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“PER ESSERE LIBERI, BISOGNA ESSERE TEMUTI, E PER ESSERE TEMUTI BISOGNA ESSERE POTENTI” EMMANUEL MACRON È L’UNICO IN EUROPA CHE PROVA A REAGIRE AL “DAZISTA” TRUMP E AL GUERRAFONDAIO PUTIN

Luglio 14th, 2025 Riccardo Fucile

“IL BILANCIO DELLA DIFESA RADDOPPIERÀ ENTRO IL 2027. QUESTO SFORZO NON SARÀ FINANZIATO DAL DEBITO”… “LA GUERRA È ARRIVATA SUL NOSTRO TERRITORIO. MAI, DAL 1945, LA NOSTRA LIBERTÀ ERA STATA MINACCIATA FINO A QUESTO PUNTO”

«Mai, dal 1945, la nostra libertà era stata minacciata fino a questo punto». Nei giardini del ministero della Difesa, all’Hôtel de Brienne, Emmanuel Macron ha pronunciato ieri il suo tradizionale discorso alle forze armate alla vigilia della festa nazionale del 14 luglio.
Il capo dello Stato ha usato il momento solenne per lanciare l’allerta.
L’Europa, dice il leader francese, deve assumersi le proprie responsabilità: «Dobbiamo garantire da soli la nostra sicurezza».
«I dividendi della pace sono finiti», aggiunge Macron che ha annunciato un’accelerazione senza precedenti dell’impegno militare della Francia. «Il bilancio della difesa raddoppierà entro il 2027».
La legge di programmazione militare, che già prevede un aumento, sarà aggiornata in autunno per integrare 3,5 miliardi supplementari nel 2026 e altri 3 miliardi nel
Complessivamente, si tratta di 64 miliardi all’anno, il doppio rispetto al 2017, quando Macron è arrivato all’Eliseo. «Questo sforzo non sarà finanziato dal debito» ha precisato, mentre il governo si prepara a una difficile stretta sui conti pubblici.
La Francia si prepara a un salto di qualità nella visione strategica, non escludendo più a medio termine un «confronto diretto» in «una guerra ad alta intensità». «Con l’invasione dell’Ucraina la guerra è arrivata sul nostro territorio» sottolinea Macron.
«Noi europei dobbiamo ormai garantire da soli la nostra sicurezza, la libertà del nostro modello politico e democratico, difendendolo dalle forze oscurantiste». «Per essere liberi in questo mondo, bisogna essere temuti, e per essere temuti bisogna essere potenti», ha proseguito.
Macron ha ricordato il rafforzamento di cooperazioni strategiche con il Regno Unito, come il patto in materia di dissuasione nucleare e la «coalizione dei volenterosi»
(da agenzie)

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MARINA BERLUSCONI HA PRESO MALISSIMO L’ALZATA DI SCUDI DEL FRATELLINO PIER SILVIO, DESTINATO SECONDO LA PRIMOGENITA AD OCCUPARSI DEI PALINSESTI MEDIASET E BASTA

Luglio 14th, 2025 Riccardo Fucile

E COME PRIMA CONTROMOSSA, LA PROSSIMA SETTIMANA LA CAVALIERA INCONTRERÀ A MILANO IL PRESIDENTE CIOCIARO, ANTONIO TAJANI, MESSO ANCHE LUI SULLA GRATICOLA DALL’INATTESO RISVEGLIO CARATTERIALE DI PIER SILVIO

La prossima settimana la presidente del gruppo Mondadori, Marina Berlusconi, dovrebbe incontrare il segretario nazionale di Forza Italia Antonio Tajani. A quanto pare già domani nella casa milanese della primogenita del Cavaliere. Con loro lo storico braccio destro del fondatore di FI Gianni Letta, un ritorno in campo di peso.
L’incontro, a quanto pare programmato da tempo, arriva dopo il duro attacco di Pier Silvio Berlusconi, ad di Mediaset e fratello di Marina, proprio a Tajani: “Servono presenze nuove”. Una sfida che ha provocato un terremoto dentro FI. E Tajani appena dopo quelle parole aveva già cercato un asse con Marina.
Le acque sono ancora agitate, l’intervento di Pier Silvio non ha lasciato indifferenti i vertici di Forza Italia e anche ieri la maggior parte dei parlamentari azzurri ha preferito non rilasciare
commenti. Ma dietro le quinte, a taccuini chiusi, continua a correre la suggestione: quella di un partito che un po’ alla volta si affranca dalla famiglia Berlusconi, cercando nuovi sponsor e finanziatori.
Un futuro meno legato a Pier Silvio e Marina è ipotizzabile? “Speriamo di no”, sorride Raffaele Nevi. “Noi ci auguriamo che continuino a sostenerci come hanno fatto finora”. Il portavoce forzista, uno dei fedelissimi di Tajani, risponde al Foglio a margine della conferenza stampa che il leader di FI – in compagnia del capogruppo Paolo Barelli e dell’europarlamentare Letizia Moratti – ha organizzato alla Camera per presentare “Il piano strategico per il servizio sanitario pubblico” e annunciare la mobilitazione estiva.
(da agenzie)

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GIORGIA MELONI DEVE SCEGLIERE: O STA CON TRUMP, O STA CON L’EUROPA: LA DUCETTA PREME PER “TRATTARE” CON IL TYCOON, CON LA SOLITA LITANIA DEL “UNA GUERRA COMMERCIALE CI RENDEREBBE TUTTI PIÙ DEBOLI”

Luglio 14th, 2025 Riccardo Fucile

MA COME SI FA A TRATTARE CON UNO CHE TI PUNTA LA PISTOLA ALLA TEMPIA E IMPONE, A CAZZO, DAZI AL 30% ALL’EUROPA? IL GOLFISTA PLATINATO CAPISCE SOLO IL LINGUAGGIO DELLA FORZA: E INFATTI LA CINA, CHE HA TENUTO TESTA AL TYCOON, È L’UNICO PAESE CHE HA TROVATO UN ACCORDO DECENTE (L’ALTRO È IL REGNO UNITO, DEPENDANCE AMERICANA IN EUROPA)

“Anche oggi, il Governo è in stretto contatto con la Commissione europea e con tutti gli attori impegnati nella trattativa sui dazi. Una guerra commerciale interna all’Occidente ci renderebbe tutti più deboli di fronte alle sfide globali che insieme affrontiamo”. Lo dichiara la presidente del Consiglio Giorgia Meloni.
La premier sottolinea che “l’Europa ha la forza economica e finanziaria per far valere le proprie ragioni e ottenere un accordo equo e di buon senso. L’Italia farà la sua parte. Come sempre”.
Durante la giornata l’opposizione non ha risparmiato critiche alla premier. La leader del Pd, Elly Schlein, ha detto: “Non parla Giorgia Meloni, nemmeno di fronte alla prepotenza del suo amico Trump che minaccia dazi al 30% per l’Europa e l’Italia dal
primo agosto. Nemmeno dopo gli allarmi delle parti sociali e datoriali e delle associazioni di categoria, che paventano la chiusura di imprese e la perdita di centinaia di migliaia di posti di lavoro. La sua maggioranza è sempre più allo sbando, Salvini se la prende con l’Ue pur di non ammettere che il suo idolo Trump rischia di dare un colpo devastante alla nostra economia. Nessuno al governo si occupa più delle persone e delle loro vite”.
La segretaria dem ha aggiunto: “Ora però Meloni scenda per un giorno dal volo con cui viaggia per il mondo a stringere mani fingendo che in Italia vada tutto bene, esca dalla modalità aereo e si prenda le sue responsabilità davanti al Parlamento e quindi al Paese, per spiegare cosa intende fare per evitare che il primo agosto i dazi si abbattano al 30% sul sistema produttivo e sui lavoratori italiani con conseguenze drammatiche e per sostenere il negoziato Ue affinché si sventi una guerra commerciale dolorosa per tutti”.
Anche il presidente del Movimento 5 stelle, Giuseppe Conte, ha attaccato: “Chiamate ‘Chi l’ha visto?’ per trovare Meloni. Abbiano l’umiltà di ascoltarci e confrontarsi: l’Italia e l’Europa sono più forti e grandi di come le hanno ridotte in questi mesi.
Dopo aver sbandierato un suo ruolo centrale nelle trattative con Trump per zero dazi, ora che arrivano le letterine con i dazi al 30% Meloni è sparita: niente video, niente post per spiegare ai cittadini, ai lavoratori e alle imprese”.
(da agenzie)

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TRUMPONE I DAZI SE LI DÀ IN FACCIA L’EXPORT CINESE VERSO GLI STATI UNITI E’ CRESCIUTO DEL 32,4% A GIUGNO, NONOSTANTE LE TARIFFE: SE L’OBIETTIVO DEL TYCOON ERA IL “DECOUPLING” CON PECHINO, HA FALLITO

Luglio 14th, 2025 Riccardo Fucile

IL DRAGONE HA SPEDITO NEGLI USA MERCI PER UN VALORE DI 38,2 MILIARDI DI DOLLARI, IN AUMENTO RISPETTO AI 28,8 DI MAGGIO …L’EXPORT IN GENERALE CRESCE DEL 5,8% SU BASE ANNUA, LE IMPORTAZIONI DELL’1,1%

Le esportazioni cinesi sono aumentate del 5,8% a giugno su base annua, mentre le importazioni sono cresciute dell’1,1%. Lo rende noto oggi l’Amministrazione generale delle dogane del Dragone. I dati superano le previsioni degli analisti, che erano rispettivamente del +5 e +0,3%.
Le esportazioni cinesi verso gli Stati Uniti sono aumentate del 32,4% su base mensile a giugno, grazie alla ripresa degli scambi commerciali tra i due paesi dopo i colloqui ad alto livello del mese scorso. Pechino ha spedito il mese scorso merci negli Usa per un valore di 38,2 miliardi di dollari, in aumento rispetto ai 28,8 miliardi di dollari di maggio, ha dichiarato l’Amministrazione generale delle dogane cinese. Le spedizioni avevano raggiunto un totale di 33 miliardi di dollari ad aprile.
(da agenzie)

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STAI A VEDERE CHE I DAZI, PER TRUMP, SONO LA SOLITA SCUSA PER RIEMPIRSI LE TASCHE LE CRIPTOVALUTE VOLANO DOPO L’ANNUNCIO DEI DAZI ALL’UNIONE EUROPEA

Luglio 14th, 2025 Riccardo Fucile

IL BITCOIN SALE DEL 3,63% E SUPERA I 122MILA DOLLARI; BENE ANCHE ETHEREUM E LE ALTRE PRINCIPALI MONETE DIGITALI… TRUMP HA UN CONFLITTO DI INTERESSI ENORME SULLE CRIPTO: HA LANCIATO LA SUA MEME-COIN, E I SUOI FIGLI FANNO GROSSI AFFARI IN QUEL MERCATO

Le criptovalute registrano un’impennata decisa nella giornata odierna, sospinte dall’annuncio del presidente Usa Donald Trump sui dazi commerciali sull’Ue. Le parole dell’ex presidente hanno riacceso l’incertezza sui mercati globali, ma il settore crypto ha reagito con un poderoso scatto in avanti.
Bitcoin, il termometro del mercato, sale del 3,63% nelle ultime 24 ore, superando i 122.000 dollari e toccando i massimi settimanali. Bene anche Ethereum, che guadagna un solido +2,39% e si riporta sopra la soglia dei 3.030 dollari, mentre Xrp accelera con un rialzo del 4,15%, mostrando una reattività superiore alla media del mercato. Tra gli altri protagonisti del giorno, Solana mette a segno un +2,83%, mentre Dogecoin guadagna il 3,26%. In crescita anche Cardano, che sale dell’1,88%, e Bnb, che avanza dell’1,13%.
(da agenzie)

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TRUMP HA 3MILA MILIARDI DI MOTIVI PER NON TRATTARE CON L’EUROPA: A CHI, COME GIORGIA MELONI, PENSA CHE SI POSSA NEGOZIARE CON IL TYCOON SUI DAZI, BISOGNEREBBE FAR PRESENTE CHE LE ENTRATE DOGANALI SERVONO AL PRESIDENTE USA PER FINANZIARE IL MAXI TAGLIO DELLE TASSE DEL “BIG BEAUTIFUL BILL”

Luglio 14th, 2025 Riccardo Fucile

SENZA QUEI SOLDI IN PIÙ, LE CASSE DELLO STATO AMERICANO COLLASSEREBBERO: LA LEGGE DI BILANCIO CAUSERÀ UN DISAVANZO PRIMARIO DI 300 MILIARDI L’ANNO, CIRCA L’1% DEL PIL, CHE IL CALIGOLA DI MAR-A-LAGO SPERA DI RIPIANARE CON I DAZI

Per capire la minaccia di Trump sui dazi all’Europa bisogna partire anche dal Big Beautiful Bill. Semplificando, il BBB si compone di tre parti: circa 2,2 trilioni (migliaia di miliardi) di dollari in dieci anni per il prolungamento dei tagli di tasse del 2017 che scadevano; altrettanti nuovi tagli di tasse; e 1,3 trilioni di tagli di spesa.
Il disavanzo primario (la differenza tra spesa pubblica al netto degli interessi sul debito ed entrate fiscali) di almeno 3 trilioni nei prossimi dieci anni, o 300 miliardi l’anno, circa l’1 percento del Pil
ul prolungamento dei tagli del primo Trump c’è molta ipocrisia. Da anni si sapeva che sarebbero stati prolungati, e la stessa amministrazione Biden non ha fatto niente di concreto per cambiarli .
E c’è anche molta confusione riguardo ai suoi effetti. Una premessa: proprio perché il sistema impositivo americano è progressivo e molti non pagano tasse, qualsiasi intervento sulle sole tasse non può beneficiare i più poveri. Se si esclude quindi chi non paga tasse, il BBB non cambia di tanto la progressività.
John ha un reddito di 100 dollari e paga 10 dollari in tasse: la sua aliquota media è il 10 percento. Peter ha un reddito di 1000 dollari e paga 200 dollari in tasse: la sua aliquota media è il 20 percento, il doppio di John. Dunque l’aliquota media aumenta all’aumentare del reddito: la definizione di progressività.
Se ora il governo decide di dimezzare le aliquote medie (in realtà la riduzione delle aliquote è molto inferiore, in media di 1,5 punti percentuali), dovrà tagliare le tasse di 5 dollari a John e 100 a Peter. Ovviamente Peter beneficia di più in termini assoluti, perché pagava più tasse, ma l’aliquota media di Peter rimane il doppio di quella di John: la progressività tra chi paga le tasse è invariata.
La seconda componente del BBB, i nuovi tagli di tasse, contiene acune misure come il credito d’imposta per i figli condivise (magari in privato) anche da molti democratici e che si concentrano sulla classe media e medio-alta, e dunque addirittura aumentano la progressività fra chi paga le tasse.
Se invece si include chi non paga tasse, il BBB riduce la progressività del sistema. Ma contrariamente a quanto molti pensano il sistema americano di tassazione federale del reddito rimane estremamente progressivo, e probabilmente più progressivo di quello italiano.
Poi ci sono i tagli di spesa, in particolare a Medicaid, il programma di assistenza sanitaria ai meno abbienti e ai disabili. A prima vista è un taglio economicamente e politicamente inspiegabile. Medicaid è enormemente popolare: ha il supporto del 77 percento della popolazione, e del 63 percento degli stessi elettori repubblicani.
Secondo alcune stime 12 milioni di persone perderanno l’assistenza sanitaria, tre quarti di quelli che l’avevano ottenuta con la riforma di Obama. Sembra una misura meschina e inutilmente punitiva […]. Due le spiegazioni possibili: dopo il fallimento di Musk e del suo DOGE rimanevano pochi giorni per coprire almeno parzialmente i tagli alle tasse con qualche taglio di spesa, e non potendo colpire capitoli ancora più sensibili politicamente come pensioni e Medicare, rimaneva Medicaid.
La seconda: i tagli alla fine saranno molto inferiori, perché interverranno gli stati a supplire. Benché probabilmente in gran
parte indifferenti al destino di Medicaid, i repubblicani si sono spaccati sulla dimensione dei tagli alle tasse, almeno fuori dal Congresso.
Per i conservatori l’aumento del disavanzo e del debito causerà un aumento dei tassi di interesse che rallenterà la crescita economica. L’ala MAGA dei repubblicani si affida alla sempreverde “curva di Laffer”: quando le aliquote delle tasse scendono si stimolano gli investimenti e la crescita aumenta così tanto che le entrate fiscali aumentano nonostante le aliquote ridotte.
Ma qui il BBB incontra i dazi. Secondo alcune stime i dazi potrebbero portare nelle casse dello stato fino a 3 trilioni in dieci anni, e anche di più se attuati ai livelli minacciati in questi giorni: la stessa cifra del buco causato dal BBB .
«I tagli alle tasse pagati dagli stranieri che sotto Obama e Biden ci hanno sfruttato»: un vecchio slogan MAGA, e pazienza se alla fine a pagare i dazi sarà soprattutto il consumatore americano. È sempre difficile interpretare le azioni e le intenzioni di Trump e dei suoi collaboratori, ma il BBB è un motivo in più per cui noi europei saremmo imprudenti se assumessimo che Trump alla fine cederà sui dazi.
(da La Stampa)

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L’ANALISI DI FRANCO BERNABÈ: “NON BASTA DIRE CHE L’EUROPA VA RISPETTATA PERCHÉ È IL PIÙ GRANDE MERCATO DEL MONDO. SE VUOI CONTRATTARE CON UN PREPOTENTE, DEVI MOSTRARE DI AVERE QUALCOSA CHE PUÒ FARGLI MALE. LA CINA CE L’HA: HA LE TERRE RARE, IL MONOPOLIO DEI MAGNETI PERMANENTI, MOLTISSIME COMPONENTI ESSENZIALI PER L’INDUSTRIA ELETTRONICA.

Luglio 14th, 2025 Riccardo Fucile

COSA FACCIAMO? FERMIAMO LE IMPORTAZIONI DI GAS LIQUIDO DAGLI STATI UNITI DOPO AVER DECISO DI BLOCCARE TUTTE QUELLE DALLA RUSSIA? SE TRATTI CON LA PISTOLA SCARICA, NON PUOI NEANCHE TENTARE UN BLUFF”

Alla fine la lettera del presidente degli Stati Uniti è arrivata: dazi al 30 per cento. È sorpreso?
«Era abbastanza inevitabile che finisse così. Con Trump non si fanno negoziati commerciali, le trattative per lui sono una prova di forza nelle quali vince chi fa la voce più grossa. Non ci sono considerazioni razionali di tipo economico su cui basare il confronto […]».
La fotografia di Franco Bernabè
«L’Europa ha ben poco da mettere in campo in un confronto basato sulla forza. Non basta dire che l’Europa va rispettata perché è il più grande mercato del mondo, oppure che abbiamo il meccanismo anti-coercizione, che in questo caso è un’arma spuntata. Se vuoi contrattare con uno che fa il prepotente, devi mostrare di avere qualcosa che può fargli veramente del male.
La Cina ce l’ha: ha le terre rare, il monopolio dei magneti permanenti, moltissime componenti essenziali per la continuità produttiva dell’industria elettronica. Manovrando le licenze di esportazione dei magneti permanenti fatti con le terre rare, la Cina può bloccare una parte importante dell’industria americana. Se mancassero, si fermerebbe addirittura la Difesa. Che cosa può fare la Ue? Fermare le importazioni di Harley-Davidson o di burro di arachidi?»
Soluzioni
«Se queste sono le condizioni, l’Europa può alzare immediatamente bandiera bianca e cedere su tutto il fronte. Qualsiasi cosa faccia, arrecherà danni anche a se stessa».
Mica potrà restare immobile…
«Che cosa facciamo, fermiamo le importazioni di gas liquido dagli Stati Uniti dopo aver deciso di bloccare tutte quelle dalla Russia? Se tratti con la pistola scarica, non puoi neanche tentare un bluff».
C’è chi parla di colpire i colossi del digitale, le cosiddette Big Tech. Può essere una soluzione praticabile?
«È chiaro che la bilancia commerciale non esaurisce i rapporti di scambio: vanno considerati anche tutti i servizi tecnologici e finanziari, che sono in mano alle società americane. Ma cosa possiamo fare? Fermarli? O imporre tasse che non saremmo in grado di far pagare? Questa situazione, per quanto negativa, possa rappresentare anche un’opportunità per l’Europa».
Quale?
«Mario Draghi, nella famosa intervista al Financial Times, ha spiegato chiaramente che all’interno dell’Europa abbiamo delle barriere non tariffarie che equivalgono a dazi interni, e che possono variare tra il 40% per i beni e oltre il 100% per i servizi. Penso, ad esempio, alle normative nazionali divergenti, alle procedure amministrative complesse, alle autorizzazioni, alle certificazioni, a standard ambientali non giustificati nemmeno dal principio di precauzione. Una mole di adempimenti che le imprese americane contestano, ma che sono barriere anche per le aziende europee. Un’apertura su questo tema potrebbe essere
l’occasione, per la Ue, di fare qualcosa che serva anche alla propria industria».
(da La Stampa)

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DAL PRIMO MESSAGGIO AL SILENZIO DEL MINISTERO

Luglio 14th, 2025 Riccardo Fucile

TUTTI I BUCHI SU ALMASRI

Gli uffici tecnici hanno inviato le loro comunicazioni ai vertici del ministero, poi però qualcosa si è inceppato. La faccenda è al vaglio del tribunale dei ministri, il governo si difende dagli assalti e il Guardasigilli non intende gettare la spugna. Eppure il caso del generale libico Osama Najeem Almasri, tra bugie e contraddizioni, resta un pasticcio
Andiamo con ordine.
Il generale viene fermato dalla polizia a Torino la sera del 18 gennaio, mentre con alcuni amici è appena rientrato in hotel dopo aver visto una partita all’Allianz Stadium. Viene arrestato su mandato di cattura internazionale e ci sono dei dettagli procedurali che in questa storia sono particolarmente significativi.
Quando la corte dell’Aja emette un mandato di questo tipo, la trasmissione degli atti avviene tramite il ministero degli Esteri e in particolare tramite le ambasciate. In questo caso viene contattato l’ambasciatore e anche il magistrato di collegamento (o più precisamente l’esperto giuridico distaccato presso l’ambasciata) Alessandro Sutera Sardo. Proprio lui, come da procedura, carica i documenti sulla piattaforma riservata Prisma. Non solo.
Avvisa anche informalmente i colleghi italiani degli atti che stanno per arrivare. Il caso Almasri è un’eventualità, soprattutto con quell’urgenza, particolarmente rara. E così dal dipartimento degli Affari di giustizia si attivano tutti.
E nel primissimo pomeriggio l’ex capo del dipartimento degli Affari di giustizia Luigi Birritteri scrive un’email alla capa di Gabinetto di via Arenula Giusi Bartolozzi. Segnala l’eventualità che il ministro Nordio avrebbe dovuto compiere «un atto urgente». Quello necessario per tenere in carcere il generale libico accusato di crimini di guerra e contro l’umanità.
L’allora capo del Dag, poi esautorato, specifica di rivolgersi a Giusi Bartolozzi «per doverosa informazione» e perché «gli eventuali provvedimenti da adottare ci vedono privi di delega. Potrebbe dunque emergere la necessità di atti urgenti a firma dell’On. Ministro».
Bartolozzi, la «zarina» come la chiamano in via Arenula, risponde alle 15.28. Dice di essere già a conoscenza della vicenda e si raccomanda la massima riservatezza.
Arriva al punto di dire: «Meglio chat su Signal. Niente per mail
o protocollo».
La piattaforma Prisma, su cui erano stati caricati i nove documenti inerenti all’affaire Almasri, la può aprire solo il consigliere diplomatico del ministro della Giustizia. Prisma è stata visionata già nella giornata di domenica? Così verrebbe da pensare a leggere l’email di Bartolozzi: «Ero stata informata. Massimo riserbo e cautela».
Certo, la questione è delicata. E Almasri, al vertice della Rada, una delle milizie più potenti in Tripolitania, una sorta di direttore del carcere di Mitiga, è un nome importante nello scacchiere internazionale e nei rapporti tra Italia e Libia.
In quella risposta, Bartolozzi non fa alcun tipo di riferimento agli atti «urgenti» sollecitati da Birritteri, necessari a rendere valido l’ordine d’arresto. Lunedì 20, come da procedura, il procuratore generale di Roma Giuseppe Amato, intorno a mezzogiorno, scrive a tutta la catena gerarchica una nota: «Si è in attesa delle determinazioni della Signoria Vostra in ordine alle attività da porre in essere».
Birritteri prepara la bozza del provvedimento necessario per tenere l’alto ufficiale libico in carcere. Intorno alle 14 la invia al capo di Gabinetto per sottoporla al Guardasigilli. Di norma, il ministro si avvale degli organi tecnici per confrontarsi
Da quel carteggio di domenica sembra che l’ex capo del Dag sul tema non abbia più ricevuto alcun tipo di informazioni da via Arenula. E nel buon senso dei più resta valido il pensiero che se il capo di Gabinetto è informato, anche il ministro è informato.
Quella bozza di provvedimento resta lì, non verrà mai firmata. Il 21 gennaio Almasri viene rilasciato. E con un Dassault Falcon 900 con bandiera tricolore viene riportato in Libia, dove viene accolto come un eroe nazionale. L’aereo parte da Ciampino, arriva a Torino intorno alle 12 e poi attende sino alle 19.51 il generale.
Tutto già pronto, insomma. Ma sino a sera il Guardasigilli continua a dichiarare – «considerato il complesso carteggio e i rapporti con la Corte de L’Aja» – di star ancora valutando la questione.

(da la Stampa)

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COME FINIRA’ IL CASO ALMASRI? TRANQUILLI IL MINISTRO NORDIO NON SI DIMETTERA’, C’E’ ANCORA IN BALLO LA RIFORMA DELLA GIUSTIZIA. CI ANDRA’ DI MEZZO LA “ZARINA” DI VIA ARENULA, GIUSI BARTOLOZZI (CON LA PROMESSA DI UN “RISARCIMENTO” FUTURO PER IL “SACRIFICIO”?)

Luglio 14th, 2025 Riccardo Fucile

A FAR CAPIRE AL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA CHE IL TORTURATORE ALMASRI DOVEVA ESSERE RIMPATRIATO E’ STATO PALAZZO CHIGI… LE CARTE CHE SMENTISCONO NORDIO E UNA CERTEZZA: NON TRATTENERE ALMASRI È STATA UNA SCELTA POLITICA NON UN DISGUIDO TECNICO

C’è una domanda a cui il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, e il governo Meloni dovranno rispondere nei prossimi giorni ai magistrati di Roma, se il Tribunale dei ministri dovesse decidere di chiedere l’autorizzazione a procedere per il reato di omissione di ufficio nei confronti di Nordio (già indagato) o di altri esponenti dell’esecutivo.
Perché tra il 19 e il 21 gennaio il ministero decise di non seguire le sollecitazioni dei tecnici e di non procedere con un nuovo mandato d’arresto, quello che avrebbe impedito la scarcerazione del criminale libico, il generale Almasri?
Dalle mail tra il direttore del dipartimento Affari di giustizia, il magistrato Luigi Birritteri, poi dimessosi nelle scorse settimane, e la capa di gabinetto, Giusi Bartolozzi, pare infatti chiaro quello che accadde in quelle 48 ore.
E cioè che la scelta di liberare Almasri fu presa dai giudici della corte d’appello di Roma, è vero. Perché convinti che fosse stata commessa un’irritualità nelle procedure di arresto. Ma la volontà fu determinata proprio dal ministero che scelse di non sanare quell’irritualità non rispondendo alle richieste dei giudici romani.
E non fu una scelta tecnica, come poi il governo italiano ha
provato a spiegare alla Corte penale internazionale, per giustificare la scelta. Nelle ultime delle quattro versioni, infatti, Palazzo Chigi ha spiegato di non aver proceduto con la richiesta dell’Aia perché nel frattempo era arrivata una richiesta di estradizione della Libia. Che aveva chiesto di arrestare Almasri. Un evidente escamotage, dice la Cpi. Smentito tra l’altro dalla corrispondenza interna al ministero.
Già nelle ore immediatamente successive al fermo accadono tre cose che documentano come la scelta di non estradare Almasri fosse stata presa nell’immediato: gli uffici avvisano il ministero che sono necessari «atti urgenti» per risolvere la questione ed evitare che il torturatore e assassino libico fosse liberato.
Il ministero dice però di non muovere un dito subito, ben prima che arrivasse la richiesta di estradizione libica, con la capa di gabinetto Bartolozzi che informa gli uffici di essere già a conoscenza della cosa (chi l’abbia informata non è chiaro) e intima di non parlarne con nessuno e di usare solo comunicazioni criptate: «Parlate su Signal», dice. E invita a non usare il protocollo.
In realtà gli uffici non raccolgono l’invito perché 24 ore dopo preparano un nuovo mandato d’arresto che avrebbe potuto sanare la situazione. Viene formalmente inviato. Ma resta lettera morta, sulla scrivania della Bartolozzi.
L’Italia non ha mai notificato alla Cpi di aver ricevuto una «richiesta concorrente» dalla Libia. E ancora: Nordio ha sostenuto di non aver mai ricevuto il fascicolo con l’ordine di arresto.
Ma dagli atti risulta che il 18 gennaio la Cpi ha inviato all’ambasciata italiana in Olanda una nota con il mandato di arresto, il nome, numero di telefono e mail del funzionario da contattare «qualora le autorità italiane dovessero individuare problemi che possano impedire l’esecuzione della presente richiesta di cooperazione». Se anche vizi ci fossero stati, l’Italia avrebbe potuto (e dovuto) sanare tali vizi.
(da agenzie)

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