una decisione più dura già in estate, impedendo a chi non è vaccinato di andare al lavoro o di accedere ad un ufficio pubblico.
E io sarei anche dell’idea di fargli pagare le spese mediche in caso si ammalassero perché non puoi mettere in pericolo la vita della collettività. Bisogna essere seri e prendere provvedimenti a monte, prima dell’estate, quando si sapeva che in autunno sarebbero aumentati i contagi. Così ci troveremo chiusi a Natale”.
Parlando poi della riforma della giustizia, Gratteri dice di essere “ancora più preoccupato sentendo la dichiarazione della ministra Cartabia sulla sua riforma. Perché se si pensa che sia ‘la madre di tutte le riforme’ una riforma che non farà altro che rallentare i tempi del processo e impedire, ghigliottinare, il 50 per cento dei processi di criminalità comune, criminalità economica e della pubblica amministrazione… E, mi chiedo, cosa c’entri il numero di impiegati della macchina della giustizia con la farraginosità del sistema. (…) Tutte le riforme della giustizia che si sono succedute finora andavano bene, meno che questa”.
“La Cartabia forse potrebbe essere un buon capo dello Stato, meglio del ministro della Giustizia sicuramente” afferma il procuratore di Catanzaro.
“C’è gente che si alza la mattina e pensa a me, per diffamarmi. Ma io ho spalle larghe e i nervi d’acciaio e ricevo l’affetto di migliaia di persone – dice Gratteri – A Catanzaro siamo riusciti a portare la credibilità nella procura e abbiamo il consenso di migliaia di cittadini per cui noi rappresentiamo l’ultima spiaggia. Il termometro per capire se stiamo facendo qualcosa di buono per la collettività è che ho tantissime richieste di colloquio da parte dei cittadini”.”
(da agenzie)
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Novembre 17th, 2021 Riccardo Fucile
“PROTESTE IRRESPONSABILI, SONO CONTRO IL VANGELO”
La Cei condanna le manifestazioni No vax e No Green pass. Senza mezzi termini, la
Conferenza episcopale italiana osserva che durante la pandemia di Coronavirus «non sono mancate manifestazioni di egoismo, indifferenza e irresponsabilità, caratterizzate spesso da una malintesa affermazione di libertà e da una distorta concezione dei diritti».
E ancora: «In molti casi tali comportamenti e discorsi hanno espresso una visione della persona umana e dei rapporti sociali assai lontana dal Vangelo e dallo spirito della Costituzione».
Le parole della Cei arriva dal messaggio per la 44° Giornata Nazionale per la Vita: «Il vero diritto da rivendicare è quello che ogni vita, terminale o nascente, sia adeguatamente custodita. Mettere termine a un’esistenza non è mai una vittoria, né della libertà, né dell’umanità, né della democrazia: è quasi sempre il tragico esito di persone lasciate sole con i loro problemi e la loro disperazione». Insomma, così come per «il “diritto all’aborto” e la prospettiva di un referendum per depenalizzare l’omicidio del consenziente» secondo la Cei anche le proteste dei No vax e dei No Green pass sono il risultato di una «malintesa affermazione di libertà e da una distorta concezione dei diritti».
(da agenzie)
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Novembre 17th, 2021 Riccardo Fucile
DENUNCIATA PER INTERRUZIONE DI PUBBLICO SERVIZIO
Iniziano ad essere rese pubbliche le prime notizie di interruzione di pubblico servizio dovute a persone che non si sono vaccinate o che non avevano effettuato correttamente il tamone
Il primo settembre scorso una donna è stata denunciata per interruzione di pubblico servizio per non aver rispettato l’obbligo di certificazione verde a bordo dei treni a lunga percorrenza, in vigore appunto dal primo settembre.
Come riporta il Corriere della Sera, i fatti si sono verificati sul convoglio alta velocità “Italo 8160”, partito da Reggio Calabria con destinazione Milano. Dopo aver controllato una passeggera seduta nella carrozza 7, il capotreno si è accorto che la donna era sprovvista di green pass.
Quindi, alla stazione di Roma, allerta la Polizia ferroviaria per contestare la violazione. Di fronte alla polizia, la donna mostra la foto del referto di un tampone antigenico rapido, comprato in farmacia e “fatto a casa” il giorno prima.
Gli agenti tentano di spiegarle che quell’immagine, stampata su un foglio di carta, anche se corredata da un’autocertificazione, non certifica l’esame possa essere ricondotto direttamente alla persona, né specifica quando il tampone sia stato fatto.
I poliziotti dicono dunque alla donna che la foto del tampone “fatto in casa” non può sostituire il green pass e la invitano a scendere dal treno perché non può restare a bordo, altrimenti verrà multata.
Durante il colloquio con gli agenti, il capotreno invita ripetutamente la donna a prendere i bagagli e a scendere dal treno, che altrimenti non può ripartire, ma lei si rifiuta. Solo dopo 20 minuti la passeggera si convince a scendere dal convoglio.
Quando il treno è già ripartito, oltre alla sanzione amministrativa relativa al green pass, i poliziotti le consegnano anche i verbali di identificazione ed elezione di domicilio, dal momento che il suo comportamento è sconfinato in ambito penale, con la contestazione del reato per il ritardo che ha provocato al treno, un reato che prevede fino a un anno di pena.
In seguito la donna fa ricorso al Tar, per contestare la sanzione e l’impianto della legge. Secondo lei, infatti, sarebbe illegittima “sotto un profilo costituzionale” e in contrasto con regolamenti e trattati europei.
Il Tribunale amministrativo per ora ha archiviato la pratica sostenendo che la sanzione va contestata di fronte al giudice ordinario e che la “compatibilità costituzionale” non può essere portata di fronte al Tar “in sede cautelare”.
Questo non è l’unico episodio simile accaduto negli ultimi mesi. Scene simili si sono ripetute anche in altre città d’Italia. A Pavia un passeggero di 40 anni è stato fatto scendere dal treno Frecciabianca Roma-Milano, verso le 13.30 del primo settembre, perché sprovvisto del green pass obbligatorio per viaggiare a bordo dei convogli a lunga percorrenza.
Un altro caso si è verificato lo scorso 10 ottobre sul Frecciarossa Reggio Venezia, dove un uomo senza green pass, invitato a scendere dalla vettura, si è rifiutato di farlo, attaccandosi con i piedi alla poltrona. Sul posto è dovuta intervenire la Polizia ferroviaria. Il treno è rimasto fermo per diverso tempo alla stazione di Paola, causando disagi ai passeggeri.
(da agenzie)
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Novembre 17th, 2021 Riccardo Fucile
STRETTA CONTRO I NON VACCINATI
Repubblica Ceca e Slovacchia sono pronte a una stretta per fare fronte all’aumento dei
contagi da Coronavirus.
In Repubblica Ceca sono stati registrati 22.479 casi nelle ultime 24 ore, mai così tanti dall’inizio della pandemia.
Praga ha deciso di mettere in campo restrizioni per le persone non vaccinate che, tra le altre cose, non potranno partecipare a eventi pubblici e accedere a una serie di servizi. Il primo ministro ceco Andrej Babis aveva ammesso che il governo stava considerando diverse opzioni, tra cui quella di seguire l’esempio dell’Austria e applicare un lockdown per non vaccinati.
Allerta anche in Slovacchia, che ha riportato 8.342 nuovi casi di contagio, superando il precedente picco di 7.244 registrato venerdì. Il governo sta pianificando nuove restrizioni per le persone non vaccinate. Una decisione è attesa per domani, 18 novembre.
Tra le proposte, il divieto per gli individui non vaccinati di accedere a negozi non essenziali, centri commerciali, palestre, piscine, hotel e raduni pubblici di massa. Sia Repubblica Ceca sia Slovacchia hanno una percentuale di popolazione vaccinata inferiore alla media della Unione europea.
(da agenzie)
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Novembre 17th, 2021 Riccardo Fucile
LA MERKEL SPRONA I NO VAX: “NON E’ TROPPO TARDI PER LA PRIMA DOSE”
Con quasi 53mila contagi nelle ultime 24 ore il governo tedesco tenta di accelerare sull’immunizzazione e sulle terze dosi: la copertura vaccinale nel Paese si attesta al 67,6%
«La situazione pandemica in Germania è drammatica». Non usa mezzi termini Angela Merkel per descrivere la gravità della portata della quarta ondata della pandemia di Coronavirus che sta travolgendo la Germania. Parlando alla Conferenza delle città, la cancelliera uscente ha definito «spaventoso» il numero crescente dei decessi e «molto allarmante» il livello di occupazione ospedaliera, sia nei reparti di degenza ordinaria, sia nelle terapie intensive del Paese.
E come evidenziato da Merkel, «il virus non sta a guardare se il Paese ha un governo reggente o nel pieno delle sue funzioni».
Le parole pronunciate dalla cancelliera uscente richiamano le sue dichiarazioni dell’ottobre 2020, quando Merkel definì la situazione epidemiologica tedesca «drammatica», sollecitando la nazione a un maggiore impegno e ad applicare rigorosamente le misure anti-contagio per frenare la diffusione del virus. Ma a differenza dell’anno scorso quest’anno c’è il vaccino. E Merkel ha rivolto oggi un appello alla popolazione tedesca non ancora vaccinata, sottolineando che «non è mai troppo tardi per farsi somministrare una prima dose» e la vaccinazione è «la via che conduce fuori dalla pandemia».
Intanto in Germania, dopo il picco di 50.196 contagi e 235 decessi per Covid registrato la scorsa settimana dal Robert Koch Institut di Berlino, le autorità sanitarie tedesche nelle ultime 24 ore hanno registrato un nuovo picco, con 52.826 nuovi casi giornalieri e 294 morti.
Cresce anche l’incidenza, che passa dal 249,1 della scorsa settimana al 319,5 casi ogni 100 mila abitanti registrati quest’ultima settimana. In parallelo aumenta anche la pressione ospedaliera, con un indice di ospedalizzazione pari a 4,89 pazienti ricoverati ogni 100 mila abitanti.
Nel frattempo, nel tentativo di frenare l’incremento di tutti gli indicatori epidemiologici Jens Spahn, il ministro della Salute tedesco, ha chiesto a tutti i medici del Paese di iniziare a somministrare la terza dose di vaccino a tutte le persone dai 18 anni in su già vaccinate, anche senza attendere la scadenza di sei mesi tra il completamento del primo ciclo vaccinale e il terzo richiamo.
Al contempo, il governo tedesco mira ad aumentare la copertura vaccinale complessiva nel Paese, che al momento si attesta al 67,6%. Per frenare la curva dei contagi, il governo tedesco ha già introdotto nuove misure restrittive, tra cui l’esclusione di tutti i cittadini non vaccinati da ristoranti, bar, locali ed eventi culturali secondo la regola del 2GPlus, limitando la partecipazione agli eventi pubblici solo ai vaccinati e ai guariti da Covid muniti di test negativi.
Oltre a ciò, dopo la sospensione dello scorso luglio, Berlino sta valutando l’ipotesi di ripristinare il lavoro da remoto per tutti i lavoratori e le lavoratrici che hanno modo di svolgere il proprio lavoro da casa, andando a ridurre dunque la presenza di persone sui mezzi pubblici e la possibilità di contagio sui posti di lavoro. Insomma, la Germania intende incrementare tutte le possibili misure anti-contagio, in modo da scongiurare un nuovo «dicembre amaro», come sostenuto dal ministro Scholz.
(da agenzie)
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