Luglio 22nd, 2025 Riccardo Fucile
“LA BASE GLI RESTERÀ FEDELE, MA I REPUBBLICANI MODERATI E GLI INDIPENDENTI STANNO GIÀ AVENDO RIPENSAMENTI. ALLE ELEZIONI DI MIDTERM I DEMOCRATICI RIPRENDERANNO LA MAGGIORANZA ALMENO IN UN’AULA DEL CONGRESSO”
Dazi a parte, il cambiamento radicale dirompente provocato da Trump è stato molto più forte in politica interna che estera, ma si è spinto troppo avanti e pagherà il prezzo alle elezioni del prossimo anno». È la previsione di Charles Kupchan, professore alla Georgetown University e direttore per l’Europa nel Consiglio per la sicurezza nazionale della Casa Bianca di Obama.
Come giudica i primi sei mesi del secondo mandato?
«Gli effetti sono stati più significativi sul piano domestico
,perché su quello internazionale la realtà lo ha frenato. Voleva mettere fine alle guerre e terminare gli impegni all’estero, ma ha scoperto di non poterlo fare.
Sul piano interno invece la vita quotidiana negli Usa è diventata irriconoscibile. Vediamo ogni giorno provvedimenti impensabili, dal Big Beautiful Bill che taglia l’assistenza sanitaria e gonfia il debito, alle deportazioni che violano la legge. Ogni mattina dobbiamo darci un pizzico per chiederci se sta avvenendo davvero, ma è così».
Si pensava che i giudici facessero da argine.
«Ci sono molti casi pendenti, però la Corte Suprema si è schierata con l’amministrazione sui temi centrali, mentre i repubblicani al Congresso approvano tutto quello che vuole».
I tagli della “finanziaria” non colpiscono anche i suoi elettori?
«Sì. Quelli all’assistenza o i dazi, che fanno salire i prezzi e minacciano di far saltare l’economia globale, lo danneggeranno. La base gli resterà fedele, ma i repubblicani moderati e gli indipendenti stanno già avendo ripensamenti. La mia previsione è che alle midterm i democratici riprenderanno la maggioranza almeno in un’aula del Congresso, se non entrambe».
Sta perdendo consenso anche sull’immigrazione?
«È andato troppo avanti e troppo in fretta, si vede nei sondaggi. Gli americani non sono persone indecenti e disumane, ma quello fa lui, schierando la Guardia nazionale a Los Angeles, è disumano. I democratici hanno sbagliato e pagato la linea sull’immigrazione, perché molti vogliono limitare quella illegale, però Trump non deporta i criminali. Danneggia molti settori, dall’agricoltura alle costruzioni, provocando reazioni
negative delle imprese».
Farà l’accordo con l’Europa?
«È molto difficile capire cosa vuole, perché la logica dei dazi continua a cambiare: un giorno serve per aumentare le entrate, un altro per riportare il lavoro manifatturiero, poi per punire Canada e Messico per fentanyl e immigrazione, o il Brasile per il processo a Bolsonaro. Ci saranno accordi e i livelli verranno abbassati, ma vedremo dazi consistenti che causeranno enormi tensioni internazionali e danni all’economia Usa».
Sulla fine della guerra in 24 ore ha fallito.
«Sì, ma c’è un cambiamento significativo di posizione. Il motivo principale è che si è sentito umiliato da Putin, è arrabbiato e ha ripreso a dare armi. Il test per capire quanto profondo e duraturo sarà il cambio è se userà i 3,8 miliardi stanziati da Biden per le forniture militari, e se chiederà al Congresso altri fondi e sanzioni secondarie. Credo lo farà, a meno che Putin non accetti la tregua entro 50 giorni, anche perché non vuole passare alla storia come il presidente che gli ha regalato l’Ucraina. Poi l’intervento in Iran lo ha incoraggiato ad usare la forza».
Quanto pesa la lite con Musk?
«Mi aspettavo che sarebbe accaduta prima. Ora c’è Epstein».
Come giudica questo caso?
«Trump è il peggior nemico di se stesso. La sua base non ha reagito a dazi o deportazioni, ma si è ribellata per un complotto alimentato da lui. Dimostra il momento spaventoso in cui viviamo, dominato dai social media di destra».
La democrazia americana rischia?
«Non sono mai stato così preoccupato, perché è circondato da yes men e la Corte Suprema è con lui. Però ci sono segnali di resistenza, come Harvard o gli studi legali. Credo che se prenderà provvedimenti tipo annullare le elezioni, dichiarare la legge marziale o pretendere il terzo mandato, le istituzioni e il popolo americano lo fermeranno. Si comincia con le midterm»
(da La repubblica)
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Luglio 22nd, 2025 Riccardo Fucile
SECONDO IL PM I QUATTRO FINANZIERI HANNO SBAGLIATO LE MODALITÀ DI AZIONE, I DUE MEMBRI DELLA GUARDIA COSTIERA, AVREBBERO INVECE RESPONSABILITÀ PER NON ESSERE INTERVENUTI
94 morti, di cui 35 minorenni, dopo che un barcone è naufragato a Steccato di Cutro
la notte del 26 febbraio 2023: andranno a processo sei militari – quattro della Guardia di finanza e due della Guardia costiera – che secondo la procura di Crotone in quelle ore sbagliarono le modalità di intervento e di soccorso a 40 miglia dalle coste.
Ai sei sono contestati i reati di naufragio colposo e omicidio colposo plurimo in relazione alla mancata attivazione del Piano per la ricerca e il salvataggio in mare.
Quasi un anno esatto dopo la chiusura delle indagini, e la notifica degli indagati, la gup di Crotone, Elisa Marchetto, ha dato il suo via libera al rinvio a giudizio. Secondo la gup, che ha appoggiato le conclusioni della procura, i sei militari avrebbero quindi potuto prevenire un naufragio evitabile.
Secondo il om Pasquale Festa, i quattro finanzieri hanno sbagliato le modalità di azione dopo la segnalazione dell’imbarcazione e le comunicazioni con i colleghi, a cui dissero che sarebbero intervenuti come evento di low enforcement «mare permettendo».
I due membri della Guardia costiera, che sarebbero due ufficiali di ispezione, avrebbero invece responsabilità per non essere intervenuti. Anche se indotti in errore dai finanzieri, infatti, non si preoccuparono di informarsi per far scattare le operazioni di soccorso in mare.
Dalle indagini sarebbe emersa una catena di negligenze e sottovalutazioni, aggravata da carenze strumentali e inefficienze operative. Fondamentale, secondo gli inquirenti, è stata anche la mancanza di coordinamento tra Guardia di finanza e Guardia costiera. Secondo la tesi accusatoria, le autorità si sarebbero attenute rigorosamente alla distinzione tra intervento di polizia e intervento di soccorso non attivando tempestivamente nessuna delle due azioni, violando così l’obbligo primario di tutelare la vita umana in mare, anche in presenza di condotte imprudenti da parte degli scafisti. Il sostituto procuratore Pasquale Festa ha parlato di «gravi negligenze» che avrebbero violato anche le linee guida stabilite nel tavolo tecnico del 2022.
I ministeri dell’Interno e delle Infrastrutture sono stati chiamati come responsabili civili, in quanto datori di lavoro degli imputati, insieme a Consap e Sara Assicurazioni.
Sarà il Tribunale di Crotone a stabilire in sentenza se saranno tenuti a risarcire le parti civili. Il giudice Marchetto ha ammesso tutte le costituzioni di parte civile presentate da superstiti e familiari delle vittime del naufragio, affermando che eventuali contestazioni «attengono al merito» e saranno valutate in dibattimento.
Accolta anche la costituzione di parte civile per alcune delle principali Ong attive nel soccorso in mare. Secondo il giudice, queste organizzazioni «sono immedesimate nella tutela della vita e dell’incolumità individuale in mare»
(da agenzie)
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Luglio 22nd, 2025 Riccardo Fucile
“IL VATICANO? DOVREBBE SPARIRE. PAPA LEONE? HA TROPPA TESTA, E LA GENTE CON TROPPA TESTA NON MI PIACE”
Nel suo ufficio immerso nel verde del parco Lambro, don Antonio Mazzi, 95 anni, scrive ogni giorno lettere a mano e legge con avidità la mazzetta dei giornali.
In questa intervista dice che il Vaticano «dovrebbe sparire» e che sente la mancanza di Carlo Maria Martini e di Eugenio Scalfari, «due giganti». Polo e pantaloni scuri, sneaker, capelli scarmigliati. Sulla scrivania, in mezzo a una distesa di carte, alcune copie di “Voglio ancora cambiare il mondo”, il nuovo libro (in uscita oggi per San Paolo) che è po’ «l’eredità spirituale di un’anima che non si arrende».
Lei che adolescente è stato?
«Un casinista, irrequieto, pieno di rabbia. In collegio a Verona non sopportavo le regole e la divisa. Mi cacciavano sempre fuori. Quando è morto mio padre avevo 13 mesi. Mi sono salvato facendo il padre degli altri. Alluvione del Polesine, 1951: mi mandano a Ferrara, assisto i disperati. È iniziata così».
Il più grande peccato?
«Non avere mai usato la ragione ma solo l’istinto».
Non vale.
«Mai stato lì a pensare. Nel 1974 mi chiedono di venire a Milano a dirigere una casa di formazione professionale. Accetto senza pensarci. Arrivo al parco Lambro, una specie di “zoo di Berlino”, il parco dell’eroina. Per liberarlo dalla droga e salvare i tossici giro in camper: da lì, nel 1975, nascono le “carovane”, quest’anno festeggiamo il mezzo secolo. Poi Exodus, 12 comunità in tutta Italia».
Don Mazzi. I non simpatizzanti l’hanno soprannominata “don televisione”.
«Me ne sono sempre fregato. Per me la televisione era il luogo della parola, ho iniziato negli anni ’90 a Domenica In grazie a Arbore che dice a Mara Venier — non ancora famosa — di ospitarmi. Chiedo un consiglio al cardinal Martini, mi fa: “Sii prudente!”. Oggi la tv è cambiata molto, si grida, si litiga, è sbracata. Anche Domenica In mi piace meno».
È stato prudente o si è fatto prendere dal narcisismo?
«Mai stato prudente. I cattolici con le mani giunte storcevano il naso, sono stato sommerso da lettere di insulti. Io sono figlio di un Dio laico, sono per una Chiesa laica, meno cerimonie e più fatti, ho sempre cercato gli scartini, i peggiori della società. E li ho presi per mano».
Leone XIV le piace?
«Non l’ho ancora catalogato. Ha troppa testa, e la gente con troppa testa non mi piace. Non cambierà la chiesa, ma nemmeno Francesco l’ha cambiata. Una volta mi disse: non sono qui per cambiare la chiesa ma per preparare il cambiamento della chiesa».
Come cambiarla?
«Il Vaticano dovrebbe sparire. Avremmo bisogno di un profeta, non di un pontefice. Ripenso alla mia scelta di occuparmi degli ultimi. Anche i dodici apostoli non erano certamente gli uomini migliori della Palestina».
Gaza continua a essere un inferno in terra.
«Fossi in Leone XIV andrei lì, subito. E vediamo cosa succede». Ha accolto in affidamento per i servizi sociali decine di condannati noti. Ripassiamone alcuni. Paolo Pillitteri, ex sindaco di Milano, tangenti.
«Meno superficiale di quanto sembrava. È stato il primo a scendere dal camper per assistere un tossico riverso su una panchina».
I parricidi Pietro Maso e Erika De Nardo.
«Maso non l’ho mai preso sul serio, è passato da troppe mani. Erika De Nardo: personalità molto forte. L’ha salvata il padre che, nonostante tutto, non l’ha mai abbandonata».
Gli ex brigatisti Marco Donat Cattin e Adriana Faranda.
«Donat Cattin un giorno mi dice: se tu fossi stato mio padre non sarei in questa situazione. Gli estremisti degli anni di piombo avevano un sogno, sbagliato ma l’avevano. Quelli di oggi no. Uccidono per vedere come muore un uomo, anche la morte è diventata un oggetto».
Fabrizio Corona e Lele Mora.
«Corona è tornato a fare il pirla, fa soldi per buttarli via. L’ho visto ancora su Garlasco che è una storia assurda di fronte alla quale pensi: ma che giustizia è? Lele Mora sembrava un mago, riusciva a stregare chi aveva intorno».
I suoi amici veri chi sono?
«Ernesto Pellegrini (morto recentemente), Massimo Moratti, Mara Venier, Renato Zero. Ovviamente lo è stato Carlo Maria Martini».
Ha rapporti con i politici?
«Solo burocratici e formali con Attilio Fontana e con il sindaco Beppe Sala».
Ecco, Sala. Che ruolo gli attribuisce nell’inchiesta che ha scosso Milano in questi ultimi giorni?
«In parte ha subito la situazione e in parte c’è cascato. Spero che lasci la politica e torni a fare altro».
Un milanese che le manca?
«Gino Strada, straordinario».
Ancora la politica. Su Berlusconi lei non è mai stato tenero.
«Non so se ha fatto bene all’Italia. Ho detto, e ripeto, che se fosse venuto qui ai servizi sociali gli avrei fatto pulire i gabinetti».
Lei oggi è di destra o sinistra?
«Sono di una sinistra tutta mia. Mi manca Eugenio Scalfari, un gigante, e faccio fatica a riconoscermi nella sinistra di Schlein. È una sinistra che non sa cos’è la sinistra, che vive nel mondo borghese, come lei”
E Meloni?
«È una figura che non suscita il mio interesse, non ha personalità, non capisco come sia potuta arrivare dove è. Le politiche del suo governo? Mentalità borghese. Il fatto che Meloni non sia di origini borghesi è, se possibile, anche peggio».
Ha qualche rimpianto?
«No. Solo delle idee. Se potessi cambierei completamente la scuola e abolirei il carcere minorile».
(da La repubblica)
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Luglio 22nd, 2025 Riccardo Fucile
IN UNA DI QUESTE STRUTTURE CI SONO ANCHE DUE ITALIANI, COSA STA FACENDO IL GOVERNO PER LIBERARLI? IL PD PRESENTA UN’INTERROGAZIONE – “CHIUSI IN GABBIA COME POLLI, SENZA SAPONE, SENZA ALCUN MATERIALE IGIENICO, CON TRE BAGNI PER 32 PERSONE E, PER DI PIÙ, APERTI, SENZA VEDERE LA LUCE DEL SOLE PER GIORNI E GIORNI”
I migranti di un centro Ice di Miami sarebbero stati ammanettati, con mani legate
dietro la schiena, e costretti a inginocchiarsi per mangiare da piatti di polistirolo “come cani”.
Lo rivela il The Guardian in un approfondimento sulle condizioni di tre strutture sovraffollate per la detenzione di
migranti irregolari in attesa di espulsione, nel sud della Florida.
Decine di uomini sarebbero stati stipati in una cella di detenzione per ore, secondo il rapporto pubblicato, e gli sarebbe stato negato il pranzo fino alle 19 circa, rimanendo incatenati a guardare del cibo riposto su alcune sedie davanti ai loro occhi.
“Dovevamo mangiare come animali”, racconta un detenuto di nome Pedro al The Guardian. I presunti abusi sarebbero stati commessi nelle carceri gestite dall’Immigration and customs enforcement agency (Ice), come hanno denunciato anche associazioni come Human rights watch, che ha reso pubbliche alcune interviste esclusive ai detenuti.
La notizia arriva dopo che Il Tampa Bay Times, quotidiano della Florida, aveva pubblicato un elenco di oltre centinaia di detenuti, tra cui due italiani, trattenuti ad Alligator Alcatraz, il nuovo controverso centro di detenzione per migranti irregolari (in attesa di espulsione) voluto dall’amministrazione Trump per rispondere al sovraffollamento delle altre carceri.
Alligator Alcatraz, costruito in solo otto giorni nella regione paludosa delle Everglades, in Florida, è stato inaugurato lo scorso 3 luglio ed è finito al centro delle polemiche per i presunti abusi e le violenze perpetrate nei confronti dei migranti. Ma non sarebbe l’unico caso.
Nel centro di detenzione di Krome North, nella zona ovest di Miami, rivela il The Guardian, le detenute venivano costrette a usare i bagni sotto gli occhi di guardie e detenuti uomini, senza alcuna privacy. Inoltre, veniva loro negato l’accesso a cure, docce e cibo.
Secondo quanto riferito da alcuni ex detenuti, il carcere era
talmente sovraffollato che alcuni sono stati trattenuti per più di 24 ore in un autobus fermo in un parcheggio della struttura.
”Venivamo liberati solo quando qualcuno doveva usare l’unico bagno a disposizione, che si intasava rapidamente”, ha rivelato l’ex detenuto che ha aggiunto: ”qualcuno ha defecato sull’autobus che emanava un forte odore di feci”.
(da agenzie)
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Luglio 22nd, 2025 Riccardo Fucile
“NETANYAHU NON AGISCE D’IMPULSO, MA SFRUTTA OGNI CREPA DEL SISTEMA INTERNAZIONALE E ACCELERA L’OFFENSIVA A GAZA, PRIMA CHE LE PRESSIONI DI TRUMP PER UNA TREGUA DIVENTINO INSOSTENIBILI… SOTTO PROCESSO E ABBANDONATO DA ALCUNI ALLEATI, USA LA GUERRA PER PUNTELLARE LA SUA POSIZIONE”
Il prolungamento della guerra a Gaza e il bilancio quotidiano di vittime civili, in aperta sfida agli appelli di Papa Leone XIV,
alle risoluzioni Onu e alle pressioni internazionali su Netanyahu sorprende e preoccupa. Secondo Axios, cresce a Washington la frustrazione per la condotta «fuori controllo» del premier israeliano, accusato alla Casa Bianca di compromettere la strategia americana nella regione.
Dietro l’apparente disordine si cela una strategia deliberata. Netanyahu non agisce d’impulso, ma sfrutta ogni crepa del sistema internazionale e accelera l’offensiva a Gaza, prima che le pressioni americane per una tregua diventino insostenibili.
La disperazione crescente della popolazione palestinese è strumento di pressione per un esodo verso Stati confinanti che però rifiutano ogni accoglienza.
Le ragioni della strategia israeliana si articolano in quattro assi. Primo, sopravvivenza politica: sotto processo e abbandonato da alcuni alleati, Netanyahu usa la guerra per puntellare la sua posizione. Secondo, pressione ideologica: i suoi ministri, esponenti della destra messianica, Smotrich, Ben-Gvir e i coloni più radicali, vedono una tregua come resa inaccettabile e spingono per la «conquista totale» di Gaza e della Cisgiordania.
Terzo, calcolo negoziale: ogni giorno in più di guerra logora Hamas, disintegra infrastrutture civili e spinge la popolazione palestinese al collasso, rafforzando Israele nei negoziati e alimentando la disperazione a Gaza. Quarto, scudo geopolitico: Netanyahu sa che il veto Usa lo protegge dalle sanzioni e che Trump, pur irritato, non romperà l’asse strategico. Il sostegno della base evangelica americana, filo trumpiana, rafforza la sua impunità
In sintesi: la guerra è per Netanyahu leva di potere e strumento
di governo, non una emergenza da risolvere. L’offensiva nella Striscia non mira più solo a neutralizzare Hamas, ma a disarticolare definitivamente Gaza come entità politica, civile, infrastrutturale e demografica autonoma.
Colpire centri umanitari e strutture di culto, segmentare il territorio in zone evacuabili e bloccare gli aiuti rientra in una dottrina del logoramento. Israele ha trasformato fame e paura in strumenti deliberati: una vera e propria weaponizzazione della sofferenza, per piegare la resilienza della popolazione e forzare un esodo da Gaza.
Il messaggio è chiaro: nessuna entità palestinese controllerà Gaza senza l’approvazione israeliana. La guerra è diventata uno strumento di ingegneria geopolitica. La sofferenza civile, metodicamente inflitta, non è un effetto collaterale ma una scelta deliberata.
Questo scenario certifica il collasso della deterrenza etica: i vincoli che, formalmente, limitavano l’uso della forza da parte delle democrazie stanno venendo meno. Oggi la protezione dei civili è negoziabile. La guerra è gestione. L’etica è calcolo
Gaza potrebbe diventare incubatore di una nuova radicalizzazione jihadista. Una generazione stremata troverà nella violenza e nella vendetta l’unico linguaggio possibile. L’Occidente rischia una delegittimazione profonda, apparendo disattento, complice e selettivo.
La pressione su Giordania, Egitto e Libano, incapaci di assorbire nuovi rifugiati, rischia di rendere la crisi regionale permanente. L’insostenibile numero di vittime civili a Gaza non è, dunque, solo una tragedia umanitaria: è la prova che la violenza
sistemica ha sostituito ogni norma. La sofferenza è divenuta strumento strutturale. Il terrore è operazione strategica.
A Gaza siamo entrati nell’era dell’unpeace: della pace disfatta, non più regola ma eccezione. I conflitti si combattono con strumenti militari, economici, tecnologici, senza limiti né diritto. In questa fase, Gaza è l’epicentro, Netanyahu la cinica avanguardia, il silenzio globale ne è il sintomo più allarmante. Gaza rivela la crisi della legalità, dell’etica e della credibilità internazionale.
Ettore Sequi
per “la Stampa”
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