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“NETANYAHU E I MEMBRI DEL GOVERNO DOVREBBERO ESSERE PROCESSATI PER I CRIMINI DI GUERRA” : PARLA OFER CASSIF, IL DEPUTATO ARABO-ISRAELIANO CACCIATO DAL PARLAMENTO DOPO AVER CITATO L’INTERVISTA DELLO SCRITTORE DAVID GROSSMAN CHE HA DEFINITO “GENOCIDIO” QUELLO CHE STA ACCADENDO A GAZA

Agosto 6th, 2025 Riccardo Fucile

“ALLA KNESSET È PROIBITO DIRE CHE C’È UN GENOCIDIO NELLA STRISCIA. MI HANNO SOSPESO PER SEI MESI E IL PROSSIMO OTTOBRE SARÒ SOSPESO PER ALTRI DUE MESI” … “CIÒ CHE HAMAS HA FATTO IL 7 OTTOBRE 2023 NON PUÒ GIUSTIFICARE IL GENOCIDIO NELLA STRISCIA. IL POPOLO PALESTINESE HA DIRITTO ALL’AUTODETERMINAZIONE”

Ofer Cassif è israeliano, comunista, anti-sionista, l’unico parlamentare ebreo tra i cinque deputati della lista Hadash-Taal,
il partito arabo-israeliano, ma si definisce ateo. E, per arricchire il quadro della sua complessa personalità pubblica, ha anche un altro record: dall’ottobre 2023, è stato espulso tre volte dalla Knesset perché continua a definire la guerra a Gaza “un genocidio”. L’ultima volta ieri, e l’hanno tirato via a forza dal banco della presidenza.
Ci racconti com’è andata.
«Stavo ricordando i quattro palestinesi, cittadini israeliani, uccisi 20 anni fa da un terrorista ebreo nella città settentrionale di Shefar’am, in Israele, e ho collegato quell’attacco terroristico al genocidio a Gaza. Alla Knesset è letteralmente proibito dire che c’è un genocidio nella Striscia.
Siamo stati sanzionati per questo, mi hanno sospeso per sei mesi e il prossimo ottobre sarò nuovamente sospeso per altri due mesi. E così per aggirare le sanzioni ho deciso di citare altri che denunciano il genocidio: David Grossman. Il presidente ha negato che fosse una citazione, mi ha detto che l’avevo inventata io. E mi hanno cacciato dal parlamento».
Nessun tribunale internazionale si è ancora pronunciato sull’accusa di genocidio. Lei su quali prove lo afferma con così tanta certezza?
«Un genocidio non è solo un massacro di massa ma la creazione di condizioni che non permettono la vita, la distruzione di infrastrutture, ospedali, scuole. Netanyahu, i ministri, membri della Knesset di diversi partiti, hanno affermato esplicitamente che Gaza dovrebbe essere bruciata».
Il governo pensa a un’espansione della guerra dopo il collasso dei negoziati. Qual è la sua posizione?
«Netanyahu e la maggior parte dei membri della coalizione e alcuni membri dell’opposizione dovrebbero essere processati per i crimini di guerra a Gaza».
E Hamas cos’è?
«Il 7 ottobre è stato un crimine di guerra, un crimine contro l’umanità. Hamas ha ucciso centinaia di civili innocenti, bambini, donne. Ci sono state aggressioni sessuali e torture. Sono sempre stato chiaro nel respingere totalmente, con disgusto, i crimini commessi da Hamas. […] Allo stesso tempo, ciò che Hamas ha fatto non può giustificare il genocidio a Gaza».
Considera Hamas un’organizzazione terroristica o un movimento di resistenza?
«Una combinazione delle due. Hamas è colpevole di attacchi terroristici come quello del 7 ottobre, ma è anche coinvolta nella resistenza. Non accetto ipocrisie: le organizzazioni clandestine sioniste attive contro gli inglesi all’inizio degli anni ‘40 erano o no organizzazioni terroristiche? Qual è la differenza? Se definisci il terrorismo come un attacco intenzionale contro civili innocenti per raggiungere scopi politici allora non c’è differenza tra Hamas e le Brigate Rosse in Italia».
C’è ancora spazio per una soluzione a due Stati?
«Il popolo palestinese ha diritto all’autodeterminazione. Israele non potrà controllare la Striscia di Gaza. Sarà un bagno di sangue, di palestinesi, di israeliani, a cominciare dagli ostaggi. L’unica soluzione sono i due Stati».
(da La Repubblica)

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IL GOVERNO SI PREPARA A USARE L’ENNESIMA ARMA DI DISTRAZIONE DI MASSA PER USCIRE DALL’IMBARAZZO DEL CASO ALMASRI: IL VOTO CON CUI IL PARLAMENTO NEGHERÀ L’AUTORIZZAZIONE A PROCEDERE PER MANTOVANO, NORDIO E PIANTEDOSI, ALLA CAMERA, SARÀ PROGRAMMATO NEGLI STESSI GIORNI IN CUI IL PARLAMENTO UE SI ESPRIMERÀ SULL’EURODEPUTATA DI AVS, ILARIA SALIS

Agosto 6th, 2025 Riccardo Fucile

I DUE CASI NON HANNO NULLA IN COMUNE: IN ITALIA LA MAGISTRATURA INDIPENDENTE HA ACCERTATO UN REATO DI MINISTRI IN CARICA, IN UNGHERIA I GIUDICI AL SERVIZIO DEL REGIME ORBANIANO LASCIANO SFILARE I NAZISTI PER LE STRADE E INCRIMINANO UNA ATTIVISTA DI SINISTRA SENZA AVER MAI MOSTRATO LE PROVE (E SENZA QUERELA DI PARTE PRESUNTA LESA)… COMUNQUE SE PROPRIO VOGLIONO PARAGONARE I DUE CASI PRIMA I TRE MINISTRI SI FACCIANO 15 MESI DI GALERA NELLA CARCERI DI ORBANIN MEZZO AGLI SCARAFAGGI

Alla mezza, in un tavolino del ristorante di Montecitorio, si attovagliano Carlo Nordio, la fedelissima capo-staff Giusi Bartolozzi e l’avvocata del Guardasigilli (e di mezzo governo) per il caso Almasri, Giulia Bongiorno.
Pasto rapido, ma chiacchierata fittissima con la senatrice leghista, che difende pure la premier. Tornato in Transatlantico, il ministro della Giustizia si fa però molto meno loquace, almeno con i cronisti: «Ho ricevuto le carte dalla Procura? Ad ora, le 13, ancora no».Stop.
In serata però la richiesta di rinvio a giudizio raggiunge gli esponenti di governo coinvolti nel pasticcio della liberazione del torturatore libico: il capo del Viminale, Matteo Piantedosi, il sottosegretario Alfredo Mantovano. E Nordio. Il titolare della Giustizia viene avvistato a Palazzo Chigi in mattinata, anche se la cerchia di Giorgia Meloni esclude un faccia a faccia tra i due. Più probabile che abbia incontrato Mantovano e l’altro sottosegretario alla presidenza, Giovanbattista Fazzolari.
La strategia del governo per gestire la grana giudiziaria comincia però a prendere forma. Meloni fa il punto con lo staff prima d’imbarcarsi per la Serbia. C’è anche un cronoprogramma, sullo scudo penale con cui l’esecutivo è pronto a proteggere i suoi tre rappresentanti impelagati nell’inchiesta.
Intanto, il luogo: a esprimersi per il terzetto sarà la Camera.
Matteo Renzi, senatore, alla buvette ieri masticava amaro: «Avrei voluto avere Mantovano per le mani…».
A Montecitorio la giunta delle autorizzazioni, che si riunirà stamattina per iniziare a discutere il caso, ha 30 giorni di tempo per esprimere un parere sulla richiesta di processo. E la maggioranza è intenzionata a prenderseli tutti. Passato un mese, a settembre inoltrato, il centrodestra avrebbe altri 30 giorni per far votare l’Aula.
Coincidenza, la seduta che casserà l’inchiesta dei pm di Roma dovrebbe essere programmata proprio nei giorni in cui il Parlamento Ue si esprimerà su Ilaria Salis, l’eurodeputata di Avs, incarcerata per 15 mesi in Ungheria e ora protetta dall’immunità comunitaria. A Strasburgo, prima la commissione “Juri” e poi la plenaria voterà per fine settembre sulla possibile revoca della tutela. Il voto di Montecitorio sull’affaire Almasri dovrebbe essere fissato a ridosso.
Così ai piani alti dell’esecutivo proveranno a smontare le accuse che arriveranno da sinistra: i ministri di Meloni scappano dai giudici. «Ma la stessa sinistra — è la tesi — salverà Salis dall’accusa di lesioni». La strategia è questa. Anche se naturalmente nel centrodestra parlano di mera casualità, circa i due voti, come dire: non c’è bisogno di forzare le cose. Di sicuro la sincronia tornerà utile.
Meloni intende però sfruttare la nuova crociata anti-toghe per il referendum sulla giustizia, visto che i sondaggi sono ballerini. Restano i crucci per i possibili esiti in tribunale: non per i ministri, che saranno scudati. Ma per una eventuale, per ora solo temuta, iscrizione nel registro degli indagati di Bartolozzi, la capo di gabinetto di Nordio.
Bartolozzi oggi non è nemmeno indagata, ma l’eventualità è stata commentata ieri dal capo dell’Anm. La capo di gabinetto non sarebbe protetta da un voto del Parlamento. E un processo naturalmente porterebbe con sé altre indagini, nuove liste di testimoni, interrogatori. Anche per questo dentro FdI c’è chi ipotizza, in una seconda fase, il ricorso al segreto di Stato sulla vicenda.
(da La repubblica)

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“ALMASRI LIBERATO PER EVITARE RITORSIONI: COSA EMERGE DALLE CARTE

Agosto 6th, 2025 Riccardo Fucile

“NORDIO,PIANTEDOSI E MANTOVANO ERANO “PERFETTAMENTE CONSAPEVOLI” DELLE RICHIESTE DELLA CPI MA HANNO “SCIENTEENTE E VOLONTARIAMENTE AIUTATO ALMASRI A SOTTRARSI ALLE RICERCHE”

Il Tribunale dei ministri ha chiesto l’autorizzazione a procedere nei confronti dei ministri Nordio e Piantedosi e del sottosegretario Mantovano nell’ambito dell’inchiesta sul caso Almasri. I tre “erano perfettamente consapevoli del contenuto delle richieste di cooperazione inviate dalla Cpi e, in particolare, del mandato di arresto spiccato nei confronti” del torturatore libico poi liberato e rimpatriato su un volo di Stato e con il loro operato “hanno scientemente e volontariamente aiutato il predetto a sottrarsi alle ricerche e alle investigazioni della Cpi”, si legge nell’atto di accusa arrivato ieri alla Camera. Le accuse nei confronti di Meloni invece, sono state archiviate perché pur essendo informata – sostengono i magistrati – non ci sono prove di una sua partecipazione ai reati contestati.
Cosa c’è nell’atto di accus
In oltre 90 pagine i giudici ricostruiscono, in ordine cronologico, i fatti, dalla richiesta di arresto da parte della Corte penal
internazionale fino alla liberazione e al rimpatrio di Almasri e vengono citate mail, dichiarazioni fatte in riunioni su Zoom tra vertici di governo e istituzioni, stralci di discorsi in parlamento del ministro Nordio e Piantedosi.
“Il decreto di espulsione emesso dal ministro dell’Interno nei confronti dell’Almasri” è “motivato in relazione alle esigenze di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica”, ma ha portato “ad un risultato paradossale – vale a dire ricondurre il ricercato Almasri, libero, lì dove avrebbe potuto continuare a perpetrare condotte criminose analoghe a quelle di cui era già accusato. Ne consegue che l’atto amministrativo, per come motivato, risulta viziato da palese irrazionalità e, come tale, illegittimo”, viene sottolineato.
“Posto che tanto la legge di ratifica dello Statuto della Cpi, quanto la legge di attuazione e recepimento della convenzione sulla tortura pongono a carico degli Stati parte l’obbligo rispettivamente di arrestare e di estradare chi sia destinatario di un mandato di arresto di un Tribunale internazionale, a seguito del provvedimento della Corte d’Appello di scarcerazione, l’Almasri non avrebbe mai potuto essere espulso, né tanto meno accompagnato in patria su disposizione di due alte cariche dello Stato, quali il ministro dell’Interno Piantedosi e il sottosegretario Mantovano, ciò risolvendosi in una chiara violazione delle citate norme internazionali pattizie”, si legge.
Per tutti e tre il reato contestato è di concorso in favoreggiamento personale aggravato, peculato per Mantovano e Piantedosi e omissione d’atti d’ufficio per Nordio. “Contrariamente a quanto sostenuto dal ministro Nordio, sia
Parlamento che nella memoria, la legge – pur conferendo a lui il compito di curare in via esclusiva i rapporti dell’Italia con la Cpi e di dare impulso alla procedura, non gli attribuisce alcun potere discrezionale (…) ma, anzi, lo investe della funzione di garante del buon esito della stessa”, proseguono i giudici.
Secondo il Tribunale dei ministri, dietro la liberazione di Almasri, tra i capi della polizia libica, ci sarebbe l’intenzione di evitare ritorsioni da parte della Libia, ad esempio nei confronti dei nostri concittadini che abitano nel Paese. “Appare verosimile che l’effettiva e inespressa motivazione degli atti e delle condotte tenute tanto dal ministro Nordio – nel decidere di non dar corso alla richiesta di cooperazione della Cpi relativa sia all’arresto che al sequestro – quanto dal ministro Piantedosi – nel decretare l’espulsione dal territorio dello Stato – ed infine dall’Autorità delegata Mantovano – nel richiedere il volo Cai per l’accompagnamento in patria – sia da rinvenirsi, piuttosto, nelle preoccupazioni palesate dal Prefetto Caravelli (il direttore dell’Aise, ndr), nell’ambito delle riunioni intercorse tra i vertici istituzionali, riferite a possibili ritorsioni per i cittadini e gli interessi italiani in Libia derivanti dal mantenimento in vinculis di Almasri”.
Sia i ministri Nordio e Piantedosi, sia il sottosegretario Mantovano erano “perfettamente consapevoli del contenuto delle richieste di cooperazione inviate dalla Cpi e, in particolare, del mandato di arresto spiccato nei confronti dell’Almasri. Non dando corso a tali richieste il primo, decretando il secondo la formale espulsione del ricercato con un provvedimento (…) viziato da palese irrazionalità e disponendo il terzo l’impiego di un volo Cai che ne ha assicurato l’immediato rientro in patria, hanno scientemente e volontariamente aiutato il predetto a sottrarsi alle ricerche e alle investigazioni della Cpi”, sottolineano.
“Il silenzio di Nordio è indebito”
Negli atti inviati in Parlamento, i giudici ricostruiscono tutte le condotte che, a loro dire, configurerebbero il reato di omissione d’atti di ufficio commesso da Nordio. “Il silenzio serbato dal ministro, che si è risolto di fatto in un rifiuto di dar corso alla richiesta di cooperazione, è da ritenere indebito”, si legge. “È un dato di fatto che, nella specie, il ministro della Giustizia aveva avuto il tempo di interloquire con gli altri vertici istituzionali e avrebbe avuto, anche all’esito di tali riunioni, il tempo per provvedere a dar corso alla richiesta di arresto provvisorio e di sequestro, ove avesse voluto”.
Invece Nordio, ricevute le richieste di cooperazione giudiziaria della Cpi aventi ad oggetto l’arresto provvisorio e la perquisizione ed il sequestro nei confronti del cittadino libico Almasri, non diede seguito a “nessuna delle due richieste prontamente”. E ciò nonostante “sapesse che il ricercato era stato, nelle more, anche arrestato dalla Polizia, tanto è vero che gli atti relativi a detto arresto erano stati trasmessi contestualmente dalla Polizia sia all’Autorità giudiziaria sia al Ministero, che, nel frattempo, li aveva, comunque, già ricevuti formalmente tramite il canale diplomatico prescelto in sede di adesione al Trattato di Roma”. Non solo: “pur supportato dagli Uffici tecnici del Dag, che avevano tempestivamente predisposto una bozza di provvedimento da trasmettere all’Ag, per dar
seguito, comunque, alle richieste di cooperazione nel rispetto del termine di quarantotto ore dalla trasmissione degli atti alla stessa Ag”, dicono ancora i giudici, il Guardasigilli, “non fece alcunché”.
Il tribunale indica diversi punti: “non rispose al Procuratore Generale della Corte d’ Appello” che gli aveva scritto” di essere in attesa delle sue determinazioni e “non rispose, neppure alle plurime richieste inoltrategli da funzionari della Cpi” che “sollecitavano consultazioni” per discutere di eventuali problemi, “dando, anzi, disposizioni ai funzionari dell’Ufficio tecnico di non rispondere affatto ai referenti della Cpi”. Inoltre, “non informò la Cpi della richiesta di estradizione, a suo dire, concorrente, avanzata dall’autorità giudiziaria libica — che sarebbe stata, in realtà, protocollata solo il 22 gennaio – di cui era stato informato in ragione delle riunioni intercorse con gli altri esponenti del Governo e dei Servizi almeno dal 20 gennaio” e “decise di assumere un contegno attendista — delle decisioni della Corte d’Appello non solo rimanendo inerte in attesa di tale decisione ma convenendo, altresì, in accordo con gli altri vertici istituzionali, sull’opportunità di espellere l’Almasri, ove fosse stato scarcerato”.
Infine, “neppure dopo aver avuto comunicazione del provvedimento della Corte d’appello che, ravvisando un errore procedurale, aveva disposto la scarcerazione dell’Almasri, si era attivato per dare corso alle richieste di cooperazione della Cpi”. Dunque, “pur sapendo…che, ove l’arresto non fosse stato convalidato, il cittadino libico sarebbe stato espulso, non fece nulla per evitare che, con ciò, l’Almasri si sottraesse
all’esecuzione del mandato di arresto spiccato dalla Cpi”. Ecco perché, conclude il tribunale dei ministri, “contrariamente a quanto sostenuto dagli indagati, si ritiene che il silenzio serbato dal Ministro e il contegno attendista assunto…integrino le condotte rilevanti ai sensi dell ‘art. 328”, vale a dire il rifiuto e l’omissione di atti d’ufficio.
“Volo di Stato fu strumento per il favoreggiamento di Almasri”
Un passaggio dell’atto è dedicato all’uso del volo Cai (la compagna dei servizi segreti, ndr), il volo di Stato per rimpatriare Almasri. La sua predisposizione da parte del sottosegretario Mantovano è stata lo “strumento utilizzato per compiere il delitto di favoreggiamento”. In tal senso “non si può ritenere che una simile decisione sia stata funzionale al perseguimento di un interesse pubblico, essendo il potere, pur discrezionale, stato sviato per un fine illecito”, si legge.
A fine settembre il voto del Parlamento
L’Ufficio di Presidenza della Giunta per le autorizzazioni della Camera “ha deciso alla unanimità i tempi dell’esame delle carte inviate dal Tribunale dei Ministri in merito alle posizioni del sottosegretario Alfredo Mantovano e dei ministri Matteo Piantedosi e Carlo Nordio sul caso Almasri, dando di fatto avvio ai lavori . Entro la fine di settembre sarà pronta la relazione per l’Aula, si terranno almeno cinque sedute, inviteremo infine gli interessati a fornire i loro chiarimenti. Sia la Giunta che l’Aula esprimeranno tre voti distinti, con voto palese in Giunta e segreto in Aula la quale voterà definitivamente entro ottobre”, ha fatto sapere il presidente della Giunta Devis Dori.

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L’ITALIA È SOTTO RICATTO DEI CLAN LIBICI : NELLA RICOSTRUZIONE DEL CASO ALMASRI SI PARLA DI UNA RIUNIONE DECISIVA, TENUTASI A PALAZZO CHIGI CON I VERTICI DEI SERVIZI IL 19 GENNAIO, GIORNO DELL’ARRESTO DI ALMASRI

Agosto 6th, 2025 Riccardo Fucile

IN QUEL SUMMIT, IL CAPO DELL’AISE, GIOVANNI CARAVELLI, PARLA DI POSSIBILI “RITORSIONI” DELLE MILIZIE LIBICHE CONTRO GLI ITALIANI. È LÌ CHE SAREBBE STATA DECISA LA SCARCERAZIONE DEL TORTURATORE (CIRCOSTANZA SEMPRE NEGATA DAL GOVERNO) … I GIUDICI ELENCANO UNA LUNGA LISTA DI “OMISSIONI”, BUGIE E “DICHIARAZIONI MENDACI” DI ALFREDO MANTOVANO, MATTEO PIANTEDOSI E CARLO NORDIO. MA ANCHE DELLA CAPA DI GABINETTO DEL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, LA “ZARINA” GIUSI BARTOLOZZI

Il torturatore libico Osama Almasri avrebbe dovuto essere arrestato in Italia. «E mai avrebbe potuto essere espulso». La decisione è stata «irrazionale», l’aereo di Stato utilizzato per un «fine illecito». Il governo è stato mosso da un unico obiettivo: «Evitare le ritorsioni della Libia».
È quello che ricostruiscono nelle 91 pagine di richiesta di autorizzazione a procedere i giudici del tribunale dei ministri. Un lungo elenco di «omissioni», bugie e «dichiarazioni mendaci» che avrebbero caratterizzato le condotte del sottosegretario alla presidenza, Alfredo Mantovano, il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, e quello della Giustizia, Carlo Nordio. Ma anche la sua capa di gabinetto, Giusi Bartolozzi, che seppur non indagata è accusata di aver mentito ai magistrati.
La circostanza cruciale ricostruita nel documento è una riunione che si è tenuta a Palazzo Chigi il 19 gennaio, poche ore dopo l’arresto di Almasri a Torino. A raccontarla ai magistrati è il
numero uno dell’Aise, il prefetto Giovanni Caravelli.
«Avuta notizia dell’arresto — scrivono i giudici — c’era stata una video-conferenza a cui avevano partecipato, oltre a Caravelli, Mantovano, i ministri dell’Interno e degli Esteri, Piantedosi e Tajani, il capo della Polizia, Vittorio Pisani, ed il prefetto Rizzi, direttore generale del Dis». Senza il Guardasigilli.
In questa riunione, così come quelle avvenute nei due giorni successivi, Caravelli parla «di possibili manifestazioni e possibili ritorsioni nei confronti dei circa cinquecento cittadini italiani che in qualche maniera vivono a Tripoli o arrivano a Tripoli o in Libia, nonché nei confronti degli interessi italiani.
In relazione a questi ultimi — si legge nel documento — riferiva specificatamente dello stabilimento gestito in comproprietà da Eni e dalla National Oil libica sito a Mellitah, vicino al confine con la Tunisia, sottolineando che la Rada Force aveva una collaborazione con le forze di sicurezza che operavano nell’area di quello stabilimento».
Ma a che ritorsioni fa riferimento? «Ricordando il recente precedente di Cecilia Sala arrestata in Iran», si legge nel documento, «ipotizzava che la Rada Force, gestendo l’attività di polizia giudiziaria, avrebbe potuto effettuare dei “fermi” di nostri cittadini all’ingresso nel Paese e sul territorio libico o perquisizioni negli uffici dell’Eni».
E invece, scrive il tribunale dei ministri, «appare verosimile che l’effettiva e inespressa motivazione degli atti sia da rinvenirsi nelle preoccupazioni palesate dal prefetto Caravelli sulle possibili ritorsioni per i cittadini e gli interessi italiani in Libia
Ma è evidente che, così facendo, i citati, nelle rispettive qualità, hanno tutti concorso nell’aiutare Almasri a sottrarsi al mandato di arresto internazionale della Cpi e ad eludere le investigazioni».
Dagli atti emerge infatti come, di fronte a quelle che il tribunale dei ministri definisce legittime perplessità della Corte d’appello di Roma sull’irritualità del fermo di Almasri, il ministero della Giustizia scelga scientemente di non sanare la situazione.
E Nordio ne era «pienamente consapevole». Davanti infatti a un atto preparato dall’ufficio, che la Bartolozzi sostiene di non aver fatto leggere al ministro («dichiarazioni inattendibili e mendaci» le bolla il tribunale), Nordio ha scelto «un silenzio indebito», non avendo secondo i giudici «alcun potere discrezionale» sul mandato della Cpi. Con la sua condotta, per le toghe, ha arrecato «un danno all’effettivo esercizio dell’amministrazione della giustizia».
Di più: «Almasri non avrebbe mai potuto essere espulso, né tanto meno accompagnato in patria su disposizione di due alte cariche dello Stato» perché non vi era alcuna ragione di pericolo per la sicurezza nazionale. Così come non regge la giustificazione del rimpatrio per la doppia richiesta di estradizione (Libia e Cpi) come ha provato a difendersi l’Italia davanti alla Corte penale: quella libica è stata «protocollata dopo l’espulsione di Almasri».
Infine, sull’aereo di Stato: non c’erano esigenze di sicurezza. «I collegamenti con la Libia erano da tempo assicurati da più compagnie con voli, anche diretti, più volte la settimana (…) Qualunque aereo avesse riportato in patria Almasri, sarebbe stato accolto in modo festoso, come in effetti avvenuto».
(da La Repubblica)

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“L’ESPULSIONE DI ALMASRI E’ STATA ILLEGITTIMA, PIANTEDOSI E MANTOVANO HANNO VIOLATO NORME INTERNAZIONALI”: IL TRIBUNALE DEI MINISTRI, NEGLI ATTI DELL’INCHIESTA SU ALMASRI CON CUI CHIEDE L’AUTORIZZAZIONE A PROCEDERE NEI CONFRONTI DEL GUARDASIGILLI, DEL SOTTOSEGRETARIO MANTOVANO E DEL MINISTRO PIANTEDOSI, CI VA GIU’ DURO

Agosto 6th, 2025 Riccardo Fucile

“I DUE MINISTRI E MANTOVANO AIUTARONO VOLONTARIAMENTE ALMASRI. LA PREDISPOSIZIONE E L’USO DEL VOLO DI STATO PER IL RIMPATRIO DI ALMASRI SONO STATI LO STRUMENTO UTILIZZATO PER COMPIERE IL DELITTO DI FAVOREGGIAMENTO. NON SI PUÒ RITENERE CHE UNA SIMILE DECISIONE SIA STATA FUNZIONALE AL PERSEGUIMENTO DI UN INTERESSE PUBBLICO. LA LEGGE NON GLI ATTRIBUISCE ALCUN POTERE DISCREZIONALE”

“Appare verosimile che l’effettiva e inespressa motivazione degli atti e delle condotte tenute tanto dal ministro Nordio – nel decidere di non dar corso alla richiesta di cooperazione della Cpi relativa sia all’arresto che al sequestro – quanto dal ministro Piantedosi – nel decretare l’espulsione dal territorio dello Stato – ed infine dall’Autorità delegata Mantovano – nel richiedere il volo Cai per l’accompagnamento in patria – sia da rinvenirsi, piuttosto, nelle preoccupazioni palesate dal Prefetto Caravelli (il direttore dell’Aise, ndr), nell’ambito delle riunioni intercorse tra i vertici istituzionali, riferite a possibili ritorsioni per i cittadini e gli interessi italiani in Libia derivanti dal mantenimento in vinculis di Almasri”.
Così il tribunale dei ministri negli atti dell’inchiesta su Almasri con cui cui chiede l’autorizzazione a procedere nei confronti del Guardasigilli, del sottosegretario Mantovano e del ministro Piantedosi, depositati alla Camera.
“Contrariamente a quanto sostenuto dal ministro Nordio, sia in Parlamento che nella memoria, la legge – pur conferendo a lui il compito di curare in via esclusiva i rapporti dell’Italia con la Cpi e di dare impulso alla procedura, non gli attribuisce alcun potere discrezionale (…) ma, anzi, lo investe della funzione di garante del buon esito della stessa”. Così il tribunale dei ministri negli atti dell’inchiesta su Almasri con cui cui chiede l’autorizzazione a procedere nei confronti del Guardasigilli, del sottosegretario Mantovano e del ministro Piantedosi, depositati alla Camera.
“Il decreto di espulsione emesso dal ministro dell’Interno nei confronti dell’Almasri” è “motivato in relazione alle esigenze di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica”, ma ha portato “ad un risultato paradossale – vale a dire ricondurre il ricercato Almasri, libero, lì dove avrebbe potuto continuare a perpetrare
condotte criminose analoghe a quelle di cui era già accusato.
Ne consegue che l’atto amministrativo, per come motivato, risulta viziato da palese irrazionalità e, come tale, illegittimo”. Così il tribunale dei ministri negli atti dell’inchiesta su Almasri con cui cui chiede l’autorizzazione a procedere nei confronti del Guardasigilli, del sottosegretario Mantovano e del ministro Piantedosi, depositati alla Camera.
“Sia i ministri Nordio e Piantedosi, sia il sottosegretario Mantovano erano perfettamente consapevoli del contenuto delle richieste di cooperazione inviate dalla Cpi e, in particolare, del mandato di arresto spiccato nei confronti dell’Almasri. Non dando corso a tali richieste il primo, decretando il secondo la formale espulsione del ricercato con un provvedimento (…) viziato da palese irrazionalità e disponendo il terzo l’impiego di un volo Cai che ne ha assicurato l’immediato rientro in patria, hanno scientemente e volontariamente aiutato il predetto a sottrarsi alle ricerche e alle investigazioni della Cpi”.
Così il tribunale dei ministri negli atti dell’inchiesta su Almasri con cui cui chiede l’autorizzazione a procedere nei confronti del Guardasigilli, del sottosegretario Mantovano e del ministro Piantedosi, depositati alla Camera.
“Posto che tanto la legge di ratifica dello Statuto della Cpi, quanto la legge di attuazione e recepimento della convenzione sulla tortura pongono a carico degli Stati parte l’obbligo rispettivamente di arrestare e di estradare chi sia destinatario di un mandato di arresto di un Tribunale internazionale, a seguito del provvedimento della Corte d’Appello di scarcerazione, l’Almasri non avrebbe mai potuto essere espulso, né tanto men
accompagnato in patria su disposizione di due alte cariche dello Stato, quali il ministro dell’Interno Piantedosi e il sottosegretario Mantovano, ciò risolvendosi in una chiara violazione delle citate norme internazionali pattizie”.
Così il tribunale dei ministri negli atti dell’inchiesta su Almasri con cui cui chiede l’autorizzazione a procedere nei confronti del Guardasigilli, del sottosegretario Mantovano e del ministro Piantedosi, depositati alla Camera.
“Quanto al decreto di espulsione emesso dal ministro Piantedosi ed alla disposizione di volo Cai ad opera del sottosegretario Mantovani – proseguono i giudici in un altro passaggio – occorre rilevare che, pur con la discrezionalità che li connota, non possano considerarsi quali atti politici ma di alta amministrazione, come tali non sottratti al controllo giurisdizionale
Non lo sono perché non rappresentano un atto libero nel fine, come tale riconducibile a scelte supreme dettate da criteri politici concernenti la costituzione, la salvaguardia o il funzionamento dei pubblici poteri nella loro organica struttura e nella loro coordinata applicazione.
Non si èdi fronte, cioè, ad un atto che attiene alla direzione suprema generale dello Stato considerato nella sua unità e nelle sue istituzioni fondamentali. Piuttosto trattasi di atti che esprimono una funzione amministrativa da svolgere, sia pure in attuazione di un indirizzo politico, al fine di contemperare gli interessi in gioco e che proprio per questo si innesta su una regolamentazione che a vari livelli, internazionale e nazionale, ne segna i confini”
“La predisposizione e l’uso del volo Cai sono stati lo strumento utilizzato per compiere il delitto di favoreggiamento. In tal senso non si può ritenere che una simile decisione sia stata funzionale al perseguimento di un interesse pubblico, essendo il potere, pur discrezionale, stato sviato per un fine illecito”. Così il tribunale dei ministri negli atti dell’inchiesta su Almasri con cui cui chiede l’autorizzazione a procedere nei confronti del Guardasigilli, del sottosegretario Mantovano e del ministro Piantedosi, depositati alla Camera.
“È un dato di fatto che, nella specie, il ministro della Giustizia aveva avuto il tempo di interloquire con gli altri vertici istituzionali e avrebbe avuto, anche all’esito di tali riunioni, il tempo per provvedere a dar corso alla richiesta di arresto provvisorio e di sequestro, ove avesse voluto”. Lo scrive il tribunale dei ministri nella richiesta di autorizzazione a procedere sottolineando che “alla luce di tali considerazioni, il silenzio serbato dal ministro Nordio, che si è risolto di fatto in un rifiuto di dar corso alla richiesta di cooperazione, è da ritenere indebito”.
(da agenzie)

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“GIORGIA MELONI NON POTEVA NON SAPERE CIÒ CHE STAVA AVVENENDO SUL CASO ALMASRI. E HA RAGIONE: A PROCESSO DOVEVA ANDARCI ANCHE LEI”

Agosto 6th, 2025 Riccardo Fucile

IL QUOTIDIANO “DOMANI”: “UN PRESIDENTE DEL CONSIGLIO È, PER DEFINIZIONE, SEMPRE INFORMATO DELL’ATTIVITÀ DEI TITOLARI DEI DICASTERI, QUANDO NORDIO HA DECISO DI CONSENTIRE CHE ALMASRI FOSSE LIBERATO E RIPORTATO IN LIBIA SU UN VOLO DI STATO, MELONI NON È INTERVENUTA… LA PREMIER POTEVA IMPEDIRE QUANTO STAVA AVVENENDO PER ALMASRI, E NON L’HA FATTO”

La premier non poteva non sapere ciò che stava avvenendo. Quanto a Nordio, Piantedosi e Mantovano, se non fosse concessa l’autorizzazione a procedere si creerebbe un cortocircuito giuridico: l’Italia potrebbe essere “sanzionata” in sede internazionale per non aver consegnato il libico alla CPI, ma chi si suppone ne abbia la responsabilità potrebbe essere sottratto al giudizio in sede nazionale
Giorgia Meloni ha ragione quando lamenta che il Tribunale dei Ministri ha archiviato la sua posizione per il caso Almasri, al contrario di quanto ha fatto per i ministri Carlo Nordio e Matteo Piantedosi, nonché per il sottosegretario Alfredo Mantovano, autorità delegata alla sicurezza della Repubblica. Un presidente del Consiglio è, per definizione, sempre informato dell’attività dei titolari dei dicasteri, circa la quale ha una responsabilità che non è solo politica.
La responsabilità di Meloni
I compiti che l’art. 95 della Costituzione assegna al presidente del Consiglio – dirigere la politica generale del governo ed esserne responsabile, mantenere l’unità di indirizzo politico ed amministrativo, promuovere e coordinare l’attività dei ministri – comportano che egli non possa non sapere cosa fanno i suoi ministri.
Perciò Meloni afferma che il governo «agisce in modo coeso sotto la mia [sua] guida» e «ogni scelta, soprattutto così importante, è concordata». Ma la responsabilità del vertice dell’esecutivo va anche oltre: la legge gli attribuisce il potere sospendere l’adozione di atti politici o amministrativi da parte dei ministri competenti, investendone il Consiglio dei Ministri (legge n. 400/1988). Quando Nordio ha deciso di consentire che Almasri fosse liberato e riportato in Libia su un volo di stato, Meloni non è intervenuta.
Dunque, anche se nell’ordinanza di archiviazione si legge che nessun «dettaglio o elemento valutabile» dimostra la «sua condivisione delle “decisioni” adottate», la premier poteva impedire quanto stava avvenendo per Almasri, e non l’ha fatto.
L’indagine sui componenti dell’esecutivo era stata aperta per i reati di peculato e favoreggiamento, e riguardo a Nordio pure per omissione di atti d’ufficio. Cosa potrà accadere quando la parola passerà alle Camere, che decideranno sull’autorizzazione a procedere?
La legge definisce i criteri che le Camere devono seguire nella decisione. L’autorizzazione può essere negata se l’inquisito «abbia agito per la tutela di un interesse dello Stato costituzionalmente rilevante ovvero per il perseguimento di un preminente interesse pubblico nell’esercizio della funzione di Governo» (legge costituzionale n. 1/1989). Dunque le Camere dovranno valutare se la liberazione del generale libico sia stata un atto “politico” – cioè teso a soddisfare interessi prevalenti rispetto a quelli sacrificati con il suo rilascio – quindi
insindacabile dai giudici.
Questo è un punto nodale, in cui si intersecano l’ordinamento interno e quello internazionale. L’Italia, con la sottoscrizione e la ratifica dello Statuto di Roma, istitutivo della Corte penale internazionale, ha riconosciuto la giurisdizione di quest’ultima, assumendosi l’obbligo di cooperare «pienamente con la Corte nelle inchieste ed azioni giudiziarie che la stessa svolge», quindi anche eseguendo i suoi mandati di arresto.
Ma per Almasri, accusato di crimini di guerra e contro l’umanità, il governo Meloni non l’ha fatto. Se non fosse concessa l’autorizzazione a procedere, i soggetti coinvolti sarebbero sottratti a una valutazione giudiziaria volta ad accertare se essi abbiano agito entro quei canoni di legalità, che includono anche il rispetto dei trattati, cui pure la politica deve attenersi, in ossequio ai principi fondamentali dello Stato di diritto.
Se le Camere decidessero di evitare il processo a ministri e sottosegretario, rischia di crearsi un cortocircuito giuridico. Sul lato internazionale, la procura della Corte ha già chiesto di deferire l’Italia al Consiglio di Sicurezza dell’Onu o all’assemblea degli Stati che aderiscono al tribunale dell’Aja, per il caso Almasri. Non consegnare il libico alla CPI, in violazione degli obblighi sanciti dallo Statuto di Roma, ha impedito che si svolgesse un processo a suo carico, dato che la Corte non giudica in assenza dell’imputato.
Sul lato interno, il diniego dell’autorizzazione a procedere precluderebbe l’accertamento delle responsabilità di chi, non evitando il rilascio di Almasri, ha ostacolato la Corte nella ricerca della verità circa i crimini ipotizzati a suo carico […] In
sintesi, per il caso Almasri, l’Italia potrebbe essere “sanzionata” in sede internazionale, ma chi si suppone ne abbia la responsabilità potrebbe essere sottratto al giudizio in sede nazionale. Un cortocircuito
(da agenzie)

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“IL CASO ALMASRI? POTREBBERO EMERGERE ALTRE POSIZIONI, DI PERSONE CHE NON SONO MEMBRI DEL GOVERNO, MA CHE SONO PARTE DELLO STAFF DEI MINISTRI, SULLE QUALI SI POTREBBE RENDERE NECESSARIA UN APPROFONDIMENTO”

Agosto 6th, 2025 Riccardo Fucile

L’AVVOCATO LUIGI LI GOTTI, CHE CON IL SUO ESPOSTO PER PECULATO E FAVOREGGIAMENTO HA FATTO SCATTARE L’INDAGINE CONTRO MELONI, PIANTEDOSI, NORDIO E MANTOVANO, TIRA IN BALLO LA CAPO DI GABINETTO DI NORDIO, GIUSI BARTOLOZZI: “DA QUELLO CHE HO LETTO SUI GIORNALI, L’EX CAPO DIPARTIMENTO AL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, BIRRITTERI, AVEVA PREPARATO TUTTI GLI ATTI PER NON SCARCERARE ALMASRI”

Tutto è partito da lui, da Luigi Li Gotti, l’avvocato che presentò mesi fa un esposto per peculato e favoreggiamento contro Giorgia Meloni, i ministri dell’Interno e della Giustizia, Matteo Piantedosi e Carlo Nordio, e contro il sottosegretario Alfredo Mantovano, per come avevano gestito il caso Almasri, il criminale libico prima arrestato in Italia e poi scarcerato e riportato in Libia.
Adesso che il tribunale dei ministri ha archiviato la posizione della premier, ma che si adombra la richiesta di un’autorizzazione a procedere per gli altri tre membri del governo, Li Gotti non si mostra sorpreso, né tantomeno soddisfatto. Anzi, «già so – dice – che questa vicenda presumibilmente si chiuderà in Parlamento, dove la maggioranza di centrodestra non voterà mai per mandare a processo Nordio, Mantovano e Piantedosi»
Un finale prevedibile fin dal principio, forse.
«Sì, ma ho sentito di dover intervenire nel momento in cui c’è un mandato di cattura per Almasri, il governo non può decidere di liberarlo. Tant’è vero che ora c’è anche una procedura di deferimento dell’Italia all’Onu».
La posizione di Meloni è stata archiviata. Se lo aspettav
«Comprendo la decisione di archiviarla. Ho l’impressione che Meloni non abbia la tecnicalità e la comprensione giuridica necessarie per affrontare una questione così delicata come quella di Almasri. C’è però qualcosa ancora da chiarire».
A cosa si riferisce?
«Quando il tribunale dei ministri invierà le carte al procuratore di Roma, potrebbero emergere altre posizioni, di persone che non sono membri del governo, ma che sono parte dello staff dei
ministri, sulle quali si potrebbe rendere necessaria un approfondimento».
Si riferisce alla capo di gabinetto di Nordio, Giusi Bartolozzi?
«Da quello che ho letto sui giornali, l’ex capo dipartimento al ministero della Giustizia, Birritteri, aveva preparato tutti gli atti per non scarcerare Almasri, poi invece andò in contrasto con Bartolozzi su questo tema e alla fine l’ha spuntata lei. Birritteri si è poi dimesso ed è tornato in Cassazione. Magari dagli atti potrebbero emergere altre cose, ecco»
Nel frattempo, il centrodestra potrebbe cavalcare il caso Almasri con lo spauracchio di un processo.
«Sarebbe assurdo se Meloni usasse questa vicenda in campagna elettorale. Proclamava di inseguire i trafficanti di esseri umani per tutto il globo terracqueo, ma poi quando gliene è capitato uno tra le mani lo ha liberato e rimandato a casa su un volo di Stato».
(da agenzie)

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MATTEO RENZI ALL’ATTACCO SUL CASO ALMASRI: “CATERVA DI FREGNACCE E MELONI BELLA STATUINA”

Agosto 6th, 2025 Riccardo Fucile

“MANTOVANO TIRA I FILI DEI MINISTERI FACENDO FARE LA FIGURA DEI COMPRIMARI A GENTE COME NORDIO”

“L’errore del governo è aver detto bugie. Sono venuti in Parlamento raccontando una caterva di bugie che, badate bene, non è un reato. Ma un governo che racconta un’incredibile caterva di fregnacce è un dato politico”. Lo ha detto il leader di Iv, Matteo Renzi, a Omnibus su La7 parlando del caso Almasri. “Se avessero messo il segreto di Stato – ha osservato – sarebbe stata una cosa che ci sta. Se tu ritieni che uno stupratore, un assassino” debba essere liberato “per un interesse nazionale, e io non sono d’accordo e non lo avrei fatto, amen. Ma dalle carte emerge in maniera evidente che Meloni” in questa vicenda, “fa la bella statuina. I giudici non vanno avanti su di lei perchè lei non si è occupata” di niente.
“Ma se lo si pensa è fantastico: abbiamo una presidente del consiglio fotogenica, che fa i selfie, che va in tv… la usano per fare la bella statuina. Poi c’è Mantovano che tira i fili dei ministeri facendo fare la figura dei comprimari a gente come Nordio…”.
Un ragionamento che Renzi sintetizza: “il primo punto è che Meloni non governa. Secondo: quando dice che i magistrati mi stanno sabotando, è vero. E faccio tre nomi: quello di Mantovano, toga bruna. Nordio e del suo capo di gabinetto
Bartolozzi della quale c’è un’evidente e clamorosa impronta su tutta la vicenda”.
“Se nel gestire vicende di sicurezza nazionale sono, ad essere gentili, pasticcioni, ma vi rendete conto cosa stanno facendo con i vostri soldi, con le tasse, i dazi? Sono talmente pasticcioni che tra chi – siamo ad agosto ed è tema – organizza le sagre, c’è una professionalità enormemente più efficace del governo”.
(da agenzie)

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OMISSIONE, PECULATO, FAVOREGGIAMENTO: LE ACCUSE A NORDIO, MANTOVANO E PIANTEDOSI PER IL CASO ALMASRI

Agosto 6th, 2025 Riccardo Fucile

LE CARTE DEL TRIBUNALE DEI MINISTRI: NORDIO HA “DANNEGGIATO” LA GIUSTIZIA… IL GENERALE LIBICO RIPORTATO DOVE PUO’ CONTINUARE A UCCIDERE E STUPRARE

Omissione di atti d’ufficio, peculato e favoreggiamento personale. Sono le accuse che dovranno fronteggiare per Najem Osama Almasri il ministro della Giustizia Carlo Nordio, il responsabile degli Interni Matteo Piantedosi e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano. L’omissione è contestata al solo Guardasigilli, che risponde degli altri due reati insieme agli altri due indagati. E le carte del tribunale dei ministri sono impietose proprio con lui. Che ha «danneggiato la giustizia» stessa. Mentre i tre hanno liberato il generale libico accusato di omicidi, stupri e torture riportandolo «lì dove avrebbe potuto continuare a perpetrare condotte criminose analoghe».
Le decisioni sul caso Almasri sono state prese in una serie di riunioni tenute tra il 19, il 20 e il 21 gennaio. E delle quali non ci sono verbali. Nordio, spiegano gli atti, «non ha fatto alcunché».
Pur avendo «ricevuto le richieste di cooperazione giudiziaria della Corte penale internazionale, pur sapendo che il ricercato era stato arrestato».
Le omissioni elencate dai giudici sono queste: «Non rispose al procuratore generale della Corte d’appello, non rispose alle plurime richieste inoltrategli da funzionari della Cpi che sollecitavano consultazioni», dando anzi disposizioni ai suoi funzionari di tacere.
E ancora. «Decise di assumere un contegno attendista delle decisioni della Corte d’appello non solo rimanendo inerte in attesa di tale decisione ma convenendo, altresì, in accordo con gli altri vertici istituzioni, sull’opportunità di espellere Almasri laddove fosse stato scarcerato».
Ragioni di giustizia
Il tribunale dice che «gli atti dovuti e omessi dal Guardasigilli avrebbero dovuto essere compiuti per ragioni di giustizia, per dare corso alla richiesta di cooperazione della Cpi. Ed erano atti qualificati, posto che la legge attribuisce al ministro della Giustizia una posizione di garante della corretta e tempestiva esecuzione della procedura».
Mentre «il decreto di espulsione emesso dal ministro Piantedosi, così come la decisione di usare un volo di Stato assunta da Mantovano, hanno consentito ad Almasri di sottrarsi al mandato di arresto della Cpi». L’aereo Argo 16 è stato usato per finalità illecite. I ministri e il sottosegretario hanno giustificato le loro scelte per il pericolo paventato dall’intelligence «di ritorsioni ai danni di cittadini italiani ed interessi nazionali in Libia». In particolare per lo stabilimento gestito da Eni e dalla National Oil libica sito a Mellitah».
I servizi segreti
Il direttore dell’Aise Giovanni Caravelli ha detto che in Libia montava l’agitazione dopo l’arresto. Piantedosi aveva smentito in Aula qualsivoglia «forma di pressione indebita assimilabile a minaccia o ricatto da parte di chiunque».
Giusi Bartolozzi, capo di gabinetto di Nordio, compare 25 volte negli atti. La versione da lei fornita è ritenuta «sotto diversi profili inattendibile» o, peggio, «mendace».
Cosa succede ora nell’inchiesta? La procura di Roma ha inviato alla Camera il plico con il fascicolo del Tribunale dei ministri che aveva ricevuto lunedì. Il presidente Lorenzo Fontana lo inoltrerà entro cinque giorni alla giunta per le autorizzazioni a procedere. Sarà Montecitorio a giudicare perché Nordio, l’unico eletto, è deputato.
La posizione di Giorgia Meloni
Per la premier Giorgia Meloni il Tribunale dei ministri ha disposto l’archiviazione e in questo caso non c’è bisogno del vaglio formale della procura né della trasmissione degli atti al Parlamento. I suoi legali hanno ritirato gli atti in cancelleria, anticipando anche i tempi della notifica. Il voto è previsto entro 30 giorni.
A presiedere la giunta sarà un deputato dell’opposizione: Devis Dori di Avs. Se la Giunta vota contro l’autorizzazione la Camera può rigettare la proposta. Se vota a favore si chiude tutto lì e non si va in Aula.
(da Open)

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