Agosto 10th, 2025 Riccardo Fucile
E’ STATO CONTESTATO ANCHE DA MOLTI REPUBBLICANI, CON LA NOMINA RATIFICATA DAL CONGRESSO SOLO GRAZIE AL VOTO DEL VICE DI TRUMP, JD VANCE … ORA HA CONDIVISO E LODATO UN POST SU PASTORI DELLE CONGREGAZIONI DEL NAZIONALISMO RELIGIOSO PIÙ ESTREMO, ALLE QUALI ANCHE LUI APPARTIENE, PER I QUALI ANDREBBE REVOCATO IL DIRITTO DI VOTO ALLE DONNE
Accuse di abusi sessuali, di dipendenza dall’alcol, di misoginia, oltre che di totale
incompetenza: fin da quando Donald Trump scelse un conduttore televisivo della Fox per guidare il Pentagono, fu chiaro che Pete Hegseth sarebbe stato il ministro della Difesa più controverso della storia americana. Contestato anche da molti repubblicani, con la nomina ratificata dal Congresso solo grazie al voto del vice di Trump, JD Vance, lui ha già rischiato più volte il licenziamento.
Ad esempio quando ha continuato a inveire contro chi voleva aiutare militarmente l’Ucraina senza rendersi conto che il suo presidente aveva fatto dietrofront e riaperto a Zelensky. Ma se Hegseth ha fatto scalpore opponendosi all’impiego di donne soldato sul campo di battaglia sostenendo che insegnare loro ad uccidere va contro gli istinti femminili legati alla maternità, cambia il ruolo dei sessi e distrugge la cultura militare, cosa accadrà ora che ha condiviso e lodato un post su pastori delle congregazioni del nazionalismo religioso più estremo, alle quali anche lui appartiene, per i quali andrebbe revocato il diritto di
voto alle donne?
«Tutti con Cristo per tutta la vita»: così il ministro ha commentato il servizio della Cnn nel quale Doug Wilson, fondatore della Communion of Reformed Evangelical Churches, alle quali lui stesso aderisce, ha auspicato che il diritto di voto alle donne venga cancellato dalla Costituzione, mentre un altro pastore ha sostenuto che a votare dovrebbe essere solo il capofamiglia, ed altri parrocchiani hanno invocato la sottomissione delle donne ai mariti. da settimane Hegseth invita pastori nazionalisti estremisti a condurre preghiere negli uffici del Pentagono durante l’orario di lavoro
(da Dagoreport)
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Agosto 10th, 2025 Riccardo Fucile
“LA REGIA DEGLI INCENDI DOLOSI SPESSO E’ UNICA, L’OBIETTIVO E’ FARE PRESSIONE PER OTTENERE APPALTI”
La colonna di fumo, ancora una volta, si vede da lontano. Un fronte di fuoco di tre chilometri, 500 ettari di vegetazione già distrutti, la paura degli abitanti di Terzigno che, alle pendici del Vesuvio in fiamme hanno passato l’ennesima notte in strada con il cuore in gola. Brucia da venerdì la Riserva integrale del Tirone, bosco e pineta, mentre il ministro Musumeci firma la mobilitazione straordinaria della Protezione civile, la politica chiede «più prevenzione» e il sindaco di Terzigno ricorda «gli incendi del 2017 dove vi fu la mano criminale, quindi devo sospettare che anche adesso ci sia il dolo». Va a quel disastro, e all’inchiesta che ne seguì, anche la memoria del giornalista e scrittore Roberto Saviano: «La storia ci racconta che sì, in genere quando ci sono diversi incendi ravvicinati la regia è unica».
Dietro i roghi c’è la mano dell’uomo? Si tratta di incendi di origine dolosa?
«Sembrerebbe di sì. Stanno capendo se si tratta di incuria o di un progetto preciso, di sicuro bisognerebbe smettere di usare una volta e per tutte la parola piromani, perché si tratta di figure patologiche, che hanno un disturbo del comportamento per cui danno fuoco alle cose. Non c’entra niente qui. Bisogna invece capire cosa stia davvero accadendo».
Cosa sta accadendo
«Innanzi tutto bisogna comprendere che l’Ente Vesuvio è un ente legato al territorio, di cui fanno parte le amministrazioni dei vari paesi, 13 comuni in tutto, da Boscoreale a Terzigno, da Trecase a Ottaviano. Questo conta. Perché significa che c’è un diretto rapporto tra il Vesuvio e le amministrazioni locali. L’Ente Vesuvio non è qualcosa di distaccato dai comuni. Bisogna capire ancora bene come sono avvenuti questi roghi, ma ad ascoltare la dinamica che hanno riferito i vigili del fuoco sembrano assolutamente di natura dolosa. Ci vorrà e ancora tempo per capire le dinamiche».
Pensa che la regia degli incendi sia unica?
«La storia ci racconta che sì, in genere quando ci sono diversi incendi ravvicinati la regia è unica».
Quale può essere il movente?
«Gli incendi sul Vesuvio non vengono fatti per poter costruire, ovviamente. Qualcuno potrebbe pensare che siano roghi fatti per poter poi gestire gli appalti per il rimboschimento, ma anche questa è un’ipotesi che trovo irreale, sarebbe molto facilmente tracciabile. L’altra ipotesi che circola ancora è che bruciano per creare spazi per nuove discariche abusive, ma non mi convince. Continuano a esserci delle zone completamente utilizzate come discarica, ma bruciare per poter rendere discarica nuove aree
attirerebbe l’attenzione».
Allora chi sono gli incendiari del Vesuvio?
«Confermato il rogo doloso, la risposta è semplice: sono roghi estorsivi. Bruciano il Vesuvio per mandare messaggi a tutti i sindaci e assessori dell’Ente Vesuvio. E i politici locali lo sanno bene. Qualcuno sono certo che immagina esattamente chi potrebbe essere. Il messaggio è evidente: Sono arrivati i soldi del Pnrr, voi li avete dati solo ai vostri amici e ve li siete mangiati quindi si brucia il Vesuvio fin quando non arrivano anche a noi».
Per ottenere cosa?
«Nulla nell’immediato, sono pressioni che si fanno ai comuni, sono messaggi: Bruciamo il vulcano, mettiamo l’elemento turistico principale, più importante del territorio, a rischio. Voi sapete come metterlo in protezione».
Cioè?
«Dare gli appalti a chi di dovere. Questo è il messaggio che esce da quelle fiamme. Prima del duemila si bruciava per rendere la terra edificabile, ora il contrario. Bruciano laddove credono che per esempio una giunta a loro avversa o dei loro rivali siano pronti a rendere quel territorio edificabile. Quindi quando c’è una zona, un luogo che sta per diventare edificabile loro bruciano per poter bloccare l’edificabilità e non avere per
esempio concorrenza. E spesso è stato così».
Anche nel 2017 si era sviluppato un vasto incendio doloso alle pendici del Vesuvio, in un’area dove erano previsti abbattimenti. La procura di Torre Annunziata aprì un’inchiesta.
«L’inchiesta di Torre Annunziata non portò in realtà a un risultato, ma le indagini furono molto interessanti perché mostrarono di fatto l’utilizzo del fuoco a uso estorsivo. Non si riuscì a comprendere l’esatto motivo, ma erano moltissime le ragioni per cui le minacce con il fuoco furono utilizzate per evitare abbattimenti, perché si volevano ottenere nuove lottizzazioni. L’unico risultato, anche se non supportato da sentenza, di quell’indagine fu dimostrare per la prima volta la connessione tra il fuoco e le minacce ai Comuni. Il Vesuvio, bruciarlo e metterlo in pericolo insomma è utilizzato per ottenere affari in città».
(da agenzie)
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Agosto 10th, 2025 Riccardo Fucile
IL GRANDE NEMICO È SALVINI, BERSAGLIATO CON CORI (“SALVINI MERDA”), STRISCIONI E SLOGAN: “MINISTRO DELLA DEVASTAZIONE, DELLA DESERTIFICAZIONE DELLE INFRASTRUTTURE DI PROSSIMITÀ INESISTENTI” – ANCHE LE ASSOCIAZIONI AMBIENTALISTE SI OPPONGONO AL PROGETTO: “SONO STATI FATTI GIÀ DUE RICORSI AL TAR E DUE RECLAMI ALL’UNIONE EUROPEA E VALUTEREMO ANCHE ALTRE INIZIATIVE IN SEGUITO”
«Matteo Salvini, ti pentirai amaramente di aver deciso di portare avanti questo progetto di
propaganda allucinante che non sta né in cielo né terra. Te ne pentirai e se ne pentiranno tutti coloro che hanno deciso di dare una mano a portare avanti questo scempio». Dopo un’ora di corteo nel centro di Messina, davanti a migliaia di persone scese in piazza per protestare contro il progetto di costruire il Ponte sullo Stretto, Gianmarco Codraro, maglietta rossa da attivista No Ponte, attraverso il microfono del camion dell’organizzazione, lancia questo avvertimento al ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini.
Non è l’unico. Salvini è il grande nemico di chi manifesta e invade il centro della città con l’adesione di oltre cinquanta associazioni tra ambientalisti, sindacalisti e partiti. Ma soprattutto con la partecipazione di una folla di abitanti di Messina e Villa San Giovanni, le due sponde unite che su Salvini riversano insulti, slogan, sberleffi.
Non è piaciuta la visita di giovedì e venerdì ai due comuni che, secondo il progetto del governo, dovranno accogliere i due piloni di sostegno del ponte. Se sul versante calabrese hanno scelto l’indifferenza, senza organizzare iniziative di protesta durante la visita, sul lato siciliano un gruppo di attivisti ha raggiunto il ministro e lo ha contestato. Salvini ha risposto lanciando dei baci e rifugiandosi nell’auto di servizio che lo attendeva
«I tuoi bacetti spocchiosi sono stati la ciliegina sulla torta», urla Codraro ribattezzando Salvini «ministro della devastazione, della desertificazione delle infrastrutture di prossimità inesistenti», fra gli applausi del corteo. E poi gli insulti: «Salvini m…» e Salvini vaff…» urlati dai diecimila in piazza.
Le iniziative di protesta di qui all’autunno saranno molte, la popolazione delle due sponde si è resa conto che è arrivato il momento di agire e non starà ferma. «Il ponte non lo vogliamo e non ve lo faremo fare», annunciano gli organizzatori della manifestazione. «Noi il ponte lo sabotiamo», precisano ancora. Possono sembrare le solite frasi da centri sociali. A parlare, invece, sono anche professionisti, pensionati, impiegati, la popolazione delle due sponde.
«Studieremo forme di resistenza – assicura Mariangela Pizzo, pensionata di Messina – Dovremo stare attenti perché il ddl sicurezza pone molti ostacoli ma non rimarremo fermi». «Se dovessero partire i lavori del ponte la nostra diventerebbe una città terremotata con cantieri ovunque. Sarebbe la fine di Messina e di Villa San Giovanni. Non lo permetteremo e il ddl sicurezza non ci fa paura», promette Angela Iotta, insegnante di scuola dell’infanzia. «Il ponte avrà lo stesso effetto di una bomba atomica sulle nostre città. Possiamo accettarlo senza
opporci?»,chiede Andrea Filomeni, pensionato
Non solo nelle piazze. Anna Giordano del Wwf: «Sono stati fatti già due ricorsi al Tar e due reclami all’Unione Europea e valuteremo anche altre iniziative in seguito», afferma. C’è infatti il ricorso presentato da Wwf insieme a Greenpeace, Legambiente, Lipu. C’è il ricorso presentato da Avs davanti alla Commissione Europea. «E altre iniziative arriveranno. Questa terra è nostra, non ce la toglieranno», conclude Paola Fazio, studentessa.
(da agenzie)
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Agosto 10th, 2025 Riccardo Fucile
E’ CROLLATA LA FIDUCIA VERSO UN CERTO MODELLO DI SVILUPPO URBANO, CHE MILANO HA OSTENTATO NEGLI ANNI, PRESENTATO COME ESEMPIO DI INNOVAZIONE E MODERNITÀ, E OGGI PERCEPITO COME “MARCIO”, PERCHE’ FAVORISCE INTERESSI PRIVATI, SPECULAZIONI IMMOBILIARI E RAPPORTI OPACHI TRA PUBBLICO E PRIVATO
Negli ultimi giorni, lo scandalo legato al cosiddetto “Modello Milano” ha acceso un infuocato dibattito pubblico e politico. Nonostante le indagini siano ancora in corso e nessuna sentenza sia stata emessa, una parte consistente dell’opinione pubblica sembra aver già deciso chi siano i colpevoli.
Secondo un recente sondaggio di Only Numbers quasi il 70.0% dei cittadini italiani (68.7%) è convinto che nel capoluogo lombardo si sia creato un sistema di importanti speculazioni intorno ai grandi progetti urbanistici della città.ù
Il dato più rilevante del sondaggio non è solo la percentuale – già
alta di per sé –, ma la totale assenza di differenze tra i sostenitori dei vari partiti. In altre parole, sia gli elettori del centrosinistra -che ha governato Milano negli ultimi anni-, sia quelli del centrodestra o del Movimento 5 Stelle condividono la convinzione che qualcosa non abbia funzionato nella gestione urbanistica della città. Questa uniformità indica un crollo della fiducia generalizzato, non solo verso i singoli protagonisti dell’inchiesta ma verso il modello stesso di sviluppo urbano promosso dalla città negli ultimi anni.
Un tempo presentato come esempio di innovazione, rigenerazione e modernità, il “modello Milano” oggi rischia di essere percepito da molti come una macchina che favorisce interessi privati, speculazioni immobiliari e rapporti opachi tra pubblico e privato. Il 45.1% degli italiani già oggi lo definisce come un modello problematico che favorisce solo gli interessi privati, mentre un cittadino italiano su 3 (29.9%) lo considera un modello ricco di luci e ombre.
Anche su questo punto, non emergono differenze significative tra gli elettorati: la sfiducia sembra colpire in modo trasversale tutta la classe dirigente, tanto da apparire sistemica. […] L’opinione pubblica nazionale è convinta che la crescita edilizia di Milano non abbia tenuto conto degli interessi dei cittadini (67.0%).
Senza l’intervento normativo del ministro Nordio, oggi il quadro sarebbe ancora più allarmante: il recente cambio di normativa, infatti, ha vietato l’arresto immediato nei casi di reati contro la pubblica amministrazione se non sussistono esigenze cautelari concrete.
A pesare è anche la diffusa sfiducia verso le élite politiche ed economiche. Il “sistema Milano”, spesso promosso come modello di efficienza urbana, oggi è visto da molti come un crogiuolo di interessi pubblici e privati. In questo scenario, ogni nuova notizia su appalti, consulenze o pressioni sembra confermare la narrazione di un sistema “marcio”, anche in assenza di prove concrete. Alla richiesta di maggiore trasparenza e controllo sulle speculazioni edilizie (36.7%) si affiancano le istanze sociali: edilizia popolare accessibile (22.0%), blocco dei prezzi delle case (10.8%) e incentivi per la sostenibilità ambientale (9.4%) sono tra le priorità indicate dagli intervistati.
Sebbene quasi il 70% degli italiani ritenga che a Milano si sia creato un sistema di speculazioni pubblico private, il 60% è convinto che un fenomeno simile non sia ripetibile nella propria città. Solo il 16% lo ritiene plausibile, soprattutto tra chi vive in grandi aree metropolitane. Milano viene dunque percepita come un contesto unico in Italia, dove finanza, politica e immobiliare si intrecciano con intensità maggiore rispetto al resto del Paese.
Alessandra Ghisleri
per “la Stampa”
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Agosto 10th, 2025 Riccardo Fucile
MARCHE E VAL D’AOSTA APRIRANNO LE URNE A FINE SETTEMBRE, LA CALABRIA HA SCELTO IL 5-6 OTTOBRE , IL WEEKEND SUCCESSIVO SARÀ LA VOLTA DELLA TOSCANA… RESTA ANCORA DA STABILIRE IL VOTO IN VENETO, CAMPANIA E PUGLIA: LE TRE TORNATE POTREBBERO ESSERE ACCORPATE A METÀ NOVEMBRE (IL 15 E 16)
Sette regioni pronte all’elezione dei presidenti e dei consigli e il rischio concreto che oltre 21
milioni di italiani chiamati al voto siano sostanzialmente convocati ai seggi a fine settimana alterni. Per tutto l’autunno. Accantonata la proposta, più volte rilanciata dalle opposizioni, di un election day per Valle d’Aosta, Veneto, Toscana, Marche, Campania, Puglia e Calabria, lo scenario di uno “spezzatino” prende forma.
In assenza di una sintesi al tavolo del centrodestra, che non sembra avere interesse ad accorpare le date, i primi decreti di indizione dei comizi elettorali sono già partiti. Si inizierà con la Valle d’Aosta e le Marche: la prima ha convocato i propri elettori domenica 28 settembre, mentre nelle Marche i seggi resteranno aperti la stessa domenica, ma anche lunedì 29
Una settimana dopo sarà la volta della Calabria: il vice del dimissionario (e ricandidato) Roberto Occhiuto, Filippo Pietropaolo, ha firmato ieri il decreto per le elezioni il 5 e 6 ottobre, andando incontro anche alle richieste delle opposizioni, contrarie al voto a fine settembre, il weekend successivo sarà la volta della Toscana: l’uscente e ricandidato Pd Eugenio Giani ha indetto la consultazione regionale il 12 e 13 ottobre.
Resta ancora da stabilire il voto in Veneto, Campania e Puglia, le amministrazioni in cui permangono anche gli ultimi nodi da sciogliere sulle candidaturUna delle ipotesi in campo è l’accorpamento delle ultime tre tornate a metà novembre, verosimilmente il 15 e 16. Ma non è affatto certo. Per il co-portavoce di Avs, Angelo Bone non si tratta soltanto di una questione tecnica ma è soprattutto un tema politico: «Troppi presidenti di Regione, come Occhiuto e altri, usano la calendarizzazione del voto non per garantire un corretto esercizio democratico, ma per mettere in difficoltà le opposizioni».
(da agenzie)
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Agosto 10th, 2025 Riccardo Fucile
LA NUOVA FINESTRA PER RISPARMIARE: POCHE SETTIMANE PRIMA DELLA PARTENZA
L’analisi del mercato rivela un cambio radicale nelle strategie tariffarie delle compagnie aeree: la finestra ideale per risparmiare si è ristretta a poche settimane dalla partenza.
Napoli-Chicago, partenza poco prima di Ferragosto e ritorno subito dopo: sei giorni prima del decollo il biglietto è stato venduto al 52% del prezzo pagato da chi lo aveva acquistato un mese prima. Non si è trattato di un errore del sistema né di una promozione lampo, ma di una precisa scelta del reparto Revenue Management della compagnia, che ha abbassato le tariffe per riempire un aereo rimasto a metà occupazione. Se il caso può sembrare estremo, i numeri mostrano che non è affatto isolato. Un’analisi del Corriere della Sera su oltre 150 rotte — nazionali, europee e intercontinentali — evidenzia come nell’estate 2025, soprattutto nei giorni a ridosso del 15 agosto, i prezzi siano calati sensibilmente tra gli 11 e i 13 giorni prima della partenza.
La nuova “finestra d’oro” per risparmiare
Nel 2024, il momento migliore per prenotare si collocava tra i 35 e i 60 giorni prima del volo. Quest’anno, invece, la finestra si è ristretta a 12-25 giorni, con risparmi medi tra il 30% e il 40% rispetto alle prenotazioni fatte mesi prima.
Chi ha colto l’occasione ha potuto risparmiare centinaia di euro, ma le tariffe più basse sono durate poche ore, spesso volatilizzandosi già il giorno successivo. La causa è da ricercare nell’incertezza complessiva che aleggia sul mercato dei viaggi. Diverse compagnie, durante le presentazioni delle trimestrali, hanno citato le tensioni geopolitiche e l’andamento imprevedibile della domanda. Le agenzie confermano: nell’estate 2025 le tariffe in Economy sono calate in molte destinazioni, specie quelle internazionali, per stimolare le prenotazioni.
Quali rotte sono hanno mantenuto i prezzi in crescita
Non tutte le rotte, però, hanno seguito questa tendenza. Le mete
a forte domanda — come alcune località balneari europee o le isole italiane — hanno mantenuto prezzi in crescita fino alla partenza. Ma per tratte meno affollate, anche in alta stagione, le compagnie sono state costrette a rivedere i listini. A Napoli, un volo A/R per Madrid costava 216 euro prenotando due settimane prima, contro i 282 euro (23% in più) di chi aveva acquistato con sei settimane di anticipo. Tra i casi più eclatanti: Roma-Rio de Janeiro (-36% a 12 giorni dalla partenza rispetto a 40), Roma-Los Angeles (-43%), Milano-Catania (-38%), Milano-Atene (-45% a 16 giorni), Milano-New York (-39% a due settimane).
Le strategie delle compagnie aeree
Il meccanismo è semplice, spiegano tre manager di compagnie aeree: «Abbiamo aspettato fino all’ultimo, poi ci siamo resi conto che gli aerei non si sarebbero riempiti e abbiamo abbassato le tariffe per salvare la stagione». A ciò si aggiunge l’effetto domino: quando un vettore abbassa drasticamente il prezzo, i concorrenti sono costretti a seguirlo per non perdere passeggeri, generando una spirale di ribassi che può durare poche ore.
(da agenzie)
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Agosto 10th, 2025 Riccardo Fucile
BLOCCATA ANCHE L’AUTOSTRADA… INTANTO IL PREMIER VIENE CONTESTATO DAI SUOI STESSI MINISTRI
Migliaia di persone hanno invaso le strade di Tel Aviv per chiedere la cessazione immediata
delle operazioni militari a Gaza e il rilascio degli ostaggi ancora nelle mani di Hamas e di altri gruppi armati nella Striscia. La manifestazione, indetta dal Forum delle famiglie degli ostaggi e dei dispersi israeliani, è arrivata all’indomani della decisione del governo di Benjamin Netanyahu di occupare Gaza City, un passo che ha inasprito ulteriormente il dibattito interno e le tensioni con la comunità internazionale. I manifestanti hanno sfilato esponendo cartelli e fotografie dei propri cari rapiti, scandendo slogan contro il protrarsi della guerra.
Autostrada bloccata dai manifestanti
Alcuni manifestanti hanno bloccato per ore l’autostrada Ayalon, una delle principali arterie della città, paralizzando il traffico
Secondo i media israeliani, la polizia è intervenuta per sgomberare la carreggiata e ha arrestato tre persone. Il messaggio della piazza è stato chiaro: «Niente è più importante della vita degli ostaggi. Fermate la guerra, riportateli a casa». Una richiesta che riflette la crescente frustrazione di una parte dell’opinione pubblica israeliana nei confronti dell’esecutivo, accusato di privilegiare obiettivi militari e politici a scapito della liberazione dei prigionieri.
Netanyahu contestato anche dai suoi ministri
Intanto, Netanyahu viene contestato anche dai suoi stessi ministri. Il ministro delle Finanze israeliano di estrema destra Bezalel Smotrich, contrario alla decisione del governo di occupare Gaza City, ha detto, come riporta Ynet, di aver «perso la fiducia che il primo ministro Benjamin Netanyahu possa e voglia guidare l’esercito israeliano alla vittoria». Nonostante la propria posizione, comunque, Smotrich non sembra in alcun modo intenzionato a dimettersi dal proprio incarico. «Ho appoggiato anche mosse che, a mio avviso, erano meno corrette – spiega Smotrich – e sono rimasto al governo». E conclude con un appello a Netanyahu: «Non è troppo tardi per cambiare idea. Riconvochi il governo e annunci in modo inequivocabile che non
ci saranno più soste intermedie. Che non ci saranno più accordi parziali. Che questa volta puntiamo a una vittoria chiara che porterà alla resa completa di Hamas e il ritorno di tutti gli ostaggi in un colpo solo, oppure con la sua e distruzione, e all’annessione di ampie zone della Striscia di Gaza»
(da agenzie)
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Agosto 10th, 2025 Riccardo Fucile
L‘AMMINISTRAZIONE AVRA’ 4 MESI PER ADEGUARSI E DOVRA’ PAGARE LE SPESE PROCESSUALI
Attese interminabili davanti agli uffici immigrazione di Torino, con migranti costretti a passare la notte all’aperto pur di chiedere o rinnovare il permesso di soggiorno.
Ora il Tribunale di Torino stabilisce che quel sistema è discriminatorio e impone al Ministero dell’Interno di riorganizzare le procedure, seguendo il modello adottato dalla Questura di Milano, che utilizza un sistema di prenotazione online supportato da enti del terzo settore, che differenzia le procedure per chi possiede un documento di identità e per chi ne è privo
La sentenza, firmata dal giudice Andrea Natale, accoglie il ricorso di 18 richiedenti asilo e dell’Asgi, definendo “mortificanti” le condizioni imposte e riconoscendo che queste hanno impedito l’accesso a diritti fondamentali come cure mediche, accoglienza e lavoro.
L’amministrazione avrà quattro mesi per adeguarsi e dovrà pagare le spese processuali.
Al centro del caso, le lunghe code e le notti trascorse all’aperto davanti agli uffici di corso Verona e poi di corso Bolzano, senza possibilità di prenotazione online né di fissare appuntamenti in loco. Una prassi che, secondo il tribunale, ha impedito a molte persone di accedere tempestivamente a cure mediche, all’accoglienza e al lavoro, esponendole persino al rischio di espulsione.
La decisione, prima del genere in Italia su un’azione collettiva antidiscriminatoria, condanna il Ministero dell’Interno e la Questura di Torino anche al pagamento delle spese processuali, segnando un precedente destinato a pesare sulle prassi degli uffici immigrazione di tutto il Paese.
(da agenzie)
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Agosto 10th, 2025 Riccardo Fucile
VACANZE DA SOGNO PER POCHI, SOGNI INFRANTI PER MOLTI: TRA VILLE DA MILIONI E FAMIGLIE CHE RINUNCIANO AL MARE
Non solo ombrelloni a prezzi esorbitanti. Anche ville e hotel hanno tariffe stellari che per
una settimana di vacanza possono arrivare a 40 mila euro. Certo sono cifre per super-ricchi ma contrastano con la fuga delle famiglie italiane dagli stabilimenti balneari per i prezzi esosi.
Se da un lato c’è chi non può più permettersi i 50 euro al giorno per l’ombra in riva al mare, dall’altro soggiornare una settimana ad agosto in Italia, che sia un hotel prestigioso, uno chalet di charme in montagna o una villa con una splendida vista sul
mare, può arrivare a costare cifre astronomiche. Lo rivela il Codacons, che ha realizzato una indagine per individuare le strutture ricettive più care della Penisola, analizzando le proposte pubblicate sui siti specializzati in prenotazioni alberghiere.
In alcuni casi si tratta di ville prestigiose o di lusso con piscina a filo mare, come a Positano o in Sardegna, che possono ospitare più famiglie. In altri casi, come Taormina, si tratta di hotel di prestigio ed extra-lusso. «La nostra clientela prenota per più famiglie, arriva dagli Stati Uniti o dalla Gran Bretagna e cerca esclusività e comfort ricercato in un ambiente di lusso» racconta una struttura di Positano a La Stampa.
Quale è la spiegazione? «È semplice – dice Guido Bernardi, da oltre 40 anni consulente delle più grandi realtà alberghiere del lusso -. C’è una clientela che si può permettere questi prezzi. Va detto però che la clientela da grande albergo non spenderà mai queste cifre. Si orienterà su realtà di prestigio ma con prezzi più contenuti. La realtà è che chi spende queste somme cerca un ruolo sociale, vale a dire che attraverso questo tipo di consumi vuole mostrare di aver fatto i soldi. Vuole elevarsi socialmente, ha i miliardi ma non ha il ruolo sociale di cui è alla disperata ricerca. Non ci sono altre spiegazioni. Non esiste villa che possa valere 120mila euro a settimana. È solo un fatto sociale».
Le spiagge più care d’Italia, dal Twiga alla Costa Smeralda: fino
a 1500 euro al giorno per un ombrellone
Ma quali sono le vacanze più costose? Secondo i dati raccolti dal Codacons, ipotizzando un soggiorno di una settimana dal 23 al 30 agosto per due persone, il record assoluto spetta a Verona, dove per dormire in un rooftop in zona piazza delle Erbe si spendono cifre da agenzia immobiliare: 297.573 euro a settimana. «Una somma che potrebbe sembrare un errore o un refuso: peccato che lo stesso appartamento, per uso singolo, venga proposto sui siti specializzati a 267.809 euro – spiega il Codacons – In Sardegna per una villa con piscina a Baja Sardinia la spesa per lo stesso periodo raggiunge un massimo di 125.870 euro; 43.575 euro una suite in hotel a Porto Cervo, 39.342 euro una villa ad Arzachena. In Campania per una villa a Positano servono fino a 123.099 euro, località dove si trovano altre sistemazioni analoghe a prezzi tra i 70 e gli 86mila euro a settimana, ma a Sorrento bastano, si fa per dire, 56.932 euro. In Toscana il record spetta a Firenze dove, nelle stesse date, sette notti in appartamento arrivano a costare 84.117 euro, mentre in Puglia per una intera casa a Vieste la spesa tocca punte di 71.435 euro».
(da agenzie)
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