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GLI OLIGARCHI RUSSI STANNO PERDENDO MILIARDI DI DOLLARI, ANCHE I PIU’ FEDELI A PUTIN INIZIANO AD ALLONTANARSI

Marzo 26th, 2022 Riccardo Fucile

DAL PROPRIETARIO DI ALFA-BANK AL RE DELL’ALLUMINIO

L’obiettivo dell’Occidente era quello di colpire la Russia con sanzioni pesantissime che andassero a minare soprattutto l’impero degli uomini più vicini al presidente Vladimir Putin.
Ora, come riporta Marco Imarisio sul Corriere della Sera di oggi 26 marzo – citando un sito indipendente russo, poligon.media sorto sulle ceneri del giornale MBKh fondato dall’ex oligarca dissidente Mikhail Khodorkovskij – molti oligarchi starebbero iniziando ad allontanarsi dal presidente russo.
«Non so più come fare a vivere», ha detto al Financial Times Piotr Aven, azionista di Alpha Bank, considerato tra gli uomini più vicini a Putin, che ha visto assottigliarsi di 786 milioni di euro il suo patrimonio da 4,1 miliardi.
«I miei affari sono distrutti, tutto quello che ho costruito in 30 anni non esiste più», ha tuonato.
Si tratta di uomini ricchissimi i cui patrimoni si nascondono nelle banche off shore (e non solo) di tutto il mondo. Numeri alla mano, le perdite dei soli 10 oligarchi russi dall’inizio delle sanzioni ammontano a ben 85 miliardi di dollari, ovvero 77 miliardi di euro. Ancora da definire invece quelle degli altri, considerando che comunque le ricchezze dei magnati russi vicini al Cremlino rappresentano circa il 35% del Pil russo, stando ai dati del 2020.
C’è anche chi inizia a protestare
Aleksej Mordashov, presidente di Rossiya Bank e proprietario di Severstal, colosso del settore minerario ed energetico, ad esempio, ha perso 3,184 miliardi di euro.
E pure uno yacht sequestrato in Italia, a Imperia.
Roman Abramovich, proprietario del Chelsea, invece, non ha più i suoi 4 miliardi di euro. Gennadij Timchenko, sesto uomo più ricco della Russia, ha perso 10 miliardi e 371 milioni di euro, ovvero la metà del suo patrimonio personale.
E qualcuno inizia a prendere le distanze (seppur, al momento, molto timide): si pensi a Mikhail Fridman, proprietario di Alfa-Bank e di LetterOne, che ha avuto perdite per 5 miliardi. Ha auspicato una pace immediata. Oleg Deripaska, infine, re dell’alluminio, ha avanzato qualche critica alla guerra in Ucraina. Lui ha perso oltre 6 miliardi.
(da agenzie)

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NON SOLO SHOIGU; ECCO TUTTI I FUNZIONARI DELLA SICUREZZA RUSSI “SCOMPARSI“

Marzo 26th, 2022 Riccardo Fucile

ECCO CHI SONO E COSA NON TORNA

La guerra in Ucraina non è andata esattamente come sperava il presidente russo Vladimir Putin. Qualcosa deve essere andato storto e la resistenza degli ucraini ha giocato un ruolo fondamentale.
Per questo motivo – come riporta il Moscow Times – sta succedendo qualcosa di strano, con funzionari della sicurezza che appaiono e poi improvvisamente scompaiono.
Il ministro russo della Difesa, Sergei Shoigu, una delle tre persone che hanno in mano i codici nucleari di Mosca, ad esempio, è scomparso per 13 giorni: ora si apprende che avrebbe avuto un infarto. Ma a dirlo è il viceministro dell’Interno ucraino, affermazione che non può essere verificata in maniera indipendente.
E che, quindi, lascia spazio a diverse letture. Inizialmente si era pensato addirittura a una punizione per la campagna militare fallimentare in Ucraina.
Qualcuno ipotizzava che fosse addirittura morto. Shoigu giovedì 24 marzo è apparso sullo schermo di una videoconferenza con il presidente russo (ma anche su questo occorre una verifica indipendente visto che le immagini dell’incontro, secondo lo stesso sito, sarebbero simili a quelle dell’11 marzo). Tra gli scomparsi, aggiunge il Moscow Times, ci sarebbero anche Viktor Zolotov, Igor Kostyukov, Valery Gerasimov e Alexander Bortnikov.
Chi sono i funzionari “scomparsi” e cosa non torna
Il direttore del Servizio federale delle truppe della Guardia nazionale russa, Viktor Zolotov, è scomparso dai media il 13 marzo, dopo aver ammesso, durante una funzione religiosa e in presenza del patriarca ortodosso di Mosca, che l’«operazione militare speciale» in Ucraina – così come viene chiamata dai russi – in effetti «non stava andando alla velocità prevista».
L’11 marzo lo stesso Zolotov aveva consegnato premi ai russi che si erano distinti nella guerra. Il 17 si è appreso che Zolotov avrebbe licenziato il suo vice Roman Gavrilov, il numero due della Guardia nazionale russa, un suo caro amico tra l’altro. L’accusa a Gavrilov è di appropriazione indebita di fondi della Guardia nazionale destinati ai combattenti in Ucraina. Si parla soprattutto di «sperpero di carburante».
Sembra essere sparito anche Valery Gerasimov, capo di Stato maggiore generale delle Forze armate russe. Il 12 marzo ha avuto una conversazione con un collega turco, il 4 marzo ha discusso della situazione in Ucraina con il capo di Stato maggiore delle Forze armate francesi. Poi è sparito. Anche di lui non ci sono più messaggi né foto o video. Il 24 marzo il Pentagono ha detto che Shoigu e Gerasimov si sarebbero rifiutati di parlare con loro al telefono.
L’ultimo contatto risale al 18 febbraio. Igor Kostyukov, vice capo di Stato maggiore delle Forze armate, invece non godrebbe di buona salute. Di lui si sa pochissimo: solo l’ex ministro degli Affari interni dell’Ucraina Arsen Avakov ne ha parlato sostenendo che avrebbe problemi al cuore. Infine c’è Alexander Bortnikov, capo del Servizio federale per la sicurezza, apparso alle riunioni del Consiglio di sicurezza di Putin l’11 e il 24 marzo. Bortnikov, però, appare sempre con gli stessi vestiti, stesso sfondo dietro, e sempre per pochi secondi, senza pronunciare alcuna parola. Su di lui non ci sono ulteriori notizie.
(da agenzie)

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PERCHE’ I SINDACI UCRAINI SONO NEL MIRINO DEI RUSSI

Marzo 26th, 2022 Riccardo Fucile

IL SINDACO DI IRPIN: “MI SEGUONO CON I DRONI PER UCCIDERMI, MA CON LORO NON TRATTO“

Con l’ultimo tentativo di ieri 25 marzo, il sindaco di Irpin dice di essere scampato già a tre tentativi di ucciderlo da parte dei russi.
Oleksander Markushin, 40 anni, racconta all’inviato di Repubblica, Fabio Tonacci, come i sindaci ucraini siano diventati un obiettivo di alta priorità per l’esercito russo. Fonti ucraine ieri avevano fissato a 14 i primi cittadini detenuti dai russi. Rapimenti travestiti da arresti che precedono una sostanziale sostituzione con figure più disposte a collaborare con Mosca.
Markushin non rientrerebbe in quella categoria: «Per quanto mi riguarda, possono anche rapirmi o torturarmi: io un accordo con loro non lo firmerò mai».
Perciò racconta che i russi tentano da giorni di colpirlo: «Avevano già sparato alla mia auto, poi mi hanno bombardato la casa». Markushin è certo di essere stato lui il bersaglio, innanzitutto perché intorno a casa sua non ci sono obiettivi militari, e poi per il rifiuto arrivo proprio quello stesso giorno: «Avevo rifiutato una proposta di collaborazione fattami arrivare da russi. L’ho spedita al mittente platealmente, scrivendo un post su Facebook».
Markushin spiega che in questa fase i russi puntano a convincere i sindaci a firmare la resa, così da poter diffondere la storia e usarla per propaganda: «Perché un sindaco in Ucraina è come la nave ammiraglia, la sua comunità lo segue e lo ascolta sempre. Quindi mostrare al popolo che un sindaco si è piegato e sta dalla parte del nemico è il modo migliore per fiaccare lo spirito di quel territorio e conquistarlo».
Irpin è tra le città che gli ucraini sarebbero riusciti a riconquistare, come conferma lo stesso sindaco: «L’80% è tornata sotto il nostro controllo, ma negli ultimi tre giorni i russi hanno reagito istericamente con bombardamenti devastanti su palazzi residenziali, usando artiglieria, missili, granate. Li stiamo respingendo fuori, verso Bucha».
(da NetQuotidiano)

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LA GRANDE RITIRATA CAMUFFATA DA VITTORIA: LOGORATI E IMPANTANATI, I RUSSI ARRETRANO E ANNUNCIANO IL CAMBIO DI STRATEGIA

Marzo 26th, 2022 Riccardo Fucile

SI CONCENTRERANNO NELLA “LIBERAZIONE” DEL DONBASS. TUTTO ‘STO CASINO PER POI OTTENERE SOLTANTO LA REGIONE CHE GIÀ DI FATTO CONTROLLAVANO? È L’UNICO MODO PER “MAD VLAD” PER FAR FINTA DI AVER VINTO

Il conflitto in Ucraina potrebbe accingersi ad entrare in una nuova fase. Stando alle dichiarazioni del vicecapo di Stato maggiore Sergej Rudskoi durante una conferenza stampa del ministero della Difesa russo “gli scopi principali della prima fase dell’operazione sono stati realizzati.
La capacità militare dell’Ucraina è stata significativamente ridotta, il che ci permette di concentrarci sul nostro principale obiettivo: liberare il Donbass”. Si ritorna da dove si è partiti, nelle strategie militari del Cremlino: rimuovere dalle regioni indipendentiste di Donetsk e Lugansk ogni traccia di autorità ucraine.
Non è chiaro se nei piani di Mosca sia prevista una vera e propria annessione della regione oppure se il riconoscimento dell’indipendenza con l’instaurazione di un governo filo-russo.
Ciò che è certo però è che le dichiarazioni di Rudskoi stridono con quanto affermato da Putin all’inizio dell’invasione, quando il presidente russo parlava di “rovesciare il regime che controlla il territorio ucraino” e incoraggiava la popolazione a destituire il presidente ucraino Zelensky con un colpo di stato.
L’ufficiale ha aggiunto che l’obiettivo del Cremlino è sempre stato questo e che non ha mai “avuto intenzione di conquistare” Kyiv, Kharkiv, Kherson, Mykolaiv e tutte le altre città bombardate da oltre un mese.
Ma alla luce del durissimo discorso di Putin alla nazione, nel quale dichiarava che “l’Ucraina non esiste, ha sempre fatto parte della Russia”, sia la comunità occidentale che lo stesso Zelensky hanno accolto con scetticismo le parole di Rudskoi: “È rischioso fare prognosi su come finirà la guerra mentre stai ancora combattendo contro un avversario molto più potente”, commenta Andriy Yermak, capo dello staff del presidente, facendo notare che i bombardamenti non sono stati interrotti neanche durante il discorso dell’ufficiale del ministero della Difesa russo.
“Le nostre eroiche forze – ha affermato Zelensky – hanno inflitto nell’ultima settimana potenti colpi e significative perdite al nemico. Limitando le azioni della Russia, la nostra resistenza sta spingendo la leadership del Cremlino verso un’idea semplice e logica: è necessario negoziare”.
(da NetQuotidiano)

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L’INSEGNANTE RUSSO LICENZIATO E COSTRETTO A EMIGRARE PER NON ESSERSI ALLINEATO ALLA PROPAGANDA

Marzo 26th, 2022 Riccardo Fucile

IL RACCONTO DELLA SUA ESPERIENZA

Si è rifiutato di seguire le “linee guida” fornite dal Cremlino per parlare della “operazione militare speciale in Ucraina”, e ha pagato a caro prezzo la sua scelta: Kamran Manafly, insegnante 28enne di Mosca, ha perso il lavoro dopo aver postato su Instagram una fotografia che lo ritraeva a una manifestazione contro la guerra con la didascalia “Non voglio essere uno specchio della propaganda del governo”. “Comportamento immorale” è la motivazione con la quale la scuola lo ha messo alla porta.
Inoltre il dirigente dell’istituto ha minacciato di farlo processare “per aver tradito la madrepatria”, citando il celebre discorso di Vladimir Putin sui russi capaci di scovare i “traditori” e di “sputarli come fossero moscerini”.
Manafly ha raccontato la sua esperienza al sito russo indipendente Meduza, che dall’inizio del conflitto si è rivelato uno dei pochissimi spazi di opposizione all’ombra del Cremlino.
“Dopo il 24 – ha detto – tutto è diventato molto meno libero. Ci hanno mandato delle linee guida sulla “operazione speciale”, come la chiamano loro, sulle origini del conflitto, e così via. Dovevamo raccontare tutto questo e mostrare tutto questo ai bambini. Naturalmente ho rifiutato”.
Ma pochi giorni dopo a tutti gli insegnanti è stato detto che “non era permesso avere opinione nostre”, perché “impiegati dello Stato”.
“Questa frase mi ha davvero colpito – spiega Manafly – perché non credo che i lavoratori statali debbano essere schiavi dello Stato. Ci hanno detto di parlare ai bambini solo secondo queste linee guida, di evitare – non sia mai – che qualcuno esprima una propria opinione. Questo mi ha fatto scattare. Per legge le scuole dovrebbero essere terreni neutrali, mentre ora ci costringevano a diffondere propaganda”.
L’insegnante ha raccontato di aver provato a spiegare ai suoi studenti, curiosi di quello che stesse accadendo in Ucraina: “Ho cercato di rimanere neutrale, di spiegare ai bambini la situazione senza diventare politico. Ho detto loro che molte cose andavano male, consigliando di trarre le conclusioni”. Ma non è bastato.
La preside l’ha convocato per informalo del licenziamento, e quando lui ha provato ad impugnare il provvedimento per un ricorso ha riunito tutti gli insegnanti per aizzarli contro di lui.
A quel punto ha deciso di lasciare il Paese: ”Non ho ancora deciso dove andrò. Ora come ora sono in una fase di transito, ma molto probabilmente mi sistemerò in un paese occidentale. Spero di poter insegnare in un altro paese, ma in questo momento voglio solo andare in un posto sicuro e trovare un po’ di pace”.
(da NetQuotidiano)

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