Gennaio 3rd, 2024 Riccardo Fucile
I BUONI BORGHESI SI SONO “STANCATI” DI AIUTARE L’UCRAINA, COME PREVEDIBILE: SANNO SOLO PENSARE AI CAZZI PROPRI (FINO A CHE NON TOCCHERA’ A LORO)
Diciamo la verità, non c’è voluto molto, neppure un gran coraggio, a scommettere a suo tempo contro l’Occidente.
Tanto meno c’è stato bisogno di un gran fiuto politico a prevedere che, passato il primo momento di emozione e di entusiasmo, le opinioni pubbliche dei Paesi della Nato e i rispettivi governi si sarebbero più o meno rapidamente stancati di aiutare l’Ucraina a resistere all’invasione russa.
A prevedere che ci saremmo stancati di gettare miliardi nella fornace di una guerra apparentemente così lontana da noi, sottraendoli alle necessità del nostro livello di consumi e di benessere. Che ci saremmo stancati di metterci contro mezzo mondo rischiando anche i nostri affari pur di non accettare che cambiassero padrone alcuni territori lontani che nessuno di noi neppure sapeva dove fossero.
Facile prevedere che noi europei sempre così amanti della «pace» e dell’«amicizia dei popoli», prima o poi ci saremmo stufati di dover dire di sì alle continue richieste dal tono vagamente ricattatorio di sempre nuovi soldi e nuove armi avanzate da un bizzarro personaggio in maglietta verde che sembrava considerarci quasi una sorta di bancomat a sua disposizione. Insomma va bene la questione di principio, l’aggressione che non deve pagare e tutto il resto: ma si può andare in malora solo per una questione di principio?
Eppure c’è un che di maramaldesco e vorrei aggiungere di impudico nel tono compiaciuto di tutti quelli che adesso a proposito di quella guerra dicono e scrivono: ve l’avevamo detto che era meglio lasciar perdere, che l’impegno richiesto era troppo superiore alle nostre, o meglio vostre, capacità e volontà. È il tono da Maramaldo di chi non nasconde la propria soddisfazione perché alla fine ha vinto il più forte, ed è l’impudicizia di chi è tutto contento per la conferma che alla fine tra gli esseri umani la viltà ha sempre la meglio: in questo caso – vogliamo dirlo ? – la nostra viltà.
(da Il Corriere della Sera)
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Gennaio 3rd, 2024 Riccardo Fucile
IL DEPUTATO AVEVA ALTRE SEI ARMI
Finora l’unica arma sequestrata al deputato di Fratelli d’Italia
Emanuele Pozzolo è la mini-revolver del caso di Capodanno. Ma ora che la prefettura di Biella ha avviato l’iter per il ritiro del porto d’armi, il parlamentare rischia di dover dire addio a tutto il suo arsenale, dopo la rinuncia alla North American arms LR22. Pozzolo aveva chiesto e ottenuto il porto d’armi per difesa personale, secondo La Stampa dopo le sue posizioni in difesa della resistenza iraniana.
Concesso dalla questura di Vercelli, il permesso consentiva a Pozzolo di usare pistole e fucili nei campi di tiro nazionali. Dopo il trasferimento di residenza in provincia di Biella, a Campiglia Cervo, il provvedimento di revoca è partito dalla prefettura competente biellese.
L’iter per la revoca del porto d’armi
Dopo l’apertura dell’indagine per lo sparo dalla sua pistola la notte di Capodanno, quando è rimasto ferito un 31enne genero di un uomo della scorta del sottosegretario Andrea Delmastro, sono partiti i controlli sulle armi regolarmente registrate da Pozzolo.
In casa il deputato ha altre sei armi, tra pistole e fucili. Per queste il sequestro non sarà immediato. Pozzolo può opporsi alla revoca del porto d’armi entro una settimana, presentando le proprie controdeduzioni prima che il provvedimento del prefetto sarà effettivo e faccia scattare il ritiro. A quel punto però non ci sarà un vero e proprio sequestro, ma le forze dell’ordine prenderanno in consegna le sei armi.
A quel punto Pozzolo avrà altri sessanta giorni per fare eventuale ricorso al Tar, altrimenti tre mesi nel caso volesse fare ricorso straordinario al Presidente della Repubblica. Nel caso in cui i suoi ricorsi dovessero essere rigettati, il deputato dovrà decidere se far rottamare le sue pistole e fucili o cederle a un suo conoscente, sempre che abbia il porto d’armi adeguato per detenerle legalmente.
(da Open)
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Gennaio 3rd, 2024 Riccardo Fucile
LA REPLICA DI LUCA CAMPANA, ELETTRICISTA DI 31 ANNI. RIMASTO COLPITO ALLA COSCIA DAL PROIETTILE
“Non è andata come dice Pozzolo, io non ho mai toccato quella pistola”. Ecco la versione di Luca Campana, l’elettricista specializzato di 31 anni – genero del caposcorta del sottosegretario alla giustizia Andrea Delmastro – rimasto ferito al termine del cenone di Capodanno nella sala della Pro loco di Rosazza, il borgo di 99 anime a 70 chilometri da Torino, in provincia di Biella.
Dalle poche parole che mercoledì mattina Campana ha riferito al suo avvocato emerge un’altra verità, che smentisce la versione dei fatti resa dal deputato vercellese di Fratelli d’Italia (Fdi) “Non ho mai toccato quella pistola”: il ferito dallo sparo di Capodanno smentisce Pozzolo con i carabinieri del comando provinciale di Biella.
Secondo almeno due testimonianze dirette sarebbe stato proprio Pozzolo a impugnare la North american arms, la mini-pistola da borsetta calibro 22 del costo di 500 euro quando è partito il proiettile che ha ferito Campana al gluteo sinistro.
Mentre la calibro 22 è già partita alla volta dei laboratori del Ris di Parma per gli accertamenti irripetibili, la procura di Biella ha dato parere favorevole alla revoca del porto d’armi rilasciato a Pozzolo.
La prefettura di Biella, da parte sua, aveva già avviato l’istruttoria per verificare la sussistenza dei requisiti per la revoca del porto d’armi. Certamente Pozzolo, dicendo che non ha sparato lui, e quindi aprendo all’ipotesi di reato dell’omessa custodia dell’arma, non si è aiutato. Anzi. Si tratta infatti di un reato più grave e procedibile d’ufficio rispetto alle lesioni personali (per cui è indagato) per le quali, da sole, si sarebbe proceduto solo dopo un’eventuale querela del ferito.
Prima di essere eletto e di richiedere e ottenere il porto d’armi per difesa personale, Pozzolo già nel 2021 aveva ottenuto il porto d’armi per uso sportivo. Che ora, in virtù della sua condotta al termine della notte di Capodanno, potrebbe essergli revocato. Così come potrebbero essergli sottratte, con una procedura amministrativa, la pistola e le carabine custodite in casa a Vercelli, dove Pozzolo, formalmente, non risiede più.
(da agenzie)
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Gennaio 3rd, 2024 Riccardo Fucile
“PIÙ CHE FASCISTI, APPARTENGONO ALLA CATEGORIA DEGLI STUPIDI, CHE DANNEGGIANO GLI ALTRI, MA ANCHE SE STESSI. PERCIO’ HANNO LA SCORTA”
Le scene di caccia in Basso Biellese al cenone con i Delmastro,
sfociate nel ferimento di un giovane con la pistola del deputato Pozzolo e chiaramente ispirate alla saga di Fantozzi, confermano che i Fratelli d’Italia non sparano solo cazzate e, più che fascisti, appartengono alla categoria descritta da C. M.Cipolla: gli stupidi, che danneggiano gli altri, ma anche se stessi.
Perciò hanno la scorta. Prendete l’on. Pozzolo, finiano, poi leghista, ora meloniano, fan di Ratzinger e Bukowski (due gocce d’acqua), celebre per il tweet profetico “Mai visto una pistola sparare da sola”.
I23030 dicembre non sa cosa portare al veglione della Pro Loco. Panettone? Pandoro? Spumantino?
Banali. Meglio il revolverino Nor th american arms appena comprato per difendersi dagli ayatollah, che gliel’han giurata per il suo sostegno alla “resistenza iraniana ” inserendolo sulla lista nera subito dietro a Rushdie. Alle ore 23 Delmastro se ne va, come l’orchestra del maestro Canello che al cenone di Fantozzi&C. parte col countdown un’ora prima arretrando furtivamente le lancette per anticipare la mezzanotte e poi fugge in un’altra festa pagata meglio. Mentre tutti estraggono petardi, stelle filanti, cappellini e lingue di Menelik, Pozzoli sfodera il fiammante pistolino, ovviamente carico: “Bel gioiellino eh? Ragazzi, volete provarlo?”. Sarà mica colpa sua se parte il colpo che centra il genero di un agente di scorta di Delmastro dimenticato lì
Intanto FdI fa sapere che la sparatoria è “un fatto di cronaca senza rilevanza politica”: mica è il Capodanno di Conte a Cortina (peraltro disarmato). L’anno prossimo FdI festeggerà con una battuta di caccia. Il Pozzolo arriverà in uniforme da generale prussiano a bordo di un tank Lince restituito da Zelensky, passerà a Delmastro il trombone da brigante calabrese: “Tenghi, tanto è completamente sca…”. E lì la valle sarà squarciata da una tremenda esplosione. Il sottosegretario verrà coperto con frasche mentre l’onorevole s’infilerà il minirevolver nella cintura esplodendo inavvertitamente un colpo che estinguerà la sua attrezzatura da riproduzione. E da allora indosserà dei mutandoni con un’eloquente dicitura: “Chiuso per lutto”.
Marco Travaglio
(da Il Fatto Quotidiano)
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Gennaio 3rd, 2024 Riccardo Fucile
“ANDAVA IN GIRO CON UNA PISTOLA DA BORSETTA, UNA ROBA DA SIGNORINE E NON LA SAPEVA NEANCHE USARE. POZZOLO E’ UN ‘STUPIDÒT’ CHE VIENE DA FUORI”
Neanche la potente Madonna di Oropa salverà l’onorevole Pozzolo dal suo destino di “balengo”, ora ufficialmente sancito in questa alta Valle Cervo, dove pure possiede una baita con vista panoramica sulla valle.
Ma la gente di montagna non perdona le figuracce, e nemmeno gli scampati pericoli. Così, nei pochi posti aperti per il poco turismo locale, si sghignazza apertamente, «ma solo perché non c’è scappato il morto», e ad esempio in un negozio di alimentari ci sono due che mimano la scena: «Allora io tiro fuori la pistola dalla tasca, ma mi cade e parte il colpo». E l’altro: «No, io ti voglio far vedere come funziona, ma non sono capace e mi parte il colpo».
Fa anche ridere che andasse in giro con una pistola da borsetta, «una roba da signorine… che non sapeva neanche usare», detto da uno che partecipa alle battute al cinghiale, su per i boschi. Quindi, balengo.
Espressione così piemontese – siamo a metà tra lo stupido e lo scemo inconsapevole – , Luciana Littizzetto l’ha diffusa in tutta Italia, anche oltre Torino e anche oltre Vercelli, che è la patria del Pozzolo, ormai tutti sanno cosa significa.
E poi, adesso che anche il sottosegretario Delmastro ha messo una distanza di sicurezza di 40 chilometri – «Io sono di Biella, lui è di Vercelli. Facciamo politica tutti e due nello stesso partito, quindi ci conosciamo per forza» – adesso per il deputato non c’è più salvezza: «Andrea è uno serio. L’altro? Viene da fuori. Un ‘stupidòt’, che ha rischiato di ammazzare qualcuno», dice un anonimo paesano (nessuno, a parte pochissimi, dà nome e cognome).
Così finiscono i potenti, visto che a una recente cena elettorale Andrea Delmastro aveva parlato di Emanuele Pozzolo come di un amico-discepolo, «sapete, io gli faccio da chioccia. È al suo primo mandato…», cioè è inesperto, giovane, uno che deve imparare.
Rosazza. Un posto d’altri tempi, cento residenti ufficiali, settanta effettivi. Benedetto da un potente dell’Ottocento, il senatore del Regno Federico Rosazza. «Vada a farsi un giro in paese, questo è un posto esoterico! magico!», dice entusiasta Lara, l’impiegata dell’ufficio postale. Beh, ci sono le ville Belle époque, tutte chiuse. Un castelletto neogotico, come piaceva allora, gli industriali lanieri si costruivano ai mille metri le dimore estive per sfuggire il gran caldo di Biella.
Ma il senatore Rosazza era anche massone e occultista, perciò ha riempito il paese natale di simboli esoterici, e anche di qualche svastica, che però non c’entrano niente con il nazismo. Era un tipo così, che faceva le sedute spiritiche con alcuni amici medium, oltre che molti soldi per costruire un cimitero monumentale, in un paese di pastori e scalpellini. E questo passato alimenta il mistero sulla pistoletta di Pozzolo. Chi ha sparato? «Non lo sapremo mai», fa uno a spasso con il cane. Era già il paese dell’arcano, figuriamoci adesso.
Rosazza è un piccolo paese a 15 km da Biella, in Piemonte. Il comune, che conta meno di cento residenti, è noto per essere molto misterioso. Il castello, un tempo residenza estiva del senatore Federico Rosazza, è costellato di riferimenti all’esoterismo e alla massoneria, rose e stelle a cinque punte ovunque. Il comune, torre merlata e scala di marmo bianco, era lo scenario delle riunioni massoniche.
Nel tempio valdese, costruito su un’antica chiesa cristiana fatta demolire da Rosazza, i simboli si sprecano nel creare un’atmosfera di misteri: sagrato a scacchiera di ciottoli bianchi e neri, la croce a svastica legata al culto gallico della fertilità femminile, la «Porta dei Giusti» e il soffitto dipinto con un firmamento stellato. Si racconta che qui il senatore organizzasse le sue sedute spiritiche.
(da la Repubblica”)
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Gennaio 3rd, 2024 Riccardo Fucile
“LA FINISCA DI PIANGERSI ADDOSSO, QUELLI CHE HA INTORNO LI HA SCELTI LEI
Matteo Renzi all’attacco di Giorgia Meloni sul caso di Emanuele
Pozzolo. Nella sua Enews il leader di Italia Viva consiglia alla premier di mandare a casa «quelli che si è scelta lei». «La Meloni pensa di farci credere che lei è una vittima della sfortuna e si piange addosso perché non ha una squadra all’altezza. Ma dai, siamo seri! Quelli che la Premier ha intorno, se li è scelta lei. Tutti lei. E se davvero Giorgia fosse una statista, li dovrebbe cacciare subito», spiega Renzi.
Che poi dà un consiglio alla premier: «Giorgia, smetti di piangerti addosso e mandali a casa. Sapete tutti quello che è successo la notte di Capodanno: un deputato di Fratelli d’Italia, tal Pozzolo, ha ferito un commensale al veglione con la propria pistola alla festa organizzata dal sottosegretario alla giustizia Delmastro. Perché è ovvio, no: chi di noi non organizza una festa in cui i colleghi deputati arrivano armati? Tutto normale, no? Più che i Fratelli d’Italia sembrano cugini del Nicaragua questi qua».
Ma, sostiene Renzi, è incredibile che «la Meloni protegga il suo amico sottosegretario Delmastro (che poverino, non c’entra niente: è sempre nel mezzo, lui, ma non c’entra mai niente) e scarica il deputato pistolero. Come fosse un estraneo, come se non l’avessero messo in lista loro, protetto loro, invitato alla festa loro. C’è sempre un capro espiatorio nelle vicende degli amici della Meloni. La verità è che se la Meloni volesse dimostrare di essere seria con gli italiani caccerebbe chi ferma i treni anche se è suo cognato, chi organizza i veglioni con pistole e pistoleri anche se è suo amico, chi non è all’altezza di governare l’Italia anche se l’ha fatto ministro. Ogni giorno che passa è più chiara la distanza tra i bisogni degli italiani e questa classe dirigente mediocre e pericolosa. Pericolosa innanzitutto per se stessa: ci rendiamo conto che a quella cena c’erano tanti bambini? Poteva essere una strage».
(da agenzie)
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Gennaio 3rd, 2024 Riccardo Fucile
VIOLATA LA SENTENZA DELLA CORTE DI STATO: E’ IL GOVERNO DELL’ILLEGALITA’
Anche il Consiglio di Stato nell’ultima sentenza di qualche giorno fa
sull’ennesimo ricorso ha ribadito che non si possono prorogare le concessioni balneari senza gare. Ma nonostante ormai i giudici amministrativi di ogni ordine e grado abbiamo ribadito l’illegittimità delle proroghe, permesse dal Milleproroghe dello scorso anno e avallate nell’ultimo Consiglio dei ministri da un’informativa di Matteo Salvini, il governo Meloni ha in sostanza permesso ai Comuni di procedere comunque.
Non prima di aver inviato a Bruxelles un documento con numeri farlocchi, che conteggiano pure gli scogli e le aree portuali, per dimostrare l’indimostrabile: e cioè che in Italia ci siano talmente tante spiagge e coste libere e balneabili che non c’è bisogno di fare alcuna gara pubblica.
Risultato? Da Venezia a Palermo sindaci e governatori stanno approvando provvedimenti per allungare le concessioni a tutto il 2024, mettendo però a rischio i funzionari che queste proroghe le devono poi firmare. Perché i giudici di Tar e Consiglio di Stato sono stati chiari e hanno espressamente scritto che la responsabilità va in capo alla pubblica amministrazione. Insomma, un caos che rischia di ricadere sulle spalle dei dipendenti comunali o degli assessori competenti, l’anello più deboli di tutta la ricca filiera del settore.
Poco prima di Capodanno, il 27 dicembre, comunque è arrivata una sentenza del Consiglio di Stato, su un ricorso riguardante il Comune di Amalfi, che sembra mettere la parola fine (almeno a livello giuridico) sull’obbligo per gli enti locali di rispettare la direttiva europea Bolkestein. Scrivono i giudici: «Le norme legislative nazionali che hanno disposto (e che in futuro dovessero ancora disporre) la proroga automatica delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative sono in contrasto con il diritto eurocomunitario; tali norme, pertanto, non devono essere applicate né dai giudici né dalla pubblica amministrazione. E ancorché siano intervenuti atti di proroga rilasciati dalla pubblica amministrazione deve escludersi la sussistenza di un diritto alla prosecuzione del rapporto in capo gli attuali concessionari».
La sentenza è chiara, ma in base a un emendamentino introdotto nel decreto Milleproroghe a febbraio 2023, Comuni e Regioni stanno avviando una corsa a rinnovare le concessioni almeno fino al 31 dicembre 2024.
Lo ha fatto a esempio la Regione siciliana per tutta l’isola, con un decreto firmato dall’assessora al Territorio e ambiente Elena Pagana, ex M5s adesso in FdI. Provvedimento analogo lo ha preso la Regione Campania guidata dal dem Vincenzo De Luca attraverso un emendamento arrivato in extremis poco prima dell’approvazione del bilancio: un testo di un rigo a firma del consigliere regionale del Pd Franco Picarone.
Ma ieri anche il Comune di Venezia con un provvedimento della giunta guidata da Luigi Brugnaro ha prorogato le concessioni. In ordine sparso hanno seguito lo stesso indirizzo vari Comuni: come, solo per citarne alcuni, Lecce e Bari, quest’ultimo guidato dal sindaco dem e presidente dell’Anci Antonio Decaro, Riccione e Rimini in Emilia Romagna, Santa Margherita e Genova in Liguria, Santa Marinella e Gaeta nel Lazio, Camaiore e Viareggio in Toscana, Trieste e San Benedetto del Tronto.
Per le associazioni ambientaliste si tratta di proroghe del tutto illegittime: «Dal primo gennaio è cessata l’efficacia delle concessioni — dice Roberto Biagini, di Mare Libero — noi chiediamo che da oggi partano le verifiche sull’arenile per accertare quello che non risulta più autorizzato e chiediamo altresì alla magistratura ordinaria e contabile di intervenire per accertare eventuali illeciti penali e contabili». La guerra continua ma questa volta a rischiare sono amministratori e funzionari.
(da agenzie)
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Gennaio 3rd, 2024 Riccardo Fucile
“E’ SUCCESSO SOTTO I MIEI OCCHI”
“In merito all’incidente accaduto la notte di Capodanno nella sede della Pro Loco di Rosazza, confermo che il colpo di pistola – da me detenuta regolarmente – che ha ferito uno dei partecipanti alla festa è partito accidentalmente, ma non sono stato io a sparare”. Questa era stata la breve dichiarazione di Emanuele Pozzolo, deputato di Fratelli d’Italia, nella serata del 1 gennaio, dopo il ferimento di un 31enne al veglione nella pro loco di Rosazza. La procura di Biella lo ha indagato e la prefettura gli revocherà il porto d’armi, ma più di tutto già martedì 2 un testimone lo smentiva: “Era allegro e mostrava la pistola”.
Il racconto del testimone
Il testimone è un agente di polizia che a Repubblica spiega che a sparare è stato proprio il deputato che si è sottoposto allo stub la mattina del 1 gennaio, ma ha rifiutato di consegnare i vestiti indossati la notte di San Silvestro. “Abbiamo avuto tutti paura, c’erano dei bambini. Pozzolo è arrivato a fine serata, stavamo andando via: era allegro, ha tirato fuori la pistola senza che nessuno glielo avesse chiesto e all’improvviso è partito lo sparo. Ero lì, purtroppo ho visto tutto. Avevamo affittato la sala per passare il Capodanno tra amici, non c’era nessun menu prestabilito, ognuno ha portato qualcosa di cucinato da casa. Io avevo preparato le linguine all’astice, qualcun altro per esempio aveva portato dei cannoli”. Il colpo non ha “ferito di striscio” il 31enne, genero di un agente della scorta del sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro (che ha dichiarato di non aver visto e di non sapere dell’arma, ndr) ma si è conficcato nella coscia appena sotto il gluteo e il bossolo è stato estratto dai medici dell’ospedale.
La possibile nuova contestazione a Pozzolo
Un solo colpo, la paura e la chiamata al numero delle emergenze per far intervenire l’ambulanza. Il poliziotto non ha dubbi su chi abbia sparato: “È successo sotto i miei occhi, come me l’hanno visto anche altre persone presenti. Abbiamo tutti rilasciato le nostre dichiarazioni ai carabinieri. È stata una leggerezza: poteva costare davvero cara a quel ragazzo, che è un gran lavoratore, un padre di famiglia con due bambini piccoli”. Pozzolo è indagato lesioni colpose, accensioni ed esplosioni pericolose e omessa custodia di armi come spiegato in una nota della procura, ma a queste potrebbe essere aggiunta quella di falso ideologico.
(da Il Fatto Quotidiano)
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Gennaio 3rd, 2024 Riccardo Fucile
UN “SOCIO DI FATTO” E “ARTEFICE DELLA STRATEGIA DELLA INVER”
Un “socio di fatto” e “artefice della strategia della Inver (la società di
consulenza di Tommaso Verdini, ndr), in grado di far valere il suo peso politico sui referenti pubblici di Anas e di attivarsi per garantire a questi ultimi, con reciproca soddisfazione, utilità in termini di adeguati riposizionamenti o nuove collocazioni lavorative in concomitanza con lo spoil system attuato con il cambio del governo”.
A leggere così come lo descrivono i magistrati capitolini sembra di vederlo all’opera Denis Verdini, ex senatore di Ala, il “Mr. Wolf” della politica italiana. I pm lo hanno indagato per corruzione nell’ambito dell’inchiesta su un presunto giro di gare Anas pilotate e che ha portato il figlio Tommaso e altri quattro ai domiciliari. L’eterno Denis Verdini dunque, secondo i pm, non stava fermo neanche mentre scontava i domiciliari per bancarotta. “Interviene sugli imprenditori affinché mantengano fede agli impegni presi e si informa con il figlio Tommaso e con Fabio Pileri (socio di minoranza nella Inver Srl, ndr) sulle interlocuzioni con gli imprenditori in merito agli importi da corrispondere alla Inver”, è scritto nella richiesta di misura cautelare (che non riguarda l’ex senatore). C’è una conversazione ad esempio in cui Denis si “informa sugli accordi intercorsi con Angelo Ciccotto (imprenditore, “cliente della Inver”, ndr): “Sanno tutti i metodi, cifre e tutto il resto?” chiede, “ottenendo rassicurazioni dal figlio circa le cifre e la percentuale su cui le somme erano state calcolate”.
L’ex senatore arriva a Roma anche all’indomani delle perquisizioni dell’estate 2022 subite da Tommaso e “detta la linea difensiva a Pileri”, scrivono i pm. Pileri infatti è “fortemente preoccupato del contenuto del decreto di perquisizione” e chiede a Denis “consigli su come giustificare con gli inquirenti gli incontri con i pubblici ufficiali: ‘Perché andavo a parlare con loro… che titolo c’avevo?’”, chiede Pileri. E Denis “gli suggerisce di fare riferimento alla consulenza: ‘Il titolo è dato dalla consulenza che fai’”.
Nella capitale l’ex senatore incontrava dirigenti e imprenditori. Quando lo ha ricostruito la Finanza in un’informativa. Il 26 ottobre 2021 ad esempio in una saletta “riservata al piano sotterraneo” del Pastation (il ristorante del figlio) cena con l’ex ad di Anas Massimo Simonini, con l’imprenditore Vito Bonsignore, col figlio e con Fabio Pileri. Torna in quel ristorante il 30 novembre del 2021 con Pileri, l’imprenditore Veneziano e alla fine si unisce anche Federico Freni, sottosegretario al Mef, che arriva alle “ore 20.30”. Freni non è indagato ma per i pm è il “referente politico del gruppo Pileri/Verdini”. Circostanza smentita dal sottosegretario che ha ribadito di non aver favorito la nomina di alcuno. I pm potrebbero decidere di interrogare Freni nelle prossime settimane quando potrebbero chiedergli conto anche di un altro incontro, stavolta a casa dei Verdini. È il 17 maggio 2022 quando gli investigatori vedono entrare nel portone del palazzo nel centro di Roma Chicchiani, poi alle 16.10 arriva Freni che esce 40 minuti dopo. Prima del sottosegretario vengono visti uscire Chicchiani e Pileri.
Al centro dell’indagine dunque ci sono le consulenze della Inver. È scritto nella richiesta di misura: “Tommaso Verdini e Pileri discutono del carattere fittizio delle consulenze e su come precostituirsi pezze documentali di appoggio (contratti di sponsorizzazione) che possano giustificare le somme ricevute dagli imprenditori privati (…)”. È marzo 2022 quando Tommaso Verdini e Pileri “spiegano a una neo assunta dalla Inver, il modo di operare della società: l’attività della società è di natura ‘contrattualistica’ nonché ‘stragiudiziale su termini amministrativi’, con la consulenza di un avvocato penalista toscano per ‘evitare di cadere in alcune sciocchezze… il famoso traffico di influenze’: ‘Siccome noi abbiamo a che fare… con la politica e con le aziende bisogna stare attenti a come si muove (…)’”. In un’altra conversazione, del 13 aprile 2022, Pileri parla con l’imprenditore Veneziano e con un consulente amministrativo. Scrivono i pm: “Dopo avere fatto riferimento alla prassi di oliare il sistema pubblico con tangenti, Veneziano fa cenno alla difficoltà di reperire denaro contante (…) e di temere ispezioni della Finanza”. Il consulente suggerisce di “ricorrere a fatturazioni per consulenza”, ma “Veneziano è consapevole che si tratti di una ‘tangente’ e sembra scettico sulla possibilità di nasconderle”. Così Pileri ha un’idea: “Ricorrere a contratti di sponsorizzazioni sportive”, “ma – continuano i pm – anche in questo caso gli interlocutori sono consapevoli che si tratti di ‘fittizia, fatturazione falsa… penale’”.
(da ilfattoquotidiano.it)
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