Marzo 18th, 2022 Riccardo Fucile
SI MOLTIPLICANO I MODI PER AGGIRARE LA CENSURA DEL REGIME
Scritte come no «No alla guerra» compaiono in queste ore nelle banconote da 100, 500 e 1000 rubli. Di mano in mano la protesta silenziosa sfugge al carcere e alla tortura promessa dalle forze di Mosca per chi manifesta
La protesta anti Putin in Russia ha trovato spazio sulle banconote dei rubli, provando così ad aggirare la censura del Cremlino dopo l’introduzione del divieto di definire l’invasione dell’Ucraina come «guerra».
Come racconta l’Avvenire, diverse banconote da 100, 500 e 1000 rubli con la scritta «No alla guerra» e slogan proibiti simili in queste ore stanno circolando tra i russi. Passano di mano in mano alimentando una protesta silenziosa ma altamente diffusiva che tenta così di far arrivare a più persone possibile il messaggio anti guerra.
Da Mosca a San Pietroburgo i cittadini sfidano il carcere promesso dal governo di Putin, una minoranza ma decisi più che mai a trovare nuovi modi per far sentire la propria voce.
Quello delle banconote è uno strumento di protesta anonima già utilizzato in Turkmenistan nel 2020 contro la dittatura di Gurbanguly Berdymukhammedov.
Un metodo di propaganda per la pace che in Russia potrebbe risultare più efficace di tanti altri: per la legge di Mosca i negozi non possono rifiutarsi di accettare banconote. Anche se strappate, danneggiate o sporche, «devono essere accettate come mezzo di pagamento da tutte le imprese e organizzazioni, indipendentemente dalla proprietà»
Il giro delle banconote sovversive
Secondo quanto spiegano i diversi russi che su Telegram provano a scambiarsi consigli su come protestare, il meccanismo più sicuro sarebbe quello di prelevare contanti al bancomat, firmarli sempre con penne diverse cercando di cambiare la propria calligrafia.
A quel punto serve utilizzare quelle stesse banconote per pagare in negozi e attività, ottenere il resto di altri rubli e cominciare a firmare anche quelli con messaggi di protesta e di pace.
Le “Donne in nero” il 18 marzo in piazza
Oltre ai rubli di protesta, il prossimo 18 marzo scenderanno nelle strade delle città russe anche le “Donne in nero”, le stesse che negli anni ’90 protestarono in piazza contro la guerra in Cecenia. In occasione della celebrazione dell’annessione della Crimea, la cosiddetta “riunificazione” con Mosca, come la definisce il governo russo, il movimento di protesta sarà di nuovo in piazza.
(da agenzie)
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Marzo 18th, 2022 Riccardo Fucile
RIESCE MAGICAMENTE A RIFORNIRE LE TRUPPE E SPOSTARE CIVILI IN CERCA DI RIPARO
Gestendo la rete ferroviaria ucraina, è riuscito ad aiutare circa 2 milioni e mezzo di
rifugiati scappati dalle zone più colpite del Paese verso aree più isolate o verso Polonia e Romania, oltre a garantire i rifornimenti essenziali alle truppe e la prosecuzione delle esportazioni: Oleksandr Kamyshin, il 37enne presidente della rete ferroviaria ucraina, è nel mirino della Russia alla stregua del presidente Volodymyr Zelensky, nascosto nella capitale Kyiv, che lo aveva nominato lo scorso ottobre. Kamyshin si sposta di continuo, una mappa e un telefono sempre con sé per poter ordinare lo spostamento dei convogli a seconda della situazione, nessuna guardia del corpo al seguito nonostante dal Cremlino sia partito l’ordine di catturarlo o di ucciderlo.
“Dobbiamo essere più veloci di quelli che cercano di rintracciarci”, dice alla Bbc.
“Invece dei porti marittimi andiamo a ovest – spiega – perché abbiamo lanciato un programma per trasferire la produzione da est a ovest. Così possiamo spostare persone, idee, piani, forse macchinari per lanciare una nuova produzione a ovest”.
È stato lui a far arrivare sani e salvi a Kyiv i primi ministri di Polonia, Repubblica Ceca e Slovenia: “Un grande gesto, anche se ingenuo perché hanno annunciato il viaggio mentre stavano ancora in treno. Stavo mantenendo il loro segreto, ma quando ho visto che qualcosa era stato pubblicato online, mi ha sorpreso. Non lo capivo”.
Il suo lavoro – come quello dei suoi collaboratori – è fondamentale per evitare la capitolazione del Paese.
Dall’inizio del conflitto sono 33 i dipendenti delle ferrovie rimasti uccisi. “Questa guerra – dice Kamyshin – sarà vinta dall’Ucraina in ogni caso. Noi continueremo a riparare i binari una volta che il fuoco sarà cessato, terremo i treni in funzione il più a lungo possibile. Non c’è altra opzione per noi”.
(da agenzie)
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Marzo 18th, 2022 Riccardo Fucile
APOLOGIA DELLA “GUERRA DEI VALORI RUSSI CONTRO QUELLI OCCIDENTALI“: QUALI? QUELLI DI AMMAZZARE BAMBINI E MADRI? MA VAI A FARE IN CULO, VECCHIO CRIMINALE RINCOGLIONITO
Ospite a Dritto e rovescio, l’ideologo di Vladimir Putin e ispiratore morale dei movimenti sovranisti europei Alexandr Dugin ha affermato che quella del presidente russo in Ucraina è una “guerra spirituale”.
Il conduttore Paolo Del Debbio gli chiede se è d’accordo con il discorso del patriarca di Mosca Kirill, il capo della chiesa ortodossa che lo scorso 7 marzo aveva giustificato il conflitto descrivendolo come una sorta di crociata contro i paesi che sostengono i diritti degli omosessuali. “Assolutamente sì – le parole di Dugin – è la guerra dei valori russi contro quelli occidentali, moderni e post moderni. È una guerra spirituale”.
“Lei che lo conosce bene può dircelo – lo incalza Del Debbio – Putin è d’accordo con lei? Ce l’ha con le comunità gay?”.
“Quelle possono esistere – spiega Dugin – ma abbandonarsi alle idee del peccato, la norma della perversione, questo è un attacco”.
“Ma allora quella di Putin è una teocrazia – replica il conduttore – e non una democrazia o una monarchia, addirittura è investito dal divino nel suo compito di governare. È infallibile come il Papa”.
Dugin conclude: “No, ma lui oggi difende l’identità, la cultura e la civiltà russa”.
In un’intervista dello scorso 14 marzo al Giornale, l’ideologo aveva descritto i due motivi per i quali la Russia è in guerra: “Primo: denazificare un Paese il cui governo ha non solo tollerato ma appoggiato i gruppi neonazisti per dare forza a una identità nazionalista ucraina basata sull’odio contro i russi. Secondo: cambiare il regime politico a Kiev per fare ritornare l’Ucraina nella sfera politica, militare e strategica russa”.
In quel contesto parlò anche dell’utilizzo di “armi nucleari” in caso in cui i russi si sentissero “minacciati sul proprio territorio”.
(da agenzie)
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Marzo 18th, 2022 Riccardo Fucile
PER IL DOCENTE DELLA LUISS MEGLIO LASCIARE GLI UCRAINI AL LORO DESTINO, COSI’ NON RISCHIAMO… MODIFICATE LA COSTITUZIONE ALLORA: L’ITALIA E’ UNA REPUBBLICA FONDATA SULLA VIGLIACCHERIA
“Se Zelensky diventa un ostacolo alla pace, per me va abbandonato. Perché ha delle
posizioni radicali”: Alessandro Orsini spiega il suo punto di vista critico sulla gestione dei negoziati da parte del governo ucraino a PiazzaPulita.
“Quali posizioni?”, gli chiede la giornalista Cecilia Sala.
“Lo spiego subito – replica il direttore dell’Osservatorio sulla Sicurezza Internazionale della LUISS – Zelensky, e lo capisco perché al posto suo penserei le stesse cose, preferisce la terza guerra mondiale piuttosto che rimanere da solo contro la Russia. Quindi stiamo attenti perché sta assumendo una postura che a me non piace, lo vedo come un pericolo per la pace. Il governo ucraino porta avanti questa linea così assurda”.
“Ma dovrebbe essere la resa incondizionata quindi? Come si fa a piacere a lei dal punto di vista di Zelensky?”, lo incalza Sala.
“Se lei ascolta cosa ha detto la vicepremier ucraina – aggiunge Orsini – non sembra proprio che sia un moderato. Supponiamo che Zelensky pensi questo, va isolato. Così come va isolato Boris Johnson, un uomo che disprezza l’Unione europea, messo lì per fare la Brexit. È il più guerrafondaio dei leader europeisti, è stato il primo a proporre di mandare le armi in Ucraina, e noi ci stiamo facendo guidare da lui”.
Sala gli fa notare che siano entrambi stati eletti dai cittadini.
“Ma ci sono anche le persone che scendono in piazza”, replica Orsini.
Sala: “Quindi per lei si dovrebbe scendere in piazza contro Zelensky”, e Orsini: “Certo, se diventa un ostacolo alla pace”.
Chiude il dibattito la giornalista: “Ma scenda lei in piazza, gli ucraini stanno con Zelensky e cosa succede in Ucraina lo decidono più loro che lei”.
(da NetQuotidiano)
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Marzo 18th, 2022 Riccardo Fucile
LA SUA PORTA DI CASA IMBRATTATA CON SCRITTE MINACCIOSE
Aveva appena 17 anni quando prese in mano la costituzione russa e, davanti alla polizia, si mise a leggerla in strada come segno di dissenso verso cosa stava diventando il suo Paese: Olga Misik, la giovane attivista ora 19enne, arrestata qualche giorno fa perché durante una manifestazione contro la guerra in Ucraina reggeva un cartello bianco senza alcuna scritta sopra, ha ricevuto minacce anonime, recapitatele fin sulla porta della sua abitazione
“Non tradire il tuo Paese, cagna”, la scritta che l’ha accolta al suo rientro a casa, da lei immediatamente fotografata e denunciata sui social.
“Il mio appartamento è stato sottoposto a procedure estetiche”, ha ironizzato su Twitter, al quale presumibilmente può accedere – dopo che il Cremlino lo ha reso indisponibile in tutto il Paese – grazie all’utilizzo di una Vpn oppure tramite l’indirizzo Tor che lo stesso social ha reso disponibile in Russia.
Olga Misik non è l’unica ad aver ricevuto un “trattamento” simile: anche altri attivisti che si sono schierati contro Putin hanno ricevuto minacce simili, come Anna Loiko del sito Sota, o Dmitry Ivanov, che sulla porta di casa hanno trovato la lettera “Z”, divenuto ormai simbolo di supporto alla guerra.
Misik ha anche un passaggio del discorso di Putin fatto lo scorso 16 marzo, in cui sosteneva che “il popolo russo sarà in grado di distinguere i veri patrioti dalla feccia e dai traditori. E semplicemente li sputerà fuori come una mosca gli è volata accidentalmente in bocca”.
(da agenzie)
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Marzo 18th, 2022 Riccardo Fucile
LA GIORNALISTA HA RIFIUTATO L’OFFERTA DI MACRON, SA CHE RISCHIA 15 ANNI DI CARCERE
La giornalista russa Marina Ovsyannikova non andrà in Francia. 
Nonostante il presidente Emmanuel Macron le abbia offerto asilo politico, lei come “patriota” intende rimanere nel suo paese d’origine, la Russia.
Ovsyannikova ha parlato in un’intervista rilasciata a Marc Perelman di France 24, confermando di aver dovuto pagare una multa di 30 mila rubli, circa 250 euro, per il video in cui spiegava perché aveva interrotto il telegiornale mostrando un cartello contro la guerra. E ha ricordato che rischia fino a 15 anni di carcere per la sua protesta.
Ha aggiunto che la sua insoddisfazione per la propaganda russa è aumentata nel corso degli anni, in particolare dopo l’incarcerazione del leader dell’opposizione Alexei Navalny, ma che il «punto di non ritorno» è stata l’invasione russa dell’Ucraina il 24 febbraio.
La giornalista ha anche spiegato di aver preso parte a diverse manifestazioni contro la guerra a Mosca ma che «queste azioni di protesta non sono state efficaci perché sono limitate e controllate».
Il suo gesto di dissenso in onda è stato quindi un messaggio forte per mostrare che alcuni russi sono contrari alla guerra in Ucraina. Lascerà il suo lavoro alla tv russa, come vorrebbero fare anche altri ma non possono per la situazione economica. Ovsyannikova, che ha due bambini piccoli, ha raccontato che uno dei due l’ha rimproverata per aver messo in pericolo la sua famiglia con la protesta: «Ma gli ho spiegato che nella vita devi prendere a volte decisioni complicate. E soprattutto dobbiamo fermare questa follia prima che arrivi la guerra nucleare».
(da agenzie)
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Marzo 18th, 2022 Riccardo Fucile
CORTEO DI PROTESTA A MOSCA
Sfidando la censura imposta da Vladimir Putin, la madre di un soldato russo è scesa in piazza a Mosca per dire “no” alla guerra e si è coraggiosamente fermata a parlare con i giornalisti di Abc News, una delle poche testate rimaste all’ombra del Cremlino dopo la legge bavaglio che vieta ai media di riportare “fake news” sulla guerra in Ucraina, tra le quali rientra anche semplicemente chiamare il conflitto con il suo nome, “guerra”, e non con la perifrasi usata dal presidente russo “operazione militare speciale”. La donna appare molto preoccupata, guarda in telecamera e dichiara che suo figlio è stato spostato in un “hot spot” dopo le esercitazioni.
“Non gli parlo da dieci giorni, grazie a dio lui è ancora vivo, ma nel suo reggimento sono rimasti soltanto in dieci”. “Fermate questa carneficina, ridatemi mio figlio. Ridate i figli alle loro madri, basta”, è il suo appello.
Il giornalista afferma di trovarsi nel centro di Mosca, che sempre più persone stanno scendendo in strada per protestare. La polizia li guarda a vista, la donna è preoccupata perché potrebbe essere arrestata. Mostra una foto di suo figlio: “Guardatelo, è solo un ragazzo, ha 22 anni. E sta combattendo, ma per cosa?”. A quel punto alcuni agenti si avvicinano a lei, che rapidamente si confonde nel corteo di persone alle sue spalle e scappa via per non essere arrestata. “È andata via, la polizia si è accostata a noi appena ci ha visti parlare, è terribile”, conclude il giornalista.
(da agenzie)
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Marzo 18th, 2022 Riccardo Fucile
PUTIN STA CERCANDO UNA VIA D’USCITA?
La battaglia è in stallo, le perdite ingenti, i costi enormi. I russi sembrano in una corsa
contro il tempo. Secondo alcune analisi, il Cremlino starebbe cercando una via d’uscita che le permetta di dichiarare vittoria e scaricare la responsabilità del conflitto sull’Occidente.
I prossimi 10 giorni di guerra saranno decisivi, e i russi ne sono consapevoli. In un’analisi pubblicata dal Center for European Policy Analysis, l’ex generale americano Ben Hodges prova a fare la conta delle forze in campo in rapporto all’avanzata degli uomini di Putin e ritiene che lo Stato maggiore russo sia consapevole di correre contro il tempo: l’esercito è a corto di uomini e munizioni, l’inattesa resistenza ucraina — oltre a causare grosse perdite — ha fatto saltare i piani e costretto disperdere le unità.
Non sembra che dalla madre Patria siano in arrivo rinforzi: il Pentagono per lo meno non ha segnalato movimenti di truppe — neanche di quelle bielorusse, perché Lukashenko avrebbe timore delle reazioni interne — mentre l’intelligence britannica sostiene l’opposto. Secondo Londra, Mosca sta facendo affluire soldati da altre regioni, Estremo Oriente compreso: alcune unità sarebbero partite nella notte dalla base di Tskhinvali, nell’Ossezia del Sud, e attraverso il tunnel di Roki sarebbero dirette prima in Russia e poi in Ucraina.
Le debolezze dell’armata russa
Putin ha dichiarato mercoledì che tutto procede con successo. Conta sulla potenza della sua macchina bellica, sulla tattica del boa che soffoca. L’Armata non deve essere sottovalutata. La sensazione, però, è che il contingente schierato non sia sufficiente e soprattutto che la grande armata di 900 mila uomini non sia così imponente come si credeva: così si spiegherebbe anche la richiesta di aiuto ai cinesi, il ricorso ai ceceni e l’appello ai 16 mila miliziani siriani (sulla presenza di questi ultimi gli americani sono cauti, parlano di pochissimi casi).
Anche perché, dall’altra parte, i russi non sono riusciti a tagliare le linee di rifornimento della resistenza e dall’Occidente continuano ad arrivare armi, come ha annunciato Joe Biden mentre il presidente Volodymyr Zelensky si rivolgeva al Congresso americano: l’opposizione non può durare all’infinito, ma è più motivata e finora non ha permesso di conquistare obiettivi significativi. Tra nuove armi che gli Usa potrebbero consegnare agli ucraini c’è il cosiddetto drone-kamikaze. Lo Switchblade – letteralmente, coltello a serramanico – è un’arma leggera, trasportabile in uno zaino e composta da un tubo lanciatore: il drone esplosivo può restare in volo per 40 minuti, è guidato fino all’impatto sul bersaglio e ha un costo relativamente basso — circa 6 mila dollari — rispetto ad altri sistemi.
I vantaggi degli ucraini
Sul campo la battaglia ristagna. La guerra moderna non è adatta alle giovani reclute poco esperte su cui si basa l’Armata russa: il morale è basso, le perdite ingenti — anche se non 13 mila come dichiara Kiev — e i generali sono obbligati a combattere al fronte, dove la resistenza ne avrebbe uccisi 4. L’ultimo rapporto della Difesa britannica spiega che le forze russe «stanno lottando per superare le sfide poste dal territorio ucraino» e «sono bloccate» nella loro avanzata.
(da agenzie)
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Marzo 18th, 2022 Riccardo Fucile
“DIECI GIORNI PER VINCERE O FINIRANNO LE RISORSE“
Più caduti russi in Ucraina, che marines nei 36 giorni della feroce battaglia di Iwo Jima col Giappone. Più morti in tre settimane di invasione impantanata contro i fratelli della porta accanto, che l’intero numero delle perdite americane durante i venti anni di intervento in Afghanistan e Iraq.
Se queste stime dell’intelligence Usa sono attendibili, si capisce perché i servizi britannici dicano che l’aggressione di Putin è “in stallo quasi su tutti i fronti”, mettendo a rischio la sua sopravvivenza al potere.
Perché sui morti non si può mentire, e qualunque sia la retorica usata dal Cremlino per nascondere ai propri cittadini la verità, madri, padri, fratelli, mogli, figli di chi non tornerà mai più a casa la conoscono. E prima o poi ne chiederanno conto.
Secondo le stime dell’intelligence americana, basata sulle notizie dal terreno, le osservazioni dall’alto, le comunicazioni intercettate, i mezzi militari distrutti, i russi hanno perso oltre 7.000 soldati. Più alto è il numero fornito dagli ucraini, 13.500 morti, e più basso quello di Mosca, 498.
I feriti sarebbero tra 14.000 e 21.000. Se questi numeri riportati dal New York Times sono veri, raggiungono oltre il 10% dei circa 150.000 militari mobilitati finora dal Cremlino, soglia che secondo gli analisti inizia a compromettere la capacità delle truppe di condurre in maniera efficace le operazioni.
Superfluo sottolineare l’effetto sul morale, considerando che anche quattro generali hanno perso la vita. In alcuni luoghi, come Voznesenk, gli ucraini hanno lanciato addirittura la controffensiva.
Anche per questo, il ministero della Difesa britannico ieri ha pubblicato su Twitter un comunicato in tre punti: “L’invasione russa dell’Ucraina è ampiamente in stallo su tutti i fronti. Le forze russe hanno fatto progressi minimi sulla terra, il mare e l’aria negli ultimi giorni, e continuano a soffrire pesanti perdite. La resistenza ucraina rimane solida e ben coordinata. La stragrande maggioranza del territorio nazionale, incluse le città più grandi, resta in mani ucraine”.
Come si spiega questo fallimento? La prima ragione sta nell’origine del conflitto, una guerra scelta da Putin per motivi non condivisi dalla sua popolazione, e soprattutto dai militari di leva, che a 18 o 19 anni si sono ritrovati ad aggredire un paese senza neanche saperlo. Non erano addestrati, e le montagne di soldi spese per ammodernare le forze armate sono stati sprecati o rubati, almeno a giudicare dai risultati. L’aviazione non è stata in grado di assicurare la supremazia dei cieli, fondamentale per prevalere sul terreno.
Mezzi e armamenti, dai carri armati alle bombe intelligenti, si sono dimostrati inferiori rispetto ai Javelin, gli Stinger, i droni turchi Bayraktar TB2, gli Switchblade americani, e il resto della tecnologia bellica fornita dall’Occidente. Il sistema per le comunicazioni criptate è saltato, costringendo i reparti a parlarsi via radio o con telefoni intercettabili.
Viste le difficoltà sul terreno, Putin bombarda a distanza i civili e minacciare il disperato uso delle armi nucleari. Motivo per cui il segretario di Stato Blinken ha ribadito ieri di considerarlo un “criminale di guerra”, promettendo di aiutare la raccolta delle prove per un eventuale processo.
Girano voci di una colonna di rinforzi in arrivo dalla Siberia. La realtà sembra che i 900.000 soldati delle imponenti forze armate russe esistessero soprattutto sulla carta. Il primo aprile è prevista una nuova leva di circa 130.000 soldati fra 18 e 25 anni, ma bisogna vedere quanti di loro si presenteranno ai centri di reclutamento.
(da La Repubblica)
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