Marzo 22nd, 2022 Riccardo Fucile 
			
					A COORDINARLI C’E’ UN AMERICANO, CHIAMATO “IL TEXANO”, CHE INDOSSA UNA GIACCA DELL’AIR FORCE – POI C’E’ UN ALTRO AMERICANO CON UN PASSATO NELLA US NAVY E UN BRITANNICO CHE HA SERVITO NELL’ESERCITO DI SUA MAESTA’ – SI VOCIFERA DI UN ITALIANO “MOLTO PREPARATO” CHE HA AVUTO TRA LE SUE ESPERIENZE MILITARI LA LEGIONE STRANIERA FRANCESE
«Mi casa es tu casa». Il benvenuto viene ripetuto come un mantra ogni volta che  qualcuno varca la soglia dell’appartamento a Kiev. Una casa come tante, in un palazzo come tanti, se non fosse che, una volta dentro, appare chiaro che quello in corso non è un ritrovo ludico. Su una parete campeggia un cartello con scritto «Kiev capital of freedom» (Kiev è la capitale della libertà), accanto ragazzi e uomini che provengono dalle aree più disparate del Pianeta.
qualcuno varca la soglia dell’appartamento a Kiev. Una casa come tante, in un palazzo come tanti, se non fosse che, una volta dentro, appare chiaro che quello in corso non è un ritrovo ludico. Su una parete campeggia un cartello con scritto «Kiev capital of freedom» (Kiev è la capitale della libertà), accanto ragazzi e uomini che provengono dalle aree più disparate del Pianeta.
Ci sono anche alcune donne, fanno tutti parte dei volontari stranieri che sposano la causa del popolo ucraino. Il viaggio con i «foreign fighters» al fianco di Kiev parte da un’associazione di volontariato dove si raccolgono generi di prima necessità per inviarli al fronte, a sostegno delle truppe che combattono contro i russi.
Carichiamo il van e passiamo a prendere alcuni amici», dice Yuri, un ucraino dal fisico asciutto e la barba lunga, veste di nero, ha sempre il Kalashnikov al collo. Una volta riempito il furgoncino di conserve, frutta e acqua si fa rotta verso «il covo». «Mi casa es tu casa», ripete un omone dal marcato accento americano che indica sul tavolo della cucina caffè, tè e biscotti: «servitevi». Indossa una giacca con l’aquila dell’Air Force e le spalline coi gradi di ufficiale, è lui che coordina i volontari in entrata e in uscita, ovvero quelli che sono appena arrivati e quelli diretti al fronte. Viene chiamato «il Texano»
Accanto a lui c’è Lane, 26 enne del Missouri ma residente a San Diego con un passato nella Us Navy. È partito per combattere, nella fase di addestramento soprattutto logistica. Così come James, cadenza british, di Leeds, tifoso di calcio e della birra, con un’esperienza nell’Esercito di Sua Maestà.
Non di solo occidente si nutrono i volontari di Kiev: Chintan è indiano del Punjab, una passione per la storia italiana ed esperienza da paramedico, ha sposato la causa ucraina subito: «Non ho avuto dubbi, voglio andare a combattere».
Ci sono anche un ragazzo asiatico, uno svedese, alcuni attivisti dell’Europa orientale e – ci raccontano – un italiano. Il nome non lo sanno, ma è una presenza importante tra le trincee a Nord di Kiev, si tratta di uno molto preparato, tra le sue esperienze militari c’è anche la legione straniera francese.
La multinazionale dei volontari, in gran parte ex soldati, conta anche personale sanitario e specialisti di vario genere, come gli informatici, che vengono inquadrati nel gruppo fondato dal Texano e chiamato, non a caso, «Wild Goose» (ispirato al film «I 4 dell’Oca Selvaggia», storia di quattro mercenari assoldati per liberare il presidente di uno stato africano, prigioniero dei golpisti). L’obiettivo è «aiutare gli ucraini a difendere la libertà». A tenere i rapporti con «Wild Goose» è il deputato Sviatoslav Yurash, eletto a 23 anni, è il più giovane membro del parlamento di Kiev.
«Organizzo missioni portando aiuti alla popolazione e ai soldati nelle aree sotto attacco russo – spiega con Ak-47 e caricatori a tracolla -. Con me ci sono i volontari stranieri». Il deputato-combattente, eletto nel partito del presidente Volodymyr Zelenskyy, sta inoltre lavorando a un provvedimento per regolarizzare i volontari stranieri che sposano la causa di Kiev. Yurash è il figlio di Andriy Vasylyovych Yurash, l’ambasciatore presso la Santa Sede: «Aggiorna nel dettaglio il Pontefice su tutto ciò che sta accadendo qui».
Con la colonna di volontari arriviamo alle porte di Liutizh, a Nord di Kiev dove l’artiglieria martella la linea del fronte. Ripariamo dietro uno stabilimento che fa da scudo «nel caso di lancio di razzi», spiegano i militari ucraini al seguito.
Oggi non è un buon giorno per arrivare sulla prima linea, «è questione di tempo, ma non abbiamo scelta se non combattere o soccomberemo», dice Yurash. Lo scambio di fuoco accompagna il crepuscolo, le oche selvagge fanno ritorno al covo, spiccheranno il volo di nuovo domani, diretti, questa volta, sulla prima linea.
(da “la Stampa”)
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				Marzo 22nd, 2022 Riccardo Fucile 
			
					TRA QUESTI, CI SONO ANCHE GLI SA-8, SISTEMI DI DIFESA ANTI-AEREA AVANZATI CHE CONSENTIRANNO AGLI UCRAINI DI MIGLIORARE IL CONTRASTO AI MISSILI E ALL’AVIAZIONE RUSSA
 Più armi all’Ucraina, fermezza sull’atteggiamento ambiguo di Pechino, ulteriori sanzioni verso la Russia se necessario. Ieri pomeriggio – in Italia erano le 16 – Joe Biden e i quattro più importanti alleati europei si sono riuniti in teleconferenza per un’ora. L’incontro chiesto dalla Casa Bianca aveva il preciso intento di mostrare «la massima compattezza» dell’Occidente a tre giorni dalla visita in Europa del presidente americano. Mario Draghi si è collegato da una stanza attrezzata nel centro della protezione civile di Udine, dove era in mattina.
Più armi all’Ucraina, fermezza sull’atteggiamento ambiguo di Pechino, ulteriori sanzioni verso la Russia se necessario. Ieri pomeriggio – in Italia erano le 16 – Joe Biden e i quattro più importanti alleati europei si sono riuniti in teleconferenza per un’ora. L’incontro chiesto dalla Casa Bianca aveva il preciso intento di mostrare «la massima compattezza» dell’Occidente a tre giorni dalla visita in Europa del presidente americano. Mario Draghi si è collegato da una stanza attrezzata nel centro della protezione civile di Udine, dove era in mattina.
La notizia è anche nell’invito rivolto all’Italia: due settimane fa Biden aveva organizzato un vertice simile solo con Emmanuel Macron, Olaf Scholz e Boris Johnson. L’incontro successivo a Roma fra il consigliere per la sicurezza nazionale Jake Sullivan e il premier ha creato le condizioni perché l’episodio non si ripetesse. La compattezza sul fronte militare è reale. Biden ha ottenuto il sì a rafforzare «l’assistenza militare ai coraggiosi ucraini». Il comunicato della Casa Bianca è esplicito.
Si parla di «gravi preoccupazioni a proposito delle tattiche brutali della Russia, compresi gli attacchi ai civili». Si fa un generico riferimento «agli sforzi per un cessate il fuoco» che però non hanno portato a nulla. Per sintetizzare: i cinque non sono convinti che la guerra finirà in fretta, e per evitare un conflitto globale occorre insistere con la strada percorsa fin qui. I cinque sono contrari alla richiesta polacca di mandare truppe di peacekeeper in Ucraina, così come alla creazione di una no fly zone, come invoca il governo di Kiev.
Ma quella che presto potrebbe configurarsi nei cieli dell’Ucraina lo diventerebbe de facto. Il Pentagono ha infatti dato il via libera alla consegna di missili e armamenti di stampo sovietico custoditi in un deposito militare a Huntsville, in Alabama. Erano stati acquistati negli anni novanta per essere testati dai soldati americani ed ora verranno consegnati agli ucraini, già addestrati all’uso di quei congegni.
Fra le armi che arriveranno a Kiev ci sono anche gli Sa-8, sistemi di difesa anti-aerea avanzati che abbinati agli S-300 già in dotazione consentiranno a Kiev di migliorare il contrasto ai missili e all’aviazione russa. E’ la mossa con cui Washington spera di cambiare il destino del conflitto sul campo.
Non è un caso se in queste ore il Pentagono sottolinei che i piani iniziali di Putin sono falliti e che è costretto a cambiare strategia. Durante l’incontro si è lambito anche il tema del rafforzamento delle difese cibernetiche. Biden ha invitato le compagnie private occidentali ad «aumentare il livello di protezione» e ribadito che se Mosca colpirà, «l’America sarà pronta a rispondere»
Il ministero degli Esteri russo ha avvertito Washington: “Relazioni a rischio”. E il Cremlino ha convocato l’ambasciatore americano. Biden giovedì sarà a Bruxelles per il vertice straordinario della Nato, del G7 e per partecipare al Consiglio europeo. E’ la prima volta per un presidente americano in presenza: in passato è accaduto una sola volta – a distanza – durante l’emergenza Covid.
Con Biden ci sarà il capo del Pentagono Lloyd Austin. Subito dopo il presidente americano volerà a Varsavia per un bilaterale con il governo polacco, mentre ieri la casa Bianca ha escluso un blitz in Ucraina per incontrare Volodymyr Zelenski. Dopo le iniziali incomprensioni, il messaggio di Biden allo Zar delle Russie vuole essere quello di un Occidente unito come mai. Ciò vale anche per l’ambiguo alleato cinese di Mosca. La telefonata di venerdì fra Biden e Xi Jinping non ha prodotto risultati tangibili.
«Da loro solo parole, nessun atto per fermare il conflitto», commentava ieri il portavoce del Dipartimento di Stato Ned Price. L’Occidente è fin qui sollevato dalla decisione di Pechino di non correre in soccorso di Putin. L’importante è che i vertici del Partito comunista restino fermi. Biden ieri ha chiesto agli alleati proprio questo: dopo le iniziali divisioni sulle sanzioni, non fare lo stesso errore con Pechino.
Le divisioni emerse fra i partner europei su petrolio e gas russo sono un enorme regalo a Putin: Germania, Ungheria e Olanda una parte, Italia, Francia e Paesi baltici dall’altra. L’interscambio commerciale fra Europa e Cina è persino superiore a quello americano, e anche in questo caso chi ha più da perderci è la Germania.
(da “la Stampa”)
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				Marzo 22nd, 2022 Riccardo Fucile 
			
					“L’AGGRESSIONE ALL’UCRAINA CI DICE CHE LA PACE, LA STABILITÀ, LA DEMOCRAZIA E GLI STILI DI VITA SONO VALORI CHE NON POSSIAMO DARE PER SCONTATI”
“Si calcolano intorno a 15mila uomini le perdite russe in Ucraina. Sono numeri  abbastanza alti. Putin ha usato truppe che arrivavano da lontano, giovani e poco motivate, mentre gli ucraini combattono per casa propria”.
abbastanza alti. Putin ha usato truppe che arrivavano da lontano, giovani e poco motivate, mentre gli ucraini combattono per casa propria”.
Lo ha detto il capo di Stato Maggiore della Difesa, ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, in audizione alle commissioni Difesa di Camera e Senato.
“L’aggressione russa all’Ucraina ci dice che la pace, la stabilità, la democrazia e gli stili di vita sono valori che non possiamo dare per scontati nemmeno nel nostro Continente, ma dobbiamo attrezzarci per difenderli, lottare e combattere”.
Lo ha detto il capo di Stato Maggiore della Difesa, ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, in audizione alle commissioni Difesa di Camera e Senato, “La Russia – ha osservato l’ammiraglio – ambisce ad riaffermare il proprio ruolo di superpotenza internazionale utilizzando il suo peso strategico con estrema aggressività attraverso operazioni i militari sia classiche sia multidominio rispetto alle quali bisogna adeguarsi”.
L’Italia, ha ricordato, ha rafforzato la sua presenza sul fianco est della Nato, “aumentando gli Eurofighter in Romania, ora sono 8; in Lettonia abbiamo 250 uomini e nell’area sud tre navi. Sono poi pronte ad essere mobilitate 1.350 unità della task forze di elevata prontezza dell’Alleanza, con 500 incursori, 77 mezzi terrestri, 2 navi e 5 aerei”. . “La crisi ucraina – ha proseguito il capo di Stato Maggiore della Difesa – dice che la sicurezza è una sfida che si è complicata con attacchi ibridi e campagne disinformative, con i domini cyber e spaziale che hanno esacerbato la minaccia”.
(da agenzie)
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				Marzo 22nd, 2022 Riccardo Fucile 
			
					PUR DI CRITICARE CHI CRITICA PUTIN TIRA IN BALLO IL GREEN PASS
 C’è una guerra in corso che sta provocando centinaia di vittime innocenti solo tra i civili ucraini, senza considerare le ingenti perdite (su entrambi i fronti) tra i militari. C’è un uomo che ha deciso di invadere uno Stato sovrano spedendo migliaia di soldati fuori dai confini del suo Paese per bombardare, sparare, uccidere e conquistare città. Eppure in Italia si riesce nell’impresa di criticare chi critica Putin facendo sponda sulle vecchie e ataviche proteste contro il Green Pass per la pandemia. Ecco, Nicola Porro riesce in questa piccola impresa tricolore.
C’è una guerra in corso che sta provocando centinaia di vittime innocenti solo tra i civili ucraini, senza considerare le ingenti perdite (su entrambi i fronti) tra i militari. C’è un uomo che ha deciso di invadere uno Stato sovrano spedendo migliaia di soldati fuori dai confini del suo Paese per bombardare, sparare, uccidere e conquistare città. Eppure in Italia si riesce nell’impresa di criticare chi critica Putin facendo sponda sulle vecchie e ataviche proteste contro il Green Pass per la pandemia. Ecco, Nicola Porro riesce in questa piccola impresa tricolore.
La narrazione è sempre la stessa e risponde al cliché che recita: “E allora il Green Pass?”. Un vecchio motto benaltrista che si ripropone in tutte le salse e sfumature in Italia quando si parla di qualsiasi tema divisivo.
“A Rai 3 Gramellini fa un pistolotto contro Putin sulla libertà. Giusto, ma lui e gli altri paladini della libertà dov’erano quando ci hanno rinchiuso e imposto il Green Pass?”
Il tweet contiene anche un link a un articolo scritto da Claudio Romiti sul sito di Nicola Porro. E il giornalista e conduttore di “Quarta Repubblica” ha deciso di condividerlo. Il riferimento è a Massimo Gramellini che – e non è propriamente l’unico – nelle ultime settimane non ha utilizzato parole al miele nei confronti del Presidente russo.
Ma Porro riesce nell’impresa di aggiungere hashtag mentali ad hashtag social, andando a pizzicare quelle sponde estremiste che hanno rappresentato e rappresentano tutt’oggi l’universo no vax (in tutte le sue declinazioni) e quelle – con sfumature – che non condannano fermamente l’invasione russa dell’Ucraina. E queste sono le prime tre risposte che appaiono sotto a quel tweet.
Paragonare una misura sanitaria come il Green Pass a quel che sta accadendo a Kyiv e nelle altre città è un puro esercizio dialettico per cercare di consolidare consensi e ascolti. Perché, almeno la speranza è questa, mettere sullo stesso piano un certificato nazionale e l’uccisione di centinaia di civili innocenti non può essere una realtà.
(da NetQuotidiano)
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				Marzo 22nd, 2022 Riccardo Fucile 
			
					POI LE MOTIVAZIONI SONO QUASI PEGGIO DEGLI INSULTI… IL SINDACO DI UDINE NE CHIEDE LE DIMISSIONI
Messaggi discriminatori pubblicati attraverso il suo profilo Facebook contro i napoletani.  Tutto per una partita di calcio.
Tutto per una partita di calcio.
Il consigliere leghista di Udine, Carlo Pavan, inciampa due volte nel giro di poche ore nel classico razzismo nei confronti dei napoletani pubblicando due post pieni di insulti.
Il messaggio contro i napoletani è arrivato al termine del triplice fischio della partita vinta dalla squadra allenata da Luciano Spalletti contro l’Udinese, con il punteggio finale di 2-1, disputata sabato pomeriggio allo Stadio Diego Armando Maradona:
“Non era la partita da vincere. Ma un espulso dubbio e un rigore non fischiato… Meridionali per non dire napoletani di m… Fate schifo”.
Ma Carlo Pavan non si è limitato solamente a questo messaggio discriminatorio nei confronti dei napoletani. Perché, sempre attraverso la sua pagina Facebook, si è reso protagonista di un altro post in cui rincara la dose.
Parole che si commentano da sole e che travalicano (e non di poco) i confini della dialettica. Anche quella del mero tifo calcistico che, spesso e volentieri, porta a un’assurda esasperazione dei toni. Ed è arrivata anche la condanna da parte del Sindaco di Udine Pietro Fontanini che lavora fianco al fianco con Carlo Pavan.
“Sono inopportune ed offensive. Ad Udine ci sono moltissimi napoletani, tra cui il mio Assessore allo Sport, Falcone. I tifosi perdono la testa, ma non è ammissibile quanto fatto dal mio consigliere. Ho visto la partita, primo tempo a favore dell’Udinese, nel secondo il Napoli ha meritato e sono contento della sua posizione in classifica”.
E ora cosa accadrà? Il consigliere leghista sembra essere intenzionato a rimettere il suo mandato di Consigliere comunale (di maggioranza) e di Assessore allo Sport nelle mani del primo cittadino. Perché si è pentito di quel che ha scritto sui social? A leggere le dichiarazioni del sindaco di Udine a Punto Nuovo Sport Show non sembra essere questo il motivo.
“Dimissioni? Le darà lui: dice che è stanco di esser rimproverato. È un po’ esuberante e lascerà il suo scranno. Pavan pentito? Lui parla di termini inopportuni: un pentimento c’è. Atteggiamenti razzisti? Mi disturba tanto, la mia vittoria alle elezioni è merito anche di tanti meridionali e napoletani che mi hanno sostenuto”.
Termini inopportuni, lapalissiano. Ma Pavan dice di essere stanco di essere rimproverato. Insomma, si dimette perché non vuole essere criticato. D’altronde il consigliere leghista si rese protagonista anche di una paradossale battaglia nel giugno del 2020: quella in favore dei ricchi costretti a pagare l’IMU e le tasse.
(da NetQuotidiano)
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				Marzo 22nd, 2022 Riccardo Fucile 
			
					E’ RIMASTO IN CITTA’ INSIEME A SUA MOGLIE
 Dopo i primi bombardamenti sulla città di Kherson, Antonio Antonelli e sua moglie avevano la possibilità di lasciare l’Ucraina martoriata dalla guerra.
Dopo i primi bombardamenti sulla città di Kherson, Antonio Antonelli e sua moglie avevano la possibilità di lasciare l’Ucraina martoriata dalla guerra.
Potevano salire a bordo di un autobus che li avrebbe portati all’aeroporto per lasciare il Paese e tornare in provincia di Rieti, dove è nato l’uomo. Ma, a quasi un mese dall’inizio del conflitto, lui e la donna sono ancora nella città, chiusi in una casa per mettersi al riparo dalle bombe che continuano a piovere dal cielo. Perché su quel bus non sono mai saliti, perché hanno voluto lasciare il loro posto a due mamme e sei bambini.
Come riporta il quotidiano Il Messaggero, Antonio Antonelli è un imprenditore originario di Montisola di Contigliano, in provincia di Rieti. Ed è uno dei 239 nostri connazionali che si trovano ancora all’interno dei confini ucraini. È passato quasi un mese da quel suo gesto di umanità e solidarietà che lo ha portato a rinunciare a quel biglietto per la fuga da Kherson.
“C’erano due mamme e sei bambini, con mia moglie ci siamo guardati e abbiamo pensato che stavamo facendo la cosa giusta. E abbiamo ceduto i posti”.
Una decisione che risponde a un grande gesto di umanità. Ma ora per lui, per sua moglie (e per molte altre persone) la via d’uscita dalle bombe sembra essere molto complicata.
Al quotidiano romano l’imprenditore – che ha compiuto 67 anni proprio alla vigilia dell’inizio della guerra in Ucraina – ha raccontato che ora vive in quella casa nella zona di Kherson insieme alla moglie. E con loro altre due famiglie (tra cui 4 bambini) che avevano perso la casa a causa dei bombardamenti.
L’uomo ha lanciato un appello alla Farnesina per aiutare lui e la moglie a lasciare l’Ucraina. Nelle ultime settimane, infatti, il cibo e l’acqua sono iniziati a scarseggiare. Queste carenze sono state soffocate dai rumori delle esplosioni e dei carri armati che continuano ad attraversare la città.
(da NetQuotidiano)
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				Marzo 22nd, 2022 Riccardo Fucile 
			
					LE PROVE: PIÙ DELLA METÀ DELL’EQUIPAGGIO È COMPOSTO DA AGENTI DEL FSO, LO SPECIALE SERVIZIO SEGRETO PRESIDENZIALE A CUI È SPECIFICAMENTE AFFIDATA LA SICUREZZA DI “MAD VLAD”
Lo yacht, stando all’ultima geolocalizzazione, che è stata compiuta da La Stampa  incrociando due siti di geolocalizzazione ieri sera alle 19, si trova ancora nel porto italiano di Marina di Carrara, accanto a Forte dei Marmi, una delle destinazioni preferite dagli oligarchi russi, ma anche molto vicino alla Costa Smeralda, amatissima dai russi, per uno yacht che può superare facilmente i diciotto nodi.
incrociando due siti di geolocalizzazione ieri sera alle 19, si trova ancora nel porto italiano di Marina di Carrara, accanto a Forte dei Marmi, una delle destinazioni preferite dagli oligarchi russi, ma anche molto vicino alla Costa Smeralda, amatissima dai russi, per uno yacht che può superare facilmente i diciotto nodi.
Un’inchiesta del New York Times apparsa a inizio marzo aveva già sostenuto, con fonti di intelligence americane, che lo “Scheherazade” sarebbe di Vladimir Putin, ma la società italiana che lo ha in gestione al porto, The Italian Sea Group, aveva completamente smentito: «In funzione della documentazione di cui dispone e a seguito di quanto emerso dai controlli effettuati dalle autorità competenti, dichiara che lo yacht di 140 metri Scheherazade, attualmente in cantiere per attività di manutenzione, non è riconducibile alla proprietà del presidente russo Vladimir Putin».
Giorni fa, uomini della Finanza e probabilmente dell’intelligence italiana erano saliti a bordo, a prelevare tuti i documenti. Ora una nuova inchiesta della Fondazione Anticorruzione di Alexey Navalny, coordinata da Maria Pevchikh e Georgy Alburov, pubblica nuovi documenti che sembrano dimostrare in modo difficilmente controvertibile che il presidente russo è il reale beneficiario finale dello yacht.
In questo caso toccherebbe al governo italiano – al quale la Fondazione Navalny sta per consegnare tutti i documenti – decidere se sequestrare o meno l’imbarcazione.
Lo Scheherazade, 140 metri con una stazza da 10.167 tonnellate, sei piani, due eliporti, e ogni genere di lusso a bordo, secondo l’inchiesta ha tutto l’equipaggio composto da russi tranne il primo capitano (britannico) ma soprattutto – e questo è il punto dirimente – più della metà di questi sono agenti del Fso, il Servizio di Guardia Federale della Russia, lo speciale servizio segreto presidenziale a cui è specificamente affidata la sicurezza del presidente del Cremlino, «un equivalente dell’americano Usss”, spiega Roman Borisevich, del Clamp_k (Committee for Legislation Against Moneylaundering in Property by _ Kleptocrats)
Subito dopo Anatoly Furtel, residente in via Furmanova 10, a Sochi (che è la sede dell’ufficio dell’Fso che garantisce la sicurezza della residenza del presidente). Alexander Pechurkin, registrato come Sanya Fsb. Alexander Fso e Alexander Graysful (“Graceful” è il nome di un altro yacht che è considerato di Putin, e fu spostato dal porto di Amburgo, direzione Kaliningrad, pochi giorni prima della tornata di sanzioni dell’Ue.
Graceful è attualmente intestato a Gennadi Timchenko, amico di Putin dai tempi della Cooperativa Ozero, già capo di Gunvor, azienda di rivendita di commodities legate a gas e petrolio della Russia). Ma nei documenti dell’equipaggio ci sono altri nomi di uomini dei servizi russi, Evgheny Schvedov, “ufficiale di sicurezza per l’unità militare 38974” (ossia l’Fso per il Caucaso, e con residenza sempre in via Furmanova 10, a Sochi)
Stessa posizione per Aleksandr Khristoforov. Nei giorni scorsi La Stampa ha raccontato che lo yacht, secondo fonti investigative italiane, sarebbe di proprietà di Eduard Yurievich Khudainatov, presidente di una società russa nell’oil & gas, ex presidente di Rosneft (il gigante petrolifero di stato), attraverso una società offshore che risulta essere una scatola vuota alle Isole Marshall
Due delle sue società, Ipc e Nnk-Promirnefteproduct, sono state sanzionate dagli Usa nel 2017 per aver venduto petrolio alla Corea del Nord violando l’embargo, ma lui non è personalmente sotto sanzioni.
Impossibile però che pezzi così ampi dei servizi segreti russi come equipaggio possano essere mobilitati per una figura come la sua. Piccola nota finale, gli uomini del Fso che avevano in carico lo yacht come “equipaggio” sono sempre entrati e usciti dall’Italia attraverso l’aeroporto di Milano. Italia, terra di pascolo per le spie russe.
(da La Stampa)
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				Marzo 22nd, 2022 Riccardo Fucile 
			
					“117 BAMBINI UCCISI”… “RICORDEREMO SEMPRE L’AIUTO DELL’ITALIA”
 Un applauso ha accolto il presidente ucraino in videocollegamento con Montecitorio alla presenza di deputati e senatori
Un applauso ha accolto il presidente ucraino in videocollegamento con Montecitorio alla presenza di deputati e senatori
“Il nostro popolo è diventato l’esercito. Immaginate Mauriupol come una Genova completamente bruciata. Come una città da cui scappano le persone per raggiungere i pullman per stare al sicuro. Il prezzo della guerra è questo: 117 bambini uccisi. Non accogliete i russi in vacanza in Italia, inasprite le sanzioni”.
Così il presidente ucraino Volodymyr Zelesky ha iniziato il suo discorso (di circa 15 minuti) in videocollegamento con deputati e senatori riuniti alla Camera. Un intervento accolto da un applauso – sebbene l’aula non fosse pienissima considerando che riuniva deputati e senatori- e preceduto dalle parole dei presidenti di Montecitorio e Palazzo Madama, Roberto Fico (“Testimoniamo nel modo più solenne la vicinanza e il sostegno di tutto il Parlamento e del popolo italiano all’Ucraina”) e Elisabetta Casellati (“Esprimiamo ammirazione per il coraggio del popolo ucraino e confidiamo in una soluzione negoziale”). In Aula anche il premier Mario Draghi, che ha dichiarato: “La resistenza di tutti i luoghi in cui si abbatte la ferocia del presidente Putin è eroica”. Le parole del premier sono state interrotte da 10 applausi e una standing ovation finale dei presenti in Aula.
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